appunti a cura del dott. Claudio Italiano
Per
prima cosa, se mio padre ha il diabete di tipo 1, mio figlio sarà diabetico di tipo
1 ?
I familiari di primo grado dei pazienti affetti da diabete di tipo 1 hanno un maggior
rischio di sviluppare la malattia rispetto alla popolazione generale. Si calcola
che la prevalenza del diabete nei gemelli omozigoti e nei fratelli dei pazienti
con diabete di tipo 1 è rispettivamente del 35-50% e del 5-7% versus 0,3-5% della
popolazione in genere. Il fatto di dosare i marker immunologici, cioè gli anticorpi
anti ICA ed anti-GAD, anti-IA2 e IAA consente di porre diagnosi preclinica del diabete
mellito di tipo 1.
Prevalenza del diabete di tipo 1 nei familiari di primo grado | |
Gemelli omozigoti 35-50% | |
Fratelli 5-7% | |
Padre 9-10% | |
Madre 3-4% | |
Popolazione generale 0.3-0.5% |
I virus sono: il citomegavirus, i virsu Cocksachie B, specie il B4, i retrovirus, i virus della parotite e della rosolia. Questo provoca il diabete nel 20% dei neonati. Fra i cibi alcuni parlano di latte bovino come responsabile di insorgenza di malattia, nei neonati non allattati al seno, forse per meccanismo correlato ed innescano dalla albumina bovina. Si parla, infine, di un ruolo determinato dal deficit di vitamina D.
I dati di uno studio recente del 2023, eseguito dalla prof. Francesca Cardella
dell'Università di Palermo ha confermato la forte associazione, riportata anche
in letteratura, tra:
1) alcune caratteristiche demografiche e cliniche del DMT1 (sesso, età
all'esordio del diabete, categorìa dì peso) e la presenza di alcuni markers
Immunologie! di DMT1 all'esordio del diabete:
• Maggiore prevalenza di GADA nel sesso femminile
Positività dì ZnT8-A ed età maggiore alla diagnosi del diabete *> Maggiore
prevalenza dì IA2-A e ZnT8-A nel soggetti con sovrappeso e obesità
2) alcune caratteristiche demografiche (sesso, età all'esordio del diabete) e il
profilo immunologico [^cellulare in bambini e adolescenti con diabete in
associazione a celiachia o tiroidite:
• Maggiore prevalenza di sesso femminile nei soggetti con DMT1 In associazione a
celiachìa e/o tiroidite
• Maggiore rìschio dì sviluppare un'altra condizione autoimmune nei soggetti con
diabete che già ne presentano una •> Minore età di esordio del diabete nel
soggetti con DMT1 e celiachia
• Maggiore frequenza di positività di IAA nel soggetti con 0MT1 e tiroidite
• Titolo di IAA più elevato nel soggetti con DMT1 e celiachia
Linee guida Ispad 2022 riportano che il T1dm si associa a patologie autoimmuni
in età pediatrico adolescenziale . La patologia autoimmune della tiroide
rappresenta la condizione più frequente, seguita dalla malattia celiaca.
Altre patologie autoimmuni sono:
• insufficienza surrenalica
• malattie sistemiche del collagenefad es. artrite idiopatica giovanile, lupus,
psorìasi, scleroderma)
• altre malattie gastrointestinali (ad es. malattia di Crohn, RCU, epatite
autoimmune, gastrite autoimmune),
• Malattie della pelle (ad es. vitiligine, scleroderma)
Insufficienza Surrenalica (M. di Addison)
Nel paziente con T1DM se il soggetto tende alle crisi ipoglicemiche, è buona
norma pensare alla presenza di Insufficienza surrenalica o M.di Addison, che
presenta le seguenti caratteristiche
• Prevalenza: Fino al 2% dei pazienti con T1DM possono avere Ab anti surrene (
21-idrossilasi), fino al 70% se tiroidite
• Sintomi: ipoglicemia (inattesa riduzione dei fabbisogno insulinico),
affaticabilità, nausea, perdita di peso, ipotensione, iperpigmentazione della
cute
• Pattern genetico: DRB1*0404,DRB1*0301, DQB1*0201
• Terapia sostitutiva: glucocorticoid! e/o mineralcorticoidi
Si caratterizza per poliuria, polidipsia, polifagia, perdita di peso, astenia ed è complicato da chetoacidosi. Per cui il quadro clinico è quasi sempre drammatico ed il paziente, giovane, o addirittura bambino o perfino neonato, giunge alla visita dal pediatra perchè non cresce, perchè ha infezioni, cistiti, otiti, diarrea, febbri continue e ricorrenti. Una volta fatta la diagnosi, i genitori o lo stesso paziente devono essere istruiti per una gestione ottimale della sua patologia. Il primo passo consiste in un adeguato autocontrollo delle glicemie che è fondamentale per questo tipo di pazienti. Chi vi scrive l’altra sera si è imbattuto in una signora gravida affetta da diabete di tipo 1 che sapeva perfino calcolare le sue dosi di insulina in relazione all'assunzione di alimenti e sapeva autogestire il suo microinfusore con estrema precisione! Inoltre è importante la dieta, l’indice glicemico dei vari alimenti (non è la stessa cosa mangiare dolci o legumi!), la sostituzione degli alimenti e l’esercizio fisico, Il paziente con diabete di tipo 1 deve sapere affrontare le emergenze e le crisi ipoglicemiche. L’istruzione dei pazienti dovrebbe essere affidata a mani esperte: diabetologo, infermiere, dietista e psicologo.
Prevenzione Primaria
* Per prevenzione primaria si intende Intervento nei soggetti sani a
rischio/predisposti In modo che non sviluppino la malattia, purtroppo nonostante
tantissimi lavori fatti ci manca una migliore comprensione della patogenesi dato
che dovremmo agire sugli agenti scatenanti. In prevenzione primaria
lavorando su soggetti sani ma il rapporto rischio/beneficio deve essere
altissimo (Primum non nocere). Dai dati di una recente review considerando
solo gli studi nell'uomo non ci sono dei dati consistenti. Negativi in
particolare gli studi basati su somministrazione antigenica (GAD, Insulina).
E' stato proposto di impiegare dei probiotici, nella fattispecie, il VSL#3 per
modulare - per così dire - la risposta autoimmune dei soggetti. Inoltre si
è visto, sempre in prevenzione primaria, che oltre al lavoro sulla
vaccinazione anti rotavirus (serendipity) un ambito molto interessante di
ricerca è su vaccinazione anti virus coxakie. Ci sono centinaia di
osservazioni su Coxakie e diabete: infezione 6-12 mesi prima conferisce rischio
relativo di 2 di avere IDDM (DIPP). La ditta Provention Bio (Sanofi) sta
effettuando uno studio su prevenzione anti coxakie B (PRV-101) Randomizzato fase
1 (2 somministrazioni). Si sta utilizzando un Vaccino finlandese della ditta
Vactech
Prevenzione secondaria
La prevenzione secondaria è rappresentata da un intervento che avviene su
patogenesi già avviata: per noi corrisponde a intervento in presenza di
autoimmunità (stadi 1 e 2 del diabete) per interromperla e prevenire diabete
La Prevenzione terziaria invece è intervento alla diagnosi del
diabete rivolto alla preservazione della funzionalità beta cellulare residua
• Si tratta di uno Studio di prevenzione secondaria pubblicato su Jama2017,
condotto in famigliari ad alto rischio di sviluppare DMT1 (stage 2) basato
sul concetto che degli individuo presentavano
almeno 2 autoanticorpi e, dunque, erano altamente predisposti a sviluppare
il DMT1 e presentavano di già una disglicemia
• Randomizzati 1:1, doppio cieco
• 14 gg ev a dose in aumento da 51 a 826 mcr/m2
• Trattati 44 vs 32 diabete 56%
• Media 48 mesi TPM vs 24 placebo
• Rispondono meglio DR3-, ZnT8 -
• 7/2021 FDA ha deciso di ammettere terapia
Il teplizumab a 78 settimane implementa la produzione di C-peptide di + 38% e si
pone a capo di una lunga lista di farmaci che tentano di bloccare la risposta
autoimmunitaria che porta all'apoptosi della beta cellula.
In prevenzione terziaria, si tenta di mantenere C peptide e si sviluppano dei protocolli di intervento immunoterapeutico per mantenere nel tempo la funzione beta cellulare, cercando di ridurre la percentuale delle complicanze a lungo termine e le pericolose ipoglicemie nel paziente con T1DM, quando si potenziano le dosi insuliniche anche se è vero che oggi i nuovi sensori ed i nuovi microinfusori avanzati (AHCL) limitano tale rischio.
Atkinson M ha pubblicato su Lancet 2019 dei lavori a proposito di
Immunoterapie e T1DM
• Vi sono due possibilità:
• Immuno modulazione (non antigene specifico)
• Intervento antigenico
• In una recente review erano elencati i lavori attivi/planned:
• 58 Immunomodulazìone e 37 antigen specific
• Negli ultimi 10 anni sono stati fatti 70 studi (fase 1-3) sì stima spesa 2
Bilioni dollari
• Totale su questo argomento 165 studi (fatti/in corso)
Un primo lavoro prevede l'impiego di ciclosporina 2 volte/die a 7 mg/kg/die per 6 mesi ed il C peptide viene stimolato con 1 mg di glucagone, ad un anno si ha una implementazione del C peptide del 100% in più ma gli effetti collaterali sono notevoli (aumento della pressione, ipertricosi, ipertrofia gengivale, parestesie ecc. ). In atto altre sette molecole sono promettenti, ma il bilancio tra efficacia della cura ed effetti collaterali è sempre sfavorevole. Altro farmaco è il golimumab
• Primo studio di prevenzione con intervento associato, pubblicato su
Von Herrath M Lancet 2021
• IL21 ha un ruolo nel promuovere il movimento del linfociti T CD8 dai linfonodi
e pancreas esocrino alle isole pancreatiche
• Liraglutide: ruolo su sopravvivenza beta cellule stressate e riduzione
apoptosi
• 4 bracci: anti IL21, liraglutide, associazione e placebo
• Studio fase due, randomizzato, placebo controllato, doublé blind, durata
trattamento 1 anno
• Adulti 18-45 a, multicentrico 94 Centri, 17 nazioni
Una volta esauritasi la beta cellula, la cura si basa esclusivamente sull’insulina, perché questi pazienti non
presentano più alcuna produzione residua di insulina da parte delle cellule beta
che sono andate distrutte. Inoltre anche la dieta deve essere abbinata al trattamento
insulinico. E’ chiaro che sul piatto della bilancia terapeutica mettiamo un quantitativo
standard di carboidrati a cui va contrapposto un dosaggio insulinico in unità sempre
fisso. Gli scopi di una terapia insulinica intensa sono indicati per proteggere
dalla chetoacidosi (cfr metabolismo dei glicidi), per prevenire le complicanze
croniche micro e macroangiopatiche e per consentire uno stile di vita normale.
L’obiettivo della terapia insulinica, dunque, come dicevamo, è quello di prevenire
le complicanze microangiopatiche oltre che le macroangiopatiche. Infatti il diabete
non è la "malattia con la glicemia elevata", ma la "Malattia dei vasi sanguigni
che si associa a glicemie elevate". Significa che il primo danno ce lo abbiamo a
livello dei vasi piccoli (microangiopatia) e numerosi studi clinici prospettici
controllati, europei e del nord america, hanno dimostrato come tale complicanze
possono essere ridotte del 76%, prima fra tutte la
retinopatia diabetica,
che rappresenta la prima causa di cecità dei pazienti in generale. Analoghi risultati
si ottengono nella prevenzione della nefropatia e della neuropatia
diabetica. Sono per queste ragioni candidati ad una terapia insulinica intensa i
diabetici di tipo 1, subito dopo la diagnosi di diabete, per impedire l’insorgenza
di queste gravi infermità (prevenzione primaria). Lo stesso dicasi per gli
altri soggetti diabetici sempre di tipo 1 anche se hanno delle lesioni iniziali
(prevenzione secondaria).
Nuovi dati confortanti giungono oggi nel 2023 che prevedono l'impiego di autoanticorpi nella cura del DMT1, con l'intento di bloccare l'apoptosi delle cellule beta, alla base del processo eziopatogenetico che conduce all'impoverimento delle cellule del pancreas che produco insulina.
Terapia
La terapia del diabete tipo 1 si basa sulla somministrazione di insulina
associata a un programma nutrizionale e di attività fisica individuale.
Gli obiettivi della terapia sono:
mantenere la glicemia a digiuno e pre-prandiale tra 70 e 130 mg/dl
mantenere la glicemia post-prandiale al di sotto o uguale a 180 mg/dl
mantenere l’emoglobina glicata (HbA1c), che fornisce una valutazione media della
glicemia degli ultimi 2-3 mesi, a un livello inferiore o uguale a 7,0%.
La sostituzione insulinica nel diabete di tipo 1 deve idealmente mimare la funzione della cellula beta per soddisfare le esigenze basali e postprandiali (sostituzione fisiologica o dosaggio bolo basale). Le opzioni comprendono iniezioni multiple giornaliere con 2 tipi di insulina sottocutanea o con insulina ad azione rapida o breve somministrata da una pompa ad insulina che somministra una quantità basale di insulina e boli aggiuntivi durante i pasti o per correggere un alto livello di zucchero nel sangue. Entrambe le strategie richiedono una grande attenzione alla dieta e all'esercizio fisico e alla tempistica della dose di insulina tempistica. Quindi il trattamento ideale prevede l'impiego di pompe intelligenti o "microinfusori", come hanno dei sensori per il monitoraggio continuo dei valori glicemici e che si avvalgono di "intelligenze artificiali", in grado di regolare la somministrazione di insulina in maniera adeguata e di adattarla al pasto, anche se un soggetto non è in grado di segnalare il bolo al pasto o stabilire il conteggio dei carboidrati.
La terapia farmacologica si basa solo sulla somministrazione di insulina che
può avvenire attraverso varie modalità:
per iniezione sottocutanea, più volte al giorno, attraverso l’uso di una “penna”
che contiene una cartuccia di insulina e un piccolo ago da sostituire ad ogni
uso;
attraverso un microinfusore, un piccolo computer grande come un cellulare che
contiene una cartuccia di insulina, programmato per rilasciare, tramite un
piccolo tubicino inserito nel sottocute, poche unità alla volta durante le 24
ore e una quantità superiore al momento dei pasti.
Sono attualmente allo studio varie terapie sperimentali (pancreas artificiale,
trapianto di cellule beta pancreatiche) che potranno in futuro sostituire la
terapia iniettiva classica con altri sistemi.
Ancora molti studi sottolineano la correlazione esistente fra iperglicemia postprandiale e complicanze micro e macroangiopatiche, per cui viene accettato che la glicemia a 2 ore dopo OGTT (cfr diagnosi di diabete) ha un significato predittivo maggiore rispetto alla glicemia a digiuno per l’eventuale insorgenza di queste complicanze (cfr linee guida per il trattamento della pericolosa glicemia post-prandiale).
Schemi di terapia insulinica e consigli per un buon uso dell'insulina.
Si impiegano in generale due tipi di insulina: - Insulina pronta o regolare meglio se analogo rapido (cfr terapia insulinica in generale) - Insulina ad azione ritardata o intermedia NPH (neutral protamine Hagedorn) ma oggi, se disponibile, si preferisce l'impiego di un un analogo umano ad azione prolungata (detemir, glargine e degludec)
In genere lo schema impiegato - che va sempre concordato con i Centri specialistici, è il seguente:
A colazione sono necessarie unità di insulina analogo rapido 0.08-0.1 x kg
A pranzo e a cena unità 0.15 x kg peso
Bed-time unità 0.2-0.25 x kg/peso di insulina basale
Esempio, un soggetto giovane di 70 kg necessita di:
6 unità a colazione di insulina analogo rapido (es. Insulina lispro o aspar ed Apidra)
10 unità a pranzo
8 unità a cena
14 – 16 unità bed-time di analogo a rilascio lento (es. Lantus o Levemir o
Tresiba o Humalog NPH) (in generale si cerca di incrementare gradatamente le
unità dell’analogo per ottenere una glicemia a digiuno mattutina ideale di 100
mg/dl evitando pericolose ipoglicemie).
Il vantaggio nell’impiego di insuline analogo rapido è ottimale per il controllo
delle glicemie nel post-prandium. Infatti l’insulina umana regolare si deve
sciogliere dalla forma esamerica iniziale, in dimeri e poi in monomeri e ciò
accade con ritardo per cui è necessario somministrarla almento 30 minuti prima
del pasto. Invece le nuove insuline analogo rapido, presentando una modifica
nella costituzione aminoacidica, passano subito dalla forma esamerica a quella
monomerica e presentano un assorbimento ottimale, con picco di azione a 60
minuti, per cui sono sufficienti anche soli 20 minuti di anticipo sulla
somministrazione al pasto. Però la loro durata di azione è limitata all’arco
delle 3-4 ore, cioè consentono di correggere la pericolosa iperglicemia
post-prandiale. Inizialmente quando furono impiegate al posto delle insuline
umane regolari, si notò che dopo 3-4 ore si avevano impennate glicemiche e che
non si riusciva a coprire terapeuticamente per intero l’arco di tempo che
intercorre dalla somministrazione preprandiale alla cena. Per questo motivo è
opportuno che i soggetti con diabete tipo 1, nel caso ciò sia particolarmente
evidente, cioè che le glicemie si impennino dopo 4 ore dal pasto, impieghino
delle miscele di analogo ed NPH, in genere nella proporzione 70/30 a colazione,
60/40 a pranzo ed 80/20 a cena, se la cena viene consumata già alle 18,30-19:00,
mentre dopo le 20 è sufficiente impiegare la sola insulina analogo. Una volta
giunti al momento fatidico del "bed-time" si impiegano le insuline NPH, lente
con azione di poco superiore alle 8 ore. Oggi, tuttavia, sono disponibili le
insuline analoghe in forma ritardo. Queste, in genere, presentano un pH neutro
in quanto le loro molecole presentano sostituzioni aminoacidiche ed il loro
punto isoelettrico è stato spostato a 7,4. Ne consegue che una volta iniettate
sono poco solubili nel sottocutaneo e precipitano, col vantaggio che il loro
assorbimento è garantito dall’albumina ed avviene nell’arco delle 24 ore.
Si avvale dell’impiego di un apparecchio, detto microinfusore che cerca di
riprodurre, mediante un sistema a pompa, la fisiologica emissione di insulina
dalla beta cellula, cioè ai pasti e nell’arco delle 24 ore, come quota basale. I
microinfusori vengono caricati con insulina analogo, circa 250 unità e
programmati per svolgere questo compito. I problemi sono il rischio di
chetoacidosi in caso di mancato funzionamento, le infezioni cutanee, il costo
proibitivo, l’impatto psicologico
Alimentazione
La dieta di una persona con diabete tipo 1, non differisce molto dalla dieta
sana, consigliata a qualunque persona, anche in perfetta salute.
È fondamentale, però, che le persone conoscano il contenuto in carboidrati
(zuccheri) dei diversi alimenti (counting dei carboidrati) per poter dosare
correttamente l’insulina ai pasti. A tale scopo assume un ruolo insostituibile
l’educazione terapeutica svolta da professionisti adeguatamente formati e
rivolta sia al paziente sia ai familiari, soprattutto se si tratta di bambini.
Va, infatti, sottolineato che i carboidrati sono contenuti soprattutto nei
cereali, nella frutta e in alcuni ortaggi (patate, carote, ecc.) e che, per il
loro calcolo è necessario tenere conto sia della qualità (zuccheri semplici o
complessi) sia del contenuto in proteine, grassi e fibre del pasto, che possono
influenzarne l’assorbimento a livello intestinale.
E’ auspicabile e rappresenta un cardine della cura del paziente diabetico.
L’esercizio fisico, tuttavia espone a dei rischi rappresentati dalla ipoglicemia
e dovrebbe pertanto essere effettuato dopo 2-3 ore dalla somministrazione di
insulina ed evitato se le glicemie sono maggiori di 250 mg/dl. Durante
l’esercizio fisico è opportuno avere sempre con sé qualche biscotto per evitare
pericolose ipoglicemie. Vanno ovviamente evitati gli sports pericolosi:
alpinismo, automobilistico, nuoto subacqueo.
oppure cfr indice di diabetologia