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Le tromboflebiti superficiali

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  15. La trombosi venosa profonda, trattamento

Tromboflebiti superficiali

Le tromboflebiti superficiali (TS) vengono spesso erroneamente considerate, nelle loro svariate espressioni cliniche, una forma minore di flebopatia, facile da diagnosticare e con decorso benigno. A fianco puoi vedere una paziente con tromboflebite superficiale, area arrossata in regione poplitea, espressione della flebopatia safenica sottostante.

In realtà, esse meritano la giusta attenzione per una serie di motivi:
a) crescente prevalenza nella popolazione (incidenza, probabilmente sottostimata, di 1 caso su mille soggetti/anno),
b) associazione con malattie sistemiche anche gravi
c) potenziale evolutività nel senso dell'embolia polmonare
d) fonte di errore diagnostico, con conseguente somministrazione di terapie.

  L'attenzione dimostrata dalla letteratura scientifica internazionale per le TS. è dimostrata infatti dalla pubblicazione nel gennaio 2007 di una revisione sistematica nel Cochrane database of systematic review e, ancora più di recente, di due paragrafi nell'ottava edizione delle linee guida dell'American College of Chest Physicians sulla terapia antitrombotica della malattia tromboembolica venosa, pubblicata su Chest nel giugno 2008. Come vedremo di seguito, da queste pubblicazioni è possibile ricavare utili indicazioni per la gestione e la terapia di questa malattia, pur con alcune limitazioni legate alla relativa scarsità e alla eterogeneità degli studi che gli Autori hanno potuto individuare e revisionare.


 Le TS dal punto eziopatogenetico, come le trombosi venose profonde (TVP), dipendono da:
• varici venose
• interventi chirurgici
• neoplasie
• malattie autoimmuni
• trombofìlie ereditarie
• gravidanza, puerperio,
• pregressi episodi tromboembolici venosi.

Una sostanziale differenza con la TVP è però l'associazione molto più stretta delle TS alla malattia varicosa degli arti inferiori, segnalata in circa il 70% dei casi, e la minore comorbidità, come è dimostrato dalla prognosi nettamente migliore: mortalità a tre mesi pari a 0,1-1% per le Ts e al 5% per la TVP.
 

Una classificazione eziologica e patogenetica completa delle TS è la seguente:

Classificazione eziologica delle tromboflebiti superficiali

- Incannulamento/infusione venosa
- Fistola arterovenosa dialitica
- Traumi/microtraumi degli arti
- Da prevalente stasi venosa: Varici
- Da prevalente ipercoagulabilità:
- Coagulopatie ereditarie:mutazione del Fattore V di Leiden, mutazione del Fattore II, eccessivi livelli di Fattore VIII, di Fattore IX o di FattoreXI, carenza di proteina C/S, carenza di antitrombina, iperomocisteìnemia,deficit della fìbrinolisi, etc.

- Neoplasie solide: pancreas, polmone, prostata, stomaco, endometrio, mammella, colon Neoplasie ematologiche: policitemia,trombocitemia, sindromi mielo e linfoproliferative

- Malattie diffuse del connettivo Vasculiti: Buerger, Takayasu, Behcet, Wegener,

- Malattia infiammatoria intestinale: morbo di Chron, rettocolite ulcerosa >Nefropatie croniche e dialisi

- Farmaci: estroprogestinici, tamoxifene, Piodermiti, ascessi cutanei, siringa infetta.

Segni

Le TS si manifestano di solito acutamente, con intenso dolore in corrispondenza di una vena sottocutanea degli arti o del tronco, seguito rapidamente da eritema-edema localizzati e indurimento della vena interessata, che diviene palpabile sotto forma di cordone talora rilevato sul piano cutaneo.

Generalmente, anche nelle forme a spiccata componente infiammatoria e dolorosa, la febbre è assente, a eccezione delle forme, oggi rare, di tromboflebite infettiva, per cui la consuetudine tuttora ampiamente seguita a livello ambulatoriale di somministrare sistematicamente antibiotici nel trattamento delle Ts è del tutto errata.

Dal punto di vista prognostico e terapeutico, è importante fare una prima distinzione fra le forme di Ts iatrogene e quelle spontanee, fra le forme insorte su vena sana e quelle che interessano una varice venosa, fra le forme con importante componente infettive e quelle infiammatorie.

Diagnosi differenziale con altre lesioni di cute e sottocutaneo

La diagnosi richiede un'attenta anamnesi che indaghi su eventuali fattori predisponenti e scatenanti e un accurato esame obiettivo alla ricerca dei tipici reperti ispettivi e palpatori.

E' spesso possibile escludere con la sola clinica alcune condizioni che possono simulare una Ts:
a) le linfangiti acute di tipo infettivo, caratterizzate dalla presenza di una lesione cutanea solitamente a livello del piede, porta di ingresso dei germi responsabili, di una stria linfangitica eritematosa non rilevata e da una linfoadenopatia satellite palpabile;
b)  la dermoipodermite acuta degli arti inferiori a tipo erisipela che talora complica le dermoipodermiti croniche da stasi venosa o da stasi linfatica cronica degli arti inferiori. Questa malattia è caratterizzata dalla comparsa di febbre elevata a rapida insorgenza, dolore e impotenza funzionale di un arto, dalla mancanza del reperto palpatorio del cordone venoso sottocutaneo indurito corrispondente alla vena superficiale trombizzata, dall'estensione a macchia o a calzino della flogosi del sottocutaneo, dalla netta separazione della cute infiammata da quella sana con un livello situato di solito al di sotto del ginocchio ("segno dello scalino") e dalla buona risposta alla terapia con gli antibiotici efficaci contro i germi Gram-positivi (amoxicillina/acido clavulanico o cefalosporine di quarta generazione);
c) i noduli vasculitici palpabili a livello degli arti inferiori talora presenti in corso di panarterite nodosa o di tubercolosi (eritema indurato di Bazin). Oltre all'esame bioptico per la caratterizzazione istologica di queste forme morbose di incerta identificazione, un ausilio di fondamentale importanza per la diagnosi differenziale è costituito dalla metodica ecocolordoppler che, in mani esperte e utilizzando sonde a elevata frequenza (17 MHz), permette un'accurata diagnosi differenziale fra le tromboflebiti e le altre lesioni nodulari del sottocutaneo.

Fra tutte le forme di TS, meritano una trattazione più approfondita le tromboflebiti da infusione, la varicoflebiti e le cosiddette "tromboflebiti rivelatrici".

Le tromboflebiti da infusione rappresentano una patologia emergente nei pazienti portatori di catetere venoso centrale, in quanto sempre più spesso l'ago-cannula viene inserito nella vena basilica a livello del braccio anziché in vena succlavia per ridurre i rischi immediati della procedura; questa forma morbosa viene gestita prevalentemente dal medico ospedaliere, in quanto si ritiene che possa verificarsi nel 25-35% dei pazienti ospedalizzati portatori di catetere venoso centrale. La tromboflebite origina a livello dell'inserzione del catetere e resta solitamente confinata al circolo superficiale, ma talora può estendersi al circolo profondo attraverso la confluenza della vena basilica nella vena ascellare o può interessare il circolo profondo senza carattere di contiguità.

E' possibile la contaminazione batterica del catetere a partenza dal sito di inserzione con comparsa di quadri setticemici e di localizzazioni endocarditiche. Anche in questi casi si dimostra prezioso l'ecocolordoppler, in grado di evidenziare la presenza anche di minimi depositi trombotici pericatetere, evento che richiede monitoraggio e profilassi antitrombotica , e l'eventuale coesistenza di TVP.

Le varicoflebiti interessano nella maggior parte dei casi la vena grande safena (60-80%), con frequenza minore la vena piccola safena (10-20%) e le varici reticolari extrasafeniche (10-20%); nel 5-10% dei casi, la malattia interessa entrambi gli arti inferiori.

Le TS di gamba hanno solitamente un decorso più breve e una prognosi migliore; maggiore attenzione meritano le localizzazioni di coscia, soprattutto se l'evoluzione clinica è di tipo interessare la confluenza safeno-femorale e il circolo profondo in maniera inaspettata dal punto di vista clinico.

Un'altra possibilità di interessamento per contiguità del circolo profondo è costituita dalla cosiddetta varicoflebite a bottone di camicia (circolo superficiale => perforante=>circolo profondo). Effettivamente, nelle casistiche più recenti, l'interessamento delle vene profonde a partenza da una flebite superficiale sia con carattere di contiguità che come associazione di forme morbose separate, è riportato in percentuali variabili dall'8,6% al 44% dei casi esaminati con indagine ultrasonografica.

Se la tromboflebite superficiale interessa la coscia, è stata riportata una percentuale superiore al 30% di scintigrafie polmonari ad alta probabilità di embolia polmonare.

 

Le tromboflebiti rivelatrici sono caratterizzate dal punto di vista clinico dalla comparsa di una lesione cutanea eritematosa e dolente in un tratto di vena superficiale non varicosa, spesso in sede atipica (regione anteriore del torace, vena dorsale del pene: "flebite di Mondor").

La lesione ha tipicamente un andamento clinico recidivante e migrante nell'arco di settimane-mesi da un segmento venoso sano all'altro. In questo contesto clinico, può essere necessario investire risorse in accertamenti diagnostici tesi a escludere la presenza delle malattie sistemiche più frequentemente associate (neoplasie, malattie autoimmuni, trombofilie ereditarie), anche se non è attualmente possibile indicare un iter diagnostico validato. Sono auspicabili peraltro lo stretto monitoraggio clinico di questi pazienti alla ricerca di sintomi/segni rivelatori di malattia sistemica e l'eventuale ricorso a consulenze specialistiche.

Trattamento delle tromboflebiti superficiali.

Per quanto riguarda le opzioni terapeutiche, le Ts sono state di gran lunga meno studiate rispetto alla TVP mediante trial clinici randomizzati e controllati di adeguata potenza, per cui non sono disponibili raccomandazioni di grado A.

Nella recentissima "Antithrombotic therapy far venous thromboembolic disease: american college of chest physicians evidence-based Clinical practice guidelines (8th Edition)" sono stati valutati diversi trial di intervento con terapie topiche a base di antinfiammatori o eparinoidi, terapie sistemiche con antinfìammatori non steroidei (Fans), eparina calcica e varie eparine a basso peso molecolare, terapie chirurgiche con legatura della vena grande safena o safenectomia con conclusioni non definitive. Gli obiettivi dei trial per lo studio delle Ts dovrebbero idealmente essere costituiti dalla mancata estensione al circolo venoso profondo o dalla recidiva nel periodo di follow-up (di solito limitato a 3-6 mesi), anche se in molti studi non è stata neanche obiettivata l'eventuale estensione della trombosi al circolo profondo.

Per questo motivo gli esperti della materia raccomandano, in caso di tromboflebite da infusione, l'impiego di Fans per via topica o generale fino a risoluzione dei sintomi o per 2 settimane (grado 2B), mentre si esprimono a sfavore della terapia anticoagulante (grado 1C), atteggiamento che peraltro può essere condivisibile solo se si dispone della certezza del mancato coinvolgimento del circolo profondo. Le raccomandazioni terapeutiche sono diverse in caso di tromboflebite superficiale spontanea, in cui viene raccomandata una terapia con eparina non frazionata o con una eparina a basso peso molecolare (Ebpm) a dose profilattica (nadroparina 2.850 UI anti Xa /0,3mi o enoxaparina 40 mg/die a dosi fìsse) o intermedia (nadroparina 92,7 UI anti Xa/kg/die o enoxaparina 1 mg/kg/die in monosomministrazione) per almeno 4 settimane (grado 2 B), offrendo come alternativa l'impiego di Ebpm per 5 giorni e la sovrapposizione di un anticoagulante orale con un target di Inr pari a 2,5 (2,0-3,0), da continuare per 4 settimane (grado 2 C), senza associare antinfìammatori non steroidei (grado 2B) e senza ricorrere a interventi chirurgici (grado 1B).

La raccomandazione di somministrare dosi non terapeutiche di Ebpm deriva dai risultati dell'importante trial condotto da The vesalio investigators group, in cui è stata dimostrata la sostanziale equivalenza di una dose profilattica di nadroparina somministrata per 1 mese (0,3 ml: 2.850UI se/die) rispetto alla dose terapeutica aggiustata sul peso corporeo in 164 pazienti con Ts della vena grande safena nel prevenire le recidive locali e le complicanze tromboemboliche nel periodo di osservazione di 3 mesi. A conclusioni sostanzialmente analoghe, basate sulla revisione di 24 studi su 2.469 pazienti, si basa la review "Treatment for superfìcial thrombophlebitis of the leg" pubblicata nel registro Cochrane nel 2007.

Gli autori riportano una sostanziale equivalenza fra Ebpm e Fans nel ridurre di circa il 70% le recidive o l'estensione al circolo profondo, mentre ai trattamenti topici viene ascritto un miglioramento dei sintomi locali, ma senza documentazione sull'estensione del processo trombotico.

Un miglioramento della sintomatologia comunque è associato al trattamento con l'Ebpm nadroparina calcica rispetto a naprossene, come osservato nello studio di Titon et al.. Peraltro, a causa della scarsa qualità metodologica della maggior parte degli studi clinici finora disponibili, è ampiamente auspicata l'effettuazione di ulteriori studi adeguatamente designati e condotti che chiariscano l'iter diagnostico e il trattamento ottimale delle TS.

Nel frattempo, in considerazione della crescente disponibilità e affidabilità dell'ecocolordoppler, sembra opportuno raccomandare il ricorso a questa metodica nella maggior parte dei casi, per evitare errori diagnostici e terapeutici potenzialmente gravi, somministrando in tutti i casi in cui sia necessario la terapia con Ebpm alle dosi e per il tempo raccomandati nelle recenti linee guida.
 

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