Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento e utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Cliccando su "Accetto" acconsenti all'uso dei cookie.

Il paziente emorragico

  1. Gastroepato
  2. Argomenti di ematologia
  3. Il paziente emorragico
  4. La coagulazione
  5. La malattia tromboembolica
  6. La trombosi
  7. Emostasi
  8. Il processo della fibrinolisi
  9. Il processo della coagulazione
  10. Alterazioni della coagulazione
  11. Il processo della coagulazione, i test
  12. Terapia con anticoagulanti orali
  13. Il paziente ematologico

Che cosa si insegna per paziente emorragico?

Non è semplice inquadrare il paziente emorragico; in genere tre sono i gruppi di patologie che determinano rischio emorragico nel paziente.

Il medico di pronto soccorso deve saper riconoscere il paziente emorragico e prestare attenzione a:

• Malattie da difetto vascolare
• Piastrinopatie e piastrinopenie
• Malattie emorragiche da difetto di coagulazione per carenza di uno o più fattori.

 

Malattie emorragiche da difetto vascolare

Si tratta di patologie per fortuna non gravi e che interessano per lo più la cute, manifestandosi vistosamente con petecchie, ecchimosi e sanguionamenti cutaneio e mucosi, che regrediscono in 48 ore, dovute a difetti congeniti od acquisiti del connettivo e dei vasi (teleangectasia, cioè dilatazione dei capillari terminali).

Forme emorragiche  congenite

Sindrome di Marfan, forma congenite più frequenti sono le malattie ereditarie del connettivo
 Malattia di Rendu-Osler o teleangectasia emorragica ereditaria ;
 

Forme emorragiche acquisite

tra quelle acquisite sono importanti:
• la porpora senile,
• la porpora da avitaminosi C,
• da malattie infettive,
• da malattie autoimmuni (tra queste, la porpora di Schoenlein-Henoch),
• da farmaci (cortisonici in terapia cronica, penicilline, sulfonamidi).
 

Piastrinopatie e piastrinopenie

Le malattie emorragiche da difetto piastrinico possono essere causate da difetti qualitativi, cioè le piastrine non rivestono la loro funzione, non liberano le sostanze contenute nei lori granuli, per esempio ADP, trombossano ecc. (piastrinopatie) oppure sono ridotte di numero, per difetto quantitativi (piastrinopenie), che determinano in ogni caso una diminuita capacità di formare il tappo piastrinico.

Le cause principali di piastrinopenie includono:
• ridotta produzione, per danno midollare (farmaci, radiazioni),
• insufficienza midollare (anemia aplastica),
• invasione midollare (carcinomi, leucemie, fibrosi);
• sequestro splenico, se c'è ingrossamento della milza, splenomegalia
• aumentata distruzione, da farmaci (aspirina, antiaggreganti, chemioterapici, etanolo, estrogeni, sulfonamidi, chinidina, chinina, metildopa, eparina),
• da reazione autoimmunitaria (idiopatica o associata a LES, linfomi, AIDS).
Oppure esistono forme primitive, per le quali, cioè è impossibile riconoscere la eziopatogenesi.
La forma idiopatica è conosciuta con il nome di porpora trombocitopenica idiopatica, o morbo di Werlhof, ed è caratterizzata dalla presenza di specifici autoanticorpi diretti contro le piastrine).
 

Piastrinopenie in corso di coagulazione intravascolare disseminata CID

• in corso di porpora trombotica trombocitopenica
• in seguito ad emotrasfusioni massive.
Le piastrinopatie si caratterizzano per numero di piastrine normale ma alterazione nella funzione coagulativa e ciò può dipendere da:
• farmaci (aspirina, altri FANS, dipiridamolo, eparina, penicillina, carbenicillina, ticarcillina); 2
• uremia;
• cirrosi;
• disprotidemie;
• disordini mieloproliferativi e mielodisplasici;
• malattia di von Willebrand (vedi anche sotto).
• Malattie emorragiche da difetto dei fattori di coagulazione


Diverso è invece il quadro clinico nelle malattie emorragiche da difetto dei fattori della coagulazione. In questi casi infatti si forma regolarmente il tappo emostatico, ma esso non viene consolidato dal reticolo di fibrina.

Ne derivano stravasi emorragici ed ematomi sottocutanei, emartri ecc.

Tipiche di questo gruppo sono le varie forme di emofilia:
• da deficit dei fattori VIII, IX e XI
• e la sindrome di von Willebrand (tutte congenite)

E' possibile ancora avere emorragie per un deficit di vitamina K, vuoi per mancato assorbimento, vedi nell'epatopaziente, voi per carenza di vitamina K, uso di anticoagulanti orali, da CID.

La diagnosi di malattie emorragiche

La diagnosi di malattìa emorragica prevede dapprima un accurato esame clinico del paziente, con anamnesi familiare e personale ed esame obiettivo, poi l'impiego di appropriate tecniche di laboratorio e di diagnostica clinica: le più comunemente impiegate sono l'emocromo con la conta piastrinica, la prova del laccio, il tempo di emorragia, il conteggio delle piastrine, il tempo di tromboplastina parziale (PTT), il tempo di Quick (AP o PT), la misurazione del tasso dei singoli fattori della coagulazione.
 

Le emofilie

L'emofilia è una malattia congenita ed ereditaria, che consiste nella mancanza o nella carenza di una proteina del sangue (fattore di coagulazione VIII, IX), fondamentale nel processo di coagulazione.
 

Emofilia A e B

Si conoscono due tipi di emofilia: l'emofilia A e l'emofilia B.
L'emofilia A, spesso definita anche emofilia classica, è la forma più comune di emofilia ed è dovuta ad una carenza del fattore VIII della coagulazione.
L'emofilia B, spesso definita malattia di Christmas, dal nome della famiglia nella quale è stata identificata per la prima volta, è invece provocata dalla carenza del fattore IX della coagulazione.
 

Caratteristiche e sintomatologia

L'emofilia è una malattia ereditaria e congenita legata al sesso: solo i maschi sono colpiti dalla malattia, trasmessa dalla madre, portatrice sana.

E' molto raro che una donna sia colpita da emofilia; perché ciò accada, il padre deve essere emofilico e la madre portatrice sana.

Un soggetto emofilico può venire a morte anche a seguito di traumi banali, con emorragie interne profuse ed imponenti, anche intracraniche, oltre che nelle articolazioni (emartri)

 

Quali sono le principali complicanze del paziente emorragico

• ematomi (emorragie all'interno del tessuto sottocutaneo o dei muscoli): possono causare contratture muscolari, paralisi dei nervi, atrofia dei muscoli
• cisti ossee causate dalla compressione degli ematomi sui tessuti circostanti e dal mancato riassorbimento delle emorragie
• complicanze neurologiche varie;
• coliche renali
Nelle forme più gravi di emofilia, l'emorragia si verifica spesso in maniera spontanea. Un dolore acuto e forte è la conseguenza principale di un'emorragia interna non adeguatamente curata. Se queste emorragie non sono trattate correttamente possono avere conseguenze gravi e permanenti.
 

Diagnosi e gravità

Nella maggior parte dei casi, l'emofilia A è diagnosticata attraverso complessi esami di laboratorio che verificano la mancanza o la carenza di uno dei fattori della coagulazione.
L'emofilia A viene classificata a seconda della quantità del fattore VIII presente in:
• lieve
• moderata (2-5%)
• grave (<1%), a seconda della quantità di fattore della coagulazione presente nel sangue.

Nei bambini con emofilia grave (fattore della coagulazione < 1%) la diagnosi viene di solito effettuata entro il primo anno di vita, quando il bambino inizia a camminare, abitualmente perché i genitori sono preoccupati dalle frequenti ecchimosi. Nell'emofilia grave si hanno emorragie sia dopo traumi, anche di minima entità, che spontanee.

Secondo l'Organizzazione Mondiale l'emofilia colpisce ogni anno nel mondo circa 15-20 individui ogni 100.000 bambini nati.

In Europa sono circa 37.000 le persone affette da emofilia di tipo A anche se gli esperti ritengono che questa cifra sia sottostimata: molte persone affette da questa malattia potrebbero ignorare di averla.

La realtà italiana In Italia gli emofilici sono circa 5.000 ai quali vanno aggiunte alcune patologie della coagulazione affini, che portano a un totale di 6.000 persone; l'incidenza è di 1/10.000 (emofilia A); 1/50.000 (emofilia B). Ad occuparsi di loro i centri specializzati per la cura dell'emofilia: 47 in tutto il territorio nazionale.
 

Terapie del paziente emorragico

L'unica possibilità di cura per i soggetti affetti da emofilia A è la somministrazione diretta del fattore VIII nel sangue. La terapia con il fattore VIII è in grado sia di prevenire le emorragie sia di ridurne gli effetti garantendo agli emofilici più lunghi periodi di tempo senza episodi emorragici e dolorosi, oltre che risparmiando loro i rischi di eventuali disabilità o complicanze.

In Europa gli emofilici possono scegliere due diversi trattamenti: emoderivati e concentrati di fattore VIII ricombinante. Dagli ultimi dati emerge che i cinque maggiori paesi europei, con le sole eccezioni di Francia e Italia, utilizzano una più alta percentuale di emoderivati, come illustrato nella tabella (dati 2002):
- IL PASSATO: Gli emoderivati di oggi non sono più ottenuti tramite il sangue di donatori: si è così azzerando il rischio di contagio da AIDS o epatite B e C.
- IL PRESENTE: I ricombinanti di prima e ultima generazione

L'ingegneria genetica ha messo a punto dei concentrati di fattore VIII ricombinante che richiedono solo piccolissime quantità di plasma umano nel processo di produzione e che sono capaci di offrire un margine di sicurezza superiore rispetto agli emoderivati

  • oppure  cfr indice argomenti ematologici