Anoressia: quale cura è possibile?
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Anoressia, la cura
L'anoressia nervosa è caratterizzata
dal rifiuto di mantenere il peso al livello uguale o superiore al minimo normale.
La malattia è stato stimato avere un'incidenza media nella popolazione generale
di 19/100.000 all'anno nelle donne e di 2/100.000 all'anno per gli uomini. I valori
più alti si riscontrano nelle giovani adolescenti (13-19 anni), con 50,8 casi ogni
100.000 anno. Si tratta di individui perfezionisti, con autostima negativa ed estrema
remissività. Un individuo si definisce anoressico quando il peso è inferiore all'85%
del peso atteso per età e altezza oppure quando l'indice di massa corporea (peso/altezza
in m al quadrato) è <17,5 kg/m.2
Anoressia significa anche un eccessivo timore di ingrassare, timore spropositato,
che va contro ogni logica per cui il paziente con anoressia finisce per uccidersi
e per avere una sua influenza negativa sulla sua salute, fino al quadro di amenorrea
se è donna. I quadri clinici sono due:
a) Il paziente si alimenta e poi va a procurarsi il vomito
b) Il paziente non ha appetito
L'eziologia dell'anoressia nervosa è stata associata a problematiche connesse
con disturbi psicologici e psichiatrici del soggetto in età evolutiva, a fattori
familiari, biologici, sociali e culturali. Si è visto che l'anoressia nervosa è associata a una storia di anoressia accaduta in famiglia e/o a bulimia
nervosa, depressione, disturbo
d'ansia generalizzato, disturbo ossessivo-compulsivo
o disturbo ossessivo di personalità. La malattia ha un'ereditarietà studiata sui
gemelli che è del 58%, con la restante variabilità probabilmente dovuta al
vivere in ambienti diversi, poiché occorre tenere conto del fattore ambientale.
Gli obiettivi che si prefigge la cura sono:
Ristabilire la salute fisica (peso all'interno dell'intervallo di normalità e non
postumi dell'inedia, per esempio mestruazioni regolari, massa ossea normale),
Ristabilire i normali schemi di alimentazione e i normali atteggiamenti nei
riguardi del peso e della forma senza alcuna comorbilità psichiatrica addizionale
Risolvere i quadri psichiatrici di depressione,
ansia, disturbo ossessivo-compulsivo);
Ridurre l'impatto della malattia sulle attività sociali e sulla qualità della vita.
Esistono prove limitate a sostegno dell'efficacia della psicoterapia da sola, anche
se va precisato che un buon sostegno psicologico è importante nel recupero sociale
del soggetto anoressico, psicoterapia che va affidata a mani esperte. Esiste solo
qualche studio che ha rilevato miglioramenti significativi, in termini di recupero
ponderale e di numero di soggetti classificati come guariti, con alcune psicoterapie
rispetto al trattamento usuale. L'accettabilità del trattamento variava da studio
a studio. L'insuccesso nel coinvolgimento del trattamento e l'abbandono precoce
della terapia vanno dal 5% al 33% da studio a studio
Tra i farmaci ritenuti più efficaci abbiamo l'amitriptilina e la fluoxetina. Uno
studio ha confrontato fluoxetina (60 mg) e placebo, utilizzando come variabile di
esito la durata (media 36 giorni) del trattamento in regime di ricovero (che
comprendeva psicoterapia individuale e di gruppo). Nel gruppo della fluoxetina
si sono registrati 2 ritiri precoci. Lo studio non ha rilevato alcuna differenza
significativa tra i gruppi in termini di aumento di peso, atteggiamento connesso
all'alimentazione o sintomi depressivi. Un ulteriore studio, che ha posto
a confronto amitriptilina, ciproeptadina e placebo, non ha rilevato alcuna differenza
significativa fra i trattamenti . Gli studi esaminati erano tutti di breve
durata. L'allungamento dell'intervallo QT potrebbe essere associato a un incremento
del rischio di tachicardia ventricolare, torsioni di punta e morte improvvisa
Farmaci neurolettici.
Non esistono dati affidabili circa l'indicazione dei farmaci neurolettici.
Zinco
Uno studio randomizzato non ha rilevato alcun miglioramento nel recupero di peso
con l'aggiunta di zinco nella dieta di soggetti in regime di ricovero.
Ciproeptadina
Uno studio randomizzato condotto su pazienti ambulatoriali e 2 studi randomizzati
condotti in regime di ricovero non hanno rilevato alcuna differenza significativa
tra ciproeptadina e placebo in termini di aumento ponderale.
Non vi sono prove affidabili di superiorità o inferiorità del trattamento ambulatoriale
rispetto a quello in regime di ricovero nei soggetti che non sono ammalati così
gravemente da giustificare un intervento d'emergenza. Abbiamo identificato una revisione
sistematica (data della ricerca 1999) che ha confrontato il trattamento ospedaliero
con quello ambulatoriale. La revisione ha identificato uno studio randomizzato con
follow up di 5 anni. Novanta soggetti con diagnosi di anoressia nervosa (età media
22 anni, calo ponderale 26% del peso medio della popolazione di confronto, durata
media 3,2 anni) sono stati assegnati in maniera casuale a 4 gruppi di trattamento:
trattamento in regime di ricovero, trattamento ambulatoriale (terapia individuale
e familiare ), terapia di gruppo per pazienti ambulatoriali e solo follow up. Gli
esaminatori non erano in cieco riguardo al trattamento ricevuto dai soggetti. La
compliance al trattamento assegnato era significativamente differente da
gruppo a gruppo: trattamento in regime di ricovero 18 su 30 (60%); trattamento ambulatoriale
(terapia individuale e familiare) 18 su 20 (90%); psicoterapia di gruppo per
pazienti ambulatoriali 17 su 20 (85%) e solo intervista di valutazione 20 su 20
(100%). L'accettazione del trattamento era significativamente differente fra trattamento
ambulatoriale e trattamento in regime di ricovero (rischio relativo 1,46, limiti
di confidenza al 95% da 1,06 a 2,0). Anche l'accettazione media della proposta terapeutica
variava da gruppo a gruppo (20 settimane di trattamento in regime di ricovero, 9
sedute per pazienti ambulatoriali e 5 sedute di gruppo). Nel gruppo sottoposto al
solo follow up 6 soggetti nel primo anno non avevano ricevuto alcun tipo di trattamento,
mentre gli altri erano stati trattati altrove (6 erano stati trattati in regime
di ricovero, 5 avevano ricevuto un trattamento ospedaliero come pazienti esterni,
3 avevano contatti almeno settimanali con il loro medico di medicina generale).
Sei soggetti appartenenti a questo gruppo avevano trascorso quasi l'intero anno
in trattamento. Non c'era alcuna differenza tra i 4 gruppi per quanto riguardava
il peso medio a 1, 2 e 5 anni o sulla base dei punteggi globali della scala di Morgan
e Russell. La percentuale di soggetti che ha raggiunto un buon esito con trattamento
in regime di ricovero era il 17% (5/29) a 2 anni e il 33% (9/27) a 5 anni; con il
trattamento ambulatoriale (terapia individuale e familiare) il 20% (4/20) a 2 anni
e il 47% (8/17) a 5 anni; con la psicoterapia di gruppo per pazienti ambulatoriali
il 26% (5/19) a 2 anni e il 53% (10/19) a 5 anni; infine, con il solo follow up
e intervista di valutazione il 10% (2/20) a 2 anni e il 32% (6/19) a 5 anni.
Cisapride.
Uno studio randomizzato di piccole dimensioni non ha rilevato alcun chiaro effetto
positivo della cisapride, il cui uso, per altro, è vietato attualmente in Italia
ed altrove.
Non abbiamo identificato alcuna prova valida degli effetti del trattamento ormonale
sui tassi di frattura. Uno studio randomizzato di piccole dimensioni non ha documentato
alcun effetto della somministrazione di estrogeni sulla densità minerale ossea.
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