da appunti del dott. Claudio Italiano
Che c'entra la glicemia post-prandiale col diabete? Invece essa è fondamentale
per lo sviluppo delle complicanze microvascolari, sia per il diabete tipo
1 che per quello tipo 2.
Infatti:
Principale evidence statement: l'iperglicemia post-prandiale e dopo carico orale
con glucosio è fattore di rischio indipendente per la malattia macrovascolare (livello
1+)
E' correlata a maggior rischio di retinopatia (livello 2+)
E' correlata ad aumento dello spessore della intima-media della carotide (cioè dello
spessore del vaso) (livello 2+)
Causa stress ossidativo (livello 2+)
Si correla ad aumento di rischio di cancro (livello 2+)
E' correlata a riduzione delle funzioni cognitive (livello 2+)
Il trattamento con farmaci che agiscono sul glucosio plasmatico post-prandiale riduce
gli eventi vascolari (livello 1-)
Agire sul glucosio plasmatico sia postprandiale che a digiuno è una strategia importante
per ottenere un buon controllo glicemico (livello 2+)
E' necessario prendere in considerazione strategie terapeutiche sia non farmacologiche
che farmacologiche per agire sul glucosio plasmatico post-prandiale.
Le diete a basso indice glicemico portano beneficio nel controllo plasmatico post-prandiale
(livello 1+)
Vari agenti farmacologici riducino in modo preferenziale il glucosio plasmatico
post-prandiale (livello 1++)
Il glucosio plasmatico a due ore dopo i pasti non dovrebbe superare 140 mg/dl evitando
comunque il rischio di ipoglicemia .
L'auto-monitoraggio della glicemia (SMBG) va tenuto in considerazione in quanto
attualmente è il metodo più pratico per monitorare la glicemia post-prandiale.
L'efficacia dei regimi terapeutici andrebbe monitorata con la frequenza necessaria
a guidare verso la terapia che raggiunga il target del glucosio post-prandiale adeguato.
Nelle persone con normale tolleranza al glucosio, generalmente la glicemia non aumenta
oltre i 140 mg/dl in risposta al pasto e torna ai livelli preprandiali in due o
tre ore. L'OMS definisce come normale tolleranza al glucosio valori glicemici <
140 mg/dl due ore dopo carico orale di 75 g di glucosio nel contesto di un test
da carico. L'iperglicemia post-prandiale è definita da livelli > 140 mg/dl due ore
dopo l'ingestione di cibo.
L'iperglicemia post-prandiale inizia prima del diabete di tipo 2.
Lo sviluppo del diabete di tipo 2 è dovuto ad un progressivo declino nell'azione
biologica dell'insulina e dell'inesorabile deterioramento della beta cellula. Ciò
è causa di anomalie metaboliche che compaiono prima della manifestazione clinica
del diabete. Evidenza cliniche dimostrano che i livelli post-prandiali di glucosio
aumentano se sono deficitarie le seguenti sostanze:
- Amilina (peptide con funzioni di glucoregolazione escreto dalle cellule beta pancreatiche.
- Il peptide 1-similar glucagone (GPL-1 glucagone-like-peptide-1)
- GIP (glucose-dependent insulinotropic polipetide).
L'iperglicemia è comune nel diabete: HBA1c
L'iperglicemia post-prandiale è un fenomeno molto comune nel diabete di tipo 1 e
2; essa è valutabile attraverso il controllo della HBA1C, cioè della glicosilazione
dell'emoglobina. Infatti quando il valore della emoglobina glicosilata sale oltre
6,5%, significa che il soggetto avrà glicemia anomale post-prandiale. Le Monnier
e coll hanno dimostrato che se esso è < 7,30% vuol dire che il contributo del glucosio
plasmatico post-prandiale è del 70%, mentre sarà del 40% se la glicemia è > 9,3%.
Così la glicemia post-prandiale contribuisce per l'80% se la HBA1c è per livelli
< 6,2% e per circa il 40% se è > 9%
Ne deriva il rischio di maggiori malattie macrovascolari che sono una complicanza del diabetico. Infatti nel diabetico il rischio di infarto e di ictus aumenta del 40% rispetto al non diabetico, mentre nelle persone con IGT è di 1/3. Diversi meccanismi sono alla base del danno vascolare. Innanzitutto lo stress ossidativo è causa di complicanze macrovascolari, stress che è aumentato dall'iperglicemia, aumento degli acidi grassi, attivazione della protein chinasi C ed attivazione del recettore RAGE (recettore avanzato dei prodotti finali glicati), provocando vasocostrizione e trombosi. Ne deriva un aumento di nitrotirosina (marker di stress ossidativo). E la formazione di molecole di adesione VCAM-1 ed interleuchina-6.
Essa deve ridurre il più possibile il glucosio post-prandiale. A tal proposito va citato lo
studio STOP_NIDDM, che dimostra come l'acarbosio risduca la scomposizione dei disaccaridi
della dieta e rallenti l'assimilazione degli zuccheri. L'acarbosio, ricordiamolo,
è un farmaco; il diabetico che non può permettersi il suo uso per ragioni economiche,
grazie all'euro, può impiegare utilizzare una dieta ferrea, modello antico, cioè
evitare l'assunzione di zuccheri raffinati e fare piccoli pasti e frequenti, vedi
dietoterapia a 5 punti.
Analoghi dell'amilina, es. la pramlintide, analogo sintetico di questo peptide glucoregolatore,
che aumenta il senso di sazietà.
GLP-1 derivati, il GLP-1 è un ormone incretinico che riduce la glicemia grazie
alla sua capacità di stimolare la secrezione di insulina tramite la neogenesi
delle cellule beta ed inibirne l'apoptosi, inibire la secrezione del glucagone, rallentare lo
svuotamento gastrico.
Glinidi : hanno un meccanismo simile alle sulfaniluree, ma hanno emivita più breve;
inducono rilascio di insulina da parte delle cellule beta del pancreas.
Inibitori dell'alafa glucosidasi. Ritardano l'assorbimento dei carboidrati da parte
del tratto gastroeintestinale. Sono rappresentati da acarbosio e miglitolo.
Inibitori della dipeptidil peptidasi-4 (DDP-4). Inibiscono la degradazione enzimatica
del GLP-1 ad opera della DPP-4, estendendo così la forma attiva dell'ormone.
Insulina.
Analoghi dell'insulina ad azione rapida, con esordio e picco d'azione più rapido.
Insuline bifasiche. Sono costituite da una miscela di insulina ad azione rapida
ed una ad azione intermedia.
Insulina inalatoria umana in polvere.
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