Il trattamento iniziale dell'infarto STEMI

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appunti del dott. Claudio Italiano

Infarto miocardico STEMI 1

Infarto miocardico STEMI 2

Infarto miocardico STEMI 3

Il trattamento iniziale, in pronto soccorso o in guardia medica o a cura del medico di base, include:

l'impiego di ossigeno
acido acetilsalicilico
beta-bloccanti
analgesici
nitrati
scoagulazione con eparina.


Nella maggior parte dei pazienti dovrebbe essere somministrato ossigeno con basso flusso mediante cannula nasale durante le prime 24-48 ore e in taluni casi anche nei giorni successivi. Sebbene l'ossigenoterapia sia di fatto una pratica comune, non vi sono forti evidenze scientifiche a supporto. Una lieve ipossiemia non è infrequente, anche in assenza di evidente congestione polmonare. Alcuni pazienti, inoltre, possono accusare dispnea come risultato di modificazioni improvvise nella compliance del ventricolo sinistro con conseguente incremento dei fluidi interstiziali polmonari.

 

Le Clinical Practice Guidelines raccomandano:

Classe I

L'ossigenoterapia dovrebbe essere somministrati ai pazienti con desaturazione arteriosa di 02 (Sa02 <90%). (Livello di Evidenza: B)

Cil cuore e le coronarielasse II a

E' pratica ragionevole la somministrazione di ossigeno a tutti i pazienti con STEMI non complicato nelle prime 6 ore. (Livello di Evidenza: C)

L'acido acetilsalicilico riduce la mortalità nell'infarto miocardico e dovrebbe essere somministrato il più presto possibile e proseguito in modo indefinito in tutti soggetti affetti da sindrome coronanica acuta. In caso di allergia o di grave intolleranza, dovrebbe essere sostituita da clopidogrel. Nell'International Study of Infart Survival 2 (ISIS-2), 187 pazienti con STEMI sono stati randomizzati a trattamento con acido acetisalicilico, streptochinasi o placebo. A 5 settimane l'incidenza di morte per cause vascolari si riduceva del 23% con acido acetilsalicilico ed eparina, del 25% con streptochinasi ed eparina e dei 41% con la combinazione delle tre terapie.  L'efficacia dell'acido acetilsalicilico, pertanto, risultava sorprendentemente vicina a quella della streptochinasi da sola e i benefici di ciascuna sostanza apparivano parzialmente additivi. Pertanto, all'arrivo del paziente dovrebbe essere somministrata una dose di 160-325 mg di acido acetilsalicilico per os e successivamente una dose giornaliera di 75-325 mg. Nei pazienti con storia di gravi reazioni all'acido aceti 1 salicilico, possono essere prescritti in alternativa 300 mg di clopidogrel.

Le Clinical Practice Guidelines  raccomandano:
Classe I

Acido acetilsalicilico masticabile dovrebbe essere assunto dai pazienti che non l'abbiano fatto prima della presentazione con STEMI. La dose iniziale dovrebbe essere da 162 mg (Livello di Evidenza: A) fino a una dose di 325 mg (Livello di Evidenza: C). Per quanto alcuni studi abbiano utilizzato acido acetilsalicilico in preparazioni gastroprotette (enteric-coated) o tamponate come dose iniziale, l'assorbimento è meno rapido con tali formulazioni.

 

Beta-bloccanti

I  risultati degli studi clinici centrati sull'impiego dei beta-bloccanti nelle sindromi coronariche acute hanno dimostrato una riduzione sia della mortalità precoce sia di quella tardiva. In base alla metanalisi di dati raccolti in 28 studi su farmaci beta-bloccanti, la riduzione nella mortalità media era del 28% a una settimana, con il rilievo di un maggiore beneficio nelle prime 48 ore. 22 In particolare, si osservava una riduzione del reinfarto del 18% e dell'arresto cardiaco del 15%. Gli effetti a lungo termine del beta-blocco per la prevezione secondaria di morte dopo infarto miocardico sono stati confermati da studi randomizzati su vasta scala. Una più recente metanalisi di 82 studi randomizzati sui beta-bloccanti mostrava una riduzione significativa della mortalità a lungo termine, ma non a breve termine. 23 Il numero di pazienti da trattare con beta-bloccanti per prevenire una morte in due anni ammontava a 42, contro i 24 per i trombolitici, i 94 per le statine a dose standard e i 153 per i farmaci antiaggreganti piastrinici.

Tradizionalmente, metoprololo è stato il farmaco di scelta. somministrato oralmente dopo il trattamento endovenoso iniziale. Lo studio TIMI (Trombolysis in Myocardial Infarction) 2B ha valutato la terapia precoce (carico endovenoso immediato seguito da dose orale) verso quella differita (senza il carico endovenoso) nei soggetti con STEMI che venivano sottoposti a trombolisi sistenuca e non ha evidenziato alcuna differenza tra i due gruppi per quanto concerne mortalità o frazione di eiezione al momento della dimissione. 24 1 dati dello studio COMMIT (Clopidogrel and Metoprolol in Myocardial Infarction Trial), che ha coinvolto 45 852 pazienti, hanno dimostrato come l'impiego di beta-bloccanti comportasse una riduzione del 15-20% del rischio relativo per la ricorrenza di infarto, con, tuttavia, un aumento relativo del 30% del rischio di shock cardiogeno. L'impiego dei beta-bloccanti nei soggetti con instabiltà del quadro emodinamico, quindi, dovrebbe essere rinviato fino alla stabilizzazione. In aggiunta, occorrerebbe riconsiderare la pratica routinaria della dose iniziale per via endovenosa (ev). Infine, i benefici del beta-blocco nei soggetti sottoposti a PCI primaria non sono ancora chiari e non vi sono studi prospettici randomizzati in proposito.

Le Clinical Practice Guidelines

Esse raccomandano:

Classe I

 Nei pazienti che non abbiano controindicazioni, dovrebbe essere somministrato al più presto un beta -bloccante per via orale, a prescindere dall'esecuzione di trombolisi o di PCI primaria. (Livello di Evidenza: A)*

Classe II a

Può essere ragionevole la sommistrazione ev immediata di beta-bloccanti nei pazienti con STEMI se in assenza di controindicazioni, soprattutto in presenza di tachiaritmie o ipertensione. (Livello di Evidenza: B)
 La morfina viene comunemente utilizzata per sedare il dolore ed è somministrata per lo più in boli ev di 1-2 mg, fino a un massimo di 10-15 mg in un soggetto adulto normale. Occorre ricordare la possibilità di depressione respiratoria e fare attenzione a non eccedere nella sedazione. A causa dei suoi effetti sulla riduzione del precarico, bisogna essere cauti nella sua somministrazione nei soggetti instabili emodinamicamente. Le Clinical Practice Guidelines raccomandano:

Classe I

La morfina solfato (2-4 mg ev con incrementi di 2 fino a 8 mg ripetuti a intervalli di 5-15 minuti) è l'analgesico di scelta nel controllo del dolore da STEMI. (Livello di Evidenza: C) ,

I nitrati determinano una vasodilatazione coronarica non mediata dall'endotelio, una venodilatazione sistemica e la riduzione del precarico e migliorano la perfusione delle aree ischemiche del miocardio. Dati desunti da studi negli animali e nell'uomo dimostrano come i nitrati possano condurre a una riduzione dell'estensione dell'area infartuale. Nei soggetti con ischemia sintomatica, in ogni caso, l'infusione di nitroglicerina può essere molto efficace, sebbene il fenomeno della tolleranza ai nitrati sia stato osservato anche precocemente a 12 ore dall'inizio del trattamento endovenoso. Spesso la scarsa tolleranza emodinamica ai nitrati può costituire un problema, in particolar modo nei soggetti con infarto inferiore, infarto del ventricolo destro emodinamicamente significativo o in presenza di concomitante stenosi aortica e anche nell'anziano, specie in caso di preesistente ipovolemia. Non di rado, all'ipotenstorie si può associare bradicardia come manifestazione del riflesso di Bezold-Jarisch.   L'infusione ev di nitroglicerina dovrebbe essere iniziata a 5-10 mg/min e incrementata in modo graduale fino a ottenere una riduzione del 10-30% della pressione arteriosa sistolica e la cessazione della sintomatologia dolorosa. Nella maggior parte dei pazienti, tale terapia viene ridotta progressivamente fino alla sospensione nell'arco di 24-36 ore. E' importante non somministrare nitroderivati a soggetti in recente trattamento con sildenafil. Inoltre, poiché nel 40% dei casi di infarto inferiore è coinvolto il ventricolo destro, è richiesta cautela nell'impiego di questi farmaci onde evitare grave ipotensione, peraltro responsiva a rapida infusione di liquidi per il ripristino della volemia. Le Clinical Practice Guidelines raccomandano:

Classe I

I. I pazienti sintomatici per dolore ischemico dovrebbero ricevere nitroglicerina sublinguale (0,4 mg) ogni 5 minuti fino a un massimo di 3 dosi, dopo di che si dovrebbe rivalutare il caso in merito alla necessità di procedere con la somministrazione endovenosa. (Livello di Evidenza: C)
2. L'infusione di nitrati è indicata per ridurre il dolore ischemico, per controllare eventuale ipertensione arteriosa e per il trattamento della congestione polmonare. (Livello di Evidenza: C)

 Classe III
 I nitrati non dovrebbero essere somministrati in caso di valori sistolici di pressione < 90 mmHg o inferiori di 30 o più mmHg rispetto al basale; in caso di severa bradicardia « 50 hpm) o di tachicardia (> 100 bpm) e nel caso di sospetto infarto del VI). (Livello di Evidenza: C)
 I nitrati non devono essere somministrati ai soggetti che hanno assunto inibitori della fosfodiesterasi per trattamento della disfunzione erettile nelle ultime 24 ore (o 48 ore nel caso di tadalafil). (Livello di Evidenza: B)
La scoagulazione con eparina è essenziale nel trattamento dello STEMI. Attualmente sono in uso due forme di eparina, quella non frazionata e l'eparina a basso peso molecolare (LMWH, low-molecularweight heparin).
Quando è legata all'antitrombina, l'eparina non frazionata inattiva il fattore Xa e la trombina. Il suo impiego è stato diffusamente studiato ed essa è considerata come indicazione di Classe 1 per i soggetti con STEMI sottoposti a PCI o a trombolisi sistemica. Un bolo iniziale di 60 UI/kg (4000 Ul al massimo) dovrebbe essere rapidamente somministrato e seguito, quindi, da un'infusione di 12 UI/kg/h (al massimo 1000 UI/h). Il valore di tempo di tromboplastina attivata (aPTT, activated partial thromboplastin time) da raggiungere corrisponde a circa 1,5-2 volte quello normale. L'efficacia dell'eparina non frazionata può variare, tuttavia, in modo imprevedibile in base alla percentuale di legame delle proteine.

Le LMWH sono glicosammoglicani consistenti in catene di residui altemati di D-glicosamina e di acido uronico. Rispetto all'eparina non frazionata, queste mostrano un effetto maggiormente predittibile come risultato della loro maggiore emivita, di una migliore biodisponibiltà e di una clearance dose- indipendente. A differenza dell'eparina non frazionata, le LMWH si mostrano attive maggiormente sul fattore Xa che sulla trombina e la loro efficacia come anticoagulanti non può essere misurata con i comuni test di laboratorio.
Ai pazienti trattati con trombolitici non selettivi (strepinasi, urochinasi) che presentano un rischio elevato di embolizzazione sistemica (infarto miocardico anteriore, sottutto se esteso, fibrillazione atriale,  pregressa embolizzazione o presenza accertata di trombo ventricolare sitro) dovrebbe essere somministrata ENF ev. (Livello di evidenza: B)

Infarto del miocardio il trattamento

Le LMWH potrebbero essere considerate un'accettabile rnativa all'ENF come terapia complementare nei pazienti di età < 75 anni trattati con terapia trombolitica, quando non vi sia una significativa disfunzione renale (creatiplasmatica >2,5 mgldl nell'uomo, >2 mgldl nella donL'enoxaparina (30 mg in bolo ev, seguiti da 1 mg/kg ocute ogni 12 ore fino alla dimissione) in combinazione tenecteplase a piena dose rappresenta la strategia teutica più ampiamente studiata nei pazienti di età < 75 . (Livello di Evidenza: B)  

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Classe III
 Le LMWH non dovrebbero essere utilizzate in alternativa all'ENF nei pazienti più anziani di 75 anni sottoposti a lisi. (Livello di Evidenza: B)  
2. Le LMWH non dovrebbero essere impiegate in alternativa all'ENF nei pazienti di età < 75 anni in trattamento fibrinolitico ma con significativa disfunzione renale (creatinina plasmatica >2,5 mgldl nell'uomo, >2 mg/dl nella donna). (Livello di Evidenza: B)

Inibitori diretti della trombina

Gli inibitori diretti della trombina si legano in modo specifico a quest'ultima e sono stati utilizzati quale alternativa all'eparina nei soggetti con trombocitopenia indotta da eparina. Numerosi sono gli studi che hanno comparato gli inibitori diretti della trombina con l'eparina nel trattamento dello STEMI. Lo studio HERO-2 (Hirulog and Early Reperfusion or Occlusion) ha randomizzato 17 073 pazienti con STEMI a eparina o all'inibitore diretto bivalirudina. La mortalità a 30 giorni risultava simile in entrambi i gruppi; l'incidenza di reinfarto risultava invece diminuita a prezzo dell'aumento del rischio di sanguinamento da lieve a moderato. Una recente metanalisi di 11 studi randomizzati ha mostrato come gli inibìtori diretti della trombina risultassero associati, se comparati a eparina, a un rischio inferiore di morte e di infarto miocardico sia alla fine del trattamento (4,3% vs 5,1 %, p = 0,001) sia a 30 giorni (7,4% vs 8,2%, p = 0,02) .13 Questa differenza era principalmente il risultato della riduzione dell'incidenza di reinfarto (2,8% vs 3,5%, p <0,001) senza differenze per quanto concerne la mortalità (1,9% vs 2%, p = 0,69). Non si segnalava eccesso di eventi emorragici intracranici con alcun inibitore diretto della trombìna.`

Le Clinical Practice Guidelines raccomandano:
Classe II a

I. Nei soggetti con nota trombocitopenia da eparina può essere ragionevole prendere in considerazione la bivalirudina come un'utile alternativa all'eparina per l'utilizzo con streptochinasi. Si raccomanda di adottare le dosi utilizzate nell'HER0-2 (un bolo di 0,25 mglkg seguito da infusione ev di 0, 5 mglkglh per le prime 12 ore e di 0, 25 mglkglh per le successive 36 ore)~33 ponendo cura alla riduzione della velocità di infusione qualora l'aPTT superasse i 75 secondi nelle prime 12 ore. (Livello di Evidenza: B)

Fondaparinux
L'inibitore del fattore Xa, fondaparinux, è stato studiato nell'OASIS-6 (Organization for the Assessment of Strategies far Ischemie Syndromes). In questo studio, 12 092 pazienti con STEMI sono stati randomizzati a fondaparinux per 8 giorni oppure a placebo e, se non controindicata, terapia standard con eparina. 34 Nel gruppo fondaparinux si osservava il 9,7% dei pazienti per l'endpoint primario di morte o reinfarto a 30 giorni contro FI 1,2% del gruppo placebo (p = 0,008). I pazienti trattati con trombolitico mostravano ì maggiori benefici senza un significativo incremento nell'occorrenza di saguinamenti.


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