Tumori del fegato, classificazione pratica

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appunti del dott. Claudio Italiano  

Si dividono in benigni e maligni e, soprattutto, secondari o metastatici, cioè per i quali si riconosce un tumore originario, detto tecnicamente, primitivo, che in genere è a partenza del colon, dove il fegato affonda le sue radici tramite il sistema portale a cui affluisce il sangue dell'intestino, oppure dal polmone, dalla mammella ed appunto si parla di " secondarismi", cioè metastasi. E' assai facile, pertanto, nella pratica clinica, individuare lesioni del fegato sospette; in genere, se le lesioni sono ben delimitate, s pensa ad un emangioma, ma è possibile individuare altre lesioni nodulari che necessariamente vanno seguite nel tempo ed indagate con biopsia, se questa manovra è ritenuta indicata dallo specialista. Descriviamo qui le lesioni benigne ed a seguire le lesioni maligne del fegato.

Tumori benigni del fegato

Adenomi epatocellulari

Prevalgono nel sesso femminile, probabilmente per fattori ormonali, da quando sono stati introdotti i contraccettivi estro-progestinici. Se si tratta di tumori multipli è possibile un’associazione con una tesaurismosi, la glicogenosi di tipo I. Essi si osservano nel lobo di destra e sono voluminosi, fino a 10 cm di diametro. Istologicamente si tratta di epatociti normali o solo lievemente atipici, con contenuto di glicogeno aumentato, dolore addominale e massa palpabile. La diagnosi non è semplice, perché il medico, di fronte, ad una lesione, pensa sempre al peggio ed allora si avvale di tecniche diagnostiche differenti:

- si comincia dall’ecografia addominale, che fornisce già l’idea della lesione, se ipoecogena, se iperecogena;

- si passa quindi alla TC addome con mezzo di contrasto ed alla risonanza magnetica;

- in caso specifici si ricorre anche all’arteriografia epatica, per dimostrare che la lesione è ipervascolarizzata mentre la scintigrafia con tecnezio 99m, dimostra un’area che non si colora, poiché le cellule del Kupffer sono assenti in questo tipo di lesioni. La terapia prevede la sospensione immediata dei contraccettivi e la resezione con esame istologico del pezzo al momento dell’intervento.

Iperplasia nodulare focale.

iperplasia nodulare focale

L’iperplasia nodulare focale è un tumore benigno identificato per caso durante le indagini diagnostiche; si ossserva nel sesso femminile, più che altro, e si tratta di tumore solido, localizzato al lobo di destra, costituito da cellule stellate con epatociti atipici, epitelio biliare, cellule di Kuppfer e cellule infiammatorie. La scintigrafia epatica con tecnezio 99m dimostra in questo caso aree di ipercaptazione ed all’angiografia la lesione è ipervascolarizzata. Anche qui è sempre indicata la chirurgia.

Emangioma

E’ un tumore benigno di assai frequente riscontro e, probabilmente, chi ci sta leggendo soffre proprio di questo tipo di lesione e pensa al peggio! Si osserva nel sesso femminile in maniera casuale, come incidentaloma. La sua prevalenza è dello 0.5 – 7% e per caso durante una TC addome o una RMN o impiegando le emezie marcate o l’angiografia epatica vengono diagnosticati emangiomi. L’unico rischio di morte può essere dovuto a rare emorragie interne, ma è un’evenienza remota e cosi pure lo è un’eventuale trasformazione neoplastica.

Iperplasia nodulare rigenerativa

Si caratterizza per noduli multipli che derivano dalla rigenerazione degli epatociti periportali con zone atrofiche circostanti. Altri tumori benigni sono gli adenomi dei dotti biliari, i cistoadenomi e gli emnagioendoteliomi.

Tumori maligni del fegato

HCC multifocale

CT Epatocarcinoma di tipo diffuso, notare le macchie ipodense

Carcinoma epatocellulare. E’ un tumore primitico o HCC, come si definisce in sigla, particolarmente diffuso nei paesi dell’Asia e dell’Africa dove l’incidenza è di 500 casi su 100.000 abitanti, mentre altrove, in europa ed USA, rappresenta l’1 o 2% delle neoplasie. Più frequente negli uomini, con rapporto di 4:1.

Eziologia.

Il tumore riconosce quasi sempre come causa un’infezione da virus dell’epatite B (HBV) e dell’epatite C (HCV). Infatti queste infezioni tendono a cronicizzare ed ad evolvere verso le forme di epatite cronica e di cirrosi. Così nel 60% dei casi, nei soggetti cirrotici, affetti dalle forme “macronodulari” può accadere ad un certo punto di osservare una lesione maligna svilupparsi, mentre impennano i valori della alfa-feto.proteina che è il marcatore chiave della neoplasia. Ormai è assodata la correlazione fra HBV e cancro, tanto che in Cina si stima che il 40% dei pazienti affetti da cirrosi epatica, svilupperà un carcinoma. La causa di ciò è correlata all’integrazione del genoma di HBV nell’epatocita, integrazione che è alla base di mutazioni dei geni in particolare nelle regioni X e pre-S2. Dopo la scoperta di HCV, numerosi studi hanno dimostrato anche la correlazione tra tale virus ed il carcinoma epatocellulare, specie nei soggetti con coinfezione HCV ed HBV. Inoltre pare che qualsiasi agente chimico che stimoli il DNA dell’epatocellula sia responsabile di trasfromazione neoplastica della stessa. Queste condizioni comprendono l’epatopatia alcolica, il deficit di alfa-antitripsina e l’aflatossina B che nei cinesi causa mutazione del gene incosoppressivo p53 ed una mutazione del codone 249.

Sintomatologia

I carcinomi epatici possono sfuggire alla diagnosi perché spesso si manifestano nei cirrotici e la presenza di sintomi e segni può indicare una progressione dell’epatopatia di base. La più frequente forma di presentazione è il dolore, con presenza di massa addominale, dolore dell’ipocondrio destro a cui si associa un rumore come di crepitio o sfregamento. L’ittero è raro ma può anche essere presente inizialmente per un’importante ed ulteriore perdita di una già precaria funzionalità epatica o perché, più semplicemente, si determina occlusione di una via biliare per compressione ab estrinseco della massa stessa, con aumento degli indici di colestasi, nè più, ne meno come per il cancro della testa del pancreas. Una piccola percentuale di pazienti può presentare una forma detta sindrome paraneoplastica con eritrocitosi a causa di attività simileritropoietinica del tumore ed ipercalcemia.

La diagnosi.

Si avvale di tecniche che partono dalla banale ma prezione ecografia addominale, per passare alla TC addome ed alla RMN, all’arteriografia della arteria epatica, con l’intento di attuare talora anche la chemoembolizzazione della massa. Inoltre l’indagine a cui abbiamo accennato prima, l’alfa-feto-proteina, è un indice abbastanza sensibile del tumore, poiché si impenna sui valori di 500-1000 microgrammi/l. La biopsia epatica percutanea tac od ecoguidata completa l’iter diagnostico, mentre è pressocchè inutile praticare la paracentesi esplorativa che dà poche informazioni circa la presenza di cellule nel sedimento del liquido ascitico.

Terapia.

Quando la malattia è evidente, la sua evoluzione è rapida e la maggior parte dei pazienti, per quanto trattati, vive da tre a sei mesi. Se invece la diagnosi è fatta per tempo, la resezione chirurgia può essere attuata con successo, specie se non vi sono metastasi a distanza, resezione che spesso si allarga ad un intero lobo epatico. La sopravvivenza però anche in questi casi selezionati è sempre bassa a cinque anni. Gli screening, allora, che si attuano per ricercare i pazienti in tempo utile, oltre che l’alfafetoproteina, ricercano i marcatori dell’epatite e cioè i soggetti HbsAg positivi sono stati trattati chirurgicamente per tempo, poiché gli autori orientali li tenevano sempre sotto osservazione ed in essi la resezione di piccoli carcinomi epatocellulari capsulati dava una sopravvivenza a cinque anni anche del 70%. Infine il trapianto di fegato, in casi limitati, può essere utilizzato come opzione terapeutica. Altri approcci sono la chemioembolizzazione e l’alcolizzazione delle lesioni per via percutanea o la crioablazione e la terapia genica o la terapia a radioablazione.

Altri tipi di tumori del fegato sono:

- epatoblastoma dell’infanzia

- angiosarcoma a partire dagli spazi vascolarizzati

- angioendotelioma epitelioide

Tumori secondari o metastatici.

In genere derivano da lesioni primitive che hanno dato metastasi al fegato, che come sappiamo affonda le sue “radici” venose nel tubo digerente. Parliamo appunto di tumori del colon, poiché il fegato funzione come una specie di filtro, essendo dotato delle cellule del Kuppfer e, dunque, trattiene facilmente le cellule metastatiche. Virtualmente, eccettuato i tumori del sistema nervoso, ogni neoplasia primitiva può dare metastasi al fegato, oltre il tubo gastroenterico, il polmone, la mammella ed i melanomi. I segni, in questi casi, sono la cachessia, la febbre neoplastica, il dolore epatico, i segni di colestasi, l’ascite neoplastica che si determina repentinamente. La terapia in queste evenienze si fa più difficile, poiché bisogna comprendere come aggredire la lesione secondaria del fegato ed anche questa primitiva. Si tratta di decisioni che vanno affidate alle mani esperte di professionisti dei centri oncologici.

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