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La malattia tromboembolica

  1. Gastroepato
  2. Ematologia
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  4. Come coagula il sangue
  5. La trombosi
  6. I pazienti  emorragici
  7. Il processo della fibrinolisi
  8. Il processo della coagulazione
  9. Terapia con anticoagulanti orali

a cura del dott. Claudio Italiano

La malattia tromboembolica, in che cosa consiste?

La malattia tromboembolica (TE) comprende:
l'embolia polmonare
la trombosi venosa profonda

Essa è causa di mortalità e morbilità elevata; è fatale nel suo decorso. Colpisce ogni anno più di 100.000 pazienti negli USA ospedalizzati; necessita di profilassi che è la sola chiave per ridurre l'evoluzione fatale della TE. Di fondamentale importanza è conoscerne i fattori di rischio.

 

Patogenesi della tromboembolia

Nel 1856 il Virchow delinea i fattori che predispongono allo sviluppo della TE:
- riduzione del flusso o stasi venosa
- condizione di ipercoagulabilità
- danneggiamento della parete dei vasi

Stasi: significa una riduzione della velocità lineare del flusso del sangue espresso in cm/min ed una riduzione del ritorno venoso in vol/min, talora dovuta alla dilatazione delle vene varicose (ectasie venose) ed alla riduzione della perfusione arteriosa (ad esempio di un arto, per stenosi). Situazioni del genere si determinano per esempio nelle pratiche chirurgiche, o a seguito di fattori che aumentano la viscosità ematica (per es. policitemia, neoplasie maligne).

-Ipercoagulabilità: si tratta di condizioni che giocano un ruolo chiave nella formazione del trombo o stati trombofilici; prova ne sia l'elevata mortalità dei pazienti negli interventi chirurgici demolitivi, la chirurgia dell'anca, gli interventi all'addome ed alla pelvi per neoplasie, le infezioni da gram-negativi con rischio di CID: ne deriva che in queste condizioni si riscontra la presenza in circolo di fattori tromboplastinici e procoagulanti, specie nelle neoplasie. 

-Alterazioni di parete vasale: significa che le cellule endoteliali, se integre, sono metabolicamente attive sul sistema emostatico e liberano sostanze cellulo-repellenti; in caso contrario l'epitelio perde la sua tromboresistenza, in quanto l'epitelio gioca un ruolo chiave con i suoi fattori inibitori o attivatori del sistema coagulativo. Anche l'ipossia gioca il suo ruolo o l'uso di laccio in corso di interventi sul ginocchio.

Per approfondire il tema
delle malattie della coagulazione:

L'emostasi: come coagula il sangue?
L'ipercoagulabilità:  il sangue coagula troppo
La diatesi emorragica: malattie che
non fanno coagulare il sangue

Profilassi malattia tromboembolica
La profilassi del tromboembolismo venoso
Coagulazione intravasale disseminata
La terapia con anticoagulanti orali

Fattori di rischio associati alla TE

- età avanzata
- sesso femminile
- gruppi sanguigni
- obesità
- immobilizzazione
- gravidanza e puerperio
- contraccettivi
- neoplasie
- traumi
- ustioni
- difetti genetici: carenza di antitrombina III, difetto di proteina C, difetto di proteina S, disfibrinogenemie;
- difetti acquisiti :anticorpi anti-fisfolipidi

Età: la TE è rara sotto i 40 anni, mentre l'incidenza è elevata nell'anziano sopra i 75 anni con 1 caso su 10.000/anno;
Sesso: femminile, forse connesso anche all'uso di contraccettivi, gravidanze, perperio, alterazioni del sistema venoso profono e vene varicose, per costellazione ormonale
Gruppo sanguigno: i soggetti con gruppo 0 hanno rischio inferiore per TE perchè i soggetti 0 non hanno livello elevato fattore di fattore di Von Willebrand e di fattore VIII.
Obesità: perchè le cellule adipose secernono inibitore tessutale del plasminogeno.
immobilizzazione: perché il flusso si riduce, specie negli emiplegici, dopo stazione eretta prolungata, negli allettati.
Gravide: perchè in gravidanza si incrementano i fattori II, VII, X ed il fibrinogeno, con riduzione di proteina S e fibrinolisi.
Uso di contraccettici orali: per aumento di fattori della coagulazione II, VII, X e riduzione di antitrombina III e proteine S e C
Neoplasie maligne: perchè liberano sostanze coagulanti e fattore tissutale, per aumento di fattori della coagulazione;
Paziente chirurgico: si divide in paziente A) ad alto rischio B) a medio rischio C) a basso rischio.

Condizioni di alto rischio

Interventi di chirurgia generale maggiore di 60 anni;
Interventi di chirurgia generale maggiore eta tra i 40-60 anni, con storia di eventi tromboembolici
Interventi chirurgici ortopedici maggiori della pelvi, anca ed arti inferiori
Interventi chirurgici maggiori in pazienti con trombofilia
Fratture di pelvi e anca.

Rischio moderato

Interventi di chirurgia generale maggiore età di 40-60 anni senza fattori di rischio aggiuntivi
Interventi di chirurgia generale maggiore età < 40, in trattamento con estrogeni o storia di eventi TE
Interventi di chirrugia minore, di età >60 anni
Interventi di chirurgia minore in età 40-60 in trattamento con estrogeni o con estrogeni

Rischio basso

Interventi di chirrugia maggiore età < 40 anni, senz afattori aggiuntivi
interventi di chirurgia minore, età 40-60 anni senz afattori di rischio aggiuntivi.

Condizioni associate a rischio TE

Negli intereventi di chirurgia generale con età maggiore di 40, il rischio TE e di embolia polmonare (EP), il rischio si attesta intorno al 20%, mentre una buona profilassi evita completamente questo rischio. Negli intereventi di chirurgia ortopedica il rischio TE è particolarmente elevato negli intereventi di ricostruzione dell'anca e del ginocchio, dove la frequenza di TVP oscilla tra il 45 ed il 70%. I risultati per la profilassi in questi tipi di intervento si basano esclusivamente sull'impiego di eparine a basso peso molecolare.
Chirurgia urologica. La chirurgia della prostata è associata ad elevato rischio TE che si approssima al 40% per gli intereventi tranvescicali ed al 10% per quelli transuretrali, specie se coesistono neoplasie maligne.
Chirurgia ginecologica. In genere il rischio si aggira sul 7% -12% per le isterectomie a seconda il caso se sono attuate per via transvaginale o perlaparotomica. Il problema è eclatante se vi sono neoplasie maligne, poichè in questo caso il rischio sale al 20%.
Chirurgia toracica. Nel caso di carcinoma polmonare e dell'esofago il rischio è del 45%; Nel bypass aortocoronarico il rischio si attesta sul 30%.
Chirurgia neoplastica. Le cellule neoplastiche sono in grado di liberare sostanze coagulanti ed il rischio a seguito di intereventi sale di 2-3 volte rispetto algli intereventi di chirugia non neoplastica, nonostante la profilassi.
Chirurgia nei traumi. Nei traumi maggiori della pelvi, dell'anca o degli arti inferiori, hanno un rischio che va dal 30 al 50% per TVP, specie le fratture pertrocanteriche.
 

Patologie internistiche e rischio tromboembolico

Le patologie internistiche soggette a rischio TE sono:
IMA
scompenso cardiaco congestizio
Ictus
Malattie infiammatorie intestinali
Trapianto del rene
anziani istituzionalizzati
Sindrome nefrosica
sindrome da iperviscosità
malattie linfoproliferative
policitemia vera
emoglobinuria parossistica notturna
L'incidenza e la gravità di TE è stata documentata in questi pazienti sia mediante studi autoptici, in cui la TE si attestava intorno al 33% (23% di TVP e 24% di EP), sia con studi epidemiologici, in cui l'EP fatale era l'8% dei casi.

Anomalie congenite connesse a rischio TE

Esse sono la deficienza di AT III, di proteina C, di proteina S, di cofattore eparinico II. I pazienti con trombofilia congenita dovrebbero essere considerati ad alto rischio di TE venosa e dovrebbero ricevere una profilassi appropriata secondo il quadro clinico.

Trattamento

In tutti questi casi clinici contemplati è imperativo un trattamento con eparina a basso peso molecolare (profilassi del tromboembolismo).
 

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