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Condizioni di linfoadenopatia generalizzata con febbre

  1. Gastroepato
  2. La visita
  3. Linfoadenopatia e febbre
  4. Le linfoadenopatie
  5. Linfoadenopatie regionali
  6. Linfonodi cervicali ed ascellari
  7. Il paziente con la milza ingrossata

appunti del dott. Claudio Italiano

Molte malattie infettive si presentano con linfoadenopatie, cioè ingrossamento delle stazioni linfonodali. Qui ci preme mettere a fuoco le condizioni in cui la  febbre si associa a linfoadenopatia.

Infatti le condizioni di aumento di volume delle stazioni linfonodali sono molteplici. Linfoadenopatie (si rimanda allo scopo alla pagina che tratta il tema specifico) sono caratterizzate da un aumento in volume di uno o più linfonodi che è determinato da un aumento della produzione dei linfociti e di cellule reticoloendoteliali oppure da infiltrazione di cellule.

La linfoadenopatia può essere però anche generalizzata, cioè estesa e dipende da:

- processo infiammatorio:
- infezione batterica o virale (cfr index infettivologia),
- linfomi
- da malattie del tessuto connettivo,
- disturbi endocrini
- neoplasie.

La linfoadenopatia localizzata il più delle volte deriva da infezioni o traumi che colpiscono l'area drenata.

Infezione acuta da HIV

Le manifestazioni cliniche dell'infezione acuta da HIV sono simili a quelle della mononucleosi (vedi malattia del bacio). Anche se molti pazienti si rivolgono al medico in questa fase, la diagnosi non è sempre facile per cui non si pensa a questo tipo di infezione. Data l'importanza dell'adozione precoce di misure profilattiche nel paziente e del suo partner sessuale, di fronte a un quadro di sindrome mononucleosica occorre escludere l'infezione da HIV.

Virus di Epstein-Barr EBV

 In circa il 90% degli Americani adulti vi è la prova sierologica di una pregressa infezione da EBV; la maggior parte di queste è subclinica e o verifica entro i 5 anni di età o nell'adolescenza. Clinicamente, la mononueleosi infettiva si manifesta di solito nella tarda adolescenza dopo contatto intimo con portatori orofaringei del virus. I pazienti lamentano faringodinia febbre e linfoadenopatia generalizzata, qualche volta associata a cefalea e mialgia. Il 5- 10% dei pazienti presenta un esantema maculare, petecchiale o orticarioide.

Spesso sono presenti petecchie del palato e faringotonsillite essudativa. Generalmente prevale il riscontro di linfoadenopatia cervicale  soprattutto a carico delle catene linfatiche posteriori, ma possono essere interessate anche altre sedi; la milza presenta splenomegalia, aumentata di volume nel 50% dei pazienti.  Talora  l'esordio clinico può essere in forma di anemia emolitica autoimmune, trombocitopenia, encefalite o meningite asettica, sindrome di Guillain-Barré, epatite o rottura splenica. 

Al laboratorio: tre quarti dei pazienti mostrano una linfocitosi assoluta e almeno un terzo dei linfociti è di aspetto atipico: appaiono ingranditi, con vacuoli basofili nel citoplasma, spesso deformati dal contatto con altre cellule, e con un nucleo eccentrico e pleomorfo.

Le indagini immunologiche indicano che alcuni linfociti B circolanti sono infettati dal virus  EBV.

Altre cause di linfocitosi atipica:

- varicella
- citomegalovirus
- EBV
- Herpes virus
- Hiv
- Malaria
-Morbillo
-Toxoplasmosi
-Epatiti infettivi

L'infezione dei linfociti B da EBV stimola la produzione anticorpi policlonali: test diagnostici rapidi come il monotest sono sensibili e specifici; false positività sono rare in corso di linfoma o epatite. La presenza di IgM contro l'antigene Virale capsidico (viral capsid antigen, VCA) è indice di un quadro acuto, così come lo è la comparsa di anticorpi contro l'antigene nucleare (Epstein-Barr virus nuclear antigen, EBNA).

La mononucleosi infettiva presenta un decorso favorevole anche nei pazienti con interessamento neurologico. La febbre scompare dopo 1-2 settimane, anche se residua una profonda astenia. A volte i pazienti hanno una sindrome persistente (o ricorrente) con febbre, cefalea, faringite, linfoadenopatia, artralgie e segni sierologici di infezione cronica da EBV. I pazienti dovrebbero essere trattati a livello sintomatico. Il paracetamolo può essere utile per la faringodinia, mentre gli antibiotici, specie l'ampicillina, dovrebbero essere evitati. L'ampicillina provoca un rash cutaneo in quasi tutti i pazienti con infezione da EBV, fenomeno che può costituire anche un indizio diagnostico della malattia acuta. I corticosteroidi sono consigliati nei pochi pazienti con gravi disturbi ematologici (trombocitopenia, anemia emolitica) o in cui l'edema delle tonsille è tale da indurre problemi respiratori. Se il decorso appare insolitamente settico, si dovrebbe considerare la possibilità di sovrainfezioni batteriche della faringe e dei tessuti peritonsillari.

Citomegalovirus (CMV)

Il citomegalovirus (CMV o HHV-5) è un virus che entra in alcuni tipi di cellule del nostro organismo dentro le quali si replica in modo parassitario e le porta alla morte. Viene contratta nell'infanzia e nell'adolescenza, ma anche in età adulta. Sono sede di infezione primaria multipla le cellule epiteliali, le mucose, i linfonodi. Permane in forma latente per tutta la vita nel sangue periferico, nell'epitelio dei tubuli renali e nell'epitelio delle ghiandole salivari. Appartiene alla stessa famiglia alla quale appartiene il virus dell'herpes labiale e genitale, della varicella, della mononucleosi infettiva (virus di Epstein-Barr). I dati epidemiologici mostrano che la maggior parte dei soggetti adulti è stata infettata dal CMV. La maggiore incidenza dell'infezione si verifica nel periodo perinatale (trasmissione con il latte materno) e durante la 2a 4a decade di vita. Il CMV divide con gli altri membri della famiglia degli herpesvirus la tendenza a riattivarsi, soprattutto nei soggetti immunodepressi. Negli adulti per il resto sani, due modalità di trasmissione del CMV sono particolarmente importanti nello sviluppo di una linfoadenopatia. Il virus può essere trasmesso per via sessuale: lo sperma è una comune sede di isolamento virale. Nei maschi omosessuali è particolarmente elevata la frequenza di anticorpi contro il CMV. Le trasfusioni di sangue comportano un rischio di trasmissione del CMV di circa il 3% per sacca. Questo pericolo diventa concreto nella chirurgia a cuore aperto o nelle trasfusioni multiple eseguite per altre indicazioni. L'infezione primaria da CMV determina circa il 50% dei casi di sindrome mononucleosica con Monotest negativo. Distinguere le forma da CMV da quelle da EBV sulla base del solo quadro clinico può essere impossibile. Tuttavia, il CMV tende a colpire soggetti di età più avanzata (in media, 29 anni), determina un quadro più lieve e può avere una manifestazione "tifoidea", cioè solo febbrile con adenopatia lieve o assente. Raramente, anche nell'infezione da CMV, come in quella da EBV, si può avere grave interessamento neurologico o ematologico. Inoltre, possono essere presenti polmonite ed epatite (di tipo granulomatoso).

Diagnosi

Solitamente si effettua l'isolamento del virus in colture di fibroblasti umani da vari materiali biologici (urine, saliva, sangue, broncolavaggio). Quindi si procede all'identificazione di antigeni precoci con IF. In seguito si fa una diagnosi sierologica (IgG, IgM). La colorazione di Giemsa in uno striscio di sangue può mettere in evidenza linfociti T con corpi inclusi ad occhio di gufo. Si può utilizzare la PCR, dotata di maggiore sensibilità e specificità. Nei campioni bioptici isolati dall'esofago, dalle ulcerazioni del cavo orale o dalle lesioni disseminate si può evidenziare la presenza di CMV mediante sonde specifiche a DNA. L'isolamento del CMV da urine e/o sperma e la dimostrazione della sieroconversione (al test di immunofluorescenza indiretta o di fissazione del complemento) permettono di definire l'eziologia. Comunque, in alcuni soggetti, come i maschi omosessuali in cui è frequente l'escrezione asintomatica del CMV, il solo isolamento virale è insufficiente per determinare l'eziologia della linfoadenopatia. La mononucleosi da CMV è una malattia autolimitanti che non necessita terapia specifica. L' infezione da CMV negli immunodepressi può essere letale: in questi casi, spesso il paziente risponde alla terapia a lungo termine con ganciclovir o foscamet.

Toxoplasmosi

Toxaplasmosi acuta acquisita

L'infezione da T gondii si trasmette con l'ingestione di carne ed altri cibi infetti, oppure in seguito al contatto con feci di gatto contaminate da oocisti. In alcune aree geografiche, come la Francia, il 90% delle persone è sierologicamente positivo per Toxoplasma, mentre negli Stati Uniti questo valore si riduce al 50%, almeno in quelli con 50 anni di età. Negli adulti sani, solo il 10-20% delle infezioni è sintomatico, con un quadro sovrapponibile a quello della mononucleosi, anche se possono aversi rash cutanei di tipo maculo-papulare, dolore addoniinale da linfoadenopatia mesenterica e retroperitoneale, e corioretinite. Comunque, un notevole aumento defle dimensioni dei linfonodi, specie con interessamento di sedi atipiche (occipitali, lombari), impone il ricorso alla biopsia per escludere un linforna. Spesso nei casi sintomatici si osserva adenopatia cervicale. Nel complesso, la toxoplasmosi rappresenta meno dell'1 % delle sindromi mononucleosiche. A livello istologico, la diagnosi di infezione da Toxoplasma si pone mediante il riscontro di distensione focale dei seni linfonodali, dove macrofagi ed istiociti rendono indistinti i margini dei centri germinativi, e dell'iperplasia follicolare reattiva.  La diagnosi di toxoplasmosi acuta viene suggerita quando si rileva la sieroconversione (da valori negativi a positivi, oppure l'aumento del titolo anticorpale di 4 volte) all'immunofluorescenza indiretta. Di solito un valore positivo è superiore a 1: 1.000 e si associa all'incremento degli anticorpi specifici di tipo IgM. In genere, nell'ospite immuno-competente, la malattia acuta è autolìmitante e non necessita di terapia specifica; un significativo interessamento oculare costituìsce un'indicazione al trattamento con pirimetamina e sulfadiazina.

Malattie granulomatose

La tubercolosi miliare, l'istoplasmosi e la sarcoidosi possono manifestarsi con linfoadenopatia generalizzata, anche se prevale l'interessamento di alcune catene linfatiche. La biopsia dei linfonodi dimostra la presenza di granulomi o iperplasia aspecifica.

Linfoadenopatie distrettuali

Infezioni da piogeni

S. aureus e gli streptococchi di gruppo A determinano una linfoadenite suppurativa acuta. Le sedi linfonodali più frequentemente interessate, nell'ordine, sono quelle sottomandibolari, cervicali, inguinali e ascellari. Le ghiandole appaiono aumentate di volume (> 3 cm) dolenti, fisse oppure mobili. Il sito primario di infezione può essere rappresentato da piodermite, faringite o infezione odontoiatrica. I pazienti affetti presentano febbre e leucocitosi. I linfonodi colliquati possono essere aspirati; altrimenti, la terapia antibiotica deve essere mirata contro i patogeni che più comunemente sono responsabili di questi quadri. La terapia con penicillina G è appropriata se la localizzazione faringea o periodontale suggerisce un'infezione streptococcica o mista da anaerobi, mentre l'interessamento cutaneo fa propendere per un'infezione stafilococcica, che richiede una terapia con nafcillina o dicloxacillina. Il dosaggio e la via di sommistrazione del farmaco vengono decisi sulla base della gravità dell'infezione.

Tubercolosi

La scrofola o adenite tubercolare cervicale si rresenta in forma subacuta o cronica, con modico rialzo termico e con un voluminoso pacchetto linfonodale palpabile a livello del collo. Se il microrganismo in causa è Mycobacterium tuberculosis, di solito sono presenti anche altri siti di infezione attiva. Nei bambini americani, l'agente eziologico più comune è Mycobacterium scrofulaceum. Spesso è necessaria l'escissione chirurgica del linfonodo quando l'infezione è sostenuta da questi ed altri micobatteri non tubercolari farmaco-resistenti.

Malattia da graffio di gatto

Si deve pensare a questa diagnosi di fronte a una linfoadenopatia distrettuale cronica in un paziente con anamnesi positiva per contatto o graffio di gatto. Dopo circa una settimana dal contatto con l'animale, localmente si forma una papula o una pustola e dopo un'altra settimana compare l'adenopatia distrettuale. I linfonodi possono essere dolenti (anche in maniera marcata) o soltanto aumentati di volume (da 1 a 7 cm). In tutti i casi, la febbre, se presente, è lieve e l'ingrandimento linfonodale persiste di solito per molti mesi. La biopsia dei linfonodi evidenzia dei granulomi necrotici, con cellule giganti ed ascessi stellati circondati da cellule epiteliali. Durante le prime 4 settimane, all'interno di questi tessuti è possibile l'identificazione di batteri pleomorfì Gram-negativi (Bartonella henselae). I test sierologicì confermano la diagnosi. Il decorso di solito è autolimitante e benigno nei soggetti immunocompetenti, mentre diventa grave negli immunodepressi. Non è certo quale sia il miglior trattamento per questi pazienti: eritromicina e doxiciclina possono essere utili.
La diagnosi è principalmente clinica e si fonda sulla presenza dell'adenopatia e della lesione primaria da inoculo sulle estremità, sul collo o sul capo, in concomitanza con un contatto recente con gatti. La diagnosi di laboratorio si basa essenzialmente sull'esame diretto del materiale bioptico linfonodale (con il metodo dell'impregnazione argentica di Warthin-Starry), sull'emocoltura, sui test sierologici, come EIA (enzyme immunoassay) e IFA (immunofluorescence assay) e sui metodi molecolari, come la PCR. La diagnosi differenziale si pone con infezioni micobatteriche tipiche o atipiche, tularemia, brucellosi, sifilide, linfogranuloma venereo, sporotricosi, istoplasmosi, toxoplasmosi, adenite neoplastica, cisti bronchiali. La terapia è principalmente sintomatica poiché la malattia, di solito, regredisce spontaneamente entro 2-6 mesi. Non ci sono dati chiari circa l'utilità degli antibiotici. I risultati clinici migliori sono stati ottenuti con rifampicina, ciprofloxacina, gentamicina, trimetroprim e sulfametoxazolo (TMP/SMX), claritromicina ed azitromicina. In uno studio retrospettivo di dati non controllati, la percentuale di pazienti, che hanno risposto completamente o parzialmente a 7-14 giorni di terapia, è stata dell' 87% con rifampicina, 84% con ciprofloxacina, 73% con gentamicina solfato parenterale e 58% con TMP/SMX.

 

Febbre ulcero-ghiandolare

La tularemia è il prototipo della febbre ghiandolare: si contrae per contatto con le secrezioni di un coniglio infetto o dopo puntura di zecca. I pazienti manifestano brividi e febbre, con una lesione cutanea ulcerata nel sito di inoculo e adenopatia distrettuale dolente. Di solito, quando l'infezione è dovuta al contatto con i conigli, la lesione cutanea è localizzata sulle dita o sulle mani e i linfonodi interessati sono quelli epitrocleari o ascellari. Nelle forme trasmesse da zecca, l'ulcera si trova sugli arti inferiori, nella regione perianale o nel tronco e l'adenopatia prevale a livello inguinale o femorale. La maggior parte dei casi viene diagnosticata con la sierologia, poiché la colorazione di Grani risulta negativa e la coltura del microrganismo responsabile, Francisella tularensis, è pericolosa per gli operatori. Si considera diagnostico un titolo di agglutinazione aumentato di 4 volte. I pazienti vanno trattati con streptomicina, 15-20 mg/kg/die per 7- 10 giorni.

Febbre oculo-ghiandolare

In corso di tularemia, malattia da graffio di gatto, sporotricosi, linfogranuloma venereo, listeriosi e cheratocongiuntivite da adenovirus si può manifestare una congiuntivite con linfoadenopatia preauricolare.

 

Linfoadenopatia inguinale

Questa forma, che fa parte delle malattie trasmesse sessualmente, può essere mono- o bilaterale. Nella sifilide primaria i linfonodi aumentati di volume si presentano isolati, fissi e duri. All'inizio, il linfogranuloma venereo determina una linfoadenopatia dolente, con successiva formazione di un pacchetto di linfonodi e. qualche volta, fissità della cute sovrastante, che assume una sfumatura purpurea. Di solito la linfoadenopatia dell'ulcera rnolie è monolaterale, molto dolente e costituita da pacchetti linfonodali confluenti. Una linfoadenopatia inguinale dolente si manifesta anche nell'infezione genitale da herpes simplex.

Peste

La peste bubbonica si manifesta solitamente con febbre, cefalea, grandi pacchetti linfonodali inguinali o ascellari, che tendono alla suppurazione e alla fistolizzazione spontanea (bubboni). Negli Stati Uniti sud-occidentali, la diagnosi di peste va presa in considerazione nei pazienti con malattia febbrile acuta dopo esposizione a pulci e roditori. Nci sospetto clinico, si debbono eseguire emocolture ed aspirare i bubboni, trattando prontamente i malati con tetraciclina, 30-50 mg/kg/die, associata a streptomicina, 20-30 mg/kg/die. Colorando l'aspirato con il metodo di Gram, in un terzo dei casi si evidenziano bacilli Gram-negativi. Il dosaggio degli anticorpi con l'immunofluorescenza consente ma rapida diagnosi: negli USA, questo test si può richiedere as Centers for Disease Control and Prevention.

vedi anche l'indice della visita del paziente

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