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Antibiotici: effetti indesiderati

  1. Gastroepato
  2. Infettivologia
  3. Effetti indesiderati degli antibiotici
  4. La terapia antibiotica mirata
  5. Beta-lattamici e cefalosporine
  6. Carbapenemici, inibitori
    delle beta-lattamasi
  7. Vancomicina,
    aminoglicosidici, macrolidi ecc.
appunti del dott. Claudio Italiano

Effetti indesiderati

Le reazioni indesiderate dei farmaci vengono frequentemente classificate, in base al meccanismo, come effetti correlati alla dose ("tossici") o reazioni non prevedibili. Queste ultime verificano ulteriormente distinte in idiosincrasiche e allergiche. Le reazioni dose-correlate comprendono la nefrotossicità da amiri,o21icosidi, le convulsioni indotte dalla penicillina e le reazioni anafilattoidi causate dalla vancomicina.
Molte di queste reazioni possono essere evitate riducendo il dosaggio, limitando la durata della terapia o riducendo la frequenza o la velocità di somministrazione. Le reazioni collaterali dei farmaci antibatterici sono una causa comune di morbilità, che richiede una modifica della terapia e una spesa addizionale, e possono occasionalmente provocare la morte. Gli anziani, che spesso presenta.i.i infezioni più gravi, sono particolarmente soggetti a certi effetti indesiderati.

Beta Lattamici

L'indice terapeutico degli antibiotici B-lattamici è elevato e le reazioni indesiderate dose-correlate sono rare. La preoccupazione principale è rappresentata dalle reazioni allergiche. Possono verificarsi reazioni di tutti i tipi: anafilassi ipersensibilità di tipo 1), nefrite e anemia emolitica Coombs positiva (tipo 11, citotossica), febbre da farmaci e malattia da siero (tipo III, da immunocomplessi), dermatite da contatto (tipo IV cellulomediata) ed eruzione maculopapulare (tipo V, idiopatica). Si osserva una reazione allergica nell'1-4 %-circa dei pazienti trattati con questi farmaci e l'anafilassi si verifica nello 0,004-0,015% dei casi. Meno della metà dei pazienti che riferiscono un'allergia alla penicillina reagisce ai test cutanei con i determinanti antigenici maggiori e minori. I soggetti con test cutanei negativi solo raramente reagiscono a successive dosi terapeutiche. Generalmente, per i pazienti con grave allergia, è possibile impiegare un farmaco alternativo e se invece non esiste un'alternativa valida può essere presa in considerazione la sensibilizzazione alla penicillina. Una piccola percentuale di persone allergiche alla penicillina circa il 2%) reagisce in maniera analoga dopo somministrazione di una cefalosporina; perciò questti ultimi farmaci sono controindicati nei pazienti che hanmo un anamnesi positiva per una reazione immediata alla penicillina (sebbene siano spesso impiegati nei pazienti con un storu di reazione lieve). La stessa avvertenza si applica all'imipem. mentre l'aztreonam è antigenicamente distinto e può quindi essere somministrato con sicurezza ai pazienti allergici alla penicillina. Se somministrate ad alte dosi, particolarmente nei pazienti con insufficienza renale, le penicilline (specialmente la ticarcillina e la penicillina G) possono alterare l'aggregabilità piastrinica con conseguente tendenza al sanguinamento. Ciò può verificarsi anche dopo la somministrazione di cefalosporine contenenti un gruppo metiltiotetrazolico in posizione 3' (più comunemente il cefamandolo e il cefoperazone), probabilmente in seguito a un'alterazione della produzione di protrombina. Queste stesse cefalosporine possono causare una reazione disulfiram-simile se il paziente assume alcolici durante la terapia. La carbenicillina e la ticarcillina sono sali sodici e in dosi elevate possono causare ipokaliemia e sovraccarico idrico.

Vancomicina

La vancomicina, impiegata clinicamente per la prima volta nel 1956, provocava frequentemente intolleranza locale nel sito d'infusione e reazioni sistemiche, quali ototossicità e nefrotossicità. Le attuali formulazioni sono più pure e, agli appropriati dosaggi, molto sicure, pur potendo ancora dar luogo a flebite. Il più comune effetto collaterale è la cosiddetta sindrome dell'uomo rosso ed è caratterizzata da prurito ed eruzione eritematosa al volto e nella parte superiore del tronco. Questa reazione anafilattoide generalmente si verifica dopo la prima somministrazione, dipende dal dosaggio e dalla velocità dell'infusione ed è dovuta a rilascio di istamina indotto dalla vancomicina. La reazione è generalmente lieve nei pazienti adulti ai quali l'antibiotico viene somministrato alla dose di  g in 60 minuti e diminuisce nelle somministrazioni successive. In caso di erronea somministrazione in bolo si può verificare una grave ipotensione. Nei pazienti particolarmente sensibili, il prolungamento del tempo d'infusione o la somministrazione di antistaminici H1-bloccanti sono generalmente efficaci nel prevenire la reazione anafilattoide o nel ridurne l'entità. I pazienti che sviluppano questa reazione non devono essere considerati soggetti "allergici" alla vancomicina, dal momento che l'impiego di questo antibiotico può essere essenziale nel trattamento di alcune infezioni, come quelle da stafilococchi meticillinoresistenti. 
La nefrotossicità da vancomicina è lieve e si verifica in meno del 5% dei pazienti. Nonostante il fatto che alcuni dati indichino una nefrotossicità sinergica degli aminoglicosidi e della vancomicina, ciò non è dimostrato con sicurezza. Se l'associazione di questi agenti è clinicamente indicata, come si verifica nell'endocardite da enterococco in pazienti allergici alla penicillina, essa può essere dunque attuata.  L'ototossicità da vancomicina è rara se si aggiustano i dosaggi nei pazienti con insufficienza renale. Altri rari effetti collaterali sono la leucopenia, eruzioni cutanee e l'allergia vera.

Aminoglicosidi

Gli aminoglicosidi hanno un basso indice terapeutico. I due effetti indesiderati più comuni sono l'ototossicità e la nefrotossicità. Raramente può insorgere depressione respiratoria. La nefrotossicità deriva dall'accumulo dell'aminoglicoside nello spazio peritubulare, con danno al tubulo prossimale e una corrispondente riduzione della velocità di filtrazione glomerulare. L'incidenza di nefrotossicità, definita come un incremento della creatinina sierica superiore allo 0,5% rispetto al valore basale, è del 5-10% tra i pazienti adulti trattati per 1014 giorni. Tuttavia molti altri cofattori influenzano la frequenza di tossicità, tra cui l'età (rara tra i bambini, più comune negli anziani), terapie farmacologiche concomitanti, l'idratazione e le concentrazioni sieriche. La tossicità si manifesta clinicamente con un graduale incremento della creatininemia dopo pochi giorni di terapia ed è reversibile se viene ridotto il dosaggio o interrotta la somministrazione del farmaco. La creatininernia dovrebbe essere controllata almeno ogni 35 giorni. Non vi sono differenze significative nell'incidenza di nefrotossicità tra gli aminoglicosidi più utilizzati (gentamicina, tobramicina e amikacina); la streptomicìna causa raramente nefrotossicità. L'ototossicità da aminoglicosidi si manifesta con un danno sia cocleare che vestibolare. Dal momento che gli aminoglicosidi possono distruggere le cellule ciliate dell'orecchio intemo, questa ototossicità può essere permanente. Il rischio di ototossicità aumenta se la terapia è prolungata, se i livelli sierici sono elevati (specialmente nei pazienti con insufficienza renale), se è presente ipovolemia e qualora al paziente vengano somministrati contemporaneamente altri farmaci ototossici, soprattutto l'acido etacrinico. Una ototossicità clinicamente evidente, cori ipoacusia o disturbi vestibolari, è piuttosto rara (probabilmente si verifica in meno dell'1 % dei casi) quando vengono tenute sotto attento controllo le concentrazioni sieriche e quando la durata della terapia è ridotta al minimo. Con test più sensibili, per esempio l'audiometria, un'ipoacusia asintomatica per le alte frequenze viene evidenziata con maggior frequenza. Non vi sono differenze clinicamente importanti nella frequenza complessiva di ototossicità tra i vari aminoglicosidi. La depressione neuromuscolare da aminoglicosidi è causata da una ridotta attività dell'acetilcolina sulla membrana postsinaptica e può comportare, seppur raramente, una grave depressione respiratoria. 1 fattori di rischio comprendono l'ipocalcemia, la somministrazione peritoneale, l'uso di bloccanti neuromuscolari e una preesistente depressione respiratoria. Una lenta somministrazione endovenosa (30 minuti) o l'impiego per via intramuscolare permettono di evitare l'insorgenza di questo effetto indesiderato. Se si verifica una depressione respiratoria, è necessario procedere alla somministrazione di calcio. Il timore della tossicità non dovrebbe impedire l'utilizzo degli aminoglicosidi quando esiste una chiara indicazione, dal momento che essa è generalmente lieve e reversibile. Le concentrazioni sieriche devono essere attentamente controllate per ridurre i rischi di tossicità e per assicurarsi che vengano somministrate dosi sufficienti a trattare l'infezione.

Macrolidi

I macrolidi raramente danno luogo a gravi effetti indesiderati. 1 più comuni sono quelli gastrointestinali, come bruciori, nausea e vomito; a secclfida del dosaggio, queste reazioni possono interessare fino al 50% dei pazienti, richiedendo occasionalmente una precoce interruzione della terapia. Si pensa che il meccanismo che ne è alla base consista nel legame dell'eritromicina ai recettori della motilina, con conseguente aumento della motilità intestinale. Gli effetti collaterali gastrointestinali si verificano anche con la somministrazione endovenosa. La claritromicina e, probabilmente, l'azitromicina vengono tollerate meglio rispetto alla eritromicina. Anche per questi farmaci, tuttavia, i disturbi gastrointestinali sono gli effetti indesiderati più comuni. Meno frequenti sono l'epatotossicità e l'ototossicità. L'epatotossicità, non grave, è una rara complicanza del trattamento con eritrornicinaestolato e si manifesta come un ittero colestatico allergico. L'ototossicità è rara con la somministrazione per via orale, ma può interessare, con modalità dose-dipendenti, fino al 20% dei pazienti a cui l'eritromicina viene somministrata per via endovenosa (4 g/die); generalmente è di  lieve entità (evidenziabile con l'esame audiometrico) e reversibile. In rari casi si osservano reazioni allergiche cutanee.

Lincosamidi

I più comuni effetti collaterali dqlla clindamicina sono di tipo gastrointestinale, in particolare diarrea (20% dei casi) e colite pseudomembranosa (0,01 - 10%). La colite pseudomembranosa è dovuta alla produzione di una tossina da parte di C. difficile. C. difficile colonizza il tratto gastrointestinale e può produrre questa tossina quando la flora normale viene soppressa dalla clindamicina. Le lesioni mucose causate dalla tossina comportano l'insorgenza di dolori crampiformi, diarrea e talvolta dissenteria. La colite pseudomembranosa può conseguire sia alla somministrazione orale che a quella endovenosa e può manifestarsi anche dopo il termine della terapia. Il metronidazolo e la vancomicina somministrati per os sono efficaci nel trattamento dei pazienti sintomatici in cui la tossina è presente nelle feci, anche se alcune spore possono sopravvivere e le recidive sono frequenti. Sebbene la diarrea e la colite pseudomembranosa possano essere causate dalla maggior parte degli agenti antibatterici, la clindamicina dà luogo all'incidenza più alta in relazione alla quantità utilizzata. Reazioni allergiche (come rash e febbre), epatotossicità e neutropenia si osservano soltanto raramente.

Cloramfenicolo

Il cloranifenicolo causa due forme dì soppressione midollare: una soppressione reversibile, correlata alla dose, di tutti gli elementi cellulari, che si verifica più frequentemente durante una terapia alle massime dosi consentite (4 g/die negli adulti); un'anemia aplastica idiosincrasica e irreversibile, che si verifica approssimativamente in un caso su 25000-40000. La forma irreversibile può verificarsi indipendentemente dalla via di somministrazione utilizzata e spesso sì sviluppa dopo mesi dalla cessazione della terapia. Nei neonati prematuri e nei lattanti il cloramfenicolo può causare la cosiddetta "sindrome grigia" dose-dipendente, caratterizzata da cianosi, ipotensione e morte, che deriva dall'incapacità del neonato di metabolizzare il farmaco. Questi effetti tossici potenzialmente gravi, così come la disponibilità di nuovi farmaci, hanno sostanzialmente ridotto le indicazioni all'impiego del cloramfenicolo.

Tetracicline

I disturbi gastrointestinali sono i più comuni effetti collaterali delle tetracicline, legati probabilmente a un effetto irritante diretto, dal momento che le tetracicline sono in grado di causare ulcerazioni esofagee quando le capsule si dissolvono prima di raggiungere lo stomaco. Un'assunzione contemporanea di cibo può migliorarne la tollerabilità, ma in questo modo l'assorbimento della tetraciclina-HCI viene compromesso.  E' stata descritta l'insorgenza di epatotossicità dopo la somministrazione di più di 2 g di tetraciclina per via endovenosa e di dosi anche minori in gravidanza. Non esistono attualmente indicazioni per il trattamento con tetraciclina per via endovenosa in gravidanza. Tutte le tetracicline possono causare reazioni cutanee fototossiche, ma queste si verificano con maggior frequenza dopo somministrazione di doxiciclina. Altre reazioni cutanee, compreso il rash, sono infrequenti. Le tetracicline sono controindicate nei bambini di età inferiore agli 8 anni in quanto provocano pigmentazioni giallo-brune nei denti permanenti; la doxiciclina causa meno frequentemente questo effetto indesiderato. L' impiego delle tetracicline può inoltre causare un peggioramento della funzionalità renale in pazienti con danno renale preesistente, anche se una quota di iperazoternia potrebbe essere legatx al maggior catabolismo proteico. La doxiciclina e, forse, la minociclina sembrano essere prive di questi effetti indesiderati renali. Per questi pazienti sono quasi sempre disponibili efficaci agenti alternativi. La minociclina può causare vertigini nelle donne trattate a dosaggio pieno (fino al 70% dei casi), mentre negli uomini ciò si verifica con minore frequenza.

Sulfamidici e trimetroprim

I sulfarnidici sono generalmente sicuri, ma la lista dei possibili effetti collaterali è molto lunga. Questi composti occasionalmente causano un certo numero di reazioni allergiche, da rash cutanei relativamente lievi (comprendenti eruzioni maculopapulari e reazioni orticarioidi che tipicamente compaiono dopo una settimana di terapia) fino a gravi reazioni potenzialmente fatali, come l'eritema multiforme, la sindrome di Stevens-Johnson e la necrolisi epidermica tossica. Le gravi reazioni da ipersensibilità si sono verificate con maggior frequenza in seguito all'impiego di sulfamidici a lunga emivita, come la sulfametossipiridazina, attualmente non più utilizzati. L'associazione di pirimetamina più sulfadoxina, usata nella profilassi  antimalarica.

Fluorochinoloni

Possono dare nausea e diarrea ed effetti neurologici come insonnia e vertigine e reazioni allergiche ed epatopatia.

 vedi anche l'indice infettivologia