Lo scompenso cardiaco è una sindrome caratterizzata da un insieme di segni e sintomi dovuti alla incapacità del cuore a soddisfare le esigenze metaboliche dei tessuti e l'apporto di ossigeno con il circuito ematico.
La prevalenza è dell'1-2% dei soggetti in generale, ma negli anziani - che attualmente stanno aumentando rispetto alla popolazione più giovane - costituiscono più del 10% della popolazione over 70. Se non curato la mortalità è elevata, nei soggetti con cardiopatia in classe NYHA seconda anche del 50% a 2 anni.
L'approccio terapeutico ai pazienti con scompenso include: consigli di carattere generale ed altre misure non farmacologiche, oltre che l'impiego di device.
Esso deriva - dunque - da una serie di modificazioni che avvengono a livello del miocardio, conseguenti del danno a cui è sottoposto il cuore a seguito di patologie varie, non ultimo l'aterosclerosi delle coronarie che comporta ischemia del miocardio e riduzione della portata di pompa cardiaca. A questo punto si innestano una serie di meccanismi neurormonali compensatori che sono responsabili dei segni dello scompenso (dispnea, dispnea da sforzo, ortopnea e cardiopalmo, epatomegalia ed edemi declivi).
Distinguiamo uno scompenso destro e sinistro, acuto e cronico, uno scompenso diastolico e sistolico, con portate differenti. I meccanismi neurormonali che tentano di superare il deficit di pompa sono sostanzialmente rappresentati dal sistema renina-angiotensina-aldosterone che comporta implementazione delle resistenze vascolari, aumento della pressione e ritenzione di sodio con aumento della volemia e comparsa di edemi periferici e versamenti nelle cavità dell'organismo (versamento pleurico, versamento ascitico, versamento pericardico).
Inoltre la pressione bassa in ventricolo sinistro, attiva i barocettori che lanciano segnali a livello cerebrale e stimolano i centri cardioregolatori e per il rilascio di ormone antidiuretico ADH che - in sostanza - accumula acqua libera e determina congestione venosa ed iponatremia. All'opposto, l'atrio produce un altro ormone il NTpro-BNP, che viene prontamente degradato in circolo da diverse peptidasi, tra cui la neprilisina.
Pertanto la cura dello scompenso si avvale di farmaci che interferiscono e regolano tutte queste risposte neurormonali.
Da segnalare - infine - l'uso di farmaci SGLT2 inibitori, specie nel soggetto diabetico, ma anche nel cardiopatico non diabetico scompensato. Gli SGLT2-i, che già avevano dimostrato di contrastare la progressione della nefropatia diabetica verso il grado più avanzato di insufficienza renale, a livello cardiaco determinano una riduzione sia del pre-carico, a seguito di natriuresi e diuresi osmotica, sia del post-carico, attraverso la riduzione della pressione arteriosa – di circa 4 mmHg – secondaria alla riduzione della sodiemia e del volume circolante e all’inibizione del sistema simpatico. Tra gli studi di maggiore rilevanza meritano di essere citati l’EMPAREG-CV OUTCOME e CANVAS, condotti rispettivamente con empaglifozin e canaglifozin in pazienti diabetici e, in soggetti non diabetici, DAPA-HF e DELIVER, con dapaglifozin, ed EMPEROR-Preserved e Reduced, che hanno documentato l’efficacia di empaglifozin, in aggiunta alla terapia standard, nell’intero spettro di frazione di LVEF.
Per approfondire puoi andare a vedere la pagina sullo scompenso, fisiopatologia
Esso prevede:
l'educazione sanitaria del paziente, ed anche dei familiari che hanno avuto un
paziente con scompenso, i quali devono osservare delle misure generali, come per
esempio pesarsi regolarmente e non aumentare di peso (obesità),
osservare misure dietetiche e ridurre al massimo l'assunzione del sale da cucina
cioè il sodio che come sappiamo è responsabile di edemi periferici (dieta seria).
Il paziente con scompenso cardiaco deve inoltre limitare l'assunzione di
liquidi, cioè attuare una dieta con restrizione idrica, per cui i liquidi vanno
ristretti a 1,5-2 litri/die o anche meno.
L'anomala perdita di peso (malassorbimento), cioè la perdita di massa magra e
di massa grassa si riscontra nel 50% dei soggetti, e si parla di cachessia cardiaca,
fattore importante predittivo di ridotta sopravvivenza.
Ancora il fumo va abolito per tutte le implicazioni che comporta, non ultimo l'aumento
del monossido di carbonio in circolo.
• I viaggi esotici o in località molto fredde o molto calde vanno evitate
(consigli ai viaggiatori)
Le vaccinoprofilassi attuate, cioè il soggetto che va in aeree endemiche deve
essere assolutamente vaccinato per non incorrere nel rischio di infezioni.
Attività sessuale: non esistono informazioni concrete in questo senso; è chiaro
che il soggetto con scompenso, specie se non in classi NYHA avanzate, ha ancora
la possibilità di fare sesso, ma sicuramente non sotto stress, per esempio con partner
occasionali, né tantomeno con impiego di farmaci per l'erezione con l'unico scopo
di dare dimostrazione di virilità! (terapia dell'impotenza)
Attività fisica moderata: va sempre preferita, tenuto conto delle possibilità
del paziente, avviando i soggetti a specifici programmi di riabilitazione.
Farmaci da evitare o da impiegare con cautela: antiinfiammatori non steroidei
e coxib, antiaritmici in classe I, calcio antagonisti (verapamil, diltiazem e derivati
diidropiridinici a breve durata d'azione), antidepressivi triciclici, corticosteroidi,
litici, pioglitazone.
Ace-inibitori. Sono farmaci di primo impiego, farmaci cioè che bloccano l'enzima di conversione dell'angiotensina , indicati quando la frazione di eiezione è < 40-45%; la posologia va gradualmente aumentata, allo scopo di prevenire la disfunzione sistolica del ventricolo sinistro e ridurre il rischio di infarto miocardico e di morte improvvisa (fibrillazione ventricolare). Tali farmaci, però, vanno impiegati in prima battuta se non c'è ritenzione idrica, altrimenti vanno associati ai diuretici. I più importanti sono il captopril 50 mg t.i.d, l'enalapril 10 mg b.i.d, lisinopril 5-20 mg/die, il ramipril 2,5-5 mg b.i.d, trandolapril 4 mg /die. Nel caso in cui non possano essere impiegati, si può impiegare un sartanico. Addirittura c'è lo studio CHARM-Added che conclude dicendo che l'impiego di candesartan con ACE-inibitore e beta-bloccante riduce la mortalità per evento cardiovascolare maggiore.
I diuretici. Sono rappresentati dai diuretici dell'ansa, dai tiazidici e
metolazone. Essi sono farmaci fondamentali per il trattamento quando vi sia un sovraccarico
di volume che si manifesta con congestione polmonare (edema polmonare).
Tuttavia, nonostante il loro effetto immediato di beneficio sui segni dello scompenso
(dispnea) non sembra che l'impiego di diuretici
sia correlato con aumento di sopravvivenza del soggetto. Il diuretico dell'ansa
va dosato con intelligenza, aumentando le dosi tenendo conto del rischio di
iponatremia
e di ipotensione che ne derivano. Cioè occorre prestare attenzione ai valori di
sodio e potassio ed alla funzione renale (azotemia e creatinina). Per correggere l'iponatremia
è possibile applicare questa formuletta: infusione mEq/24-48 ore Na+
ideale - Na+ attuale X H2O cioè 60% del peso corporeo
Diuretici risparmiatori di potassio. Si associano ai diuretici dell'ansa per bloccare l'attività dell'aldosterone, che è responsabile di nuovo riassorbimento di sodio. Sono indicatissimi nei soggetti con ipokalemia ma assolutamente controindicati se il paziente ha insufficienza renale ed iperpotassemia.
Glifozine Gli SGLT2 inibitori
(o gliflozine) includono tre molecole l'empagliflozin, il canagliflozin e
il dapagliflozin, approvati in Italia per il trattamento del diabete di
tipo 2 in mono-somministrazione giornaliera, con un profilo di safety superiore
rispetto ad altri ipoglicemizzanti orali. Le gliflozine inibiscono
selettivamente SGLT2 a livello del tubulo renale, inducendo diuresi osmotica
con
riduzione del riassorbimento prossimale di glucosio e sodio. Questi farmaci
hanno dimostrato efficacia anche sulla riduzione del peso corporeo, della
pressione arteriosa e della rigidità vascolare e la riduzione della proteinuria
e dell'uricemia, con meccanismi che peraltro sono tuttora oggetto di studio.
Nel corso degli ultimi cinque anni sono stati presentati i risultati di studi
clinici di intervento in pazienti diabetici con i tre farmaci della classe delle
gliflozine (EMPAREG-outome, CANVAS, DECLARE-TIMI58). In questi studi è stata
dimostrata una evidente efficacia delle gliflozine sulla riduzione degli
endpoints renali e cardiovascolari maggiori ed in particolare sull'end-point di
riduzione delle ospedalizzazioni e mortalità per scompenso cardiaco
Sacubitril/valsartan Come accennato, la grande novità degli ultimi anni
recepita dal documento ESC è l'associazione di sacubitril/valsartan,
appartenente alla classe degli inibitori del recettore della neprilisina e del
recettore dell'angiotensina (ARNI). Lo studio che ha segnato questo passaggio
fondamentale è lo studio denominato non a caso PARADIGM-HF, internazionale,
multicentrico, randomizzato che ha coinvolto più di 8.400 pazienti (per i l 20
per cento donne, di età media 65 anni) con scompenso cardiaco (classe NYHA II,
III o IV) e con frazione di eiezione uguale o inferiore al 40 per cento. Questi
soggetti hanno ricevuto sacubitril/valsartan oppure l'ACE inibitore enalapril.
Il confronto tra i due farmaci si è risolto decisamente a favore del primo per
molti degli endpoint dello studio: mortalità per qualunque causa (17 vs 19,8 per
cento; HR =0,84, IC 95 per cento 0,76-0,93); mortalità per cause cardiovascolari
(13,3 vs 16,5 per cento; HR = 0,8, IC 95 per cento 0,71 -0,89).
Inoltre, sacubitril/valsartan ha determinato una riduzione del rischio di
ospedalizzazione per insufficienza cardiaca del 21 per cento rispetto a
enalapril (p <0,001)