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Il consenso informato del paziente

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appunti del dott. Claudio Italiano

Definizione di consenso informato

Il consenso informato è la manifestazione di volontà che il paziente, previamente informato in maniera esauriente dal medico su natura e possibili sviluppi del percorso terapico, dà per l'effettuazione di interventi di natura invasiva sul proprio corpo. Il consenso informato è un momento importante nel rapporto che il terapeuta intrattiene con il paziente. Esso è funzionale, da un lato, a fondare la fiducia del paziente nel terapeuta e, dall'altro, a rendere partecipe, responsabilizzandolo, il paziente sulle ragioni e la fondatezza del percorso terapeutico individuato, secondo scienza e coscienza, dal medico. 

E' importante che il medico stabilisca col paziente un rapporto disteso, amichevole, semplice e chiaro, che si dimostri disponibile al dialogo, non arrogante, non irascibile ma aperto alle richieste più strane del paziente (per es. che vuole essere assistito in reparto da un familiare) ed alle esigenze del suo assistito (es. ho bisogno che il mio congiunto possa entrare in reparto ad x ora per portarmi la biancheria intima perchè poi va al lavoro ecc.): per es. negli ospedali dimostrarsi rigidi e cattedratici non giova al rapporto di distensione ed assistenza verso il proprio paziente!

 Il rapporto medico-paziente, pertanto, oggi è stato rivisitato e qualificato attraverso l'applicazione di tutte le regole nel senso sopra prospettato: il medico non appare più libero di decidere senza l'accettazione delle sue impostazioni da parte del paziente, anche se il comportamento del sanitario può essere considerato posto in essere per l'esclusivo interesse della salute del paziente medesimo. Forse l'interpretazione dell'espressione "consenso informato" (mutuato direttamente da una traduzione dall'inglese, ossia informed consent, appare più facile e comprensibile se a essa si sostituisce la frase: decisione del paziente di aderire ad una proposta medica, dopo aver ricevuto adeguata informazione.

A grandi linee e col senno di poi si può sostenere che vi sia stata una sorta di evoluzione storica dei diritto a essere informati. Attraverso una breve disamina delle varie posizioni e dei vari orientamenti si passa da Ippocrate (che sosteneva che il silenzio porta al privilegio, principio conservato fino all'illuminismo) a quello spirito calvinista (secolo XVI) che permeava l'ambiente culturale di Francia e Germania, per poi esaminare il famoso "uomo economico" di Max weber, che non possiede le paure e le fragilità che ne indeboliscono i processi decisionali e così fa nascere nel medico l'obbligo di informare il paziente per consentirgli di pianificare la sua vita.in base ai contenuti della deontologia medica, in Francia si era formata una sorta di umanismo medico, che prevedeva come linea programmatica il rispetto del paziente.

Nella stessa Germania, nel 1900, esisteva una normativa sulla sperimentazione medica molto simile a quella oggi vigente, normativa che fu sottoposta a una revisione più garantista per il paziente nel rispetto dei diritti della persona. La terminologia informed consent vede la luce nel 1957 negli Stati uniti (procedimento Salgo versus Leland Stanford Jr universtiyBoard of Trustees) quando venne sancito il dovere di informare correttamente il paziente, nella cui sfera giuridica già esisteva il diritto di poter decidere in Italia la prima pronuncia in merito avvenne alla fine degli anni Trenta, quando il diritto alla salute veniva preso in considerazione come strumento di tutela della salute pubblica e non come diritto individuale della persona (Corte d'Appello di Milano, 18 aprile 1939): "il medico deve ottenere il consenso del paziente prima di iniziare ogni cura ed operazione". In seguito, nel 1957 (caso Salvo - paziente rimasto paralizzato dopo un'aortografia) fu ripreso il principio del dovere del medico di comunicare al paziente ogni fatto necessario a formare la base di un consenso al trattamento. Anche la letteratura partecipò al processo culturale di cambiamento. In Italia negli anni ottanta avviene una svolta e si da inizio al consenso informato, dopo anni in cui il tema non fu trattato minimamente, mantenendo un orientamento agganciato alla visione paternalistica dell'esercizio dell'arte medica. Si assisteva, in ogni modo, nel nostro Paese, alla presenza di vari orientamenti di natura culturale e morale di matrice cattolica, che prevedono il dovere morale di curarsi e di farsi curare, affermando l'importanza di "lasciare una speranza". Nell'era dell'informazione, dell'informatica, delle comunicazioni satellitari e dello sviluppo dei mass media si afferma, in ambito sanitario, l'obbligo di informazione del medico nei confronti del paziente. Etimologicamente, informare significa dare forma, formare, foggiare.

Oggi anche in Italia è sorto per il paziente un vero e proprio diritto di informazione, con l'effetto e la conseguenza di livellare quell'asimmetria che da sempre ha contraddistinto il rapporto tra medico e appunto paziente. Quel che rileva è che l'informazione è dovuta e sancita con riferimento alla libertà di autodeterminarsi e non con riguardo al diritto alla salute. Ogni uomo, alla luce delle precedenti osservazioni, deve essere posto nella condizione di prestare o rifiutare il proprio consenso ed ogni intervento che attenga alla propria sfera personale. La volontà del paziente entra pertanto prepotentemente in campo e diviene una componente essenziale e determinante del processo decisionale medico. Il medico assume la veste di una sorta d'incaricato alla proposizione di tutte le alternative terapeutiche di un caso specifico, e solo attraverso la scelta cosciente e volontaria del paziente sarà possibile per il medesimo medico intervenire all'attuazione delle soluzioni prospettate.

L'informazione che precede il consenso del paziente deve essere:
- veritiera,
- completa,
- compresa.

Il consenso informato è poi strettamente correlato e collegato al diritto alla salute ed alla sua evoluzione nella nostra società col trascorrere del tempo e con l'evoluzione dei costumi. Nel nostro ordinamento si faceva riferimento a un'impostazione dottrinale giuridico-legale che collegava l'intervento medico e quindi la sua depenalizzazione all'esimente prevista dall'art. 54 del Codice penale, lo stato di necessità, che giustificava il medico che con il proprio intervento violava l'integrità fisica, ponendo in essere un'azione che, se commessa da un privato cittadino, avrebbe costituito reato (lesioni o omicidio). Tale concezione deriva direttamente dall'ambito teologico di natura cattolica che consente di violare il corpo di un paziente solo per riportarlo a condizioni di buona salute o per migliorarla rispetto al prima dell'intervento medesimo. Solo alla fine degli anni Ottanta il consenso si allaccia alla volontà individuale ed entra nell'alveo dei diritti costituzionalmente garantiti, divenendo espressione del principio fondamentale della libertà individuale. Sotto un profilo sistematico, la necessità del consenso - che dovrà essere, come si vedrà, immune da vizi e, qualora comporti atti di disposizione del proprio corpo, non contrario all'ordine pubblico e al buon costume - è contenuta nell'art. 13 della costituzione, che sancisce l'inviolabilità della libertà personale, che comprende la libertà di salvaguardare la propria salute e la propria integrità fisica; è esclusa ogni restrizione, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e con le modalità previsti dalla legge, in base al contenuto del secondo comma dell'ari 32 della Costituzione, inoltre, "nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge", la quale "non può, in ogni caso, violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana".

Viene pertanto meno ogni riferimento all'esimente dello stato di necessità,  entrando di slancio in considerazione la volontà dell'individuo che sovrasta ogni considerazione sull'intervento medico. Sotto il profilo normativo si constata come sino a pochi anni fa il rapporto medico-paziente, per quanto attiene al consenso informato, non fosse soggetto ad una regolamentazione specifica. Si può osservare come dai contenuti dell'articolo 32 della Costituzione sia nato un movimento sia scientifico sia riferito alla collettività che ha delineato la configurazione di un nuovo modo di intendere il rapporto medico-cittadino. La nascita e lo sviluppo della bioetica, ossia la scienza che guarda agli aspetti di natura etica delle innovazioni biomediche e che ha fornito un decisivo contributo alla presa di coscienza sociale nei confronti della scienza medica, hanno dato una spinta decisiva alla produzione di carattere normativo e giurisprudenziale. In Italia nel 1992 è stato istituito il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB), organo consultivo (anche se non vincolante) della Presidenza del Consiglio dei Ministri. La sentenza sul famoso caso di Firenze ha stabilito il principio di autodeterminazione del paziente come fondamento e base del suo rapporto con il medico e la Corte Costituzionale, con sentenza in data 22 ottobre 1990 n. 471, ha riconosciuto, per la prima volta, che la libertà di disporre del proprio corpo fosse una libertà della persona fondata sul contenuto dell'articolo 13 della Costituzione, nel senso sopra precisato, ossia uno dei cardini dei diritti fondamentali del cittadino nel nostro ordinamento giuridico.

Fonti normative sul consenso per il paziente

I processo verso il riconoscimento giuridico del consenso informato quale presupposto legittimante di ogni trattamento sanitario è stato sottolineato da rilevanti momenti normativi.
a) II contenuto dell'articolo 32 della Costituzione stabilisce il fondamento giuridico per il diritto di informazione: se non per esplicita previsione di legge nessuno può essere sottoposto a trattamenti sanitari (ad esempio vaccinazioni obbligatorie, interventi per stato di necessità, rianimazione ecc.) (collegamento con il diritto alla salute ex art. 13 della Costituzione medesima).
b) L'articolo 50 c.p. prevede che "non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, con il consenso della persona che può validamente disporne".
c) La Legge n. 833 del 23.12.78 stabilisce all'articolo 1 che il servizio Sanitario Nazionale è lo strumento per attuare un fondamentale diritto dell'individuo e all'art. 33 (Norme per gli accertamenti ed i trattamenti sanitari volontari e obbligatori) che gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori "devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato. L'unità sanitaria locale opera per ridurre il ricorso ai suddetti trattamenti sanitari obbligatori, sviluppando le iniziative di prevenzione e di educazione sanitaria ed i rapporti organici tra servizi e comunità".
d) La Legge n. 107 del 4.5.90 (prima legge sulle trasfusioni di sangue), seguita dal D.M. 15.1.91, prevede il modulo per il consenso alla donazione con il quale si informa il donatore del rischio del ricevente per quanto concerne la trasmissione di malattie infettive e AIDS. Il Decreto 1.9.95 disciplina il consenso informato per l'autotrasfusione e per le trasfusioni multiple.
e) L'articolo 5 della Legge n. 135 del 5.6.90 (Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS) richiede l'acquisizione del consenso per le analisi tendenti ad accertare l'infezione da HIV, comunque evitabile se sussistono motivi di necessità cllnica nell'interesse del paziente121.1 risultati di questi esami possono essere comunicati solo alla persona interessata.f) L'articolo 19 del Decreto 15.1.91 del Ministro della Sanità, in attuazione alla Legge n. 107 del 4.5.90, definisce le trasfusioni come pratiche terapeutiche rischiose per le quali è necessario il consenso informato di colui che vi sarà sottoposto.
g) II D.M. del 27.4.92 (Attuazione della Direttiva della Comunità Europea n. 911507/CEE), il DM 17 luglio 1997, il DMS1 aprile 1998, nel campo delle sperimentazioni dei farmaci introduce in Italia le norme europee di "good clinical pratice" e delle sperimentazioni cliniche nella prospettiva di un consenso informato a fondamento dell'intervento sperimentale e alla sua pratica come possibile tutela per i soggetti coinvolti dalla sperimentazione.
h) II D.Lgs. n. 23017.3.95 (la disciplina concernente le radiazioni ionizzanti) prevede il consenso delle persone sottoposte alle radiazioni ionizzanti a scopo di ricerca scientifica.
i) La Legge n. 458 del 26.6.67 riguardante il prelievo di rene da donatore vivente.
I) La Legge n. 483 del 16.12.99 riguardante la donazione di fegato da donatore vivente.
m) La Legge n. 91 del 1.4.99 riguardante la materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti da cadaveri.n) II nuovo Codice di Deontologia medica del 18 dicembre 2006 sancisce all'articolo 32 che "il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l'acquisizione del consenso informato del paziente".o) La Carta dei diritti del Malato, ari 11: sussiste "il diritto del malato ad essere informato in modo chiaro e comprensibile circa la diagnosi, la terapia, gli esami da eseguire e sulle I previsioni relative alla durata della degenza".

oppure  cfr indice della visita del paziente