Si
parla di discromie quando la pelle assume colorazione che si discosta dalla
norma. Si tratta cioè di alterazioni della pigmentazione cutanea in senso ipo- o ipercromico
provocate da esposizione a sostanze chimiche per questioni professionali
oppure per contatto delle stesse con la pelle.
Le seconde sono le più frequenti e dipendono da accumulo di melanina
La più classica è quella conseguente ad intossicazione da arsenico; l'avvelenamento cronico determina lesioni cutanee, descritte come indurimento e macchie sulla pelle, edemi e gonfiori alle palpebre e alle caviglie, bruciori e perdita dei capelli. Nell'intossicazione cronica i sintomi sono molto sfumati e soprattutto possono essere particolarmente subdole.
Un soggetto presenta irritabilità e depressione, dermatiti esfoliative, polineuriti, epatite tossica o cancro a carico delle mucose. Tale intossicazione si può manifestare nei lavoratori della fabbricazione del vetro, negli operai addetti all'industria di pellame, in agricoltura per la produzione di insetticidi anticrittogamici e diserbanti. I soggetti possono avere una melanosi pronunciata localizzata a livello di nuca, dorso, ascelle, braccia, seno e pieghe. Il meccanismo d'azione è caratterizzato dall'incremento della trasformazione della tiroxina in DOPA. Nelle fasi iniziali la pigmentazione è reversibile.
Una condizione di ipercromia si manifesta nei soggetti che per ragioni professionali rimangono per ore sotto l'azione dei raggi ultravioletti. Si determinano reazioni fototossiche, che interessano contadini, forestali e floricoltori, sono generalmente indotte dalla luce solare potenziata dalle furocumarine contenute in alcune piante (fico, sedano, prezzemolo, etc.). Per es. sono noti a tutti gli effetti collaterali del succo di fico, se esso viene spalmato sulla pelle: una paziente, per es. , aveva realizzato a casa una specie di crema abbronzante servendosi del succo delle foglie di fico determinandosi delle ustioni particolarmente gravi sulle parti del suo corpo che erano venute a contatto con la luce solare.
Lo stesso accade nei paziente che si espongono al sole
coricandosi sull'erba dei prati, poichè sostanze fotosensibilizzanti possono
essere assorbite dalla pelle. Tale pratica è particolarmente pericolosa.
Le manifestazioni cliniche compaiono dopo 24 ore, interessano solo le sedi di
contatto e includono eritema, edema volto, vescicole e bolle, alla cui risoluzione
esita un'iperpigmentazione che può persistere per alcuni mesi.
L'iperpigmentazione può costituire l'esito di dermatiti da contatto indotte da
vari allergeni, dei quali quelli maggiormente chiamati in causa sono:
-Sbiancanti ottici (detersivi)
-Pigmenti, profumi, antisettici (cosmetici)
-Formaldeide
-Formolo
-Nichel
-Gomma
Definita vitiligine occupazionale, poiché legata ad attività lavorativa in industria della gomma o dei germicidi, può essere presente anche extraprofessionalmente dopo contatto con l'idrochinone, usato nel trattamento del melasma, o il parabutilcatecolo presente in olii lubrificanti, antiruggine, resine e pitture.
La depigmentazione colpisce soggetti con una labilità del melanocita, nei quali
l'agente tossico provoca rapida distruzione dei melanociti o inibizione
transitoria o permanente (in funzione dalla durata del contatto con la sostanza
incriminata) della sintesi di melanina.
In questo caso la vitiligine interessa solitamente le sedi di contatto con
l'agente lesivo, quindi prevalentemente viso e mani, e, se le aree cutanee sono
ricoperte da peli (per esempio regioni perioculari, fronte, etc.), il
coinvolgimento di questi è piuttosto tardiva.
Nella vitiligine idiopatica,
invece, le sedi colpite, oltre viso e mani, sono la regione mammaria (donna), i
genitali, i gomiti, i ginocchi; inoltre la melanina del pelo è coinvolta
contemporaneamente a quella della cute. Le aree in cui la leucodermia sia stata
indotta da sostanze chimiche, infine, possono ripigmentarsi dopo 2-3 anni
dall'interruzione del contatto.
Leucodermie secondarie si osservano frequentemente in seguito ad ustioni
termiche e chimiche (per esempio da soda caustica, utilizzata nella
fabbricazione di detersivi e della carta, o in elettronica per la produzione di
circuiti).