L'occhio, a modo di una camera, è l'organo deputato a ricevere la luce proveniente dagli oggetti, che, attraverso un sistema di lenti, viene infine proiettata sulla retina, cioè alla struttura che ha il compito di ricostruire le immagini che l'occhio ha percepito, come se si trattasse della pellicola di una macchina fotografica, o meglio, il sensore di una cinepresa. La luce viene focalizzata dalla cornea e dal cristallino e deve attraversare il corpo vitreo prima di venire assorbita dai fotorecettori.
La retina è in stretto rapporto con l'epitelio pigmentato, le cui cellule contengono grandi quantità di melanina, un pigmento nero che assorbe la luce che non è stata trattenuta dalla retina e impedisce che possa essere riflessa su altre parti della retina stessa, con conseguente deterioramento delle immagini visive. Le cellule dell'epitelio pigmentato svolgono anche alcune funzioni metaboliche importanti per la funzionalità dei fotorecettori: esse sono infatti in grado di risintetizzare i pigmenti visivi fotosensibili e hanno la proprietà di fagocitare le estremità del segmento esterno dei fotorecettori stessi, facilitandone il ricambio. Data la posizione dei fotorecettori, la luce deve attraversare tutti gli altri strati della retina, prima di colpirli. I neuroni degli strati reti superficiali, però, sono pressoché amielinici, perciò abbastanza trasparenti, il che permette alla luce di raggiungere i fotorecettori senza venire assorbita o distorta in maniera apprezzabile. Esiste una regione della retina, la fovea, nella quale i corpi cellulari dei neuroni degli strati sovrastanti i recettori sono spostati lateralmente, il che permette ai recettori di ricevere le immagini visive nella forma meno distorta. Questi, disposizione è particolarmente accentuata al centro della fovea, nella cosiddetta foveola. In posizione nasale rispetto alla fovea è localizzato il disco ottico, o papilla del nervo ottico, che è il punto nel quale le fibre del nervo ottico lasciano la retina. In questa zona non esistono fotorecettori: ciò determina la presenza di una macchia cieca nel campo visivo.
I fotorecettori sono di due tipi: coni e bastoncelli. La luce interagisce con i pigmenti visivi situati nel segmento esterno dei bastoncelli e dei coni. I segmenti esterni hanno un'elevata capacità di captazione della luce in quanto possiedono una grande concentrazione di pigmenti visivi, capaci di assorbirla. Ogni pigmento è una molecola di piccole dimensioni, legata in modo covalente a una proteina di membrana di grandi dimensioni e capace di assorbire la luce.
I fotorecettori sono in grado di ospitare una grande quantità di queste proteine di membrana, in quanto il loro segmento esterno ha sviluppato un complicato sistema di dischi, sovrapposti fra loro, i quali aumentano enormemente la superficie complessiva della membrana plasmatica, di cui rappresentano una serie continua di invaginazioni. Nei bastoncelli, ma non nei coni, i dischi si separano dalla membrana citoplasmatica, diventando organuli intracellulari. Come gli altri neuroni, i fotorecettori non vanno incontro a mitosi. I loro segmenti esterni sono tuttavia rinnovati continuamente.
Nei bastoncelli, nuovi dischi si formano a partire dalla base del segmento esterno e migrano poi verso l'estremità del segmento stesso. Questo processo è molto rapido: vengono sintetizzati, infatti, mediamente tre dischi ogni ora. L'estremità del segmento esterno si distacca e viene eliminata dall'azione fagocitarla delle cellule dell'epitelio pigmentato. Anche i coni, il cui apice è più lontano dall'epitelio pigmentato rispetto a quello dei bastoncelli, rinnovano il proprio segmento esterno e lo eliminano per fagocitosi.
I meccanismi della fototrasduzione comportano una serie di eventi biochimici a cascata nel segmento esterno dei fotorecettori. Essenzialmente, la fototrasduzione comporta la chiusura di canali del sodio (Na+), che al buio sono normalmente aperti, grazie agli elevati livelli intracellulari di guanosin-monofosfato ciclico (cGMP). La luce, infatti, viene assorbita dalle molecole di fotopigmento (rodopsina, nei bastoncelli) che, attivate, stimolano una proteina G (transducina, nei bastoncelli) che attiva, a sua volta, una cGMP fosfodiesterasi. Questo enzima catalizza la degradazione del cGMP a 5-GMP, provocando la riduzione della concentrazione intracellulare del cGMP e, quindi, la chiusura dei canali del Na+ e l'iperpolarizzazione dei fotorecettori, che rappresenta, dunque, la risposta di questi alla stimolazione luminosa. La concentrazione del cGMP nel segmento esterno dei fotorecettori non è regolata soltanto dalla luce, ma anche dalla concentrazione intracellulare del calcio (Ca2+).
La modulazione esercitata dal Ca2+ sui livelli di cGMP è importante
per i processi di adattamento alla luce, che si verificano quando si passa da un
ambiente oscuro a uno molto illuminato. In questa circostanza, all'inizio la luce
ha un effetto accecante, ma - dopo qualche decina di secondi - l'occhio si adatta
alla nuova situazione. Il fenomeno dipende da una serie di fattori - come, per esempio,
la contrazione della pupilla - ma le modifiche principali che questo evento comporta
sono a carico dei fotorecettori. Una luce molto vivace fa chiudere tutti i canali
cGMP-dipendenti, iperpolarizzando massimamente i coni, che non sono, quindi, più
in grado di rispondere a ulteriori variazioni del flusso luminoso. Lentamente, però,
i coni si depolarizzano di nuovo, a parità di flusso luminoso, tornando a essere
sensibili alle variazioni, e l'elevata luminosità di fondo non risulta più accecante.
In tutto questo, il Ca2+ svolge un ruolo importante, in quanto normalmente inibisce
la guanilatociclasi, l'enzima che produce il cGMP. Quando i canali per il Na+ sono
chiusi, il Ca2+, che normalmente li attraversa entrando nella cellula, si trova
sbarrata la via di ingresso, quindi si riduce la sua concentrazione intracellulare
(il processo attivo che li pompa fuori dalla cellula non viene alterato) e diminuisce
anche l'inibizione che esso esercita sulla guanilatociclasi. Viene quindi sintetizzato
più cGMP e i canali per il Na+ tornano ad aprirsi.
La retina modifica ed elabora i segnali evocati dalla luce nei fotorecettori
prima di inviarli al cervello. I neuroni d'uscita della retina sono le cellule
gangliari, i cui assoni formano il nervo ottico e raggiungono il corpo genicolato
laterale, il collicolo superiore e altri nuclei del tronco encefalico. A differenza
dei fotorecettori, che rispondono alla luce con cambiamenti graduali del proprio
potenziale di membrana, le cellule gangliari trasmettono le informazioni sotto forma
di scariche di potenziali d'azione. I segnali dei fotorecettori vengono trasmessi
alle cellule gangliari tramite tre tipi di interneuroni: le cellule bipolari,
le cellule orizzontali e le cellule amacrine. Queste cellule sommano
anche i segnali provenienti da diversi fotorecettori..
Mentre l'informazione visiva viene trasferita dai fotorecettori alle cellule gangliari,
essa viene anche separata in due vie parallele, dette rispettivamente via centro-on
e via centro-off. Le cellule gangliari centro-on vengono eccitate
quando la luce stimola il centro dei loro campi recettivi e inibite quando ne viene
stimolata la periferia; le cellule gangliari centro-off presentano risposte opposte
. Queste trasformazioni dell'informazione visiva fanno sì che i centri superiori
possano mettere in evidenza piccole differenze e rapide variazioni di luminosità.
Esistono, inoltre, cellule gangliari specializzate nell'elaborazione di altre caratteristiche
delle immagini visive ed al loro movimento, mentre altre mettono in
luce colore e dettagli.
Oltre alla qualità centro-on e centro-off le cellule gangliari della retina
vengono distinte, per quanto riguarda altre caratteristiche anatomo-funzionali,
in cellule X, Y e W. Le cellule X hanno corpi cellulari di piccole
dimensioni e piccoli campi dendritici. Piccoli sono pure i campi recettivi e lenta
la velocità di conduzione dei loro assoni. Queste cellule vengono considerate l'origine
di un sistema deputato all'alta risoluzione dei dettagli. Le cellule Y
hanno corpi cellulari più grandi e ampie arborizzazioni dendritiche, con assoni
a rapida velocità di conduzione. Questi neuroni, che rispondono solo a stimoli di
grandi dimensioni e che si muovono ad alte velocità, vengono ritenuti gli elementi
di origine del sistema devoluto all'analisi del movimento degli oggetti.
Le cellule W hanno caratteristiche intermedie fra le precedenti (piccolo
corpo ed estesa arborizzazione), ma la loro presenza, dimostrata nel gatto, non
è stata confermata nei primati. Il flusso d'informazioni, parzialmente elaborato
dalla retina, viene convogliato ai centri nervosi superiori. A livello del chiasma
ottico le fibre provenienti dalle emiretine nasali incrociano la linea
mediana, mentre quelle provenienti dalle emiretine temporali rimangono dallo
stesso lato. In questo modo si ottiene un incrociamento funzionale (non anatomico,
come per il sistema somatosensoriale o quello motorio) delle informazioni visive:
quelle che provengono dalla sinistra del corpo si portano alla metà destra del cervello,
che è quella che governa, per esempio, i movimenti della muscolatura della metà
sinistra. Inoltre, in ciascun occhio, l'emiretina nasale vede il campo visivo dello
stesso lato, mentre l'emiretina temporale vede quello controlaterale. Ciascuna retina
trasmette il prodotto della propria elaborazione tramite un canale costituito da
1.200.000 fibre mieliniche, il nervo ottico, organizzato in modo da mantenere la
contiguità dei punti la contiguità di punti vicini sulla retina. Dopo circa 4 cm,
queste fibre raggiungono il chiasma, dove avviene l'incrociamento delle fibre provenienti
dalla metà nasale di ciascuna retina. Passato il chiasma, l'informazione visiva
viaggia nei tratti ottici, ciascuno dei quali conduce l'immagine proveniente dall'emicampo
visivo controlaterale e la distribuisce ad almeno sei diverse stazioni sottocorticali:
nuclei pretettali, collicolo superiore (tetto ottico), nucleo genicolato laterale,
pulvinar, reticolare troncoencefalica e ipotalamo.
Se s'indirizza un fascio di luce in un solo occhio, si ottiene la costrizione sia
della pupilla dello stesso occhio (risposta diretta) sia della pupilla dell'altro
occhio (risposta consensuale). I riflessi pupillari alla luce sono mediati dai neuroni
gangliari della retina che rispondono alle variazioni della luminosità globale.
Queste cellule gangliari proiettano alla regione pretettale, localizzata appena
rostralmente al collicolo superiore. Le cellule dell'area pretettale proiettano
bilateralmente ai neuroni pregangliari parasimpatici del nucleo di Edinger-Westphal
(o nucleo oculomotore accessorio), che sono situati in una zona immediatamente
adiacente a quella dei motoneuroni somatici del nervo oculomotore. Gli assoni delle
cellule pregangliari, seguendo il nervo oculomotore, prendono contatto sinaptico
nel ganglio cigliare, da dove originano le fibre postgangliari che giungono alla
muscolatura dello sfintere dell'iride. Il riflesso pupillare ha notevole interesse
clinico, in quanto la presenza o l'assenza della risposta consensuale di un occhio
e dell'altro permette di inferire se la branca afferente (nervo ottico) o quella
efferente (nervo oculomotore) di un lato o dell'altro siano o meno danneggiate.
Una parte delle fibre del nervo ottico giunge anche al collicolo superiore
(o tetto ottico). Il collicolo superiore coordina le informazioni visive, somatiche
e uditive orientando i movimenti del capo e degli occhi verso la sorgente di uno
stimolo. Nei sette strati che costituiscono il collicolo superiore, infatti, sono
rappresentate tre mappe sensitive - una visiva, una somatosensoriale (della superficie
corporea) e una della localizzazione spaziale dei suoni - oltre a una mappa motoria.
La rappresentazione spaziale delle strutture periferiche, in ciascuna mappa sensoriale,
è allineata con quella delle altre mappe. Per esempio, i neuroni della mappa
visiva, superficiale, che ricevono informazioni dal campo visivo temporale controlaterale,
sono localizzati esattamente al di sopra dei neuroni della mappa uditiva, più profonda,
che ricevono informazioni dalla corrispondente regione controlaterale dello spazio
uditivo; analogamente, i neuroni della regione corrispondente della mappa somatosensoriale,
in registro con i precedenti, ricevono informazioni dalla parte controlaterale del
corpo. In tal modo, le informazioni relative alla localizzazione di uno stimolo,
rispetto a una particolare regione del corpo, vanno a confluire nella stessa zona
del collicolo superiore. Le tre mappe sensoriali sono connesse con una mappa motoria
localizzata negli strati più profondi del collicolo superiore, per cui il collicolo
è in grado di utilizzare le informazioni sensitive per controllare i movimenti oculari
saccadici, che orientano lo sguardo verso lo stimolo, di qualsiasi natura esso sia.
Questa funzione è svolta dal collicolo superiore in collaborazione con i campi oculari
frontali della corteccia cerebrale (area 8), che ne rappresentano una sorta
di encefalizzazione. Il collicolo superiore proietta alle zone del tronco encefalico
che controllano i movimenti oculari, al midollo spinale, per i movimenti del capo
e del collo, e al cervelletto, per realizzare una migliore coordinazione dei movimenti
degli occhi e della testa.
Nel nucleo genicolato laterale si mantiene ancora un alto grado di retinotopia: la parte centrale del campo visivo è rappresentata posteriormente e centralmente, la parte periferica anteriormente, la metà inferiore medialmente e dorsalmente, la metà superiore lateralmente e ventralmente. Oltre a un preciso ordine retinotopico, nel nucleo genicolato laterale si trovano ancora anatomicamente separate alcune caratteristiche dell'informazione visiva, quali l'occhio da cui proviene l'informazione, nonché il tipo di cellula gangliare che gli ha dato origine. Delle sei lamine cellulari sovrapposte di cui è costituito il nucleo genicolato laterale, le lamine I, IV e VI ricevono dalla retina nasale controlaterale e le lamine II, III e V raccolgono le fibre della retina temporale ipsilaterale, cosicché le due metà corrispondenti della retina di entrambi gli occhi sono sovrapposte in ordine quasi alternato nei vari strati, in maniera organizzata topograficamente. Di conseguenza, ciascuna lamina contiene una rappresentazione dell'emicampo visivo controlaterale in registro con le lamine contigue. Le terminazioni dei due tipi di cellule gangliari X e Y giungono preferenzialmente su lamine diverge del nucleo genicolato. Le Y terminano in gran parte nelle lamine I e II, caratterizzate da cellule più grandi e dette perciò magnicellulari, mentre le X terminano sulle lamine da III a VI, dette parvicellulari per le dimensioni più piccole dei neuroni. Infine, prove sperimentali suggeriscono che nell'ambito delle cellule ad antagonismo spettrale sensibili al rosso e al verde, le centro-on terminano prevalentemente negli strati V e VI, le centro-off contribuiscono soprattutto alle lamine III e IV. Sul piano funzionale, i campi recettivi dei neuroni del nucleo genicolato sono molto simili a quelli delle cellule gangliari della retina, prevalentemente costituiti da zone antagoniste concentriche. Per questo motivo, il genicolato laterale è stato per molto tempo considerato un semplice nucleo di ritrasmissione della via retinostriata. Tuttavia, considerazioni anatomiche derivanti dalle afferenze che questo nucleo riceve sia dalla formazione reticolare e da nuclei talamici associativi sia, in via discendente, dalla stessa corteccia visiva, insieme a considerazioni fisiologiche derivanti dalla conoscenza della sua microcircuiteria, suggeriscono che esso sia un nucleo di integrazione del messaggio visivo. La sua funzione sembrerebbe legata all'analisi del contrasto, a una qualche selezione attentiva degli stimoli visivi, ovvero provvedereb-be a regolare l'entità - e forse la temporizzazione - del flusso di informazioni verso la corteccia striata.
La quasi totalità delle fibre provenienti dai neuroni del nucleo genicolato termina nella corteccia striata, l'area 17 di Brodmann, che nell'uomo si trva lungo i bordi della scissura calcarina. Le proiezioni genicolostriate sono ancora organizzate secondo l'ordine retinotopico. Nell'area 17 di ciascun emisfero si trova rappresentato l'emicampo visivo controlaterale in maniera tale che se la scissura calcarina venisse distesa, la corteccia striata apparirebbe come un settore circolare sul quale possono essere riportate le coordinate dell'emicampo visivo. La parte foveale e perifoveale sono rappresentate in corrispondenza del polo occipitale, i settori periferici inferiori del campo visivo sulla superficie superiore del solco, i settori superiori sulla superficie inferiore. Se si suddivide idealmente il campo visivo in piccole parti uguali, ciascuna di esse viene rappresentata su una superficie corticale tanto più ampia quanto più è vicina alla fovea.
L'inverso, ovviamente, avviene se si considera la rappresentazione corticale, nei senso che se la corteccia viene suddivisa idealmente in parti uguali, a ciascuna di esse corrisponderà una porzione di campo visivo tanto più grande quanto più lontano esso sarà dalla fovea. La rappresentazione distorta del campo visivo sulla corteccia striata è l'espressione della diversa densità recettoriale e del differente grado di convergenza dei recettori sulle cellule gangliari, fra centro e periferia della retina. Nella retina centrale, infatti, la densità recettoriale è più elevata e il grado di convergenza sulle cellule gangliari è inferiore. Ciò fa sì che, a parità di estensione, la retina centrale sia dotata di un maggior numero di cellule gangliari rispetto alla retina periferica. Tale condizione si mantiene nel nervo ottico e lungo le vie visive e trova la sua manifestazione più eclatante a livello corticale, dove la rappresentazione delle parti centrali del campo visivo occupa una superficie proporzionalmente molto più grande di quella delle parti periferiche. Grazie a questo meccanismo e alle minori dimensioni dei campi recettivi centrali rispetto a quelli periferici, l'analisi del campo visivo centrale (fovea e parafovea) è più fine e complessa di quella a cui è soggetto il campo visivo periferico.
Nell'area
17 è infatti evidente una striatura, la stria di Gennari, che dà il nome
a quest'area. La stria di Gennari è determinata dalle fibre afferenti dal nucleo
genicolato laterale. Il IV strato dell'area 17 è inoltre caratterizzato da una maggior
complessità ed è suddiviso in tre sottolamine IVa, IVb e IVc; IVc, a propria volta,
è suddiviso in IVca e IVcp. Anche il V strato è ulteriormente suddiviso in lamine:
Va e Vb. Le fibre provenienti dalle zone parvicellulari e magnicellulari del nucleo
genicolato laterale arrivano in zone di terminazione separate. L' input dalle lamine
parvicellulari si distribuisce alle lamine IVc b e IVa, con un contributo modesto
alla parte superiore del VI strato. Le fibre provenienti dallo strato magnicellulare
sono distribuite principalmente alla lamina IVca, con proiezioni sparse alla parte
inferiore della lamina VI. Le successive connessioni tra i vari strati di corteccia
sono più ordinate di quanto non appaia a prima vista. Gli strati IV e VI, che fanno
da strati recettivi, oltre a essere interconnessi tra loro e con le porzioni del
nucleo genicolato laterale dalle quali ricevono le afferenze, mandano i propri assoni
agli strati sopra- e sottogranulari, che si comportano da strati di più alta integrazione.
Così, se si considera il flusso di impulsi del sistema X-parvicellulare, si vede
che gli strati IV e VI inviano i loro assoni alle lamine II-III e Va. Lo strato
Va, inoltre, che riceve terminazioni, in piccola quantità, anche dal IVca, manda
i propri assoni agli strati II-III, i quali ricevono aderenze anche dal pulvinar.
Dalle lamine II-III i segnali vengono convogliati alle aree peristriate 18 e 19,
nonché, tramite la sottolamina Vb, al collicolo superiore e dì pulvinar.
Le afferenze provenienti dal sistema Y-magnicellulare, dalle sottolamine IVca e
dalla parte profonda della lamina VI convergono sulla sottolamina IVb, i cui assoni
efferenti terminano nelle aree visive del solco temporale superiore (STS), principalmente
nell'area V5 (o mediotemporale, MT), considerata come probabile sede dell'analisi
del movimento degli oggetti nello spazio. Quest'area, che riceve afferenze anche
dalla parte bassa della lamina VI, è connessa reciprocamente con la sottolamina
IVb.
Questo schema porta a due considerazioni :
- le afferenze corticali di tipo X-parvicellulare e Y-magnicellulare tendono a mantenersi
separate, anche se interagiscono in qualche punto;
- all'interno di ciascuno dei
due sistemi esiste un alto grado di interazione tra i vari strati corticali : tra
gli strati corticali e altre aree o nuclei del sistema visivo.
Il correlato funzionale di questa organizzazione risiede nella struttura dei campi
recettivi delle cellule della corteccia striata, che hanno di solito forma allungata,
spesso con un orientamento preferito lungo l'asse maggiore. Possono essere costituiti
da zone antagoniste contigue, dimostrabili con la stimolazione stazionaria di porzioni
più piccole del campo stesso, come nel caso delle cellule semplici; in alternativa,
i neuroni possono dare risposte imprevedibili a tale stimolazione distrettuale del
proprio campo recettivo ed essere eccitati solo da stimoli in movimento, come nel
caso delle cellule complesse.
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