Insufficienza cerebro vascolare

cf  >> Malattia aterosclerotica dei TSA   Il paziente vascolare   TEA

appunti del  dott. Claudio Italiano 

Definizione

 È tuttora controverso se esiste un 'insuffìcienzacerebro-vascolare cronica, mentre episodi di ischemia acuta sono responsabili di deficit neurologici che rappresentano una della malattie più diffuse nel mondo occidentale. Deficit temporanei della durata da pochi minuti fino a 24 ore (Transient Ischemic Attack) sono da considerarsi eventi benigni, poiché regrediscono senza reliquati, ma costituiscono importanti campanelli d'allarme. Deficit neurologici più gravi, spesso permanenti o mortali (ictus o stroke), costituiscono una delle più importanti cause di morbilità e letalità.

Nei paesi occidentali l'ictus rappresenta infatti la terza causa di morte in assoluto (11%), dopo le malattie cardiache ed i tumori globalmente intesi. In Italia si registrano circa 110.000 nuovi casi al l'anno, di cui 80.000 ischemici; gli altri sono dovuti ad emorragie, traumi e neoplasie. La prognosi è grave: 30.000 pazienti non superano la fase acuta, 25.000 rimangono invalidi e i sopravvissuti rimangono a rischio elevato di recidiva (5-20% all'anno) o di decesso per cause vascolari. Ciò comporta enormi costi sanitari, sociali ed economici. Si stima che circa l'80% degli ictus ischemici sia riconducibile ad un meccanismo trombotico o embolico a partenza dai vasi cerebro-afferenti: principalmente originati da una placca aterosclerotica localizzata alla biforcazione carotidea o al primo tratto della carotide interna, in una minoranza di casi all'origine dei tronchi sovraortici o all'arco aortico.

Altre possibili cause di ischemia cerebrale sono embolie di origine cardiaca (15-20%) e trombosi dei vasi intracranici. Oltre all'aterosclerosi, embolie e trombosi possono essere provocati seppure assai più raramente da inginocchiamenti delle arterie, fibrodisplasia, aneurismi, dissecazioni, traumi.

Fisiopatologia

Dall'arco aortico nascono i tronchi sovraortici (TSAO): a destra l' arteria anonima, che dà origine alla carotide comune e alla succlavia; a sinistra, separatamente, la carotidi comune e la succlavia. Le succlavie a loro volta danno origine alle vertebrali, che si riuniscono tra loro per formare l'arteria basilare ed entrare nel cranio ove contribuiscono al circolo posteriore.

 La carotide comune, circa all'altezza della cartilagine tiroidea, presenta una dilatazione fusiforme, il bulbo carotideo, e si biforca in carotide esterna (vaso di distribuzione per il collo e faccia) e in carotide interna, che entra nel cranio attraverso il forame omonimo e provvede alla vascolarizzazione del cervello attraverso le cerebrali, di cui, la più cospicua, è la media. L'irrorazione cerebrale è sostenuta per circa l'80% dalle carotidi interne e per il restante 20% dalle vertebrali.

Anche in condizioni patologiche di occlusione o di stenosi serrata di uno dei vasi cerebro-afferenti, esistono ampie possibilità di compenso tra i due sistemi, carotideo e vertebrale, e tra i due emisferi attraverso il poligono di Willis, in realtà completamente rappresentato solo in circa un terzo dei casi. Altri sistemi di supplenza si attivano attraverso i rami periorbitari della carotide esterna e  l'oftalmica, primo ramo della carotide interna intra-cranica, ove il flusso si inverte; oppure attraverso i rami delle vertebrali con i vasi cervicali. La maggior parte delle ischemie cerebrali è di tipo embolico e assai più raramente di tipo trombotico a partenza da placche complicate. Le placche ateromasiche che assumono rilevanza emodinamica, e come tali a rischio compilativo, si localizzano, in oltre il 90% dei casi, al bulbo carotideo e al primo tratto della carotide interna. Localizzazioni intracraniche (sifone carotideo, cerebrale media, basilare) o intra-toraciche (anonima, carotidi comuni) incidono per non oltre il 10%. Una trombosi può instaurarsi generalmente a livello della carotide interna, delle vertebrali o di piccoli vasi intracerebrali (questi ultimi causa di infarti lacunari, generalmente poco rilevanti sul piano sintomatologico). In caso di steno-occlusioni che coinvolgono più vasi cerebroafferenti, è anche possibile un meccanismo emodinamico per ipoafflusso cerebrale in corso di episodi ipotensivi o al passaggio dal clino all'ortostatismo. La placca ateromasica nel suo accrescimento può diventare instabile e prona a complicanze acute: emorragia intraplacca con rammollimento e aumento di volume, rottura del cappuccio fibroso con rilascio di emboli e formazione di un'ulcera. Alla complicanza di placca può pertanto conseguire un'embolia ateromasica e all'ulcera sovrapporsi un trombo, a sua volta in grado di determinare un'embolia trombotica o una occlusione acuta completa. L'instabilità della placca è in rapporto all'entità della stenosi da essa determinata e alla sua struttura (fibrosa, mista, calcifica). Se la trombosi si arresta all'oftalmica e se il poligono di Willis è efficiente l'occlusione della carotide interna con piccola ulcera prossimale di vecchia data e ulcera recente da emorragia intra-placca. può anche risultare asintomatica o paucisintomatica. Se la propagazione del trombo o l'embolo coinvolge la cerebrale media può verificarsi une profonda emiplegia fino al coma e alla morte.

Clinica

L'espressione clinica delle ischemie cerebrali è estremamente variabile per durata (TIA, TIA prolungato e ictus), tipo (sindromi sensitive, paresi amaurosi, sintomi non emisferici) ed entità (mone o emiparesi, ecc.). I TIA sono emi o monoparesi transitorie, amaurosi fugax, disartria, drop attacks, della durata in genere di poche decine di minuti e che regrediscono comunque completamente entro 24 ore. Possono associarsi o meno all'evidenza di aree ischemiche in genere di piccole dimensioni, alla TC. I RIND sono deficit più duraturi, che possono diventare permanenti o anche regredire del tutto o in parte. Deficit del territorio carotideo comportano paralisi motoria controlaterale, che può variali semplice impaccio motorio di un arto superiore o inferiore o di entrambi, sino alla plegia di tutto l'emisoma; non è rara la sola pafacciale, da distinguere dalla paralisi a frigore, l'amaurosi, di solito fugace, è un altro importante sintomo che il paziente avverte come un deficit improvviso velo sul campo visivo omolaterale territorio vascolare interessato, fino a rendere un paziente temporaneamente cieco. Altri sintomi emici sono disartria e afasia quando è colpito l'emisfero dominante.

Ischemie nel territorio dell'arteria cerebrale media, la più importante, si possono evidenziare emiplegia e emianestesia controlaterali, emianopsia omolaterale, afasia globale se interessato emisfero dominante. Se l'occlusione riguarda la cerebrale anteriore, la clinica è rappresentata da si dell'arto inferiore controlaterale, associato a deficit sensitivo e lieve ipostenia dell'arto superiore. Nel caso di occlusione della cerebrale posteriore, l'espressione varia dalla paralisi compie - parcellare del terzo nervo cranico, ipoanestesia controlaterale, emicoreo-atetosi o emiballismo, emianopsia omonima controlaterale. Deficit territorio vertebro-basilare sono i "drop attacks" (brusca perdita di tono degli arti inferiori durante la stazione eretta o all'inizio della deambulazione, senza perdita di coscienza, vertigini, diplopia e disturbi campimetrici. Sintomi transitori emisferici (vertigini, lipotimie, obnubilati, sincopi) sono più verosimilmente legati ad patologie non ischemiche o a disturbi di perfusione diffusi, più che a deficit focali tipici del tromboembolismo.

Diagnostica strumentale

La TC cerebrale entra nella routine dello studio delle lesioni ischemiche, ma non è indispensabile per lo studio dei vasi cerebroafferenti. Essa è utile soprattutto nel quantificare l'estensione dell'area infartuata e per escludere altre cause di deficit nervosi, quali lesioni occupanti spazio (neoplasie, aneurismi, angiomi, ematomi subdurali). In fase acuta post-ictale essa può tuttavia risultare falsamente negativa se eseguita entro le prime 24 ore. Di fronte a pazienti sintomatici che hanno presentato un TIA o uno stroke ischemico, oppure soggetti ad elevato rischio di lesioni aterosclerotiche, o nei quali è rilevabile un soffio laterocervicale (incostante) è importante riconoscere una possibile fonte del trombo-embolismo. Ciò allo scopo di prevenire ulteriori episodi ischemici, spesso fatali o invalidanti. Vanno indagati pertanto primariamente i vasi cerebro-afferenti, poi i l cuore ed i l cervello stesso. Per quanto riguarda i vasi cerebro-afferenti, sono a disposizione l'ecodoppler, l'angioTC, angioRM e l'arteriografia. L'ecocolordoppler rappresenta l'esame di prima scelta e spesso unico e sufficiente, sia per screening nei soggetti asintomatici ma a rischio, sia in presenza di soffio cervicale, sia nei pazienti con sintomi ischemici. Esso si presta bene allo studio delle carotidi e delle vertebrali nel loro tratto cervicale, assai meno nel tratto intratoracico e intracranico. E in grado di fornire informazioni attendibili sulla presenza di una ateroma, sulla sua struttura, entità della stenosi, grossolane irregolarità della superficie. L'ecodoppler dimostra anche la velocità e la turbolenza del flusso in sede di stenosi. Si considerano lievi o moderate le stenosi inferiori a 50% della sezione del lume, emodinamicamente significative tra 50 e 70%, severe quando superiori al 70%, sub-occlusive quando superiori a 90%. L'entità della stenosi è per ora i l principale indicatore del rischio di eventi ischemici: i pazienti con stenosi lievi affrontano un rischio annuo di ictus dello 0,4%; quelli con stenosi moderate 0,9%; stenosi severe 2,3%; sub-occlusive 9%. Il rischio sale al 16,2% se una stenosi grave ha già provocato sintomi. Negli ultimi anni anche la struttura della placca è entrata nella normale valutazione ultrasonografica. Gli ultrasuoni vengono riflessi con ecogenicità diversa a seconda della composizione della parete vasale: la componente lipidica è quella meno ecogena; l'ecogenicità aumenta parallelamente all'aumento del collagene, tipica delle placche fibrose; la presenza di calcificazioni rende la placca iperecogena. Di solito la struttura delle placche mature è disomogenea per presenza al suo interno di emorragie, materiale trombotico, depositi lipidici e calcificazioni: ciò si traduce in una eterogeneità degli echi. Placche fibrose o calcifiche sono considerate relativamente stabili, quelle soft e disomogenee instabili e a più alto rischio complicativo. Secondo uno studio su pazienti con stenosi significativa o severa, a tre anni, solo il 10% di quelli con placca calcifica aveva sviluppato sintomi, contrariamente al 90% di quelli con placca soft. La presenza di ulcere è indice di avvenuta embolia,  asintomatica, e come tale indica un aumentato rischio trombo-embolico. Uno dei principali limiti dell'ecodoppler difficoltà di valutare appropriatamente l'intratoracica dei TSAO ed i vasi intracrar realtà, il primo punto è abbastanza superiore poiché valutazioni indirette del flusso a vai sono escludere importanti lesioni dall'origine TSAO. Il secondo problema è pure parzialmente superato dall'introduzione del doppler transcranico, che permette di valutare il flusso sui primi vasi cerebrali, in particolare la cerebrale me Le moderne TC multislice, attraverso software (angio-TC) consentono la visualizzazione del distretto vascolare cervicale e intracranico fornendo immagini e ricostruzioni tridimensionali, che si avvicinano a quelle angiografiche. I vantaggi della metodica sono la mininvasività (solo iniezione e.v. di mezzo di contrasto), la rapidità d'esecuzione (pochi min buona dimostrazione delle placche con possibilità di sottrazione, ottenendo una visualizzazione diretta del lume residuo. Non può però fornire informazioni sul tipo di flusso. La risonanza magnetica nucleare applicata a livello cerebrale stesse indicazioni della TC, ma permette la visualizzazione più precoce delle aree ischemie lesioni di più piccole dimensioni. La  angio-RM permette di acquisire immagini senza radiazioni ionizzanti, né mezzi di contrasto simili a quelle fornite dall'angio-TC. Si considerano lievi o moderate le stenosi inferiori a 50% della sezione del lume, emodinamicamente significative tra 50 e 70%, severe quando superiori al 70%, sub-occlusive quando superiori a 90%. L'entità della stenosi è per ora il principale indicatore del rischio di eventi ischemici: i pazienti con stenosi lievi affrontano un rischio annuo di ictus dello 0,4%; quelli con stenosi moderate 0,9%; stenosi severe 2,3%; sub-occlusive 9%. Il rischio sale al 16,2% se una stenosi grave ha già provocato sintomi. Negli ultimi anni anche la struttura della placca è entrata nella normale valutazione ultrasonografica. Gli ultrasuoni vengono riflessi con ecogenicità diversa a seconda della composizione della parete vasale: la componente lipidica è quella meno ecogena; l'ecogenicità aumenta parallelamente all'aumento del collagene, tipica delle placche fibrose; la presenza di calcificazioni rende la placca iperecogena. Di solito la struttura delle placche mature è disomogenea per presenza al suo interno di emorragie, materiale trombotico, depositi lipidici e calcificazioni: ciò si traduce in una eterogeneità degli echi. Placche fibrose o calcifiche sono considerate relativamente stabili, quelle soft e disomogenee instabili e a più alto rischio complicativo. Secondo uno studio su pazienti con stenosi significativa o severa, a tre anni, solo il 10% di quelli con placca calcifica aveva sviluppato sintomi, contrariamente al 90% di quelli con placca soft.

Ampi studi prospettici e randomizzati su pazienti sintomatici (NASCET, ECST) e asintomatici (ACAS, ACST) hanno confrontato il risultato della terapia a base di antiaggreganti piastrinici con il trattamento chirurgico, quasi sempre un'endarterectomia della biforcazione carotidea. Essi hanno dimostrato che l'intervento chirurgico è in grado di ridurre sensibilmente il rischio di ictus invalidanti o fatali nei pazienti sintomatici e con stenosi > 70% della sezione del lume, rispetto ai pazienti trattati con sola terapia medica. Un simile vantaggio esiste anche per le stenosi severe asintomatiche, ma è meno eclatante. Tutto ciò a patto che la mortalità e morbilità postoperatorie siano contenute entro il 2-3%. Indicazioni alla chirurgia sono pertanto stenosi superiori a tale entità, sia in soggetti sintomatici che asintomatici, particolarmente se determinate da placche soft o disomogenee, ulcerate e già sintomatiche. Controindicazioni all'intervento sono ischemie troppo recenti (meno di 3-4 settimane) per rischio di peggiorare l'ischemia perilesionale, estesi infarti cerebrali stabilizzati e l'avvenuta trombosi della carotide interna, che rappresenta una condizione stabilizzata. Il trattamento chirurgico consiste nell'endarterectomia carotidea, raramente in un innesto sostitutivo. La scelta del tipo di anestesia è fondamentale, poiché ad essa è connesso il tipo di monitoraggio cerebrale per verificare la tolleranza al clampaggio carotideo. In anestesia generale la tecnica di monitoraggio più utilizzata è l'EEG continuo con l'anestesia loco-regionale (plessica con blocco di C2-C4 o peridurale cervicale C6-C7) è sufficiente la sorveglianza dello stato di coscienza e di motilità controlaterale. In caso di dimostrata intolleranza al clampaggio (anomalie all'EEG, perdita di coscienza o diminuzione dì coscienza) l'inserimento di uno shunt temporaneo tra carotide comune ed interna è in grado di assicurare la perfusione cerebrale. Attraverso un'incisione sul bordo anteriore dello sterno-cleido-mastoideo e rispettando accuratamente i nervi cranici (vago e ricorrente, glosso, glosso-faringeo), si isolano la carotidide comune, l'interna e l'esterna, evitando manovre a rischio di provocare embolie (tecnica di sicurezza). In eparinizzazione sistemica si clampano i vasi  e verificata la tolleranza neurologica al clampaggio si pratica una arteriotomia longitudinale sul bulbo  e primo tratto della carotide interna e si rimuove la placca mediante una endarterectomia. Si ricostruisce preferibilmente mediante un'angioplastica di allargamento con patch in vena safena, dacron o PTFE. L'endarterectomia può anche essere eseguita sezionando completamente la carotide interna alla sua origine e rimuovendo il cilindro ateromasico.

L'angioplastica transluminale con stent (CAS) infatti permane gravata da rischi immediati di embolia e di complicanze cardiache non trascurabili ed è seguita da risultati non ben conosciuti a distanza. La procedura si realizza sotto guida angiografica mediante accesso femorale e consiste nella dilatazione della stenosi con un catetere a palloncino e rilascio di uno stent metallico. Il rischio di embolie è diminuito, ma non annullato, dall'inserimento di un filtro protettivo a monte della stenosi, sempre tramite cateterismo. Vista l'estrema delicatezza del distretto cerebrale, il paziente va attentamente monitorizzato sotto l'aspetto rianimatorio e cardiologico, poiché lo stiramento del giorno carotideo può determinare bradicardia fino all'arresto cardiaco (atropina). Nei centri migliori il successo tecnico si ottiene nell'98% dei casi con complicanze in circa il 6%. Recenti trials randomizzati hanno dimostrato risultati a breve termine pressoché equivalenti alla chirurgia, ma non a lungo termine, poiché le restenosi sembrano alquanto più frequenti. Sebbene alcuni ritengano la CAS una valida alternativa all'endarterectomia chirurgica, per ora è probabilmente conveniente riservarla a gruppi di pazienti selezionati per alto rischio da clampaggio, fibrodisplasia, arteriti, stenosi della carotide interna distale, collo ostile o reinterventi. Controindicazioni relative sono le stenosi grossolanamente calcifiche, particolarmente se asimmetriche.

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