Significa che il medico se vuol bene al suo paziente lo deve mettere in guardia e preservare dal rischio di sviluppare una malattia cardiovascolare, sia essa un infarto o un ictus, prima che possa ciò avvenire realmente, attuando una prevenzione dei fattori di rischio cardiovascolare.
In questa pagina, quello che più è importante è capire cosa dovete fare per prevenire la malattia cardiovascolare; se fumate è necessario smettere subito, se siete obesi, dovrete dimagrire al più presto, se il vostro colesterolo è elevato, dovere alzare il suo valore in HDL e ridurre quello in LDL, insomma stiamo parlando della sindrome metabolica e delle sue varie definizioni; la sindrome metabolica è una condizione di salute caratterizzata da più segni o sintomi (obesità, pressione elevata, incremento del tasso di colesterolo e trigliceridi nel sangue) che sono alla base della genesi del rischio cardiovascolare.
Oppure, peggio ancora, parliamo del diabete che si sta impennando nel mondo, compresi i paesi del terzo mondo! Parliamo del diabete, di questa bestia nera, che ci espone al rischio in maniera esponenziale!
La cura attenta del diabete, la riduzione di un parametro che è la emoglobina glicata o HBA1C, è espressione della glicemia elevata nel sangue: più è alta la HBA1C e per più tempo l'emoglobina nel sangue è passata per un ambiente saturo di glicemia elevata!
I valori di Hba1c devono essere vicino a 6,5%
La sindrome metabolica definita secondo
lo studio NCEP ATP III.
Si pone diagnosi di sindrome metabolica in presenza di tre o più fattori di rischio:
Fattori di rischio | Livelli definiti |
Obesità addominale
Uomini Donne |
(circonferenza vita) >102 cm > 88 cm |
Trigliceridi | > 150 mg/dL |
HDL- C | < 40mg/dL < 50 mg/dL |
Pressione arteriosa | > 130/85 |
Glicemia a digiuno | > 110 mg/dL |
Ma questa definizione non coincide con la definizione data dall'Organizzazione Mondiale
della Sanità per la sindrome metabolica. Secondo l'OMS, una possibile definizione
di sindrome metabolica si basa sulla presenza di intolleranza al glucosio, IGT (Impaired
Glucose Tolerance) o di diabete mellito e/o di insulino resistenza, insieme a 2
o più delle seguenti condizioni:
-
Innalzamento pressorio> 164/90 mmHg;
-
Ipertrigliceridemia > 150 mg/dL e/o bassi livelli di HDL-C (uomini < 35 mg/dL e donne < 39 mg/dL
-
Obesità centrale
-
Microalbuminuria o rapporto albumina/creatinina> 20 mg/g
Si pone diagnosi di sindrome metabolica in presenza di:
Obesità centrale (definita come circonferenza
vita > 94 cm per gli uomini e di 80 cm per le donne europee, con altri valori
specifici per le singole etnie) più almeno 2 dei seguenti fattori:
Ipertrigliceridi (> 150 mg/dl) o trattamento
specifico per questa anormalità lipidica
Ridotti livelli di HDL (< 40 mg/dl) nell'uomo; < 50 mg/dL nella donna) o trattamento
specifico per questa anomalità lipidica
Innalzamento pressorio Pressione Sistolica
Arteriosa > 130 mmHg o PAD > 85 o trattamento per ipertensione precedentemente
diagnosticata
Ipertrigliceridi a digiuno > 100, test di tolleranza al glucosio fortemente
raccomandato ma non necessario per la diagnosi di sindrome metabolica o diabete
tipo 2 precedentemente diagnosticato.
Obiettivi primari della terapia:
Ridurre i trigliceridi così come ridurre ApoB e non HDL-C
Aumentare i livelli di HDL-C
Obesità centrale
Ridurre i livelli di LDL-Colesterolo
Fibrati (agonisti PPAR-alfa) migliorano tutti i componenti della dislipidemia sterogenica
e sembrano ridurre il rischio cardiovascolare nella sindrome metabolica. Il veterans
Affaire High-Density Lipoprotein Intervention Trial ha evidenziato che l'incremento
di HDL-C con fibrati nelel coronaropatie ed i bassi livelli di HDL-C ed LDL-C riducono
significativamente l'incidenza di eventi coronarici maggiori
Statine riducono tutte le liporpoteine contenenti ApoB e consentono il raggiungimento
degli obiettivi ATP III per LDL-C e per non HDL C. Molti studi critici hanno dimostrato
i benefici della terapia con statine.
Ma a cosa serve inquadrare questa benedetta sindrome metabolica?
E' molto frequente
Individua facilmente soggetti ad elevato rischio di diabete
Individua soggetti in cui intervenire unitamente sullo stile di vita
Favorisce un intervento terapeutico preventivo multifattoriale.
Limiti della sindrome metabolica
Presenta dei punti oscuri e non consente nella pratica di inquadrare tutti i pazienti
e di contemplarne tutti i rischi
Infatti la insulino-resistenza è difficile fa misurare nella pratica clinica
Non è possibile dimostrare l'efficacia della terapia specifica per correggere l'
insulino-resistenza
Per valutare il rischio cardiovascolare
ed il diabete la sindrome metabolica non ha uno score specifico
Inoltre non contempla dei fattori di rischio quali età, sesso, fumo, colesterolo
totale
Ogni fattore di rischio è valutato parimenti ed in termini dicotomici
Non considera la familiarità per patologia cardiovascolare e diabete
Essi penetrano attraverso l'endotelio e creano un danno endoteliale a cui consegue la
formazione di molecole di adesione con attivazione di monoliti e di linfociti T
che si attaccano all'endotelio danneggiato e migrano nello spazio subendoteliale,
dove nel frattempo si trasformano in macrofagi e captano LDL ossidate, diventando
delle "foam cells", cioè cellule schiumose e dando origine alla placca lipidica.
Le molecole che si liberano dall'endotelio attivato sono dette "molecole di adesione"
e sono rappresentate da :
Citochine (IL-1, TNF alfa)
Chemochine (MCP-1, IL 8)
Fattori di crescita (PDGF, FGF)
Queste molecole, come abbiamo già detto, attraggono i monoliti ed i linfociti T
e li fanno aderire all'endotelio, con induzione della proliferazione cellulare e
dello stato protrombotico. Mano a mano la lesione endoteliali si fa più complessa,
accrescendosi nello strato fibrotico e diventa una lesione detta "placca aterosclerotica",
che nel tempo si fa instabile, cioè pronta a rompersi col risultato di richiamare
piastrine e generare un trombo, con conseguente improvvisa interruzione del flusso
ematico all'organo, sia il cervello o il miocardio o gli arti inferiori.
E' chiaro che il diabetico, più di ogni individuo, è predisposto a sviluppare l'evento
cardiovascolare, siano esse donne diabetiche che sono altamente ad alto rischio
di coronaropatie; il diabete elimina gli effetti cardioprotettivi relativi al periodo
premenopausale; per cui IL RISCHIO DI INFARTO MIOCARDIO E' PER TRE VOLTE
maggiore rispetto a quello delle donne non diabetiche.
Inoltre il diabetico presenta un'alterazione nel corredoi di lipoproteine, per cui
ne deriva che
LDL-C all'aumento di 1 mmoli/L (cioè 39 mg%)- Rischio 57%
HDL- C ALL'AUMENTO DI 0,1 MMOL/l - -15%
PRESS. SISTOLICA ALL'AUMENTO DI 10 MMhG - 15
HBA1C ALL'AUMENTO DI 1% - 11
Il fumo fornisce un contributo maggiore al rischio
di coronaropatie
Questi dati supportano la necessità di ridurre LDL-C per abbassare i rischio cardiovascolare
nei diabetici
Il controllo glucidico è anch'esso importante per la riduzione del rischio di complicazioni
microvascolari