E' regolato dalla componente endrocrina del pancreas: 1 milione di insule che rappresentano il 2-3 % del peso dell'intera ghiandola. Le insule hanno dimensioni di 100-200 micron di diametro com 1-3 arteriole e drenano in 1-6 venule: contengono 4 tipi cellulari, A-> glucagone all'esterno, B -> insulina all'interno, D somatostatina e cellule PP. Regolazione della secrezione insulinica. La secrezione degli ormoni del pancreas è regolata da una serie di segnali, tra i quali a) glucosio, b) aminoacidi, c) acidi grassi, d) corpi chetonici . Il glucoso stimola un glucocettore, a livello della cellula B, oppure gli stessi suoi metaboliti hanno azione di stimolo, per via indiretta, in presenza di Ca++, con aumento di ATP ed AMPc. Il legame con il glucorecettore attiva l'apertura di canali Ca++ voltaggio-dipendenti del tipo L con corrente calcica con incremento e liberazione di Ca++ intracellulari dai depositi mitocondriali con liberazione di insulina. Oltre il glucoso, anche gli aminoacidi, leucina, arginina, acidi grassi liberi, il GIP.
Affinchè l'insulina possa esplicare la sua azione a livello della cellula bersaglio è necessario il legame dell'ormone con uno specifico recettore della superficie cellulare: una glicoproteina complessa formata da 4 subunità, a due e due uguali, denominate alfa e beta. Le due subunità alfa con peso 135.000 daltons, legate da ponte disolfuro, affondate nella membrana cellulare ed ai lati due subunità beta, collegate alle alfa, di 90.000 daltons, in parte affondate nella membrana ed un'altra che sporge nello spazio intracellulare, che contiene una funzione effettrice, una proteinchinasi ATP-dipendente. Quando l'insulina si lega alla subunità alfa, le subunità Beta fosforilano alcuni substrati intracellulari che in questa forma attiva mediano la risposta della cellula all'ormone. Il complesso insulina-recettore va incontro ad una serie di trasformazioni che culminano con la digestione enzimatica. I recettori hanno un T/2 di poche ore. Il numero dei recettori presenti sulla superficie cellulare è regolato da una serie di fattori ed in particolare dalla concentrazione dell'ormone a cui è esposta la cellula bersaglio. Più esattamente un incremento dei livelli plasmatici di insulina provoca una riduzione sia del numero che della affinità dei suoi recettori tissutali (down regulation). Altri importanti fattori sono la dieta, l'esercizio fisico e la massa del tessuto adiposo; così una dieta ipercalorica, ad alto contenuto di grassi e di carboidrati, riduce il legame recettoriale con l'insulina, mentre una dieta ricca di fibre vegetali aumenta l'affinità dell'ormone. L'obesità è causa di resistenza insulinica.
Le cellule traggono energia trasformando le molecole contenute nelle sostanze alimentari grazie ad un insieme di reazioni biochimiche. Le principali fonti energetiche sono: il glucoso, gli acidi grassi ed i corpi chetonici. Tuttavia il glucoso occupa una posizione centrale, dal momento che esso rappresenta praticamente l'unico carburante per i globuli rossi, per la midollare del rene e per il SNC: lo dimostra il rapido declino delle funzioni cerebrali e nervose in ipoglicemia (glucosio < 50 mg/dl). Immediato periodo post-prandiale:l'aumento della glicemia deprime la secrezione di glucagone e stimola quella di insulina con azione sugli organi bersaglio fegato, tessuto adiposo, muscolo. Uno dei primi effetti dell'ormone è quello di 1) stimolare la captazione periferica del glucosio da parte delle cellule, con azione permissiva indispensabile per tessuto adiposo e muscolo ed azione di stimolazione sul metabolismo per quanto concerne la sua demolizione glicolitica; il tessuto nervoso, invece, attinge incessantemente glucosio dal sangue a prescindere dall'azione insulinica.
Subito dopo il pasto, perciò, il fegato utilizza il glucosio a scopo energetico,
2) una quota a parte serve da substrato per la formazione di glicogeno e trigliceridi;
il primo verrà immagazzinato nel fegato, i secondi verranno trasferiti ai depositi
del tessuto adiposo per mezzo delle lipoproteine VLDL. Anche all'interno della miocellula
il glucosio potra essere impiegato come carburante energetico mentre nel fegato
come riserva energetica. Nel muscolo, infatti, il glucoso 6 P che si produce dalla
demolizione del glicogeno non può uscire dalla miocellula perchè manca la glucosio
6 fosfatasi, ed è perciò utilizzato a livello di demolizione locale ; il fegato
invece possiede la glucosio 6 fosfatasi-> con capacità di liberazione a glucosio
libero: ciò avviene al momento del bisogno quando, subito dopo il pasto, i livelli
glicemici scendono. Come è noto la capacità di utilizzazione del glucosio una volta
penetrato nella cellula dipende dalla sua fosforilazione a Glucosio 6 fosfato ad
opera della glucochinasi (nel fegato) e delle esochinasi (negli altri tessuti compreso
quello muscolare).
Dopo l'assorbimento intestinale, inoltre, tutte le sostanze grasse della dieta passano
in circolo e seguono la via dei linfatici mesenterici e del dotto toracico, sotto
forma di chilomicroni, direttamente sintetizzati nelle cellule epiteliali dell'intestino,
mentre gli acidi grassi a catena corta passano direttamente nel circolo portale
e sono subito assimilati dal fegato.
>Azione della insulina anche sul metabolismo lipidico dove essa attiva la lipoproteinlipasi che opera il catabolismo dei chilomicroni attraverso l'idrolisi dei Tg e degli ac. grassi in essa contenuti ; gli FFA liberati penetrano all'interno delle cellule dove possono essere ossidati a scopo energetico o riesterificati a trigliceridi -> ciò nel t. adiposo dove si accumulano come scorta di carburante. La lipoproteinlipasi periferica è in grado di attaccare anche le VLDL L'effetto liposintetico dell'insulina è dovuto alla formazione di substrato Glicerolo 3 P attraverso la utilizzazione del glucosio attraverso la via glicolitica che è fornito all'adipocita per la sintesi dei trigliceridi.
Si rende qui necessaria una serie di adattamenti metabolici idonei a fornire all'organismo adeguate quantità di materiale energetico. In un uomo di 70 Kg ad esempio il glicogeno è pari a 1600 Kcal per cui le riserve di carboidrati sono sufficienti sono per un giorno; l'organismo per mantenere la glicemia a 50 mg/dl provvede alla neosintesi endogena di glucosio a partire da precursori non carboidratici (neoglucogenesi): acido lattico, glicerolo ed aminoacidi. A partire da un paio di giorni dall'ultima assunzione alimentare l'organismo attua un ulteriore adattamento metabolico rappresentato dalla produzione di corpi chetonici, ciò è necessario quando nel digiuno protratto sono andate esaurite le scorte di glicogeno ed il fegato deve ossidare grosse quantità di acidi grassi con produzione di acetil-CoA. Questo non riesce ad entrare nel ciclo di Krebs perchè il deficit di glucosio causa una ridotta disponibilità di ossalacetato, che si può solo ottenere dagli aminoacidi neoglucogenetici.
L'organismo, tuttavia, pone in atto una serie di processi volti ad aumentare la immissione in circolo di glucosio:
1) glicogenolisi, cioè demolizione del glicogeno di deposito; 2) neoglucogenesi, cioè sintesi del glucosio a partire da precursori non glucidici.
1) Glicogenolisi: enzima chiave la fosforilasi (attivato sia da un basso livello
di glucosio, sia da aumento di glucagone ed adrenalina); le scorte epatiche di glicogeno
coprono il fabbisogno nel periodo post-prandiale; dopo il digiuno di una notte il
fegato copre il 75% del fabbisogno di glucosio, ma poi tale quota passa al 10% soltanto
nei giorni seguenti;
2) Gluconeogenesi, dipende dall'apporto di substrati endogeni convertibili in glucoso:
essi sono l'acido lattico dal metabolismo anaerobio, il glicerolo dalla lipolisi
dei trigliceridi, ed alcuni aminoacidi come l'alanina. Punto chiave della gluconeogenesi
è la trasformazione del piruvato in ossalacetato per opera della piruvicocarbossilasi,
formazione di fosfoenolpiruvato; il controllo è ad opera del calo di insulina e
per attivazione da parte degli ormoni controinsulari " glucagone, catecolamine, cortisolo
ed ormone della crescita". L'ipoglicemia indotta dalla somministrazione di insulina
dipende perciò da un aumentato consumo periferico di insulina e da una brusca riduzione
di glicolisi+gluconeogenesi. Sia il glucagone che le catecolamine vengono rilasciate
acutamente nell'ipoglicemia per aumentare il rilascio di glucosio da parte del fegato
per glicogenolisi; quindi intervengono altri ormoni: cortisolo ed ormone della crescita
che hanno un ruolo di secondo ordine ed antagonizzano la utilizzazione periferica
di glucoso. Le catecolamine stimolano la lipolisi nel tessuto adiposo con liberazione
di FFA da utilizzare come substrato energetico e glicerolo da impiegare nella sintesi
di glucoso.
Le ipoglicemie si dividono in due varietà:
1) ipoglicemia a digiuno, che si estrinseca a distanza di alcune ore dai pasti e
da luogo alla comparsa di sintomi nel corso di attività fisica;
2) ipoglicemia post-prandiale o reattiva .che si mantiene da una a cinque ore dopo
i pasti; i pazienti in questo caso stanno bene durante il digiuno e non hanno malattie
organiche all'opposto della 1).
Ipoglicemie a digiuno. Si verificano ogni qual volta la produzione epatica del glucosio
è minore della sua utilizzazione, es. per tumori di grosse dimensioni. Il a) deficit
degli ormoni controinsulari può essere una causa, per es. il cortisolo; anche il
b) deficit dei substrati della gluconeogenesi es. nell'infanzia per basso turnover
di alanina, c) nella malnutrizione grave, nelle d) condizioni associate a marcata
atrofia delle masse muscolari, e) nella insufficienza renale grave e nella gravidanza,
nella malattia epatica grave perchè è compromessa la glicogenolisi e la gluconeogenesi,
nel deficit di alcuni enzimi epatici , nell'alcolismo per carenza di NAD in quanto
l'etanolo è ossidato ad acetaldeide con la conversione di NAD in NADH; il
glicerolo, gli aminoacidi come l'alanina, l'acido lattico necessitano di NAD per entrare nella
via neoglucogenetica
2) Ipoglicemia post-prandiale o reattiva. Nei pazienti che hanno subito interventi
di gastrectomia parziale, gastrodigiunostomia, piloroplastica o vagotomia, lo svuotamento
gastrico è rapido con brusco assorbimento di glucosio e massivo rilascio di enteroormoni,
dotati di attività insulinotropa, con liberazione di insulina a 90-180 minuti dal
pasto, specie se il pasto è ricco di carboidrati. I sintomi compaiono, dunque, a
2-3 ore dopo il pasto, spesso con livelli glicemici quasi normali; è probabile che
si attivi una condizione ipoglicemica con segni di iperattività adrenergica con
situazione di stress o ansietà. Per questi pazienti andrebbe usata più correttamente
la definizione di sindrome idiopatica post-prandiale.I pazienti affetti da diabete
mellito lieve possono presentare manifestazioni ipoglicemiche post-prandiali per
eccessiva liberazione insulinica allo stimolo metabolico.