appunti del dott. Claudio Italiano
cfr anche : il paziente con vuoto di memoria - generalità.
Novità: il paziente con vuoto di memoria - le cause dell'amnesia.
La demenza senile nell'anziano
Nel Nel 1901 uno psichiatra tedesco, il dott. Alois Alzheimer, visitò una paziente giovane che presentava disturbo cognitivo: presentò alla signora degli oggetti familiari che lei conosceva ed aveva impiegato più volte, ma la paziente, invitata a descrivere cosa avesse visto, non ricordò i loro nomi, non fu cioè in grado di collegare l’oggetto al suo ricordo, in una parola aveva perso la memoria a breve termine. Lo psichiatra, infatti, parlò di "disordine da amnesia di scrittura", ma la signora Auguste. fu in realtà la prima paziente a cui venne diagnosticata la malattia di Alzheimer.
Vedi anche Le demenze ed il video tutorial
Studi recenti approfonditi sembrano indicare in un disordine metabolico la genesi della patologia, tant’è che nel cadavere si riscontra nei neuroni cerebrali l’accumulo di una sostanza, la beta-amiloide. Questa deriva, a sua volta, dal metabolismo di una proteina detta APP (la sigla significa Proteina Progenitrice dell’Amiloide) ad opera dell’attività di un enzima, l'alfa-secretasi. Nei malati di Alzheimer, però, esiste una forma variante di tale enzima, la beta-secretasi, che porta alla produzione di una beta-amiloide anomala, che si accumula, non è smaltita ed imbratta la membrana dei neuroni. Ciò è alla base di un processo infiammatorio, perché si attivano le cellule “spazzino” del corpo umano, i macrofagi, che richiamano i neutrofili e parte un processo infiammatorio autoimmune, contro le proprie strutture con liberazione di citochine ed interleuchine e TNF, con distruzione lenta e graduale dei neuroni residui
Altri ricercatori parlano di un’ulteriore proteina, detta proteina tau, fosforilata in maniera anomala, che si accumula in ammassi neuro fibrillari, interessando i neuroni colinergici della trasmissione presenti nell’ippocampo, responsabile questa struttura del processo dell'apprendimento e dei processi di memorizzazione.
I primi segni dell'Alzheimer sono
- Primo step, la perdita di memoria che sconvolge la vita quotidiana.
- Secondo step: mancanza di successo nella programmazione di
attività o nella soluzione dei problemi.
- Terzo step: grave difficoltà nel completare gli impegni famigliari a
casa, al lavoro o nel tempo libero.
- Quarto step: Confusione con tempi o luoghi, Difficoltà a capire le immagini
visive e i rapporti spaziali.
Il paziente spesso non si rende conto, ma chi conosce il malato, si rende conto che lo stesso presenta un deficit del linguaggio, appare disorientato nello spazio-tempo, spesso esce di casa ma non ricorda perchè e soprattutto resta in giro o girovaga, si perde in città, non sa chiamare al cellulare, è apatico, depresso o agitato. Nelle fasi avanzate il paziente non si rende perfino di dover defecare e trattiene le feci fino ad avere defecazioni esplosive, oppure non si alimenta o non beve.
Definita anche "demenza di Alzheimer", viene appunto catalogata tra le demenze perché il paziente si impoverisce del suo bagaglio cognitivo, a differenza del paziente oligofrenico, che nasce già povero di conoscenza. Qui, invece, il deterioramento cognitivo è cronico e progressivo.
La malattia si manifesta inizialmente come demenza caratterizzata da amnesia, cioè disturbo del pensiero e deficit della memoria, dapprima solo per sporadici eventi della vita quotidiana ; poi è interessata la memoria prospettica (per esempio dimenticare impegni e appuntamenti presi); poi è colpita la memoria episodica retrograda (cioè il soggetto non ricorda il passato) e la memoria semantica (le conoscenze acquisite).
A poco a poco, purtroppo, col progredire della malattia, i pazienti presentano altri disturbi:
afasia, cioè incapacità a parlare ed aprassia, cioè la capacità di compiere azioni complesse:
Negli studi clinici sulla malattia di Alzheimer (AD) vengono normalmente utilizzati esami del sangue che valutano la presenza di alcuni biomarker della malattia, come la proteina beta amiloide, il neurofilamento leggero (NfL), la proteina fibrillare acida della glia (GFAP), la tau fosforilata (p-tau). L'indagine tac encefalo che documenta segni di atrofia encefalica suggerisce la patologia e lo psichiatra o il geriatra, somministrando i test, pongono la diangnosi.
Anche se al momento non esiste una cura efficace, sono state proposte diverse strategie terapeutiche per provare a gestire clinicamente il morbo di Alzheimer; tali strategie puntano a modulare farmacologicamente alcuni dei meccanismi patologici che ne stanno alla base. In primo luogo, nell'Alzheimer si ha diminuzione dei livelli di aceticolina (cfr decadimento cerebrale), per cui si cerca con i farmaci di ripristinarne i livelli fisiologici di acetilcolina usando inibitori della colinesterasi, per aumentare nel vallo sinaptico l'acetilcolina, inibendone la sua distruzione. I farmaci a disposizione sono la fisostigmina, la galatamina, la neostigmina. Il donezepil, inibitore non competitivo dell'acetilcolinesterasi, sembrerebbe più efficace perché, con una emivita di circa 70 ore, permette una sola somministrazione al giorno (mentre la Galantamina ha una emivita di 7 ore). Un approccio alternativo alla patologia potrebbe essere l'uso di farmaci anti-infiammatori non steroidei per controllare la componente infiammatoria che distrugge i neuroni. I ricercatori hanno messo in evidenza anche l'azione protettiva della vitamina E (alfa-tocoferolo), che sembra prevenire la perossidazione lipidica delle membrane neuronali causata dal processo infiammatorio. Ancora si parla di farmaci eccitatori come quelli che amplificano la liberazione di acido glutammico ed aspartico ed aumentano il calcio libero intracellulare.
Si è quindi pensato di usare farmaci nootropi ("stimolanti del pensiero"), come il piracetam e l’aniracetam. Un'altra, più recente, linea d'azione prevede il ricorso a farmaci che agiscano direttamente sul sistema glutaminergico come la memantina .
Le forme di trattamento non-farmacologico consistono prevalentemente in misure comportamentali, di supporto psicosociale e di training cognitivo. Altra cura prevede l’impiego del film della vita, un filmato di 30-60 minuti con immagini tratte dagli album di famiglia, filmini girati negli anni precedenti, con una colonna sonora ottenuta da musiche che notoriamente hanno scandito i vari periodi importanti della vita; tutto ciò allo scopo di rievocare i ricordi e stimolare il cervello, per rallentare il morbo.
Una novità sono i farmaci Lecanemab e donanemab si sono dimostrati utili nel rallentare il declino cognitivo. Questi agiscono contro l’accumulo di placche amiloidi nel cervello. Queste ultime, che, come già sottolineato, sono una delle caratteristiche distintive della malattia, sono composte da proteine che si aggregano in maniera anomala, danneggiando le cellule nervose e interferendo con le loro funzioni. Colpendo selettivamente queste proteine, quindi, gli anticorpi monoclonali hanno lo scopo di ridurre o prevenire la formazione delle placche amiloidi, ritardando potenzialmente la progressione della malattia e migliorando la qualità di vita dei pazienti con Alzheimer.
Fondamentale la diagnosi precoce. Presente e futuro del trattamento dell'Alzheimer.
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