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Pancreatite acuta e terapia antibiotica

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Nella maggior parte del pazienti con pancreatite acuta (8590%) la malattia si risolve spontaneamente, in genere entro 37 giorni dall'Inizio del trattamento. Le usuali misure terapeutiche comprendono: 1) somministrazione di analgesici per alleviare il dolore; 2) somministrazione di liquidi ed espansori del plasma al fine di mantenere un adeguato volume circolante; 3) sospensione dell'alimentazione per via orale. Studi clinici controllati hanno dimostrato che In realtà l'aspirazione nasogastrica non offre definiti vantaggi nel trattamento delle forme di pancreatite acuta lievi o moderatamente gravi; il suo impiego, pertanto, deve essere considerato elettivo e non obbligatorio. In quattro diversi modelli sperimentali di pancreatite acuta è stato dimostrato che la secrezione pancreatica stimolata dalla CCK è completamente abolita. Questo spiega probabilmente l'inefficacia dei farmaci che inibiscono la secrezione pancreatica in caso di attacco acuto.Per questo e altri motivi i farmaci anticollnergici non sono indicati nella pancreatite acuta. In aggiunta all'aspirazione nasogastrica e ai farmaci anticollnergici, altre forme di terapia volte a "mettere a riposo l'organo" attraverso l'Inibizione della secrezione pancreatica non modificano il decorso della malattia.

Ruolo della terapia antibiotica

II beneficio della profilassi antlbiotica nel trattamento della pancreatite acuta necrotizzante rimane controverso. Una revisione del database Cochrane di quattro trial randomizzati e controllati (218 pazienti) ha confrontato la terapia antibiotica con la terapia medica di supporto. La terapia antlbiotlca riduceva la mortalità da qualsiasi causa dal 17 al 6% e la frequenza di sepsi pancreatica dal 32 al 21%, ma non differiva dalla terapia medica di supporto per quanto riguardava i tassi di infezione extrapancreatica, la necessità di trattamento chirurgico e le Infezioni fungine, nè per la durata dell'ospedalizzazione. Tuttavia, nessuno dei quattro studi era stato condotto In doppio cieco e vi era variabilità nella casistica di pazienti, nel tipo e nella durata della terapia antibiotlca.Un recente trial in doppio cieco controllato con placebo ha valutato l'effetto di clprofloxacina e metronldazolo sull'andamento e gli esiti di 114 pazienti con pancreatite acuta grave. Sebbene vi fossero meno casi di insufficienza multiorgano e infezioni extrapancreatiche nel gruppo trattato con antibiotici, questo studio non ha evidenziato alcun beneficio della profilassi antlbiotlca In riferimento al rischio di necrosi pancreatica infetta. Tuttavia, l'elevato passaggio alla terapia antlbiotica, condotto in 21 del 56 pazienti del gruppo placebo, potrebbe avere contribuito a questo risultato negativo. Sebbene il tipo e la durata della terapia antibiotica rimangano poco definiti, è attualmente raccomandata, per il paziente con pancreatite acuta necrotizzante, la somministrazione di un antibiotico sistemico come l'Imipenem cllastatlna, alla dose di 500 mg tre volte al giorno per 7 giorni. L'incidenza dell'Infezione intraddomlnale da Candida In corso di pancreatite acuta sta aumentando ed è associata all'Incremento dell'utilizzo di antibiotici. In uno studio, che è rappresentativo della situazione globale, l'Infezione intraddominale da Candida è stata dimostrata In 13 pazienti su 37 e la mortalità è risultata fino a quattro volte superiore a quella associata alla sola infezione batterica intraddominale. Dato l'Impatto dell'infezione da Candida sul tasso di mortalità nella pancreatite acuta necrotizzante e in considerazione dell'evidente beneficio dl un'antibioticoterapla profilattica, sembra opportuno procedere alla somministrazione di farmaci fungicidi In una fase precoce della malattia.Molti farmaci sono stati valutati nel trattamento della pancreatite acuta attraverso studi prospettici controllati, dimostrandosi Inefficaci.

Tra questi vi sono il glucagone, gli H2antagonlsti, alcuni Inibitori delle proteasi come l'aprotinina, i glucocortlcoidl, la calcltonlna, i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e il lexlplafant, un Inibitore del fattore di attivazione plastrinlco. Una recente metanalisl sull'impiego di somatostatina, octreotide e un inibitore delle proteasi, il gabesato mesllato, nella terapia della pancreatite acuta ha rilevato una riduzione della mortalità, ma non delle complicanze, con l'octreotide e una riduzione del danno pancreatico, ma non della mortalità, con il gabesato. La TC, In particolare quella dinamica con intensificazione del contrasto, fornisce Importanti Informazioni sulla gravità e sulla prognosi della pancreatite acuta; la TC con intensificazione del contrasto permette In particolare la valutazione della presenza e dell'estensione della necrosi pancreatica. Studi recenti suggeriscono che il rischio di pancreatite prolungata o di complicanze gravi sia trascurabile quando l'indice TC di gravità è 1 o 2 e meno probabile con un punteggio da 3 a 6. I pazienti con un punteggio da 7 a 10 presentano una morbilità del 92% e una mortalità del 17%. La necrosi è presente nel 12-20% dei pazienti con pancreatite acuta. In quelli con necrosi il tasso di morbilità è del 50% e la mortalità è pari al 20%, mentre nel pazienti in cui non vi è necrosi la morbilità è minore del 10% e il tasso di mortalità è trascurabile. Alcuni studi retrospettivi hanno suggerito che l'infusione precoce di mezzo di contrasto endovenoso nel casi di pancreatite acuta possa aggravare il danno necrotico. Tuttavia, dal momento che non sono a tutt'oggi disponibili studi prospettici sull'uomo, appare ragionevole riservare la TC con mezzo di contrasto ai pazienti con pancreatite grave o con sospette complicanze settiche locali. Il paziente con pancreatite lieve o moderata necessita di solito di un trattamento basato sulla somministrazione di liquidi pervia endovenosa e digiuno. In 3a6d giornata viene, in genere, somministrata una dieta liquida blanda e in 5a7a giornata una dieta normale. La decisione di reintrodurre la formulazione orale è generalmente basata sui seguenti criteri: 1) diminuzione o scomparsa del dolore addominale; 2) il paziente riferisce di avere appetito; 3) risoluzione di un'eventuale disfunzione d'organo. L'aumento delle amilasi/lipasi o la persistenza di alterazioni di tipo infiammatorio alla TC non dovrebbe scoraggiare l'alimentazione per via orale nel paziente che riferisce di avere appetito. In questi casi, infatti, l'aumento delle amilasi/lipasi e le alterazioni radiologiche persistono per alcune settimane o addirittura mesi. Il paziente con pancreatite fulminante richiede, di solito, la somministrazione di elevate quantità di liquidi e una rigorosa osservazione clinica per lo sviluppo di complicanze potenzialmente fatali quali collasso cardiocircolatorio, Insufficienza respiratoria e infezione pancreatica. In questi casi è necessaria una combinazione di provvedimenti radiologici e chirurgici.

Benchè studi iniziali non controllati avessero suggerito l'utilità, nella pancreatite grave, del lavaggio peritoneale attraverso un catetere di dialisi percutaneo, studi recenti hanno dimostrato che questa procedura non influenza l'evoluzione delle manifestazioni cliniche. Un trattamento chirurgico aggressivo, con asportazione del tessuto necrotico (necrosectomia), andrebbe Intrapreso non appena viene confermata la presenza di tessuto necrotico infetto; ciò può richiedere diversi reinterventi. Poichè la mortalità per pancreatite acuta necrotizzantesterile è di circa il 10%, se la terapia convenzionale non rallenta l'evoluzione della malattia va considerata l'eventualità di una laparotomia con drenaggio e rimozione del tessuto necrotico. L'impiego della nutrizione parenterale totale (NPT) consente di fornire un adeguato supporto nutrizionale al paziente con pancreatite acuta grave o protratta, incapace di alimentarsi per via orale è stato suggerito che la nutrizione enterale per mezzo di un sondino nasodigiunale possa essere preferibile alla NPT per il minore rischio di infezioni. Tuttavia, la nutrizione enterale, meno costosa, soddisfa circa il 50% del fabbisogni nutrizionali, mentre la NPT ne copre II 90%.

Non sono stati condotti ampi trial controllati volti a raffrontare la nutrizione enterale con quella parenterale nel pazienti con pancreatite acuta grave. Solo una piccola percentuale dei pazienti con pancreatite acuta richiede un'Iperalimentazione.Va ricordato, Infine, che nel pazienti con pancreatite acuta Indotta da litiasi biliare l'effettuazione di una papillotomia entro le prime 3672 ore dall'esordio può indurre un deciso miglioramento del quadro clinico. GII studi condotti finora suggeriscono che la CPRE andrebbe presa In considerazione solamente nei pazienti con una forma grave di pancreatite biliare. Infine, la terapia dei pazienti con pancreatite associata a ipertrigliceridemia prevede: 1) calo ponderale fino a raggiungere il peso ideale; 2) dieta povera di lipidi; 3) attività fisica; 4) sospensione dell'assunzione di alcolici e di farmaci eventualmente In grado di aumentare i livelli sierici dei trigliceridi (per es., estrogeni, vitamina A, diuretici tiazidicl e propranololo); 5) controllo del diabete

Necrosi pancreatica con infezione, ascesso e pseudocisti

La necrosi pancreatica complicata da infezione va differenziata dall'ascesso pancreatico. La prima è un'infezione diffusa di un'area di pancreas necrotico con reazione infiammatoria acuta che si verifica più spesso nelle prime 12 settimane dall'inizio della pancreatite. Al contrario, l'ascesso pancreatico è una patologia circoscritta, ovvero una raccolta purulenta che evolve dopo un periodo più lungo, spesso 46 settimane, tende ad avere una prognosi favorevole ed è associata a un basso rischio di mortalità chirurgica. La necrosi pancreatica complicata da infezione va trattata mediante sbrigliamento chirurgico in quanto la componente solida del pancreas infetto non risponde in modo efficace al drenaggio percutaneo eseguito sotto controllo radiologico. L'ascesso pancreatico può essere trattato chirurgicamente o, in casi selezionati, mediante drenaggio percutaneo. Il pancreas necrotico si infetta nel 3035% dei pazienti, più frequentemente a opera di batteri Gramnegativi di origine intestinale. è possibile che il sovrapporsi dell'infezione dipenda da diversi fattori, come l'estensione della necrosi pancreatica e peripancreatica, il grado di ischemia e di ipoperfusione pancreatica e la presenza di insufficienza d'organo o multiorgano. Con l'agoaspirato sotto guida TC si può porre precocemente diagnosi di infezione pancreatica. In uno studio comprendente 60 casi, che rappresentavano il 5% dei ricoveri per pancreatite, fu posto il sospetto di infezione pancreatica sulla base di febbre, leucocitosi e del riscontro alla TC di flemmone, pseudocisti o raccolta liquida extrapancreatica. è interessante osservare come nel 60% dei casi fu accertata un'infezione pancreatica e come nel 55% di questi pazienti l'infezione si sviluppo entro 2 settimane. Questi reperti suggeriscono come solo un'aspirazione guidata sia in grado di distinguere una pancreatite asettica da una necrosi infetta. Nei pazienti che soddisfano i criteri elencati precedentemenk' è opportuno seguire i seguenti accorgimenti: 1) aspirare prontamente le pseudocisti nei pazienti gravemente compromessi perchè più della metà di questi può infettarsi, mentre le pseudocisti asintomatiche non richiedono l'aspirazione; 2) non è necessario aspirare urgentemente le raccolte extrapancreatiche in quanto nella maggior parte dei casi sono asettiche; 3) se a una valutazione iniziale si rileva una necrosi pancreatica sterile ma persistono febbre e leucocitosi, è opportuno aspettare 57 giorni prima di attuare un'aspirazione, perchè spesso si osserva un miglioramento clinico; 4) se si ha una recidiva di febbre o di leucocitosi dopo un intervallo di benessere, va presa in considerazione la possibilità di procedere di nuovo a un'aspirazione. Fattori chiave per lo sviluppo di un ascesso pancreatico sono: pancreatite grave con presenza di tre o più fattori di rischio; pancreatite postoperatoria; alimentazione per via orale troppo precoce; laparotomia precoce; probabilmente, errato impiego di antibiotici che si verifica nel 34% dei pazienti affetti da pancreatite acuta. Un ascesso pancreatico può anche formarsi in caso di pseudocisti comunicante con il colon, a causa dell'incompleto drenaggio chirurgico di una pseudocisti o dopo puntura di una pseudocisti.

I sintomi caratteristici dell'ascesso pancreatico sono rappresentati da febbre, leucocitosi, ileo e rapido deterioramento delle condizioni cliniche del paziente dopo iniziale risoluzione della pancreatite acuta. Talvolta, tuttavia, gli unici sintomi possono essere febbre e una persistenza dei segni di infiammazione pancreatica. Il drenaggio di ascessi pancreatici (che oggi si osservano meno frequentemente) mediante puntura percutanea sotto controllo TC ha avuto frequentemente successo, con risoluzione nel 5060% dei casi; talvolta si rende necessaria una laparotomia con drenaggio chirurgico e resezione del tessuto necrotico. Le pseudocisti pancreatiche sono raccolte di materiale liquido, detriti cellulari, enzimi pancreatici e sangue che si sviluppano entro 46 settimane dall'esordio della pancreatite acuta in circa il 15% dei pazienti. A differenza delle cisti vere, le pseudocisti non hanno un rivestimento epiteliale e le pareti sono costituite da tessuto necrotico, fibrotico e di granulazione. Molte lesioni che hanno l'aspetto radiologico di una pseudocisti sono in realtà aree di necrosi organizzata. Frequentemente la pseudocisti determina un sovvertimento del sistema dei dotti pancreatici, le cui conseguenze possono essere estremamente variabili: da un continuo stillicidio in cavità peritoneale di succo pancreatico che porterà alla formazione di ascite, a una spontanea restitutio ad integrum. Nel 90% dei casi la pseudocisti fa seguito a una pancreatite acuta, mentre nel rimanente 10% è conseguente a traumi del pancreas. Per quanto concerne la localizzazione, nell'85% dei casi esse sono situate nel corpo o nella coda del pancreas e nel 15% a livello della testa. Talvolta possono essere multiple. Per quanto riguarda il quadro clinico, il sintomo più comune è costituito dal dolore addominale con o senza irradiazione al dorso; in una discreta percentuale di pazienti vi è anche una massa palpabile in sede epigastrica o all'ipocondrio sinistro. Nel 75% dei casi si registra nel corso della malattia un aumento delle amilasi sieriche che possono comunque presentare notevoli fluttuazioni nel tempo. Nel 75% dei pazienti l'esame radiologico del tubo digerente fornisce utili informazioni diagnostiche, evidenziando una dislocazione di uno dei suoi tratti a opera della pseudocisti (Fig. 142). L'esame diagnostico per eccellenza, tuttavia, è costituito dall'ecografia, che permette di identificare la pseudocisti. L'ecografia permette anche di differenziare un pancreas edematoso e infiammato, che può dare origine a una massa addominale palpabile, da una vera pseudocisti. Per seguire l'evoluzione della pseudocisti e dimostrarne eventualmente la risoluzione, sono utili ecografie ripetute nel tempo .La TC addominale fornisce informazioni complementari a quelle dell'ecografia nella diagnosi di pseudocisti, risultando particolarmente utile in caso di suppurazione della stessa. Nei primi studi che hanno utilizzato l'ecografia si è rilevato che la pseudocisti va incontro a risoluzione nel 2540% dei pazienti. Le pseudocisti di diametro superiore a 5 cm possono persistere per più di 6 settimane. Recenti studi sulla loro storia naturale hanno suggerito che un atteggiamento di attesa rappresenta la scelta migliore in pazienti con sintomi lievi, non bevitori, in cui le pseudocisti, all'esame radiologico, appaiono mature e non mostrano aspetti simili a quelli di una neoplasia cistica. Un numero significativo di queste pseudocisti tende a risolversi spontaneamente in poco più di 6 settimane dalla loro formazione. Inoltre, questi studi dimostrano come le pseudocisti di grosse dimensioni non costituiscano un'indicazione assoluta alla terapia interventistica e come le raccolte liquide peripancreatiche dimostrate dalla TC nei casi di pancreatite acuta si risolvano spontaneamente. Una pseudocisti che non regredisce spontaneamente può portare a gravi complicanze, tra cui le più importanti sono:

1) dolore causato dall'espansione della lesione e dalla compressione di altri visceri;
2) rottura;
3) emorragia;
4) ascesso.
 In particolare, la rottura della pseudocisti rappresenta una complicanza molto grave che comporta quasi sempre l'instaurarsi di un quadro di shock con una mortalità che oscilla da un minimo del 14%, se la rottura non è associata a emorragia, a un massimo del 60% se si è verificata quest'ultima situazione.

La rottura e l'emorragia rappresentano le principali cause di mortalità per pseudocisti pancreatica. Un'emorragia da pseudocisti pancreatica dovrebbe essere sospettata in presenza della seguente triade:

1) aumento delle dimensioni della massa;
2) rilievo di un murmure localizzato in corrispondenza della massa;
3) caduta improvvisa dei livelli di emoglobina e di ematocrito senza evidenti perdite ematiche esterne. Pertanto, nei pazienti in condizioni cliniche stabili e senza complicanze in cui ripetute ecografie abbiano dimostrato la progressiva riduzione del diametro della pseudocisti è indicata una terapia conservativa.
 

Viceversa, se la pseudocisti tende ad aumentare di volume e si complica con rottura, emorragia o ascesso, diventa necessari la terapia chirurgica. Con l'aiuto dell'ecografia o della TC le pseudou sti croniche asettiche possono essere trattate senza rischi mediante un o più agoaspirati o mediante drenaggio con cateterismo prolungato, con una percentuale di successo pari al 45-75%. Il tasso di successo di questi tecniche in presenza di pseudocisti infette è di molto inferiore (4050%). I pazienti che non rispondono al drenaggio sono candidati all'intervento chirurgico, che consiste nel drenaggio interno o esterno della cisti. Sino nel 10% dei pazienti affetti da pancreatite acuta si sviluppami pseudoaneurismi con una distribuzione sovrapponibile a quella delle pseudocisti e delle raccolte liquide. L'arteria più frequentemente interessata è quella splenica, seguita dalli arterie pancreaticoduodenali inferiore e superiore. La diagnosi dovrebbe essere presa in considerazione nei pazienti con pancreatite in presenza di emorragia digestiva superiore senza una causa evidente, nonchè in quelli in cui una scansione TC multistrato (spirale) mostri una lesione iperdensa in prossimità o nel contesto di una pseudocisti sospetta. L'arteriografia e necessaria per confermare la diagnosi e consentire il trattamento .

Ascite pancreatica e versamento pleurico di origine pancreatica

L'ascite pancreatica è generalmente conseguente alla rottura del dotto pancreatico principale, spesso associata alla presenza di fistola interna tra il dotto stesso e la cavità peritoneale, oppure a continua perdita di con tenuto da una pseudocisti. La diagnosi di ascite pancreatica va sospettata nel paziente che presenti elevati livelli di amilasi sieriche con alti livelli di albumina (>30 g/l o 3 g/l) e di amilasi nel liquido ascitico. Il liquido di un'ascite pancreatica pura, di solito, ha una concentrazione di amilasi superiore a 20 000 U/l, come risultato della rottura di un dotto o della perdita da una pseudocisti. Incrementi più lievi possono riscontrarsi nel liquido peritoneale dei pazienti con pancreatite acuta. Inoltre, la CPRE spesso dimostra il passaggio di mezzo di contrasto dal dotto pancreatico principale o dalla pseudocisti nella cavità peritoneale. Circa il 15% dei pazienti con pseudocisti del pancreas ha una concomitante ascite pancreatica. La diagnosi differenziale di questa patologia comprende la carcinosi peritoneale, la peritonite tubercolare, la pericardite costrittiva e la sindrome di BuddChiari

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