Uno dei problemi che incontra il diabetologo nella pratica clinica è rappresentato dal trattamento antidiabetico orale, che si avvale di vecchie terapie con farmaci ad azione insulinosensibilizzante e secretagoga e nuove categorie di farmaci, SGLT2 inibitori e GLP1 AR.
Ma quando è indicata una classe di farmaci piuttosto che un'altra?
a) insulinosensibilizzante (metformina, tiazolinedioni) ?
b) un vecchio secretagogo (sulfaniluree e glinidi) ?
c) Le nuove incretine?
d) Il vecchio e negletto acarbose, prescrivibile in fascia A ?
e) Le nuove classi di inibitori dei trasportatori del glucosio:
anti-SGLT2i?
b) ridurre le pericolose iperglicemie post-prandiali, evitare le pericolose ipoglicemie, assicurando un profilo glicemico ottimale
c) non determinare la distruzione con esaurimento della beta-cellula pancreatica
Il controllo glicemico, che rappresenta una parte importante della gestione del diabete di tipo 2 (DMT2), è un processo complesso a causa della natura eterogenea, variabile e progressiva della patogenesi della malattia.
Il primo step consiste nell'attuare degli interventi relativi allo
stile di vita costituiscono invariabilmente
la base della gestione del DMT2, in modo particolare la dieta e l’esercizio
fisico per il controllo del peso corporeo, il benessere cardiovascolare e la
salute psicosociale. Le terapie farmacologiche vengono aggiunte per raggiungere
e mantenere l’obiettivo glicemico desiderato, generalmen-te iniziando con un
agente orale. Se il target non viene conseguito o mantenuto aumentando le dosi,
si associa un agente orale o iniettabile con un differente meccanismo d’azione.
Qualora questo duplice regime combinato non risulti in grado di prevenire la
progressione della malat-tia, si aggiunge un terzo agente. L’insulina è
solitamente riservata ai pa-zienti in cui la combinazione di altri farmaci non
fornisce un controllo continuo, ma può essere impiegata prima se i pazienti sono
gravemente iperglicemici, notevolmente sintomatici e presentano comorbidità che
impediscono l’uso di altre terapie. Le principali classi di farmaci
ipoglicemizzanti orali includono:
biguanidi (metformina),
sulfaniluree,
meglitinidi,
inibitori della dipeptidil pep-tidasi-4 (DPP4) (gliptine)
inibitori del cotrasportatore sodio/glucosio-2 (SGLT-2)
tiazolidinedioni (TZD)
inibitori dell’α-glucosidasi
Parleremo quindi di :
La sua attivazione porta alla riduzione delle attività cellulari che consumano ATP (come la sintesi di acidi grassi, di glicogeno, di colesterolo, ecc.) e alla stimolazione delle attività cellulari che generano ATP (ossidazione degli acidi grassi, glicolisi). La metformina sarebbe quindi in grado di modificare il livello energetico di diversi tipi cellulari (tra cui gli adipociti e gli epatociti) contribuendo a modificare il metabolismo e il pattern di secrezione endocrina degli adipociti: l'alterazione del metabolismo e della secrezione endocrina degli adipociti (in particolare di quelli viscerali) è ritenuta da molti un elemento chiave della fisiopatologia del DMT2.Contrariamente a quanto ritenuto in passato, la metformina sembra essere in grado di potenziare in vitro l'azione insulinogoga del glucosio e di ripristinare una normale secrezione insulinica in isole umane esposte ad alte concentrazioni di glucosio e acidi grassi liberi. Più recentemente è stato dimostrato che anche in isole umane ottenute da pazienti diabetici di tipo 2 la metformina è in grado di migliorare la secrezione insulinica stimolata dal glucosio, di aumentare il contenuto insulinico e la densità dei granuli secretori maturi contenenti insulina e di ridurre i fenomeni di apoptosi della beta-cellula pancreatica attraverso una concomitante riduzione dei fenomeni di stress ossidativo . Inoltre il farmaco è probabilmente in grado di stimolare la secrezione di GLP-1.
Le sulfoniluree, oggi in disuso e sconsigliate, perchè danno pericolose
ipoglicemie, specie nell'anziano e perchè conducono all'esaurimento delle beta
cellule pancreatiche, si dividono in sulfoniluree:
- di prima generazione, degli anni ’60, tolbutamide, clorpropamide, acetoexamide
e tolazamide
- di seconda generazione degli anni ‘70, glibenclamide o gliburide, glipizide,
gliclazide, glisolamide e gliquidone.
- Più recentemente sono apparsi sul mercato la glimepiride, la gliclazide a
rilascio modificato
Il principale meccanismo d'azione delle sulfonilurce consiste nella stimolazione
della secrezione insulinica da parte del pancreas. La beta-cellula pancreatica esprime
recettori di membrana per le sulfoniluree e il legame del farmaco con il proprio
recettore costituisce il segnale per la chiusura di canali del potassio ATP~dipendenti
in stretta relazione con il recettore stesso, con la conseguente diminuzione dell'efflusso
di ioni potassio che determina una depolarizzazione della membrana cellulare. Questo
comporta l'apertura dei canali per il calcio e l'ingresso del calcio all'interno
della Beta-cellula. L'aumentato legame dei calcio-ioni alla calmodulina attiva diversi
enzimi della famiglia delle chinasi che stimolano la esocitosi dei granuli di insulina.
Anche se alcune Sulfoniluree non solo sono capaci di per sè di stimolare la secrezione
insulinica, ma sono anche capaci di potenziare l'azione insulino-secretrice dell'iperglicemia,
il legame delle sulfoniluree con i loro recettori sulla beta-cellula pancreatica
elicita comunque secrezione di insulina, e questo si verifica anche per concentrazioni
prevalenti di glucosio nel sangue normali o addirittura basse. L'utilizzazione delle
sulfoniluree è quindi comunque gravato dal
rischio di ipoglicemia. Esistono
diverse molecole della classe delle sulfoniluree e delle glinidi, con caratteristiche
diverse di farmacocinetica e farmacodinamica ma, seppure con qualche distinguo,
le considerazioni che seguono sui vantaggi e sui limiti riguardano tutte le molecole
della classe.
Efficacia: le sulfoniluree vengono ritenute il farmaco ipoglicemizzante orale di
maggiore potenza ipoglicemizzante e riduzioni della HbAlc, di oltre 2 punti percentuali
sono state riportate con l'uso di esse. Di costo basso, le sulfoniluree sono, con
la mctformina, i principi attivi meno costosi attualmente in uso per il trattamento
del DMT2.
Sono farmaci, oggi in disuso, cugini delle sulfoniluree, ma stranamente usati dai nefrologi, quando sospendono la metformina, sono farmaci insulino-secernenti a breve durata d’azione (prandiale) sviluppati dopo l’osservazione che il composto benzamidico meglitinide, che è un componente di alcune molecole di sulfanilurea, può stimolare la secrezione di insulina. Due meglitinidi (repaglinide e nateglinide) sono stati introdotte alla fine degli anni ‘90/inizio 2000.Le meglitinidi (o glinidi), che insieme alle sulfaniluree fanno parte dei farmaci secretagoghi, agiscono stimolando direttamente la secrezione di insulina, indipendentemente dall’assunzione di cibo. Vengono utilizzate esclusivamente nel DMT2, quando le ß-cellule pancreatiche sono ancora in grado di produrre insulina. Le meglitinidi si legano con il gruppo benzamide al recettore SUR1 della cellula beta, mettendo in moto la stessa sequenza di eventi de-scritta per la stimolazione della secrezione insulinica da parte delle sulfaniluree. Le principali differenze sono di tipo farmacocinetico: le meglitinidi vengono rapidamente assorbite, agiscono in modo rapido, ma hanno una durata d’azione più breve rispetto alle sulfaniluree, il che le rende adatte alla somministrazione in coincidenza con il periodo di digestione dei pasti.L’applicazione principale delle meglitinidi è quella di aumentare la se-crezione prandiale di insulina in coincidenza con le aumentate richieste e di ridurre le escursioni postprandiali della glicemia. Le meglitinidi sono opportunamente utilizzate con la metformina o con un tiazolidinedione, e per integrare la terapia insulinica nel DMT.
Di conseguenza può essere impiegato in pazienti pluricomplicati, in soggetti "fragili", in soggetti molto anziani. Non provoca ipoglicemia e nei pazienti in trattamento con acarbose non è necessario l'automonitoraggio intensivo della glicemia. Non provoca aumento ponderale anzi, favorisce la perdita di peso. Prevenzione del diabete e delle complicanze cardiovascolari: i dati a disposizione sono relativi a un solo studio, lo Study to Prevent Non-Insulin~Dependent Diabetes Mellitus (STOP-NIDDM) che presenta qualche problema interpretativo. In quello studio, tuttavia, il trattamento con acarbose risultava in grado di ridurre del 28% il rischio di sviluppare diabete in una popolazione di soggetti con IGT e di ridurre significativamente il rischio di infarto del miocardio. Il costo di acarbose è contenuto e solo di poco superiore a quello delle sulfonilurce più moderne, ma i vantaggi sono limitati rispetto agli altri farmaci antidiabetici. L`acarbose è un farmaco sicuramente utile per contrastare le escursioni glicemiche post~prandiali e per portare a target quei pazienti che, proprio a causa dell'iperglicemia post-prandiale, non riescono a raggiungere valori di HbA1c in linea con i target suggeriti.
Dal 2007 sono disponibili diversi inibitori della dipeptidil peptidasi-4 (DPP4)
(detti anche gliptine), quali sitagliptin, vildagliptin, saxagliptin,
li-nagliptin e alogliptin, che vengono assunti una volta al giorno (o due volte
al giorno per vildagliptin). Gli inibitori della DPP4 agiscono aumen-tando
l’effetto delle incretine endogene (1).Il glucosio somministrato per via orale
induce una risposta insuline-mica nettamente superiore rispetto alla
somministrazione di un uguale carico di glucosio per via endovenosa, dando luogo
al cosiddetto “effet-to incretinico” che, nei soggetti non diabetici, è
responsabile di oltre il 50% della secrezione insulinica totale in risposta al
pasto. Questo effetto fisiologico è sostenuto da due sostanze ormonali
peptidiche (dette “incretine”), prodotte dal tratto gastrointestinale in
risposta all’ingestione
degli alimenti, il GIP (Glucose-dependent Insulinotropic Polypeptide) e il GLP-1
(Glucagon-Like Peptide-1), rapidamente degradati (in pochi minuti) dall’enzima dipeptidilpeptidasi ( DPP4), un’aminopeptidasi di membrana ampiamente espressa
in molti tessuti. I pazienti affetti da DMT2 hanno una secrezione di GLP-1 in
risposta al pasto notevolmente ridotta ed un paradossale aumento della
secrezione pancreatica di glucagone, che contribuisce all’iperglicemia
postprandiale, attraverso l’aumentata sintesi epatica di glucosio. Per superare
il limite all’uso clinico del GLP-1 “nativo”, rappresentato dalla breve emivita
(< 2 minuti dopo somministrazione e.v.), dovuta all’azione della proteasi DPP4,
sono state individuate due strategie farmacologiche, una basata sull’impiego di
molecole strutturalmente analoghe al GLP-1 nativo, ma resistenti alla
degradazione enzimatica (GLP-1 Receptor Agonists), l’altra incentrata sull’uso
di farmaci inibitori della DPP4 (gliptine), che prolungano l’emivita del GLP-1
nativo. I due approcci comportano effetti clinici differenti: gli analoghi del
GLP-1 determinano una stimolazione sovrafisiologica del recettore del GLP-1,
senza intervenire sul GIP; gli inibitori della DPP4, invece, inducono un
incremento moderato dei livelli circolanti sia di GLP-1, sia di GIP (Figura
4.1), più evidente nelle fasi postprandiali, sfruttando la secrezione endogena
di questi ormoni. Inoltre, mentre gli agonisti recettoriali del GLP-1 sono
peptidi di discrete dimensioni, che necessitano di somministrazione per via
parenterale (sottocutanea), gli inibitori della DPP4 sono molecole di dimensioni
assai minori, adatte alla somministrazione per via orale. I DPP4i hanno un
modesto impatto sul controllo glicemico, riducendo in media l’HbA1c dello
0.5-0.8%; sono ben tollerati, hanno effetto neutro sul peso e non aumentano il
rischio di ipoglicemia, se non somministrati in associazione con farmaci che
causano ipoglicemia per sé
Da qualche anno inseriti come farmaci di prima scelta, subito dopo la metformina, da impiegarsi con la stessa insulinoterapia basale o in prima scelta ove non risulti indicata la metformina, per contrastare l’azione neoglucogenetica del glucagone, di cui le incretine contrastano l’azione. Per le notizie sulle incretine si rimanda al link specifico su questo website. Qui vi anticipiamo che alcuni di questi farmaci, come la semaglutide, possono essere assunti per os e svolgono un'azione insulinosensibilizzante particolarmente interessante oltre ad essere indicati nei pazienti diabetici per ridurre il rischio dei cosiddetti "MACE" o eventi cardiovascolari maggiori.
Trovano impiego nel paziente obeso, che mangia ed assimila, che è iperteso, che deve perdere peso e subito. Si rimanda alla pagina. Trovano un ottimo successo come farmaci di nuovo concetto, dopo una prima fase di fredda accoglienza, hanno trovato nuova accoglienza poichè consentono di ridurre il rischio cardiovascolare nel pazientre diabetico. Trovano indicazione nel cardiopatico scompensato.