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Carboidrati e fibre

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appunti del dott. Claudio Italiano

La dieta per il diabetico

La prima cosa da fare quando si approccia il paziente diabetico (cfr approccio al paziente diabetico) è consigliare uno stile di vita congruo, se per esempio il paziente è sedentario per ragioni di lavoro (vedi il sottoscritto titolare di questo sito che sta sei ore al giorno seduto a lavorare al PC) deve necessariamente cambiare condotta, cioè fare del movimento: è sufficiente anche mezz'ora al giorno di buon passo, cuore permettendo! Poi si passa alla dieta ed, infine, si prescrive metformina o  glitazoni a cui oggi si associano le incretine e i nuovi farmaci inibitori SGLT2,  in prima battuta, secondo le nuove linee guide 2019  (cfr terapia del paziente diabetico 2019 ).

Poi viene il grosso nodo della dieta del paziente con diabete. Negli ultimi 30 anni le due principali società di diabetologia, ADA ed European Association for the Study of Diabetes  ha progressivamente incrementato la quota dei carboidrati complessi della dieta del paziente diabetico. In particolare l' EASD raccomanda un consumo totale di carboidrati complessi fino al 50-60% delle calorie totali giornaliere purché associato a un consumo di circa 20 g di fibre vegetali per ogni 1000 kcal. In sostanza il concetto è quello di tornare all'alimentazione del passato, quella ipocalorica dei nostri avi, tanto che addirittura, dagli studi è emerso che il pollo con verdure della Cina, un pasto che pesa 400 g a porzione, è preferibile ai piatti mediterranei che sono ipercalorici!

Anzi se dalla vostra dieta togliete questi cibi:

- Tre cucchiai di olio

- Un cornetto del mattino

- Due rosette di pane piccole

- Una rosetta piccola di pane con due fette di mortadella o con salame

- Quattro fette biscottate

- Tre bicchieri di vino

allora avrete implementato in maniera giusta il vostro regime ipocalorico, raggiungendo prima il compenso glicometabolico. Il segreto è quello di consumare cibi più "pesanti" di fibre e meno pesanti di carboidrati a rapido assorbimento, meno grassi e che si digeriscono con lentezza, facendovi, insomma, sentire appesantiti a tavola, diremmo quasi, scherzando, "appanzati"! E' imporrante associare alla quota di carboidrati anche quella delle fibre in quanto le fibre vegetali, particolarmente quelle solubili, hanno la capacità di rallentare la digestione e I'assorbimento dei carboidrati modulando la risposta glicemica all'alimento. Le fibre grazie a questa loro peculiarità rallentano la digestione ed evitano i picchi iperglicemici nel periodo post-prandiale e le ipoglicemie negli intervalli fra i pasti. Questo effetto modulante è però caratteristico solo delle fibre solubili (pectine, guar, glucomannano, gomme, ecc.) ma non delle fibre insolubili (cellulosa, alcune emicellulose, lignina, ecc.) e dipende in parte dalla loro capacità di aumentare Ia viscosità del contenuto gastrointestinale, di rallentare lo svuotamento gastrico, di essere fermentate dalla flora batterica colica in acidi grassi a corta catena (ac. acetico, propionico e butirrico che influenzano il metabolismo glico-lipidico a livello epatico), ma soprattutto dalla struttura fisica che esse conferiscono agli alimenti in cui sono contenute naturalmente. Negli alimenti naturali le fibre circondano i granuli di amido riducendone I'accessibilità da parte degli enzimi amilolitici e rallentano la sua digestione.

Questo spiega perché gli alimenti naturalmente ricchi in fibre solubili sono più efficaci nel controllare la glicemia rispetto agli alimenti arricchiti artificialmente in fibre o ai supplementi di fibre sotto forma di capsule. Gli alimenti da inserire quindi nella dieta del paziente diabetico sono:

-i legumi
-la frutta
-gli alimenti che contengono fibre vegetali solubili

Viceversa il consumo di alimenti che contengono fibre insolubili (alimenti integrali, pane, pasta, fette biscottate) sono arricchiti in crusca, che contiene principalmente cellulosa, una fibra non solubile che non ha effetti sulla glicemia post-prandiale, anche se sono talora ingrado di esercitare una modesta riduzione della glicemia a digiuno che viene influenzata dalla produzione di acidi grassi a catena corta conseguente alla fermentazione delle fibre da parte dei batteri intestinali.

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Questi cibi possono avere un ruolo nel senso che danno sazietà precose e facilitano lo svuotamento gastrointestinale nella stipsi o nel colon irritabile. In ogni caso, prima di procedere ad autoprescrivervi una dieta leggendo questo pagina, parlatene col vostro medico perché potreste avere delle patologie che controindicano l'uso di verdure e fibre (per esempio la Rettocolite ulcerosa).

Dieta non solo del diabete tipo 2 ma anche tipo 1

Gli effetti benefici della dieta ricca in fibre sul controllo glicemico osservati in acuto sono clinicamente rilevanti anche a lungo termine. Infatti, un nostro studio, condotto però in pazienti diabetici di tipo 1, non ospedalizzati in condizioni di vita libera, ha dimostrato che la dieta ricca in fibre (circa 40 g/die, prevalentemente del tipo solubile), composta unicamente da alimenti naturali e facilmente reperibili nei supermercati, rispetto a una dieta ad eguale contenuto in carboidrati ma povera in fibre (<20 g/die) dopo sei mesi migliorava la glicemia a digiuno e nel periodo post-prandiale e riduceva I'HbA1c . Un altro risultato interessante dello studio è che il miglior compenso glicemico si associava ad una riduzione di circa il 50% degli eventi ipoglicemici, risultato mai osservato quando I'ottimizzazione de I compenso è ottenuto con terapia farmacologica; ad esempio nell'UKPDS nel gruppo che veniva portato a un compenso glicemico ottimale aumentava significativamente il numero di ipoglicemie rispetto al gruppo di controllo con un compenso glicemico non ottimale. Questo, indubbiamente, rappresenta un vantaggio della dieta ricca in fibre e rinforza le ragioni per cui tale modello alimentare deve essere incoraggiato nel paziente diabetico. Per quanto riguarda invece la fattibilità a lungo termine della dieta ricca in fibre, a base di alimenti naturali, i nostri risultati mostrano che la percentuale dei pazienti che aderivano alla dieta era simile per la dieta ricca e povera in fibre, 71 e 75%. Risultati simili, sia in termini di miglioramento glicometabolico che di adesione alla dieta, sono confermati anche da uno studio in pazienti diabetici di tipo 2 condotto negli Stati Uniti dove, notoriamente, si consuma una dieta più povera in fibre rispetto alle popolazioni dell'area mediterranea.

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