Si definisce UA/NSTEMI la sindrome coronarica a ST non sopraslivellato. Studi ultrasonografìci intravascolari, angiografici e angioscopici suggeriscono che i quadri clinici di UA/NSTEMI sono causati dalla presenza di placche aterosclerotiche complicate che innescano una cascata di eventi con conseguente riduzione del flusso coronarico.
La mortalità durante UA/NSTEMI è dovuta soprattutto a morte improvvisa o allo sviluppo
di un nuovo o ricorrente infarto miocardico.
La formulazione di una diagnosi certa e la possibilità di una gestione ottimale
di questi pazienti si fondano sulle prime informazioni raccolte al momento dell'esordio
dei sintomi, aggiornate con i dati che vengono acquisiti durante l'evolversi del
quadro clinico. La corretta diagnosi di sindrome coronarica acuta NSTEMI o
STEMI è importante ai fini del trattamento del caso. Infatti la gestione iniziale del
paziente con UA/NSTEMI differisce dal trattamento riservato ai pazienti con STEMI,
basato su una terapia di riperfusione precoce (cfr
L'infarto miocardico stemi).
Il paziente con sintomi suggestivi di
sindrome coronarica acutadovrebbe essere posto in un ambiente che offra la possibilità di un monitoraggio
elettrocardiografico continuo (ECG) e di defibrillazione e dove un ECG a 12 derivazioni
può essere ottenuto rapidamente e interpretato in modo accurato entro 10 minuti.
La
priorità maggiore è identificare i pazienti con STEMI,
che dovrebbero essere considerati per una terapia riperfusiva immediata. Ciascun
paziente dovrebbe avere una diagnosi provvisoria,
di inclusione o esclusione,
di:
( 1)
sindrome coronarica acuta
(ACS), che può essere classificata come STEMI, NSTEMI o
angina instabile
(UA);
(2) una condizione cardiovascolare
diversa dall'ACS;
(3) uno specifico disturbo
non cardiaco (per es., spasmo esofageo (cfr
La manometria)
(4) una condizione non cardiaca
indefinita.
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L'UA e NSTEMI sono carattenzzati dallo squilibrio tra apporto e richiesta di ossigeno
miocardico. La causa più comune di UA/NSTEMI è la riduzione della perfusione miocardica
dovuta al restringimento del lume arterioso coronarico causato da un trombo non
occlusivo che si sviluppa in seguito alla rottura o all'erosione di una
placca aterotrombotica.
In genere, il trombo non è occlusivo e, nella maggior parte dei pazienti, la presenza
in circolo di marcatori di danno miocardico è imputabile a microemboli di aggregati
piastrinici o a frammenti che si sono staccati dalla placca complicata. In secondo
luogo, ma non meno frequentemente, si può verificare un'ostruzione dinamica in seguito
a uno spasmo acuto e focale di un'arteria coronaria epicardica, come per l'angina
di Prinzmetal o angina variante. In terzo luogo, il quadro clinico di UA/NSTEMI
può essere provocato dalla presenza di un trombo associato a spasmo coronarico.
In particolare nei soggetti con malattia aterosclerotica evolutiva o con restenosi dopo PCI (coronarografia, cfr il trattamento dell'infarto L'infarto miocardico stemi ). lndipendentemente dalla causa, il quadro di UA/NSTEMI è caratterizzato dalla presenza di infiammazione a livello vascolare, che sembra svolgere un ruolo determinante nella rottura della placca. Il quadro clinico di UA/NSTEMI secondaria è imputabile alla presenza di cause estrinseche al circolo coronarico. Questi pazienti hanno un sottostante restringimento aterosclerotico coronarico che limita la perfusione miocardica; spesso presentano anche una precedente angina cronica stabile. UA e NSTEMI si verificano in seguito all'improvviso aumento della richiesta miocardica di ossigeno (per es., febbre, tachicardia), alla riduzione del flusso sanguigno miocardico (per es., ipotensione), o alla diminuzione della distribuzione miocardica di ossigeno (per es., grave anemia).
Vi sono tre manifestazioni principali di UA e NSTEMI:
(cfr angina pectoris)
(1) angina a riposo;
(2) angina grave di nuova insorgenza;
(3) angina in crescendo.
I criteri diagnostici di UA/NSTEMI sono basati sulla durata e sull'intensità dell'angina valutate in accordo con la classificazione della Canadian Cardiovascular Society. La definizione di tre specifiche forme di UA/NSTEMI è utile perché la fisiopatologia, la prognosi e il trattamento sono differenti. Le forme di nuova insorgenza risultanti dallo sviluppo di una placca coronarica instabile sono quelle più arischio per sindrome coronarica acuta con STEMI state descritte in precedenza. Altri scenari includono UA/NSTEMI entro 6 mesi dopo PCI (coronarografia ed angioplastica), causate quasi immancabilmente dalla restenosi. La nitroglicerina endovena rappresenta la terapia efficace; di solito si usa ripetere la PCI. UA e NSTEMI in un paziente con precedente bypass coronarico spesso implicano aterotrombosi avanzata dei graft venosi e una bassa probabilità di sintomaticità a lungo termine rispetto ad altri pazienti con UA. Sintomi "aspecifici" di ACS includono: dispnea acuta, epigastralgia, dolore toracico atipico per sede, agitazione, alterazione dello stato di coscienza, asteniamarcata, sincope.
Questi sintomi sono più comuni nelle donne, negli anziani e nei pazienti affetti da lungo tempo da diabete mellito e si associano a un più elevato rischio di morte e di complicanze maggiori.)
Nel corso degli ultimi anni, sono stati identificati
numerosi fattori meccanici, cellulari e molecolari che contribuiscono alla rottura
della placca (cfr
placca ateromasica).
La maggior parte delle volte, la rottura di placca si verifica al bordo ("shoulder
region") della placca, cioè nella regione di contatto ("spalla") tra placca e parete
del vaso adiacente; quest'area, infatti, è ricca di cellule infiammatorie ed è anche
maggiormente sottoposta alle forze dello stress legato al flusso (stress tangenziale,
shear stress). La placca che tende a rompersi (placca ad alto rischio di rottura
o "vulnerabile") è caratterizzata da una capsula fibrosa sottile e da un elevato
contenuto lipidico, che influenzano le proprietà biomeccaniche della placca stessa,
aumentandone la possibilità di rottura. Al contrario, la fibrosi e la calcificazione
sembrano diminuire il rischio di rottura. L'erosione dà origine meno frequentemente
a un quadro clinico di ACS e di solito si verifica in posizione centrale attraverso
un cappuccio assottigliato piuttosto che in corrispondenza delle spalle della placca.
L'erosione sembra essere più comune tra le donne fumatrici, mentre la rottura di
placca si verifica più frequentemente negli uomini
dislipidemici.
Il processo infiammatorio svolge un ruolo centrale nella genesi della rottura della placca e dell'ACS. I macrofagi e i linfociti T si accumulano all'interno della placca aterosclerotica in conseguenza dell'espressione di molecole di adesione sui monociti, sulle cellule endoteliali e sui leucociti; inoltre, il rilascio di citochine proinfiammatorie e di chemochine (come la proteina-1 chemiotattica per i monociti) favorisce I'accumulo di altre cellule infiammatorie nella placca. Le metalloproteinasi della matrice - che includono collagenasi e gelatinasi - sono rilasciate dai macrofagi e degradano il collagene che fornisce resistenza al cappuccio fibroso. Gli inibitori tissutali della metalloproteinasi della matrice vengono normalmente espressi dalle cellule muscolari lisce vascolari. Tuttavia. a livello dell'area vulnerabile del cappuccio fibroso predominano i macrofagi, mentre le cellule muscolari lisce sono scarse, creando uno squilibrio tra gli enzimi deputati alla degradazione della matrice cellulare e i loro inibitori. Questi riscontri indicano che uno stimolo infiammatorio causa una tempesta biochimica" entro la placca ad alto rischio, portando alla rottura del suo cappuccio fibroso. Attualmente si ritiene che I'infiammazione, almeno in alcuni dei pazienti con UA/NSTEMI, possa essere un processo molto diffuso. E' stato infatti dimostrato che nei pazienti con angina instabile è presente una diffusa attivazione neutrofila nell'albero coronarico, anche distanza dalla lesione stenotica. Si ritiene che il quadro clinico di dell'espressione tale fenomeno includa la presenza di placche coronariche complesse, multiple e simultanee al momento della comparsa dei sintomi in alcuni pazienti con UA/NSTEMI.
Anche se le placche stabili possono essere associate a un notevole restringimento del lume vascolare, esse sono
caratterizzate do un cappuccio fibroso spesso, da un basso contenuto di lipidi e
di cellule infiammatorie. Al contrario, le placche instabili sono caratterizzate
da un ricco nucleo lipidico e da un cappuccio fibroso sottile. Le cellule infiammatorie,
accumulate o livello del bordo dello placco, lo "shoulder region", che è la regione
più esposta alle sollecitazioni dello stress tangenziale, contribuiscono alla rottura
della placca e ai conseguenti fenomeni trombotici. Nelle lesioni aterosclerotiche
umane sono stati individuati dei germi come la Chlamydia pneumoniae, Helicobacter
pylori, ed anche movimenti anticorpali contro di essi. Esiste una correlazione
tra i fattori di rischio cardiovascolore, disfunzione endoteliole, infiammazione
e
sindromi coronariche acute.
Molti fattori aterogenici proinfiommotori possono causare disfunzione endoteliole
e, di conseguenzo, le cellule endotelioli aumentano l'espressione di molecole di
adesione. ACE, enzima di conversione dell'angiotensino; CNP, pepfide natriuretico
di tipo C; ICAM, molecolo di adesione intracellulare; MCP-1, proteina chemiotattica
monocitaria-1; NFκB, fattore nucleore kappa-B; PDGF, fattore di crescita derivato
dalle piastrine; PGl2, prostaglandino 12; TGF, fofiore di crescita trasformante:
VCAM. molecola di adesione delle cellule vascolari. Lo stimolo che attiva il processo
di infiammazione acuta nell'UA non è stato ancora definito chiaramente. L'aterotrombosi
stessa, come definita in base all'ipotesi di "risposta a un danno", è una condizione
d'infiammazione cronica di basso grado. Persistono pareri discordi sul fatto che
agenti infettivi possano svolgere un ruolo primario sia nell'aterotrombosi sia nella
trasformazione di una CAD stabile in una forma instabile.
Un'attivazione e I'aggregazione piastrinica a livello
della area trombogenica di rottura della placca svolgono un ruolo importante nella
patogenesi dell'UA/NSTEMI. Infatti, è stato dimostrato che il processo trombotico
che si verifica a livello arterioso differisce da quello a livello venoso, per il
ruolo cruciale svolto dall'attivazione piastrinica. Quando le piastrine vengono
attivate dal collagene, dall'adrenalina, dall'adenosina difosfato (ADP) e dalla
trombina, subiscono un cambiamento strutturale e rilasciano le sostanze contenute
all'interno dei granuli α, tra cui quelle ad azione vasocostrittiva, come il trombossano
A2 e la serotonina e altre ad azione protrombotica come il fibrinogeno e il fattore
di von Willebrand. Inoltre, I'attivazione piastrinica provoca un aumento sulla loro
superficie dell'espressione e dell'affinità di legame dei recettori GPIIb/IIIa,
il cui legame con il fibrinogeno con il fattore di von Willebrand porta ad aggregazione
piastrinica. Le piastrine attivate rilasciano anche il fattore solubile CD40 ligand
(CD40L), che sembra svolgere un ruolo importante come immunomodulatore e molecola
proinfiammatoria, facendo da legame tra le piastrine attivate e il processo infiammatorio.
L'attivazione piastrinica e i leucociti interagiscono nella fase acuta dell'UA/NSTEMI
facilitando la deposizione del trombo piastrinico.
L'interazione tra piastrine e leucociti attivati stimola il sistema coagulativo. I monociti rilasciano il fattore tissutale (tissue factor), una piccola glicoproteina che innesca la cascata coagulativa estrinseca, portando a un aumento nella generazione di trombina. Il fattore tissutale è presente anche nel core lipidico delle placche aterotrombotiche e probabilmente è uno dei principali fattori determinanti della trombogenicità delle placche rotte. Il tissue factor dà inizio alla cascata coagulativa estrinseca, attivando il fattore X in fattore Xa, a sua volta in grado di trasformare la protrombina in trombina. Utilizzando i fosfolipidi derivanti dalla membrana delle piastrine attivate, la trombina catalizzala conversione di fibrinogeno in fibrina, favorendo la formazione di coaguli fibrina-piastrine che ostacolano il flusso coronarico nell'ACS. Gli emboli che derivano dai trombi piastrinici o dal materiale della placca a livello del sito di rottura possono provocare un'ostruzione del microcircolo e dare inizio a una cascata di eventi che includono processi infiammatori locali, danno tissutale, vasocostrizione, richiamo e aggregazione di leucociti e piastrine. Tutti questi fattori contribuiscono ad aggravare la prognosi del paziente con UA/NSTEMI e possono diventare un bersaglio della terapia farmacologica.