cfr anche Aritmie2 cuore e diabete ecg ecg2 fibrillazione atriale fibrillazione ventricolare shock cardiogeno L'auscultazione del cuore
cfr prima ablazione
Tipicamente il paziente si presenta al proprio medico di famiglia lamentando palpitazioni. Per correlare i sintomi ad una specifica aritmia sopraventricolare può essere utile un monitoraggio ambulatoriale "esterno" dell'ECG. Questi sistemi di monitoraggio possono essere indossati dal paziente per un periodo pari fino ad un mese. Se questo tipo di monitoraggio non consente di identificare un'aritmia specifica è possibile inserire per via chirurgica un monitor impiantabile, che può continuare lo screening delle aritmie per anni. Se viene identificata un'aritmia sopraventricolare il paziente può essere indirizzato ad un cardiologo e, successivamente, ad un elettrofisiologo cardiaco.
In base alle valutazioni condotte occorre decidere se procedere con un trattamento farmacologico oppure con I'ablazione. Il paziente quando deve sottoporsi allo studio elettrofisiologico e all'ablazione deve mantenersi a digiuno dopo la mezzanotte del giorno precedente all'intervento, e deve astenersi dall'assumere farmaci che potrebbero interferire con I'inducibilità della tachicardia nel corso dello studio elettrofisiologico. Il giorno dell'intervento il paziente viene sottoposto a misure preoperatorie di routine, con l'inserimento di un catetere venoso e, spesso, ad una visita da parte di un anestesista. I protocolli di analgesia possono variare da una sedazione con mantenimento del livello di coscienza ad un'anestesia generale condotta per via endotracheale. La sedazione semplice viene scelta nei casi in cui una sedazione più profonda rischierebbe di rendere clinicamente quiescente I'aritmia.
Sedazioni più profonde possono rendersi necessarie nei casi di interventi di ablazione complessi, protratti, nei quali non è necessario indurre I'aritmia oppure è importante assicurare l'immobilità del paziente nel corso dell'intervento. Durante I'intervento il paziente deve giacere supino per diverse ore; la durata dell'intervento dipende dalla complessità dell'aritmia. Le ablazioni delle tachicardie da rientro del nodo atrioventricolare tendono ad essere più brevi (durata inferiore a3 ore) rispetto agli interventi per la fibrillazione atriale (che possono durare fino a 8 ore). Nel corso dell'intervento e dopo I'intervento il paziente può lamentare dolore lombare e ansia. Durante la somministrazione dell'energia utilizzata per I'ablazione (questa fase occupa peraltro una frazione relativamente minore del tempo complessivo di intervento) il paziente può lamentare una sensazione di pressione sul torace o un dolore pleuritico. Al termine dell'intervento i cateteri vengono rimossi, e per ottenere I'emostasi viene esercitata una compressione manuale a livello del sito di inserimento. Solitamente il paziente viene dimesso il giorno stesso dell’intervento oppure il giorno successivo. Per un recupero completo sono in genere necessari 2-3 gioni; in caso di procedure più complesse i tempi di recupero possono essere più lunghi.
Le patologie più comuni in cui viene eseguita l'Ablazione sono:
In particolare l'ablazione si attua ne:
La tachicardia atriale è un aritmia relativamente rara che viene diagnosticata nel
5-15% dei pazienti inviati al laboratorio di elettrofisiologia cardiaca per essere
sottoposti ad un intervento di ablazione di una tachicardia sopraventricolare ;
con I' avanzare dell'età la tachicardia atriale è responsabile di una percentuale
più elevata delle tachicardie sopraventricolari. La tachicardia atriale è un'aritmia
focale che può avere origine in qualsiasi regione dell'atrio destro o sinistro.
L'ablazione con catetere viene riservata ai casi di tachicardia atriale
sintomatica refrattaria alla terapia farmacologica, nonché ai pazienti che hanno
sviluppato, in seguito all'esposizione prolungata a frequenze cardiache elevate,
una cardiomiopatia mediata dalla tachicardia.
Questa forma rappresenta la tachicardia sopraventricolare per la quale viene più frequentemente prescritto I'intervento di ablazione con catetere; i l rapporto donne:uomini è di 2:1. L'ablazione con catetere ha successo all'incirca nel 96% dei casi, con tassi di recidive compresi tra il 3% ed il 7% . La principale complicanza è costituita dal blocco del nodo atrio-ventricolare (0.5-1% dei casi); dopo l'intervento sono stati descritti anche casi di palpitazioni e di tachicardia sinusale inappropriata. L'ablazione è indicata come trattamento di scelta nella maggior parte dei casi di tachicardia da rientro del nodo atrio-ventricolare; altri fattori da prendere in considerazione nella scelta del trattamento sono lo stile di vita abituale del paziente e la presenza di patologie mediche associate.
Le tachicardie reciprocanti atrio-ventricolari, categoria di tachicardie sopraventricolari
che comprende la sindrome di Wolff-Parkinson-White, è caratterizzata dalla trasmissione
di impulsi elettrici attraverso una o più vie extranodali (accessorie). All'elettrocardiogramma
(ECG) la trasmissione dell' impulso attraverso la via accessoria si può manifestare
sotto forma di un rallentamento e di un "impastamento" (onda delta) della parte
iniziale del complesso QRS. La conduzione attraverso la via accessoria può tuttavia
essere presente anche in assenza di un'onda delta evidente; in questi casi si parla
di via accessoria "nascosta". L'efficacia delI'ablazione con catetere delle vie
accessorie risulta pari, nella maggior parte degli studi, al 95% con tassi
di recidive pari all'incirca al 5%. I tassi complessivi di complicanze, le
più comuni delle quali sono il blocco atrio-ventricolare completo e la perforazione
cardiaca con tamponamento, sono del 2-4%. Quando si manifestano in associazione
a sintomi di tachicardia o ad una tachicardia documentata, segni di vie di conduzione
accessorie (onde delta all'ECG) devono indurre il medico ad inviare rapidamente
il paziente ad un centro dove poter eseguire I'ablazione.
Il flutter atriale rappresenta circa il 15% di tutte le aritmie sopraventricolari,
e si manifesta all'incirca nel 25-35% dei pazienti con fibrillazione atriale. Il
flutter atriale è in genere più sintomatico della fibrillazione atriale, in quanto
è più frequentemente associato a frequenze ventricolari elevate. Il circuito elettrico
responsabile delle forme più comuni di flutter atriale è anatomicamente ben definito,
e può essere prontamente interrotto con un'ablazione condotta nelle vicinanze della
giunzione tra vena cava inferiore ed atrio destro. I tassi di successo a lungo termine
degli interventi di ablazione delle forme di flutter atriale tipico sono compresi
tra l'88% ed 100%; i pazienti sottoposti ad ablazione presentano tassi di ricovero
in ospedale più bassi rispetto a quelli dei pazienti trattati con farmaci antiaritmici.
I tassi di complicanze sono del 2.5 -3,5%, e comprendono blocco cardiaco completo,
perforazione cardiaca con tamponamento, eventi tromboembolici ed infarto miocardico.
La fibrillazione atriale è la più comune aritmia cardiaca clinicamente significativa, con una prevalenza stimata, nella popolazione generale, compresa tra Io 0,4 e 1%. La fibrillazione atriale è associata ad un aumento del rischio di ictus, scompenso cardiaco e della mortalità da tutte le cause. I principi di trattamento comprendono un'adeguata anticoagulazione (per prevenire gli ictus embolici), interventi di controllo della frequenza ventricolare (per prevenire tachicardie sintomatiche e patogene) e, in pazienti selezionati. Interventi volti al controllo del ritmo cardiaco (ripristino e mantenimento del ritmo sinusale). Nei pazienti con fibrillazione atriale I'intervento di ablazione ha I'obiettivo di ottenere e di mantenere il ritmo sinusale; l'intervento viene condotto a livello dell’interfaccia tra vene polmonari ed atrio sinistro, cioè nell'area anatomica di importanza critica nell'innesco e nel mantenimento dell'aritmia. I pazienti che hanno le maggiori possibilità di trarre beneficio dall'ablazione sono quelli con dimensioni normali dell'atrio sinistro, e con fibrillazione attuale sintomatica refrattaria alla terapia con uno o più farmaci antiaritmici. La presenza di sintomi rappresenta in effetti un fattore di importanza decisiva nel definire I'opportunità o meno del tentativo di ablazione; in seguito all'intervento i punteggi di valutazione della qualità di vita evidenziano un miglioramento. L' ablazione è indicata, come alternativa alla terapia farmacologica, per prevenire la fibrillazione atriale ricorrente in pazienti con minimo o nessun ingrandimento dell'atrio sinistro. Una recente meta-analisi ha dimostrato che, dopo I'insuccesso di una terapia con farmaci antiaritmici, l'ablazione con radiofrequenza è più efficace nel mantenere i l ritmo sinusale rispetto ad un trattamento che preveda semplicemente la continuazione del trattamento con farmaci antiaritmici. La fibrillazione atriale parossistica è infatti caratterizzata da tassi di eliminazione dell'aritmia, ad un anno dall'intervento, più elevati (all'incirca 7 5-80%) rispetto alla fibrillazione atriale persistente 160-70%); le ablazioni ripetute di una fibrillazione atriale sono associate a tassi di efficacia più elevati. Le differenze dei tassi di successo dell'intervento potrebbero dipendere dal fatto che tanto maggiore è il tempo di presenza della fibrillazione atriale, tanto più I'atrio sinistro presenta alterazioni istologiche che possono favorire o perpetuare I'aritmia. Il rischio di gravi complicanze è pari all'incirca al 6%.