Il Diabete mellito di tipo 1,cause, diagnosi e trattamento

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  5. La dieta nel diabete
  6. Diete e diabete
  7. La dieta nel paziente diabetico
  8. Alimentazione nel diabete

appunti a cura del dott. Claudio Italiano

Per prima cosa, se mio padre ha il diabete di tipo 1, mio figlio sarà diabetico di tipo 1 ?
I familiari di primo grado dei pazienti affetti da diabete di tipo 1 hanno un maggior rischio di sviluppare la malattia rispetto alla popolazione generale. Si calcola che la prevalenza del diabete nei gemelli omozigoti e nei fratelli dei pazienti con diabete di tipo 1 è rispettivamente del 35-50% e del 5-7% versus 0,3-5% della popolazione in genere. Il fatto di dosare i marker immunologici, cioè gli anticorpi anti ICA ed anti-GAD, anti-IA2 e IAA consente di porre diagnosi preclinica del diabete mellito di tipo 1.

Epidemiologia

Nella popolazione europea la prevalenza del diabete di tipo 1 è di norma tra lo 0,2-0,4% dei casi e l’incidenza nella popolzione è di 6 nuovi casi per anno su 100.000 abitanti, ma in Sardegna addirittura 30 soggetti diventano diabetici di tipo 1 ogni 100.000 persone per ogni anno. Quando parliamo di diabete di tipo 1 facciamo riferimento a soggetti giovani, cioè con età inferiore a 30 anni, con un picco di incidenza fra i 12 ed i 14 anni.

Prevalenza del diabete di tipo 1  nei familiari di primo grado
Gemelli omozigoti 35-50%
Fratelli 5-7%
Padre 9-10%
Madre 3-4%
Popolazione generale 0.3-0.5%

 Eziopatogenesi

Esso è il risultato di un processo infiammatorio delle cellule beta delle isole di Langherans e trova origine in un movimento anticorpale contro tali cellule. Tale processo è abitualmente tanto più rapido quanto più giovane è un individuo, per cui nei bambini, e chi vi scrive, ne ha contezza, quasi da subito è necessario ricorrere a terapia insulinica. Anche negli adulti vi è un quadro simile, detto LADA o "Latent autoimmune diabetes of the adult". Sono marker della distruzione delle cellule beta, ICA (anticorpi contro le cellule insulari), IAA (anticorpi anti-insulina) e autoanticorpi contro alcuni antigeni pancreatici quali la GAD (anticorpi anti acido-glutammico decarbossilasi), la IA2 (anticorpi anti-tirosina-fosfatasi) e IA-2 beta ed AB ZnT8. Dal momento in cui si scoprono nel siero questi movimenti anticorpali, anni dopo insorge la malattia, per cui tali soggetti sono spesso individuati nei familiari di questi malati. Oggi ci si sta muovendo sperimentando dei metodi che possano prevenire l’ionsorgenza dei diabete di tipo 1 in questi parenti con movimento anticorpale. Tuttavia anche altre noxae concorrono alla genesi della malattia; in particolare l’ambiente e fattori geneticamente determinati concorrono insieme a determinarla. Infatti il diabete di tipo 1 insorge in individuo che presentano alcuni geni dell’HLA situati nel braccio corto del cromosoma 6 e con gli alleli del locus DR (DR3 e DR4) e del locus DQ. Viceversa chi possiede gli alleli DR2/DQ6 è protetto dalla malattia. Altri autori hanno studiato altri geni localizzati nella regione della classe I e denominati MIC (MHC class I chain related genes) e distinti in 5 classi di cui 2 codificanti (MIC-A e B) e tre non codificanti (C, D, E). Fra essi il MIC-A è risultato più frequente nei soggetti malati.I fattori ambientali sono rappresentati dai virus e forse da alcuni alimenti. I virus responsabili del diabete di tipo 1 hanno un particolare effetto citolitico (di distruzione) della cellula beta e ne provocano la distruzione attraverso un meccanismo autoimmunitario.

I virus sono: il citomegavirus, i virsu Cocksachie B, specie il B4, i retrovirus, i virus della parotite e della rosolia. Questo provoca il diabete nel 20% dei neonati. Fra i cibi alcuni parlano di latte bovino come responsabile di insorgenza di malattia, nei neonati non allattati al seno, forse per meccanismo correlato ed innescano dalla albumina bovina. Si parla, infine, di un ruolo determinato dal deficit di vitamina D.

I dati di uno studio recente del 2023, eseguito dalla prof. Francesca Cardella dell'Università di Palermo ha confermato la forte associazione, riportata anche in letteratura, tra:
1) alcune caratteristiche demografiche e cliniche del DMT1 (sesso, età all'esordio del diabete, categorìa dì peso) e la presenza di alcuni markers Immunologie! di DMT1 all'esordio del diabete:
• Maggiore prevalenza di GADA nel sesso femminile
Positività dì ZnT8-A ed età maggiore alla diagnosi del diabete *> Maggiore prevalenza dì IA2-A e ZnT8-A nel soggetti con sovrappeso e obesità
2) alcune caratteristiche demografiche (sesso, età all'esordio del diabete) e il profilo immunologico [^cellulare in bambini e adolescenti con diabete in associazione a celiachia o tiroidite:

• Maggiore prevalenza di sesso femminile nei soggetti con DMT1 In associazione a celiachìa e/o tiroidite
• Maggiore rìschio dì sviluppare un'altra condizione autoimmune nei soggetti con
diabete che già ne presentano una •> Minore età di esordio del diabete nel soggetti con DMT1 e celiachia
• Maggiore frequenza di positività di IAA nel soggetti con 0MT1 e tiroidite
• Titolo di IAA più elevato nel soggetti con DMT1 e celiachia

Linee guida Ispad 2022 riportano che il T1dm si associa a patologie autoimmuni  in età pediatrico adolescenziale .  La patologia autoimmune della tiroide rappresenta la condizione più frequente, seguita dalla malattia celiaca.

Altre patologie autoimmuni sono:
• insufficienza surrenalica
• malattie sistemiche del collagenefad es. artrite idiopatica giovanile, lupus, psorìasi, scleroderma)
• altre malattie gastrointestinali (ad es. malattia di Crohn, RCU, epatite autoimmune, gastrite autoimmune),
• Malattie della pelle (ad es. vitiligine, scleroderma)

Insufficienza Surrenalica (M. di Addison)

Nel paziente con T1DM se il soggetto tende alle crisi ipoglicemiche, è buona norma pensare alla presenza di Insufficienza surrenalica o M.di Addison, che presenta le seguenti caratteristiche
• Prevalenza: Fino al 2% dei pazienti con T1DM possono avere Ab anti surrene ( 21-idrossilasi), fino al 70% se tiroidite
• Sintomi: ipoglicemia (inattesa riduzione dei fabbisogno insulinico), affaticabilità, nausea, perdita di peso, ipotensione, iperpigmentazione della cute
• Pattern genetico: DRB1*0404,DRB1*0301, DQB1*0201

• Terapia sostitutiva: glucocorticoid! e/o mineralcorticoidi

patogenesi del DMT1

Il quadro clinico

Si caratterizza per poliuria, polidipsia, polifagia, perdita di peso, astenia ed è complicato da chetoacidosi. Per cui il quadro clinico è quasi sempre drammatico ed il paziente, giovane, o addirittura bambino o perfino neonato, giunge alla visita dal pediatra perchè non cresce, perchè ha infezioni, cistiti, otiti, diarrea, febbri continue e ricorrenti. Una volta fatta la diagnosi, i genitori o lo stesso paziente devono essere istruiti per una gestione ottimale della sua patologia. Il primo passo consiste in un adeguato autocontrollo delle glicemie che è fondamentale per questo tipo di pazienti. Chi vi scrive l’altra sera si è imbattuto in una signora gravida affetta da diabete di tipo 1 che sapeva perfino calcolare le sue dosi di insulina in relazione all'assunzione di alimenti e sapeva autogestire il suo microinfusore con estrema precisione! Inoltre è importante la dieta, l’indice glicemico dei vari alimenti (non è la stessa cosa mangiare dolci o legumi!), la sostituzione degli alimenti e l’esercizio fisico, Il paziente con diabete di tipo 1 deve sapere affrontare le emergenze e le crisi ipoglicemiche. L’istruzione dei pazienti dovrebbe essere affidata a mani esperte: diabetologo, infermiere, dietista e psicologo.

Cura

Prevenzione Primaria
* Per prevenzione primaria si intende Intervento nei soggetti sani a rischio/predisposti In modo che non sviluppino la malattia, purtroppo nonostante tantissimi lavori fatti ci manca una migliore comprensione della patogenesi dato che dovremmo agire sugli agenti scatenanti.  In prevenzione primaria lavorando su soggetti sani ma il rapporto rischio/beneficio deve essere altissimo (Primum non nocere).  Dai dati di una recente review considerando solo gli studi nell'uomo non ci sono dei dati consistenti. Negativi in particolare gli studi basati su somministrazione antigenica (GAD, Insulina).  E' stato proposto di impiegare dei probiotici, nella fattispecie, il VSL#3 per modulare - per così dire - la risposta autoimmune dei soggetti.  Inoltre si è visto, sempre in  prevenzione primaria, che oltre al lavoro sulla vaccinazione anti rotavirus (serendipity) un ambito molto interessante di ricerca è su vaccinazione anti virus coxakie.  Ci sono centinaia di osservazioni su Coxakie e diabete: infezione 6-12 mesi prima conferisce rischio relativo di 2 di avere IDDM (DIPP). La ditta Provention Bio (Sanofi) sta effettuando uno studio su prevenzione anti coxakie B (PRV-101) Randomizzato fase 1 (2 somministrazioni). Si sta utilizzando un Vaccino finlandese della ditta Vactech
Prevenzione secondaria
La prevenzione secondaria è rappresentata da un intervento che avviene su patogenesi già avviata: per noi corrisponde a intervento in presenza di autoimmunità (stadi 1 e 2 del diabete) per interromperla e prevenire diabete
La Prevenzione terziaria invece  è intervento alla diagnosi del diabete rivolto alla preservazione della funzionalità beta cellulare residua

Studio Teplizumab (TN10)

• Si tratta di uno Studio di prevenzione secondaria pubblicato su Jama2017, condotto  in famigliari ad alto rischio di sviluppare DMT1 (stage 2) basato sul concetto che degli individuo presentavano almeno 2 autoanticorpi  e, dunque, erano altamente predisposti a sviluppare il DMT1 e presentavano di già una disglicemia
• Randomizzati 1:1, doppio cieco
• 14 gg ev a dose in aumento da 51 a 826 mcr/m2
• Trattati 44 vs 32 diabete 56%
• Media 48 mesi TPM vs 24 placebo
• Rispondono meglio DR3-, ZnT8 -
• 7/2021 FDA ha deciso di ammettere terapia

Il teplizumab a 78 settimane implementa la produzione di C-peptide di + 38% e si pone a capo di una lunga lista di farmaci che tentano di bloccare la risposta autoimmunitaria che porta all'apoptosi della beta cellula.
 

In prevenzione terziaria, si tenta di mantenere C peptide  e si sviluppano dei  protocolli di intervento immunoterapeutico per mantenere nel tempo la funzione beta cellulare, cercando di ridurre  la percentuale delle complicanze a lungo termine e le pericolose ipoglicemie nel paziente con T1DM, quando si potenziano le dosi insuliniche anche se è vero che oggi i nuovi sensori ed i nuovi microinfusori avanzati (AHCL) limitano tale rischio.

Atkinson M ha pubblicato su Lancet 2019 dei lavori a proposito di Immunoterapie e T1DM
• Vi sono due possibilità:
• Immuno modulazione (non antigene specifico)
• Intervento antigenico
• In una recente review erano elencati i lavori attivi/planned:
• 58 Immunomodulazìone e 37 antigen specific
• Negli ultimi 10 anni sono stati fatti 70 studi (fase 1-3) sì stima spesa 2 Bilioni dollari
• Totale su questo argomento 165 studi (fatti/in corso)

Un primo lavoro prevede l'impiego di ciclosporina 2 volte/die a 7 mg/kg/die per 6 mesi ed il C peptide viene stimolato con 1 mg di glucagone, ad un anno si ha una implementazione del C peptide del 100% in più ma gli effetti collaterali sono notevoli (aumento della pressione, ipertricosi, ipertrofia gengivale, parestesie ecc. ). In atto altre sette molecole sono promettenti, ma il bilancio tra efficacia della cura ed effetti collaterali è sempre sfavorevole. Altro farmaco è il golimumab

Anticorpi antì ìnterleukina 21 e Liraglutide

• Primo studio di prevenzione con intervento associato, pubblicato su Von Herrath M Lancet 2021
• IL21 ha un ruolo nel promuovere il movimento del linfociti T CD8 dai linfonodi e pancreas esocrino alle isole pancreatiche
• Liraglutide: ruolo su sopravvivenza beta cellule stressate e riduzione apoptosi

• 4 bracci: anti IL21, liraglutide, associazione e placebo
• Studio fase due, randomizzato, placebo controllato, doublé blind, durata trattamento 1 anno
• Adulti 18-45 a, multicentrico 94 Centri, 17 nazioni

Una volta esauritasi la beta cellula, la cura si basa esclusivamente sull’insulina, perché questi pazienti non presentano più alcuna produzione residua di insulina da parte delle cellule beta che sono andate distrutte. Inoltre anche la dieta deve essere abbinata al trattamento insulinico. E’ chiaro che sul piatto della bilancia terapeutica mettiamo un quantitativo standard di carboidrati a cui va contrapposto un dosaggio insulinico in unità sempre fisso. Gli scopi di una terapia insulinica intensa sono indicati per proteggere dalla chetoacidosi (cfr metabolismo dei glicidi), per prevenire le complicanze croniche micro e macroangiopatiche e per consentire uno stile di vita normale. L’obiettivo della terapia insulinica, dunque, come dicevamo, è quello di prevenire le complicanze microangiopatiche oltre che le macroangiopatiche. Infatti il diabete non è la "malattia con la glicemia elevata", ma la "Malattia dei vasi sanguigni che si associa a glicemie elevate". Significa che il primo danno ce lo abbiamo a livello dei vasi piccoli (microangiopatia) e numerosi studi clinici prospettici controllati, europei e del nord america, hanno dimostrato come tale complicanze possono essere ridotte del 76%, prima fra tutte la retinopatia diabetica, che rappresenta la prima causa di cecità dei pazienti in generale. Analoghi risultati si ottengono nella prevenzione della nefropatia e della neuropatia diabetica. Sono per queste ragioni candidati ad una terapia insulinica intensa i diabetici di tipo 1, subito dopo la diagnosi di diabete, per impedire l’insorgenza di queste gravi infermità (prevenzione primaria). Lo stesso dicasi per gli altri soggetti diabetici sempre di tipo 1 anche se hanno delle lesioni iniziali (prevenzione secondaria).

Nuovi dati confortanti giungono oggi nel 2023 che prevedono l'impiego di autoanticorpi nella cura del DMT1, con l'intento di bloccare l'apoptosi delle cellule beta, alla base del processo eziopatogenetico che conduce all'impoverimento delle cellule del pancreas che produco insulina.

Obiettivi della terapia

Terapia
La terapia del diabete tipo 1 si basa sulla somministrazione di insulina associata a un programma nutrizionale e di attività fisica individuale.

Gli obiettivi della terapia sono:

mantenere la glicemia a digiuno e pre-prandiale tra 70 e 130 mg/dl
mantenere la glicemia post-prandiale al di sotto o uguale a 180 mg/dl
mantenere l’emoglobina glicata (HbA1c), che fornisce una valutazione media della glicemia degli ultimi 2-3 mesi, a un livello inferiore o uguale a 7,0%.
 

La sostituzione insulinica nel diabete di tipo 1 deve idealmente mimare la funzione della cellula beta per soddisfare le esigenze basali e postprandiali (sostituzione fisiologica o dosaggio bolo basale). Le opzioni comprendono iniezioni multiple giornaliere con 2 tipi di insulina sottocutanea o con insulina ad azione rapida o breve somministrata da una pompa ad insulina che somministra una quantità basale di insulina e boli aggiuntivi durante i pasti o per correggere un alto livello di zucchero nel sangue. Entrambe le strategie richiedono una grande attenzione alla dieta e all'esercizio fisico e alla tempistica della dose di insulina tempistica. Quindi il trattamento ideale prevede l'impiego di pompe intelligenti o "microinfusori", come hanno dei sensori per il monitoraggio continuo dei valori glicemici e che si avvalgono di "intelligenze artificiali", in grado di regolare la somministrazione di insulina in maniera adeguata e di adattarla al pasto, anche se un soggetto non è in grado di segnalare il bolo al pasto o stabilire il  conteggio dei carboidrati.

La terapia farmacologica si basa solo sulla somministrazione di insulina che può avvenire attraverso varie modalità:

per iniezione sottocutanea, più volte al giorno, attraverso l’uso di una “penna” che contiene una cartuccia di insulina e un piccolo ago da sostituire ad ogni uso;
attraverso un microinfusore, un piccolo computer grande come un cellulare che contiene una cartuccia di insulina, programmato per rilasciare, tramite un piccolo tubicino inserito nel sottocute, poche unità alla volta durante le 24 ore e una quantità superiore al momento dei pasti.
Sono attualmente allo studio varie terapie sperimentali (pancreas artificiale, trapianto di cellule beta pancreatiche) che potranno in futuro sostituire la terapia iniettiva classica con altri sistemi.

Ancora molti studi sottolineano la correlazione esistente fra iperglicemia postprandiale e complicanze micro e macroangiopatiche, per cui viene accettato che la glicemia a 2 ore dopo OGTT (cfr diagnosi di diabete) ha un significato predittivo maggiore rispetto alla glicemia a digiuno per l’eventuale insorgenza di queste complicanze (cfr linee guida per il trattamento della pericolosa glicemia post-prandiale).

Schemi di terapia insulinica e consigli per un buon uso dell'insulina.

Si impiegano in generale due tipi di insulina:

- Insulina pronta o regolare meglio se analogo rapido (cfr terapia insulinica in generale)

- Insulina ad azione ritardata o intermedia NPH (neutral protamine Hagedorn) ma oggi, se disponibile, si preferisce l'impiego di un un analogo umano ad azione prolungata (detemir,  glargine e degludec)

In genere lo schema impiegato - che va sempre concordato con i Centri specialistici, è il seguente:

A colazione sono necessarie unità di insulina analogo rapido 0.08-0.1 x kg
A pranzo e a cena unità 0.15 x kg peso
Bed-time unità 0.2-0.25 x kg/peso di insulina basale

Esempio, un soggetto giovane di 70 kg necessita di:
6 unità a colazione di insulina analogo rapido (es. Insulina lispro o aspar ed Apidra)
10 unità a pranzo
8 unità a cena
14 – 16 unità bed-time di analogo a rilascio lento (es. Lantus o Levemir o Tresiba o Humalog NPH) (in generale si cerca di incrementare gradatamente le unità dell’analogo per ottenere una glicemia a digiuno mattutina ideale di 100 mg/dl evitando pericolose ipoglicemie).

Il vantaggio nell’impiego di insuline analogo rapido è ottimale per il controllo delle glicemie nel post-prandium. Infatti l’insulina umana regolare si deve sciogliere dalla forma esamerica iniziale, in dimeri e poi in monomeri e ciò accade con ritardo per cui è necessario somministrarla almento 30 minuti prima del pasto. Invece le nuove insuline analogo rapido, presentando una modifica nella costituzione aminoacidica, passano subito dalla forma esamerica a quella monomerica e presentano un assorbimento ottimale, con picco di azione a 60 minuti, per cui sono sufficienti anche soli 20 minuti di anticipo sulla somministrazione al pasto. Però la loro durata di azione è limitata all’arco delle 3-4 ore, cioè consentono di correggere la pericolosa iperglicemia post-prandiale. Inizialmente quando furono impiegate al posto delle insuline umane regolari, si notò che dopo 3-4 ore si avevano impennate glicemiche e che non si riusciva a coprire terapeuticamente per intero l’arco di tempo che intercorre dalla somministrazione preprandiale alla cena. Per questo motivo è opportuno che i soggetti con diabete tipo 1, nel caso ciò sia particolarmente evidente, cioè che le glicemie si impennino dopo 4 ore dal pasto, impieghino delle miscele di analogo ed NPH, in genere nella proporzione 70/30 a colazione, 60/40 a pranzo ed 80/20 a cena, se la cena viene consumata già alle 18,30-19:00, mentre dopo le 20 è sufficiente impiegare la sola insulina analogo. Una volta giunti al momento fatidico del "bed-time" si impiegano le insuline NPH, lente con azione di poco superiore alle 8 ore. Oggi, tuttavia, sono disponibili le insuline analoghe in forma ritardo. Queste, in genere, presentano un pH neutro in quanto le loro molecole presentano sostituzioni aminoacidiche ed il loro punto isoelettrico è stato spostato a 7,4. Ne consegue che una volta iniettate sono poco solubili nel sottocutaneo e precipitano, col vantaggio che il loro assorbimento è garantito dall’albumina ed avviene nell’arco delle 24 ore.

Terapia con microinfusore

I microinfusori avanzati

Si avvale dell’impiego di un apparecchio, detto microinfusore che cerca di riprodurre, mediante un sistema a pompa, la fisiologica emissione di insulina dalla beta cellula, cioè ai pasti e nell’arco delle 24 ore, come quota basale. I microinfusori vengono caricati con insulina analogo, circa 250 unità e programmati per svolgere questo compito. I problemi sono il rischio di chetoacidosi in caso di mancato funzionamento, le infezioni cutanee, il costo proibitivo, l’impatto psicologico


Alimentazione
La dieta di una persona con diabete tipo 1, non differisce molto dalla dieta sana, consigliata a qualunque persona, anche in perfetta salute.

È fondamentale, però, che le persone conoscano il contenuto in carboidrati (zuccheri) dei diversi alimenti (counting dei carboidrati) per poter dosare correttamente l’insulina ai pasti. A tale scopo assume un ruolo insostituibile l’educazione terapeutica svolta da professionisti adeguatamente formati e rivolta sia al paziente sia ai familiari, soprattutto se si tratta di bambini.

Va, infatti, sottolineato che i carboidrati sono contenuti soprattutto nei cereali, nella frutta e in alcuni ortaggi (patate, carote, ecc.) e che, per il loro calcolo è necessario tenere conto sia della qualità (zuccheri semplici o complessi) sia del contenuto in proteine, grassi e fibre del pasto, che possono influenzarne l’assorbimento a livello intestinale.

 

Esercizio fisico

E’ auspicabile e rappresenta un cardine della cura del paziente diabetico. L’esercizio fisico, tuttavia espone a dei rischi rappresentati dalla ipoglicemia e dovrebbe pertanto essere effettuato dopo 2-3 ore dalla somministrazione di insulina ed evitato se le glicemie sono maggiori di 250 mg/dl. Durante l’esercizio fisico è opportuno avere sempre con sé qualche biscotto per evitare pericolose ipoglicemie. Vanno ovviamente evitati gli sports pericolosi: alpinismo, automobilistico, nuoto subacqueo.

oppure cfr indice di diabetologia