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Tiroidite cronica

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Definizione ed epidemiologia

Per tiroidite cronica si intende una qualsiasi infiammazione con sintomi scarsi o nulli, che dura vari anni e che provoca una distruzione parziale o totale del tessuto tiroideo.

Eziologicamente costituisce un gruppo eterogeneo, anche se con frequenza l'espressione "tiroidite cronica" viene riferita alle tiroiditi su base autoimmunitaria. Queste si manifestano quasi sempre tra i 40 e I 60 anni ed interessano le donne con una frequenza dieci volte superiore a quella degli uomini. Il gozzo di Riedel è molto raro.

Classificazione

La classificazione delle tiroiditi croniche comprende tre gruppi:
• tiroiditi autoimmuni con forma ipertrofica (la cosiddetta tiroidite di Hashimoto,  ed una forma atrofica; caso speciale: tiroidite post-partum;
malattia di Riedel (tiroidite invasiva fibrosa, gozzo di ferro di Riedel;
tiroiditi specifiche.
Nel primo gruppo si è ipotizzata una predisposizio-ne genetica per la notevole frequenza di comparsa degli aplotipi HLA DR5 e DR3 ed anche per la abituale ricorrenza di tipo familiare.

Istologia

Entrambe le forme (ipertrofica e atrofica) sono caratterizzate da un infiltrato linfocitario, anche se nelle forme ipertrofiche si ha una iperplasia follicolare con lume ristretto e scarsa colloide, mentre i follicoli nella forma atrofica si atrofizzano provocando una intensa fibrosi della ghiandola.


Clinica

Il quadro clinico varia molto in funzione della causa. Normalmente nelle tiroiditi autoimmuni non compaiono sintomi locali. Tuttavia, la sindrome di Hashimoto è quasi sempre caratterizzata dalla presenza di un gozzo, che provoca di solito sintomi compressivi.

La situazione metabolica può essere caratterizzata da uno stato di eutiroidismo, ma nel proseguo dell'affezione di Hashimoto che è un processo infiammatorio autoimmune della tiroide, la cronica infiltrazione linfocitaria ed il sovvertimento della ghiandola, frequentemente silente, portano spesso ad una graduale ma progressiva e irreversibile ipofunzione della tiroide. Quando la produzione di ormone tiroideo diventa insufficiente si instaura un quadro di ipotiroidismo (quasi sempre nella forma atrofica). Viceversa sono state segnalate condizioni caratterizzate da uno stato di ipertiroidismo (quasi sempre nella forma ipertrofica).

A volte si può osservare una oftalmopatia endocrina. La tiroidite di Hashimoto si può associare alla malattia di Basedow. Dal punto di vista fisiopatologico alla base della sindrome di Hashimoto vi è un processo infiammatorio autoimmune che porta alla distruzione dei follicoli. Sia l'immunità cellulo-mediata che anticorpo-mediata sono chiamate in causa nella patogenesi della malattia. Le cellule infiammatorie predominanti nel tessuto tiroideo sono linfociti B e T. I linfociti T helper vengono attivati contro le cellule tiroidee che producono diverse citochine e rendono cronico il processo infiammatorio autoimmune.

Accade che nei linfociti T CD4+, il recettore di morte più importante è Fas (CD95), il cui ligando prende il nome di ligando del Fas (FasL). La ripetuta attivazione dei linfociti T induce l'espressione in membrana di FasL ( fas ligand) che a questo punto può legare il recettore Fas espresso dalla stessa cellula o da cellule T adiacenti. Tale attivazione attiva una cascata di proteasi cisteiniche intracellulari che portano alla morte della cellula.

Alcune di queste citochine inducono, tra l'altro, l'espressione di Fas sulle cellule tiroidee. E poichè i linfociti T citotossici esprimono in superficie il fas ligand, quest' ultimo, interagendo con il fas espresso dai tireociti, determina la morte apoptotica dei tireociti. Classicamente gli autoanticorpi che si riscontrano nella tiroidite cronica sono quelli anti tireoperossidasi (Ab anti-TPO) (95%) e anti tireoglobulina (Ab anti-Tg)(50-60%). Possono  comparire anche degli anticorpi anti TSH-recettore bloccanti (TSHRblockingAb), responsabili della variante atrofica (detta mixedema idiopatico o morbo di Gull) o ancora più raramente anticorpi anti TSH-recettore stimolanti (TSHRAb), responsabili del transitorio, o a volte permanente, ipertiroidismo che raramente è stato riscontrato in pazienti affetti da tiroidite di Hashimoto (hashitossicosi o ipertiroidite).

Il ruolo degli anticorpi viene considerato sempre secondario nella genesi dell'affezione, ma si ritiene che gli anticorpi bloccanti il recettore del TSH possano giocare un ruolo importante nella variante atrofica e quelli stimolanti viceversa.

 

La tiroidite post-partum

Si manifesta quasi sempre da uno a tre (fino a sei) mesi dopo il parto ed è caratterizzata da alterazioni funzionali della tiroide (prima si ha un ipertiroidismo, che in seguito si trasforma in ipotiroidismo; ciascuna fase dura da due a tre mesi). Il meccanismo patogenetico della tiroidite post partum consiste nel fatto che durante la gravidanza nella donna si sviluppa uno stato di depressione immunologica, che raggiunge il massimo verso l'ultimo trimestre, tanto che si assiste alla riduzione del titolo anticorpale e dell'infiltrato linfocitario tiroideo. Dopo il parto, si ha una netta riduzione della tolleranza immunologica, anzi si compare un vero e proprio rebound immunologico con inasprimento dei fenomeni autoimmunitari.

Clinicamente si descrivono tre fasi

La prima fase è quella tireotossica, inizia cira 1-2 mesi dopo il parto e può durare per 1-2 mesi,  dovuta ad aumento degli ormoni tiroidei in circolo per rilascio da parte dei follicoli danneggiati dal processo infiammatorio riacutizzato.

La seconda fase è quella ipotiroidea, con comparsa di sintomi dell'ipotiroidismo quali astenia, depressione, gozzo che possono facilmente essere scambiati con quelli comunemente nel post partum.

La terza fase è quella del recupero funzionale; solitamente circa il 50% delle pazienti rimane ipotiroidea, l'altra metà, invece, ritorna eutiroidea anche se tenderà a sviluppare un ipotiroidismo permanente nei 3-4 anni successivi o nelle gravidanze successive. In genere è necessario trattare con adeguate dosi l-tiroxina (terapia sostitutiva).

Sindrome di Riedel

Si tratta di una condizione molto rara che si sviluppa lentamente e si manifesta con un gozzo che presenta un meccanismo infiltrativo, si determina un quadro ad evoluzione fibrosclerotica presente solo nello 00.3 -0.1% delle casistiche,  che può provocare sintomi locali. Inoltre si ha la tendenza alla formazione di fistole. Occorre porre diagnosi differenziale con condizioni specifiche come la variante fibrotica di Hashimoto, il linfoma con grave reazione desmoplastica, il carcinoma papillifero a variante fascite nodulare.

Il quadro clinico è quello di una tiroide dura, marmorea, che si sviluppa talora simulando un gozzo, con devastazione della ghiandola, aree di gozzo frammista ad aree dure fibritiche,  deviazione da compressione della trachea ed adesione dei tessuti patologici con quelli adiacenti, per es. i muscoli nastriformi, muscoli pretiroidei,  o sconfinamento dei tralci fibrosi verso la trachea che appare ingabbiata dalle strutture patologiche,  per cui è imperativo l'esame istologico, per esempio in corso di intervento per escludere fatti neoplastici infiltrativi. Il trattamento è chirurgico e cortisonico successivamente, oltre che ormonale. Taluni autori hanno impiegato perfino il tamoxifene per contrastare l'effetto fibroblastico, indometacina, clomifene.

Diagnosi

Nelle tiroiditi autoimmuni quasi sempre si possono riscontrare autoanticorpi diretti contro la tireoglobulina e contro la perossidasi tiroidea (anticorpi anti-TPO). L'ecografia mostra una struttura tiroidea eterogenea con ipoecogenicità ridotta variabile.

Anche alla scintigrafia si osserva una tipica distribuzione eterogenea. Qualsiasi tipo di tiroidite autoimmune deve rappresentare sistematicamente una indicazione a indagare la presenza di altre patologie autoimmuni extra-tiroidee, perché non è raro che esse si manifestino in associazione (per esempio anemie autoimmuni, morbo di Addison, collagenosi, diabete mellito, malattia di Crohn ecc.).
 

Diagnosi differenziale

Occorre porre una diagnosi differenziale tra tiroidite subacuta e tumori maligni della tiroide. Terapia. Il trattamento dipenderà dal quadro sottostante; nel gozzo di Riedel si effettua una resezione e si somministrano glucocorticoidi.

 

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