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La coagulazione: meccanismo della coagulazione

  1. Gastroepato
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  9. Il processo della coagulazione
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  11. Il processo della coagulazione, i test
  12. Terapia con anticoagulanti orali
  13. Il paziente ematologico

appunti del dott. Claudio Italiano

Le domande al medico curante del paziente a rischio di trombosi

Dottore, perché debbo fare una cura di prevenzione della trombosi?

Perchè faccio la terapia con i nuovi coagulanti orali, con apixaban, dabigatran e rivaroxaban se sono fibrillante o con il sintrom ed il coumadin (cfr Terapia con anticoagulanti orali)? Per evitare che si formino dei coaguli nell'atrio sinistro che vengono poi "sparati" dal cuore verso il cervello, in alcune condizioni di aritmia (fibrillazione atriale) quando il cuore fibrilla ed è paralizzato negli atri, oppure nelle condizioni di trombofilia, paziente allettato, paziente con TVP o con episodi di embolia polmonare.

Perchè debbo assumere la cardioaspirina o la ticlolopidina o gli antiaggreganti, clopidogrel? Per impedire l'aggregazione delle piastrine che sono alla base del processo di coagulazione.

Perchè ho la trombofilia? Perchè sono carente dei fattori deputati alla "fibrinolisi" (continua a leggere)

Oggi l'approccio alla prevenzione delle patologie è globale, cioè tiene conto di diverse problematiche, allo scopo di prevenire il danno d'organo.

La coagulazione del sangue - generalità

L'organismo è una macchina perfetta che, tra le sue funzioni più importanti ai fini della vita, prevede la coagulazione del sangue. Quanto questo processo sia utile è a tutti noto: basti pensare ad una donna che partorisce, quando al momento del secondamento, cioè quando la placenta si stacca dall'interno dell'utero, dopo che il bambino è fuori dal canale del parto,  a quel punto si attivano i meccanismi della coagulazione, ed è questa una fase delicatissima nella vita della donna, nel senso che lo stesso processo, se esageratamente amplificato, può condurre all'emostasi a cui segue dopo un'emorragia inarrestabile, per es. per una coagulopatia da consumo,  la CID  o, al contrario, se deficitario, ad un'emorragia imponente che necessita di interventi importanti per la sua risoluzione.  Se viceversa vi è un equilibrio tra la fase coagulativa e fibrinolitica, allora parliamo di omeostasi del processo della coagulazione e la vita procede regolarmente.

Lo scopo dell'emostasi, cioè del meccanismo che porta alla stasi della fuoriuscita del  sangue,  è quello di formare appunto una sorta di "tappo" alla breccia di un vaso sanguigno, impiegando i costituenti stessi del sangue, che prima sono delle sostanze inattive e che, poi, si attivano, nel miracolo della vita, quando serve, cioè quando devono trasformarsi nei prodotti attivati della cascata della coagulazione.

In sintesi due sono le tappe principali di questo meccanismo:

protrombina in trombina che, a sua volta, agisce sul

fibrinogeno trasformando in un prodotto stabile, detto "fibrina",

La fibrina è una proteina filamentosa, che  a modo di una rete, impiglia in sè le piastrine, altri componenti del sangue, dosabili all'emocromocitometrico, e si forma così un coagulo stabile, cioè il  "tappo" di cui parlavamo prima e che impedisce a fuoriuscita del sangue.  Il trombo è definito, appunto, un agglomerato di 80% di piastrine e 20% di  fibrina

Fin qui tutto sembrerebbe semplice se non fosse per il fatto che i fattori della coagulazione sono molteplici e che ne esistono alcuni che funzionano da regolatori. Ossia, se il sangue avesse solo la tendenza a coagulare avremmo il fenomeno della malattia tromboembolica e, viceversa, se ciò non accadesse, all'opposto saremmo affetti da altre malattie come per esempio tutte le malattie da deficit della coagulazione, le piastrinopenie, l'emofilia o le coagulopatie in corso di epatopatia.

Affinché sia assicurata un'efficiente emostasi è necessario che siano perfettamente funzionanti tre compartimenti :

Si tratta di un'arteria con coagulo adeso alle parete in rosso-violaceo e con fibrina, quella in giallo. La lesione iniziale, ateroma, si caratterizza con il deposito di una pappa lipidica e ciò è favorito anche dalla ipertensione arteriosa che "spinge" nell'endotelio le molecole di colesterolo. Poi si depositano fibrina e piastrine: ecco il coagulo formato col la fibrina

•la parete dei vasi arteriosi e venosi che deve essere integra

Le piastrine che sono alla base di tutto il processo grazie alle sostanze che contengono

Per approfondire il tema, leggi  L'emostasi

I fattori della coagulazione

I fattori della coagulazione sono proteine circolanti nel sangue e prodotte quasi tutte dal fegato, grazie all'utilizzo della vitamina K, detta appunto "antiemorragica"; basti pensare che è proprio su di essa e sull'antagonismo con essa che si basava la precedente terapia con anticoagulanti orali, o tao

 Di fattori della coagulazione se ne conoscono una dozzina circa, indicati in genere con un numero romano (es fattore VII, VIII o IX) o con il loro nome proprio (es. fibrinogeno). Essi hanno la caratteristica peculiare di agire in sequenza, uno dietro l'altro, e ad ogni tappa il fattore, che circola inattivo nel sangue, viene attivato ed agisce sul fattore successivo, che viene attivato a sua volta.

Dal punto di vista teorico, inoltre, la coagulazione riconosce 2 vie, la via estrinseca ai vasi e la via intrinseca ai vasi sanguigni, nel senso che il processo della coagulazione che porterà alla formazione di un trombo, può iniziare intrinsecamente dal vaso stesso, per es. classicamente con l'attivazione del fattore XII, o per via estrinseca, per es. dopo un traumatismo dei tessuti, una ferita lacera, per attivazione tramite il fattore tissutale o fattore 7. Inoltre dobbiamo segnalare il ruolo delle piastrine che, a mo' di fiammiferi svedesi, si "accendono" a contatto con superfici lese e liberano altri fattori, cambiamo forma, agganciano la fibrina e diventano delle vere e proprie "pezze" che bloccano l'emorragia, mentre al contrario, esiste un sistema anticoagulante detto "fibrinolitico" che svolge il ruolo opposto di contrastare appunto il processo della coagulazione.

Continua a leggere...

Gli inibitori della coagulazione

Ma non è sempre utile che avvenga  la coagulazione, perché, specie nell'anziano, nel soggetto con aritmie, o che è stato già affetto da ictus, con tromboembolismovenoso,  flebopatia e trombosi venosa profonda, o nella donna che assume contraccettivi, essa rappresenta un rischio per la vita e non un vantaggio.

Da qui, come si diceva, è indicato l'impiego di farmaci che si oppongono alla cascata coagulativa ed alla trombosi, come per esempio gli antiaggreganti (aspirina), le eparine che agiscono sul trombo rosso venoso, il dicumarolo, il clopidogrel, di cui si è parlato a proposito della prevenzione e della cura dell'infarto. In condizioni normali il meccanismo emostatico, infatti, si attiva solo localmente, cioè solo dove è necessario e per il tempo strettamente indispensabile ad arrestare l'emorragia, mentre nelle altre zone dell'organismo il sangue continua a mantenere la sua abituale fluidità.

Il controllo della coagulazione avviene a vari livelli ad opera di altre sostanze presenti nel sangue:

• Sostanze anticoagulanti, a favore del processo di "fibrinolisi", cioè quelle che sciolgono il tappo di fibrina,  sono:

• l'antitrombina III (AT III),
• la Proteina C,
•la Proteina S
• la plasmina, che si forma dal plasminogeno circolante nel sangue, e scioglie la fibrina.
 

Cenni sul meccanismo dell'emostasi o coagulazione del sangue

Per approfondire il tema, leggi  L'emostasi

Qualsiasi lesione della superficie interna di un vaso comporta l'interruzione dello strato delle cellule endoteliali, le quali formano una specie di rivestimento liscio e regolare della parete stessa per permettere al sangue di scorrere regolarmente. Ne parliamo nella pagina che discute del rischio cardiovascolare.

Nella zona lesionata si verifica:

• una vasocostrizione che riduce il calibro del vaso
• la liberazione del fattore tessutale
• la liberazione delle sostanze che facilitano l'adesione delle piastrine
• la formazione del tappo emostatico primario che ha il compito di arrestare l'emorragia.
 

Per approfondire il tema delle
patologie della coagulazione

Malattia tromboembolica

Le trombofilie

Il paziente emorragico

Profilassi malattia. tromboembolica

Profilassi del tromboembolismo venoso

Coagulazione intravasale disseminata

Un dolore toracico strano: l'embolia polmonare!

La terapia con anticoagulanti orali

Il VII attivato attiva il fattore X

Il fattore II protrombina, si trasforma nell'enzima attivo, detto "trombina" che trasforma il fibrinogeno in fibrina, cioè nella rete di fibrina e si stabilizza il coagulo, perchè agisce scondendo 2 peptidi il fibrinopeptide A ed il fibrinopeptide B, ma agisce anche sul fattore XIII attivandolo, detto "fattore stabilizzante la fibrina", che è prodotto probabilmente dal fegato o che si pensa si trovi nei megacariociti. Il fibrinogeno è una glicoproteina del peso molecolare di 340 kD, sintetizzato dal fegato che ha una concentrazione plasmatica tra 200 e 400 mg/dl, ha una struttura dimerica e ciascuno dimero, collegato da ponti disolfuro, a sua volta è costituito da 3 catene alfa, beta e gamma. Per attivarlo la trombona rimuove, come dicevamo, questi fibrinopeptidi.

 I fattori II, VII, IX e X sono sintetizzati dal fegato che necessita di vitamina K per la sintesi, cofattore necessario per la gammacarbossilazione, cioè essi acquisiscono, in pratica, dei residui gamma-carbossilici indispensabili per l'interazione con gli ioni Calcio. In presenza di dicumarolo (antagonista delle vitamina K) usato come farmaco anticoagulante, i fattori diventano inattivi. Solo la somministrazione di vitamina K li potrà attivare nuovamente.

Il fattore VIII è anch'esso una glicoproteina, o globulina antiemofilica,  del peso di 200 kD, prodotto forse nel fegato, che circola come molecola a doppia catena e perché venga attivato necessita di doppia proteolisi mediata dalla trombina  o altra proteasi. Il ruolo del fattore VIII è complesso: funge da cofattore di una proteasi serinica rappresentata dal fattore IX attivato, che a sua volta ha azione sul fattore X, in presenza del calcio e dei fosfolidi, attivandolo a cascata.  

Il fattore VIII, però, è fratello gemello, con il fattore di von Willebrand, senza la cui presenza viene disattivato prontamente nel plasma. Entrambi giocano un ruolo notevole, girando insieme nel plasma, con legami non covalenti, nel processo di amplificazione della coagulazione. 

Per approfondire leggi Il paziente emorragico

Infine si attiva la fibrinolisi, cioè si scioglie il coagulo (lisi della fibrina)

Si ripara così il danno endoteliale.

Come si può vedere dalla figura, la coagulazione può essere attivata, secondo un vecchio concetto classico,  attraverso due vie: l'estrinseca e l'intrinseca. L'importanza di quest'ultima in condizioni fisiologiche è probabilmente minore rispetto alla prima. In realtà, a parte gli schemi classici, si è visto oggi che il vecchio concetto delle 2 vie, non può essere accettato pedissequamente. Infatti se manca il fattore XII o di Hageman, la coagulazione avviene quasi normalmente con prolungamento di PTT; viceversa i soggetti emofilici con carenza di fattore VIII o IX sanguinano perchè il deficit della via intrinseca, in questo caso, non riesce a compensare quello della via estrinseca. Quindi esistono pesi e misure diverse per i fattori e meccanismi di interazione fra i fattori misconosciuti.

Nuovi concetti dell'emostasi

Esistono tre fasi:

- la fase iniziale che si verifica quando per un danno si esprime il "fattore tessutale o FT", a questa segue
- la "fase dell'amplificazione" , con attivazione di piastrine e cofattori

- la fase della propagazione, in cui il FIXa, si combina con il cofattore FVIIIa ed il calcio sulla superficie delle piastrine. In questa maniera otteniamo la tenasi intrinseca, che è l'attivazione del FX.

Una volta attivato il FXa si lega al FVa ed al calcio e si parla di protrombinasi che trasforma la protrombina in trombimna
 

Nella fase iniziale, le cellule che esprimono il fattore FT sono fuori dal sistema vascolare, ed il fattore FT lega il FVII attivandolo e questo, a sua volta, attiva il FIX ed FX.

Fase dell'amplificazione: la trombina attiva le piastrine e le piastrine forniscono il sito su cui avviene l'amplificazione della coagulazione, attivando la proaccelerina o fattore V, che è rilasciato dalle piastrine, il FVIII che è rilasciato dal vWF, ed il fattore XI, che si lega a siti specifici sulle piastrine. Alla fine le piastrine attivate sono rivestite dai cofattori FVAa, FVIIIa e FXI a.

Patologie della coagulazione

Numerose sono le malattie che possono risultare da anomalie di uno o più dei tre compartimenti.

Emorragie

Per approfondire leggi Il paziente emorragico

Possono essere dovute ad:

• Alterazioni congenite o acquisite della parete vascolare
Piastrinopenie o piastrinopatie, cioè anomalie delle piastrine il cui numero può essere anche normale
• Deficit congeniti o acquisiti di uno più fra i fattori della coagulazione (per es.  emofilia, malattia di Von Willebrand)
•Eccessiva attività del meccanismo della fibrinolisi, come discutiamo nella terza parte della coagulazione.
Invece le Trombosi, cioè le patologie che portano alla formazione del trombo, le trombofilie, cioè del coagulo,  possono essere dovute a:
•Alterazioni, in genere acquisite della parete vasale

•Deficit congeniti o acquisiti degli inibitori naturali della coagulazione (per es. deficit di AT III, di Proteina C o proteina S
•Aumento notevole e persistente delle piastrine
•Deficit del meccanismo fibrinolitico

I principali esami di laboratorio per lo studio della coagulazione

Esame emocromocitometrico: permette di conoscere il numero delle piastrine, se vi è stata perdita ematica, anche valutando ikl volume dei globuli rossi se è ridotto vuol dire microcitemia, (cfr anemia )

Esame del sangue periferico al microscopio: permette di valutare grossolanamente il numero delle piastrine e, soprattutto la loro forma e dimensione.
Tempo di emorragia: permette di valutare, dopo aver punto il polpastrello o il lobo di un orecchio, il tempo necessario per l'arresto dell'emorragia
Tempo di Quick: permette di valutare in laboratorio il tempo necessario per la coagulazione del sangue. Valuta soprattutto le tappe finali della cascata coagulativa. Questo esame è conosciuto anche come tempo di protrombina o PT o INR.
Tempo di tromboblastina parziale, noto anche come PTT o aTTP che valuta la via intrinseca e le tappe finali della coagulazione
Dosaggio dei singoli fattori della coagulazione. Generalmente è disponibile sono in laboratori specializzati, e viene effettuato per confermare il sospetto di una carenza di uno o più fattori, in seguito al riscontro di alterazioni a carico del PT o del PTT.
Dosaggio di ATIII o degli altri inibitori della coagulazione: è effettuato soprattutto nel sospetto di trombosi familiare o in giovani soggetti senza cause predisponenti a trombosi venose e/o arteriose.

 

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