Beta-bloccanti e scompenso cardiaco (SC)

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appunti del dott. Claudio Italiano

Il sistema nervoso simpatico viene coinvolto precocemente in caso di disfunzione ventricolare sinistra da qualsiasi causa e rimane attivato per tutta la durata della storia naturale della malattia scompenso cardiaco. Inizialmente l'attivazione adrenergica "compensa" il cuore scompensato, con stimolazione da parte della norepinefrina della contrazione ventricolare, modificazione delle resistenze vascolari e del flusso ematico agli organi centrali. Con il trascorrere del tempo, tuttavia, l'aumentato tono simpatico danneggia progressivamente il cuore: aumenta la domanda di ossigeno nel miocardio, con facilitazione all'ischemia e allo stress ossidativo, la vasocostrizione periferica aumenta il preload e l'afterload ventricolare, si realizza un danno biologico diretto per ipertrofia miocitaria e facilitazione all'apoptosi, con rimodellamento cardiaco. Viene attivato il sistema RAA, con tendenza alla vasocostrizione e alla ritenzione idrosalina. L'ischemia nel ventricolo dilatato riduce ulteriormente la contrattilità e porta ad una dilatazione ulteriore del cuore. Si realizza una condizione di stunning del miocardio (miocardio ibernato), ovvero una disfunzione metabolico-contrattile da riduzione critica del flusso al di sotto della soglia minima richiesta per una normale funzione miocitaria. L'attivazione neuro-ormonale e simpatico-adrenergica costituisce la chiave fisiopatologica del cuore scompensato e il razionale della terapia beta-bloccante.

EFFETTI DELLA NOREPINEFRINA SULLA PROGRESSIONE DELLO SC

La comprensione delle conseguenze legate agli effetti della norepinefrina sulla progressione della malattia sta alla base dell'implementazione dell'uso dei beta-bloccanti nello scompenso cardiaco. Tutti questi effetti sono mediati dai recettori alfa1 - beta,  beta2 adrenergici.
- aumento dell'attività simpatica —> tachicardia —> ischemia subendocardica, ridotto tempo di riempimento diastolico, effetto inotropo negativo;

aumento attività simpatica —>aumento dei volumi ventricolari e della pressione sistemica per vasocostrizione periferica;
- aumentata secrezione di renina e riduzione dell'escrezione renale del sodio;
- facilitazione all'ipopotassiemia;
- rimodellamento ventricolare sinistro con ipertrofia cardiaca ed iperplasia fibroblastica;
-aumentato consumo di ossigeno da parte del miocardio; accelerazione della morte delle cellule miocardiche per necrosi (ischemia subendocardica ed effetti

tossici) e facilitazione dell'apoptosi; pro-aritmogenesi per aumento dell'automaticità cardiaca con aumento attività triggerata cardiaca. Un tempo parlare di beta-bloccanti nel trattamento dello scompenso cardiaco agli esami di clinica medica veniva considerata un'eresia. Col tempo, però, si è visto che bloccare i beta recettori adrenergici significava spezzare il circolo vizioso che conduceva fino all'esaurimento della pompa cardiaca ed alle modificazioni fisiopatologiche connesse con lo scompenso di cuore.

L'impiego dei beta-bloccanti nello scompenso cardiaco pone al medico pratico alcune immediate perplessità, correlate alla nota "azione inotropa negativa" di tali farmaci. In realtà già nello studio ANZ (Australia-New Zealand Heart Failure Research Collaborative Group) era stato dimostrato l'effetto positivo del carvedilolo sul rimodellamento cardiaco, considerato indicatore prognostico negativo in quanto causa di ulteriore peggioramento (Ryden et al.).

Paziente in condizione di grave edema
polmonare per scompenso,
in decubito ortopnoico obbligato, caso
clinico personale

Recettori adrenergici - Effetti principali

beta: Tachicardia, induzione di tachiaritmie, ipertrofia patologica, rimodellamento, morte cellulare
beta2: Tachicardia, induzione di tachiaritmie, vasodilatazione arteriosa
alfa1: Vasocostrizione (sistemica, coronarica, renale) con aumento del post-carico, ritenzione sodica per aumento del riassorbimento tubulare, induzione di tachiaritmie, ipertrofia miocardica
Anche se all'inizio della terapia tali farmaci possono ridurre la frazione di eiezione e accentuare l'astenia, da altri studi controllati di durata di almeno tre mesi si evince che il miglioramento della funzione ventricolare sinistra con una terapia beta-bloccante (aumento della frazione di eiezione del 5-10%) è addirittura superiore a quello ottenibile con ACE-I (aumento del 2%); dopo sei mesi si ridu-cono anche il volume telediastolico VS e la massa miocardica, mentre la conformazione dek cuore da sferica diventa più ellittica.

I pazienti con SC grave o in classe NYHA IV sono più propensi a presentare reazioni avverse durante la titolazione iniziale della terapia con beta-bloccanti (ad esempio, sintomi di ipotensione o di blocco cardiaco avanzato), ma nel lungo termine, a tre mesi, quasi il 60% dei pazienti presenta un miglioramento dei sintomi (Krum et al.; McDo¬nald et al.). Nello studio COPERNICUS sono stati considerati pazienti con SC avanzato (da cardiomiopatia ischemica o non ischemica, con sintomi a riposo o da minimo sforzo, con LVEF <25%, in trattamento con ACE-inibitori e diuretici da almeno 2 mesi [± amiodarone; ± digossina]), ma con esclusione dei pazienti ricoverati in terapia intensiva, con segni di grave ritenzione idrica e di quelli che nei 4 giorni precedenti erano stati sottoposti a terapia ev con agenti vasodilatatori o inotropi. I messaggi chiave che si possono ricavare da questo studio (che ha arruolato pazienti affetti da SC in condizioni più gravi di qualsiasi altro studio sui beta-bloccanti) sono i seguenti:
- il carvedilolo è l'unico farmaco in grado di garantire un completo blocco alfa- e beta-adrenergico;
- il carvedilolo può essere più vantaggioso della terapia beta-bloccante convenzionale nello scompenso cardiaco lieve-moderato;
- il carvedilolo è l'unico farmaco con efficacia documentata anche a basse dosi (dose iniziale di 3,125 mg bid con raddoppio della poso-logia ogni 2 settimane fino alla dose target di 25 mg bid; i pazienti ricevevano la massima dose tollerata);
- il carvedilolo riduce significativamente la mortalità nei pazienti con SC severo.
L'analisi dei dati consente di ipotizzare un risultato di 200 vite salvate su 1000 pazienti trattati per 3 anni con carvedilolo.
Gli stessi vantaggi, però, non sono generalizzabili ad altri beta-bloccanti. Nello studio BEST (Beta Blocker Evaluation Trial) non si è ottenuto un aumento della sopravvivenza in 2708 pazienti (età media: 60 anni, 22% femmine) con scompenso cardiaco avanzato in classe NYHA III (92%) e IV (8%) e frazione di eiezione media del 23% trattati con bucindolo, beta-bloccante non selettivo (Atlanta, 72th Scientific Session of the American Heart Association, 1999). Le ragioni di questi risultati negativi del trial non sono chiare e sono state correlate alla eterogeneità (per sesso, etnia e razza) della casistica.

Raccomandazione (categoria di evidenza di tipo B)
• La terapia beta-bloccante dovrebbe essere iniziata a basse dosi e titolata lentamente, ad intervalli non inferiori a 2 settimane.

QUALI BETA-BLOCCANTI IMPIEGARE

Raccomandazione
• Nella terapia beta-bloccante dello SC è necessario utilizzare solamente farmaci di seconda o terza generazione.

Gli studi esistenti sulla terapia dello scompenso cardiaco riguardano i beta-bloccanti di seconda (metoprololo e bisoprololo) e di terza (car¬vedilolo e bucindololo) generazione, piuttosto che quelli di prima generazione (propranololo e timololo). Non è ancora chiarito quale dei beta-bloccanti più recenti sia migliore rispetto agli altri (Adams). I beta-bloccanti di prima generazione non sono tollerati nello SC, a causa del loro effetto inotropo negativo e dell'azione di vasocostrizione periferica da blocco dei recettori beta-2 vascolari. recettori, ma incrementano la densità dei beta-recettori e tendono, dopo somministrazione prolungata, ad aumentare i livelli di norepinefrina cardiaca. I beta-bloccanti di III generazione, che combinano proprietà di beta-blocco non selettivo a un effetto alfa-litico vasodilatante, sono in grado di esercitare un'azione antiadrenergica su tutti i tre tipi di recettori coinvolti nell'attivazione simpatica del cuore scompensato (Abraham) e di ottenere migliori risultati sulla mortalità dei pazienti, particolarmente in quelli esenti da cardiopatia ischemica (Bonet et al.). Una ricerca dell'Heart Muscle Disease Study Group ha evidenziato che dopo 12 mesi di terapia di carvedilolo in aggiunta all'ACE-inibitore e in alternativa al metoprolo-lo comporta una riduzione delle dimensioni del VS, un aumento significativo della frazione di eiezione e una riduzione dei bigeminismi ventricolari. Nel lungo termine il carvedilolo rispetto al metoprololo riduce maggiormente le pressioni polmonari nello SC in classe NYHA II-IV con FE <35% (Metra et al.). Gli effetti positivi del carvedilolo sul rimodella-mento ventricolare si ripercuotono su un miglioramento della funzione diastolica e in una riduzione del rigurgito mitrali co (Capomolla et al.). Il carvedilolo, ma non il metoprololo, migliora l'emodinamica renale nei pazienti con insufficienza renale cronica (Abraham, 1998). Lo studio COMET (Carvedilol and Metoprolol European Trial) su oltre 3000 pazienti con SC moderato o grave (NYHA I-IV) randomiz-zati ad un trattamento con i due farmaci è finalizzato a verificarne le eventuali differenze sulla mortalità e la morbilità (Poole-Wilson et al.). II trattamento di lungo termine con carvedilolo sembra indurre migliori effetti, a dosi "target", sulla frazione di eiezione VS rispetto al metoprololo (Packer et al.). A tutt'oggi i dati disponibili consentono di affermare che (Rapezzi e Branzi):
- il carvedilolo è meglio tollerato; va preferito in presenza d'ipertensione arteriosa diastolica e nei casi di maggiore compromissione emodinamica, per l'azione vasodilatatrice, in grado di compensare l'effetto inotropo negativo attraverso la riduzione del post-carico;
- il metoprololo è indicato in presenza di tachicardia sinusale con valori pressori tendenzialmente bassi.
Nello studio BRING-UP carvedilolo, metoprololo e bisoprololo sono stati prescritti rispettivamente nell'84, 14 e 2% dei casi.
Di seguito vengono schematicamente elencati alcuni problemi di gestione della terapia, utili nella pratica clinica (vedi anche: Sinagra et al. per ANMCO, Area Scompenso Cardiaco; Gronda et al.).

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