Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento e utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Cliccando su "Accetto" acconsenti all'uso dei cookie.

Polmoniti virali

  1. Gastroepato
  2. Argomenti di pneumologia
  3. Le polmoniti virali
  4. Le polmoniti batteriche acute
  5. Le polmoniti
  6. Le polmoniti linee guida
  7. Ventilazione non invasiva in corso di polmoniti

appunti del dott. Claudio Italiano

(cfr anche il link correlato Le polmoniti   Le polmoniti, linee guida )

Polmonite virale comunitaria

Le infezioni virali frequenti che determinano polmonite virale sono quelle dovute ai virus influenzali tipo A e B, ai virus respiratori sinciziali, agli adenovirus, metapneumovirus umano, ai rhinovirus, al virus del morbillo, e al virus della varicella. Ognuno di questi agenti può causare semplicemente un'infezione delle vie aeree superiori, nota come raffreddore comune, o un'infezione più grave delle vie respiratorie inferiori.

I fattori che favoriscono l'estensione dell'infezione sono spesso misteriosi e comprendono l'età avanzata, malnutrizione, l'alcolismo e le malattie debilitanti.
Sebbene i particolari clinici varino, tutti i virus che provocano polmonite producono la malattia tramite meccanismi generali simili.

Questi virus hanno tropismi che consentono loro di aderire alle cellule di rivestimento dell'apparato respiratorio, di penetrarvi. La replicazione e l'espressione dei geni del virus causano modificazioni citopatiche, inducendo morte cellulare ed infiammazione secondaria.

Ne derivano danno e compromissione delle difese polmonari locali, come la clearance mucociliare che possono predisporre a sovrainfezioni batteriche spesso più gravi dell'infezione virale stessa.

Anatomia patologica

Tutte le infezioni virali producono modificazioni morfologiche simili. Le infezioni delle alte vie respiratorie sono caratterizzate da iperemia e gonfiore delle mucose, infiltrazioni linfomonocitarie e plasmacellulari della sottomucosa e sovrapproduzione di secrezioni mucose.

La mucosa edematosa e l'essudato viscoso possono ostruire le vie nasali, i seni o le tube di Eustachio, causando una sovrainfezione suppurativa batterica secondaria.

Tonsilliti virali con iperplasia del tessuto linfoide dell'anello del Waldeyer sono frequenti nei bambini.
Nella laringotracheobronchite e nella bronchiolite, le corde vocali sono edematose ed è presente abbondante produzione di muco.

L'alterazione della funzione broncociliare favorisce le sovrainfezioni batteriche con suppurazione più marcata. L'ostruzione delle piccole vie aeree può dare origine ad atelettasia focale del polmone.

Nell'interessamento bronchiolare più grave, l'ostruzione diffusa di vie aeree secondarie e terminali con residui cellulari, fibrina ed essudato infiammatorio può, se prolungata, causare organizzazione e fibrosi, determinando bronchiolite obliterante e danno polmonare permanente.
L'interessamento polmonare può essere piuttosto disomogeneo oppure interessare interi lobi bilateralmente o unilateralmente. Le aree colpite sono di colore rossobluastro e sono congeste.

La pleurite o i versamenti pleurici sono rari. Le caratteristiche istologiche dipendono dalla gravità della malattia. Predomina una reazione infiammatoria interstiziale che coinvolge le pareti alveolari.

I setti alveolari sono allargati ed edematosi e di solito presentano un infiltrato infiammatorio mononucleare di linfociti, macrofagi e occasionalmente di plasmacellule.

Nei casi acuti, possono anche essere presenti i neutrofili. Gli alveoli possono essere privi di essudato, ma nella maggior parte dei pazienti sono presenti un materiale proteinaceo intraalveolare e un essudato cellulare. Se il quadro viene complicato dall'ARDS, si possono osservare le caratteristiche membrane ialine di colore rosa che rivestono le pareti alveolari.

L'eradicazione dell'infezione è seguita dalla ricostituzione della normale architettura del polmone.
Sovrainfezioni batteriche modificano questo quadro causando bronchite ulcerativa, bronchiolite e polmonite batterica. Alcuni virus, come quelli dell'herpes simplex, della varicella e gli adenovirus, possono essere associati a necrosi dell'epitelio bronchiale e alveolare e a infiammazione acuta.

Evoluzione clinica

Il decorso clinico delle infezioni virali è estremamente vario. Molti casi sembrano gravi infezioni delle vie respiratorie superiori oppure infiammazioni toraciche (il cosiddetto "raffreddore di petto"). Anche i pazienti con polmonite atipica conclamata hanno pochi sintomi di localizzazione.

La tosse può essere assente e le manifestazioni più importanti possono essere rappresentate solo da febbre, cefalea, dolori muscolari e dolori agli arti inferiori.

L'edema e l'essudazione sono entrambi localizzati in zone strategiche, determinando uno squilibrio tra ventilazione e perfusione ed evocando così sintomi di entità sproporzionata rispetto ai reperti obiettivi.
Le infezioni virali sono in genere lievi e si risolvono spontaneamente senza sequele a lungo termine.

Le polmoniti virali interstiziali possono invece assumere proporzioni epidemiche e, in questi casi, anche un basso tasso di complicanze può provocare morbilità e mortalità significative, come avviene tipicamente nelle epidemie di influenza.

Infezioni polmonari da virus dell'influenza

I virus dell'influenza di tipo A infettano gli esseri umani, i maiali, i cavalli e gli uccelli e sono la causa più importante delle pandemie e delle infezioni epidemiche da influenza.

Il genoma dell'influenza codifica per numerose proteine, ma le più importanti dal punto di vista della virulenza virale sono l'emoagglutinina e la neuraminidasi.

L'emoagglutinina ha tre principali sottotipi (H1H3), mentre la neuraminidasi ne ha due (N1, N2). Entrambe le proteine sono componenti dell'involucro del virus dell'influenza, costituito da un doppio strato lipidico. L'emoagglutinina è particolarmente importante, in quanto serve per l'adesione del virus al suo bersaglio cellulare tramite residui di acido sialico sui polisaccaridi di superficie.

In seguito alla captazione del virus nelle vescicole endosomiali, l'acidificazione dell'endosoma induce una modifica della conformazione dell'emoagglutinina che consente all'involucro virale di fondersi con la membrana della cellula ospite, rilasciando l'RNA genomico virale nel citoplasma della cellula.

La neuraminidasi, a sua volta, facilita il rilascio di virioni germinati dalle cellule infette mediante clivaggio dei residui dell'acido sialico.

Gli anticorpi neutralizzanti dell'ospite contro l'emoagglutinina e la neuraminidasi virali prevengono e migliorano, rispettivamente, l'infezione da virus dell'influenza, interferendo con queste funzioni. Il genoma virale è composto da otto eliche a singolo filamento di RNA, ciascuna codificante per una o più proteine.

Gli RNA sono impacchettati in eliche da nucleoproteine che determinano il tipo di virus influenzale (A, B o C). In generale un solo sottotipo di influenza da virus A predomina in tutto il mondo in un dato periodo.

Le epidemie di influenza sono causate da mutazioni spontanee che alterano gli epitopi antigenici sulle proteine virali emoagglutinina e neuraminidasi.

Questi cambiamenti antigenici (deriva antigenica) producono nuovi ceppi virali che sono sufficientemente diversi da eludere, almeno in parte, gli anticorpi antinfluenzali prodotti in membri della popolazione in risposta a precedenti esposizioni ad altri ceppi di influenza.

Solitamente, però, questi nuovi ceppi somigliano ai ceppi precedenti in maniera sufficiente a far sì che alcuni membri della popolazione siano almeno parzialmente resistenti all'infezione.

Per contro, le pandemie, che durano più a lungo e sono più diffuse delle epidemie, si verificano quando sia il gene dell'emoagglutinina sia il gene della neuraminidasi sono mutati attraverso la ricombinazione con virus dell'influenza animale (spostamento antigenico).

In questo caso, praticamente tutti gli individui sono suscettibili al nuovo virus influenzale. l'Assemblaggio virale richiede l'impacchettamento di ciascuno degli otto RNA virali in singoli virioni ed è facile rendersi conto di come l'infezione di un animale da parte di due tipi diversi di influenza possa portare allo scambio di materiale genetico all'interno delle cellule infettate da entrambi, con creazione di un nuovo ceppo virale completamente nuovo. Pertanto, l'insolito genoma del virus dell'influenza assicura l'inevitabilità delle derive antigeniche che provocano le pandemie.

Altri agenti virali responsabili di polmoniti

Negli adulti, i virus rappresentano circa un terzo delle cause di polmonite mentre nei bambini circa il 15%. Gli agenti patogeni comunemente implicati comprendono: rhinovirus, coronavirus, orthomyxoviridae, virus respiratorio sinciziale umano (RSV), adenovirus e i virus parainfluenzali umani.

I virus Herpes simplex raramente causano la polmonite, se non in particolari gruppi di individui, come neonati, pazienti oncologici, trapiantati e in chi ha subito gravi ustioni.

 Le persone che si sottopongono a un trapianto di organi o che sono immunocompromesse, presentano tassi elevati di polmonite da citomegalovirus.

 

Come si determinano le polmoniti virali?

Se l'ospite non ha anticorpi protettivi, il virus infetta gli pneumociti e determina varie alterazioni citopatiche. Poco dopo l'ingresso negli pneumociti, l'infezione virale inibisce i canali del sodio producendo spostamenti di elettroliti e acqua che portano ad accumulo di liquido nel lume alveolare.

A ciò fa seguito la morte delle cellule infettate attraverso vari meccanismi, quali l'inibizione della traduzione dell'mRNA della cellula ospite e l'attivazione di caspasi che conducono ad apoptosi. La morte ielle cellule epiteliali esacerba l'accumulo dei liquidi e rilascia "segnali di pericolo" che attivano i macrofagi residenti.

Inoltre prima di morire, le cellule epiteliali infettate rilasciano una seriedi mediatori infiammatori, comprese varie chemochine e citochine, aggiungendo legna al fuoco dell'infiammazione.

Inoltre, i mediatori rilasciati dalle cellule epiteliali e dai macrofagi attivano l'endotelio polmonare adiacente, consentendo ai neutrofili di aderire e di stravasare nell'interstizio entro i primi 1 o 2 giorni dall'infezione. In alcuni casi l'infezione virale può provocare danno polmonare sufficiente a produrre la sindrome da distress respiratorio acuto, ma più spesso la pneumopatia grave e talvolta fatale deriva da una polmonite batterica sovrapposta.

Fra queste, le polmoniti secondarie causate da Staphylococcus aureus sono particolarmente frequenti e spesso potenzialmente fatali.
Il controllo dell'infezione si basa su vari meccanismi nell'ospite. La presenza di prodotti virali induce risposte immunitarie innate nelle cellule infettate, come la produzione di interferone alfa e beta.

Questi mediatori incrementano l'espressione del gene MX1, che codifica per una GTPasi che interferisce con la trascrizione del gene dell'influenza e la replicazione virale. Come in altre infezioni virali, le cellule natural killer e le cellule T citotossiche sono in grado di riconoscere e uccidere le cellule ospiti infettate, limitando la replicazione del virus e la sua diffusione agli pneumociti adiacenti.

La risposta immunitaria cellulare viene infine aumentata dallo sviluppo di risposte anticorpali. alle proteine virali emoagglutinina e neuraminidasi.
Dallo studio delle pandemie del passato sono derivate informazioni su quelle future. L'analisi del DNA dei genomi virali provenienti dai polmoni di un soldato deceduto nella grande pandemia di influenza del 1918, che causò tra 20 e 40 milioni di morti in tutto il mondo, ha identificato sequenze genetiche di un virus dell'influenza suina compatibili con un'origine di questo virus da una "deriva antigenica".

Anche la prima pandemia di influenza di questo secolo, nel 2009, è stata causata da una deriva antigenica che ha coinvolto un virus di origine suina. Ha provocato infezioni particolarmente gravi nei giovani adulti, apparentemente perché quelli più anziani avevano anticorpi contro ceppi di influenza precedenti che fornivano una protezione almeno parziale. Anche patologie concomitanti come diabete, cardiopatia, pneumopatia e immunosoppressione sono associate a un maggior rischio di infezione grave.


Quale potrà essere, quindi, l'origine della prossima grande pandemia?

Non esiste una certezza, ma una fonte di preoccupazione è l'influenza aviaria, che normalmente colpisce gli uccelli.

Uno tra questi ceppi, il tipo H5N1, si è diffuso in tutto il mondo negli uccelli selvatici e domestici. Dal giugno 2011, sono stati segnalati all'OMS ben 562 casi di influenza da virus H5N1 e 325 decessi fra gli esseri umani (da 15 Paesi). Quasi tutti i casi sono dovuti al contatto diretto con uccelli domestici; la maggior parte dei decessi è stata provocata da polmonite.

Fortunatamente, la trasmissione dell'attuale virus H5N1 aviario risulta inefficiente. Tuttavia, se l'influenza H5N1 si ricombinasse con un ceppo influenzale altamente infettivo per gli umani, potrebbe derivarne un ceppo in grado di trasmettersi velocemente da essere umano a essere umano (e così, di causare la prossima grande pandemia).

Metapneumovirus umano

Il metapneumovirus (MPV) umano, un paramixovirus scoperto nel 2001, è diffuso in tutto il mondo ed è associato alle infezioni del tratto respiratorio inferiore e superiore. Può infettare qualsiasi fascia di età ma è più frequente nei bambini piccoli, nei soggetti anziani e nei pazienti immunocompromessi. Il MPV umano può causare infezioni gravi tra cui la bronchiolite e la polmonite. A tale virus sono imputabili il 510% dei ricoveri e il 1220% delle visite ambulatoriali su bambini con infezioni acute del tratto respiratorio.

A livello clinico, tali infezioni non si possono distinguere da quelle causate da virus respiratori sinciziali umani e sono spesso scambiate per influenza. La prima infezioni da MPV umano avviene nella prima infanzia, ma le riacutizzazioni sono frequenti nel corso della vita, specialmente nei pazienti anziani. I metodi diagnostici utilizzati sono test PCR per l'RNA virale e l'immunofluorescenza diretta. La ribavirina è l'unico trattamento antivirale attualmente disponibile per le infezioni da MPV umano e viene utilizzata soprattutto nei pazienti immunocompromessi con malattia grave. Sebbene la ricerca sia in corso, non è ancora stato sviluppato un vaccino clinicamente efficace e sicuro.

L'infezione da nuovo coronarovirus, SARS CoV-2

Per approdondire vedi Covid-19  e   Il nuovo coronavirus

Essa può decorrere in maniera asintomatica, talora come semplice malattia da raffreddamento, con tosse, mal di gola, mialgie e raffreddore, altre volte come polmonite interstiziale, che determina una grave insufficienza respiratoria.

I sintomi comuni, in uno studio pubblicato su PubMed il 7 febbraio 2020,  su 138 pazienti ricoverati a Wuhan, includevano
Febbre (136 [98,6%]),
Affaticamento (96 [69,6%])
Tosse secca (82 [59,4%]). 
Linfopenia (conta dei linfociti, 0,8 x 10 9/ L [intervallo interquartile {IQR}, 0,6-1,1]) si è verificato in 97 pazienti (70,3%),
Tempo protrombinico prolungato (13,0 secondi [IQR, 12,3-13,7]) in 80 pazienti (58%)
lattato deidrogenasi elevato ( 261 U / L [IQR, 182-403]) in 55 pazienti (39,9%). 

Il tempo mediano dal primo sintomo alla dispnea è stato di 5,0 giorni, al ricovero in ospedale era di 7,0 giorni e all'ARDS era di 8,0 giorni. 
Circa il 30% di esse avevano necessitato di supporto di ossigeno, con tecniche non invasive (ventimask) fino all'intubazione. I decessi ammontavano a  circa il 3.1%

 

Trattamento della polmonite virale

In atto l'impiego di oseltamivir, un farmaco antivirale usato nel trattamento dell'influenza A o B può risultare efficace. Gli inibitori della neuraminidasi possono essere somministrati per il trattamento della polmonite virale causata da virus influenzali (influenza A e influenza B).

Farmaci antivirali non specifici sono raccomandati per gli altri tipi di polmoniti virali acquisite in comunità, tra cui la SARS, la polmonite da coronavirus, da adenovirus, da hantavirus e da virus parainfluenzali. L'influenza A può essere trattata con amantadina o rimantadina, mentre l'influenza A o B possono essere trattate con l'oseltamivir, il zanamivir o il peramivir.

Il massimo beneficio dal trattamento si ha se viene iniziato entro 48 ore dall'insorgenza dei sintomi.

Molti ceppi di influenza A H5N1, nota anche come influenza aviaria, hanno mostrato resistenza alla amantadina e alla rimantadina. L'uso di antibiotici nella polmonite virale è consigliato da alcuni esperti in quanto è impossibile escludere una complicazione da infezione batterica.

La British Thoracic Society raccomanda che gli antibiotici non siano consigliati nei casi di malattia lieve. L'uso di corticosteroidi è controverso perchè potrebbe bloccare le risposte immunitarie dell'organismo.  Ad ogni buon conto il paziente con insufficienza respiratoria acuta da polmonite virale va monitorato per quanto concerne i parametri vitali, esegue indagine emogasanalitica e pratica ossigenoterapia con ventimask in caso di ipercapnia elevata o con occhiali a seconda dei valori. Talora passa in rianimazione e necessita di essere intubato e collegato a ventilazione invasiva.
 

indice di pneumologia