Il trattamento dell’arteriopatia obliterante periferica (AOCP)

A tutti può capitare di fumare e, una volta anziani, specie se si è diabetici, di avvertire un dolore lancinante al polpaccio dopo una marcia intensa. Altre volte può ancora capitarvi che il dolore non c'è per niente, ma che al vostro piede compaiono degli strani calli, che sanguinano, si infettano e non guariscono più. E' possibile che siete affetti da arteriopatia periferica obliterante, cioè che le vostre arterie di gamba si siano ristrette e calcificate. Per capire qual'è il problema di questa patologia vi rimandiamo alla pagina sulle AOCP. Qui parliamo, invece, di come trattare queste patologie alla luce delle recenti linee guida.

 

Le arteriopatie periferiche

Fattori di rischio per Arteriopatia Periferica degli arti inferiori

Età inferiore a 50 anni con diabete e un altro fattore di rischio per aterosclerosi
Età 50-69 anni e storia di fumo o diabete
Età uguale o superiore a 70 anni
Sintomatologia a livello degli arti inferiori durante uno sforzo (indicativa di claudicatio) o dolore ischemico a riposo
Anomalie all'esame dei polsi tibiali
Patologia aterosclerotica nota a livello di arterie coronarie. carotidii o renali

Come smascherare le arteriopatie periferiche?

La ricerca dell’ABI o Ankle-Brachial –index è fondamentale per individuare i soggetti affetti da arteriopatia periferica; si ottiene dividendo la pressione ricavata al braccio per quella della caviglia.

Esempio:  la pressione sistolica del braccio è 140 mentre alla caviglia è 130, allora avremo:

130/140=0.92   dunque valore nella norma.

Ma non sempre è una metodica attendibile. Infatti in alcuni casi (per esempio pazienti con diabete o con insufficienza renale cronica avanzata), le arterie periferiche potrebbero risultare incomprimibili per la presenza di estese calcificazioni di parete,  rendendo abnorme la misura della pressione sistolica dell'arto. Un ABI che risulti > 1.4 può esprimere questa condizione. Valori di ABI così elevati sono peraltro anch'essi correlati ad aumento della mortalità cardiovascolare, proprio perché riferibili a pazienti ad alto rischio.  La misurazione dell'Indice Alluce-braccio consente in questi casi di ottenere un ABI surrogato, in quanto le arterie digitali so non sono interessate dalla calcinosi. La misura Può essere effettuata, con difficoltà, anche con sonda doppler CW ma più proficuo è l'utilizzo di pletismografia. Vi è anche la necessità di disporre di un apposito manicotto conformato per il dito. In questo caso il valore di cut-off è considerato <0,6.Una ulteriore scelta alternativa diagnostica è offerta dalla possibilità di eseguire test "da sforzo" In alcuni casi, a dispetto di una sintomatologia fortemente indicativa per claudicatio intermittens in paziente a rischio, che presenti un ABI a riposo normale, vi potrebbe essere indicazione a procedere con un "treadmill- test Si tratta di test eseguiti chiedendo al paziente di camminare su un tappeto rotante sino al raggiungimento della soglia del dolore, e comunque per un tempo predeterminato, misurando l'ABI sia a riposo sia entro un minuto dalla cessazione dell'esercizio, ed eventualmente ogni 5 secondi sino alla ripresa della pressione di base. L'attività muscolare provoca vasodilatazione e caduta pressoria nell'arteriopatico borderline. Il paziente deve essere in grado di camminare senza difficoltà. 1 protocolli in uso sono numerosi e prevedono il cammino a velocità e pendenza determinate, costanti o raggiunte progressivamente. Un'alternativa è il "6-mínute walk test per i pazienti anziani che non siano in grado di eseguire un treadmíll classico. Si tratta in ogni caso di un test da sforzo che dovrà essere eseguito con le usuali precauzioni (misurazioni PA ed ECG) e riservato a casi estremamente selezionati.

ischemia critica dell'arto inferiore di sinistra

Ischemia critica dell'arto inferiore di sinistra: notare il colore cianotico. Caso personale

Il trattamento dell'AOCP

La prevenzione e la riduzione del rischio vascolare globale rappresentano sicuramente il cardine della terapia farmacologica dell*’AOP

 lpocolesterolemizzanti

Le statine hanno dimostrato efficacia nella riduzione della mortalità e della morbilità cardiovascolari in ampi sottogruppi di pazienti con AOP, indipendentemente dai livelli di colesterolo totale. Effetti favorevoli sono inoltre evidenti nella prevenzione sia degli eventi periferici in pazienti claudicanti sia della restenosi dopo chirurgia vascolare Il target terapeutico nell'arteriopatico sia sintomatico sia asintomatico è la riduzione dei livelli di colesterolo LDL al di sotto di 100 mg/dl.

Terapia antipertensiva

Il target terapeutico deve essere rappresentato da valori di PA inferiori a 140/90 mmHg (130/80 mmHg nel diabetico) Non vi sono controindicazioni per l'uso di beta-bloccanti nei cardiopatici. Gli ACE-inibitori, e segnatamente ramipril, hanno dimostrato efficacia nella riduzione del rischio cardiovascolare globale sia nel sintomatici sia negli asintomatici.

Terapia antiaggregante piastrinica

terapia antiaggregante è fondamentale per la prevenzione del rischio cardiovascolare globale. Il farmaco di scelta è l'acido acetilsalicilico (ASA) a una dose compresa tra 75 e 325 mg/die. Clopidogrel ha dimostrato efficacia superiore ad ASA nel sottogruppo di pazienti con AOP arruolati nello studio CAPRIE (riduzione del rischio del 23,8% vs 8,7 della popolazione globale dello studio) (Figura 2). Gli antiaggreganti sono efficaci anche nella prevenzione degli eventi locali legati alla malattia aterosclerotica (progressione di malattia, trombosi acuta). Fondamentali la cessazione del fumo di sigaretta e lo strettissimo controllo metabolico nei diabetici, con indicazione alla riduzione della emoglobina glicosilata al di sotto del 7%. Nel diabetico l'igiene del piede deve essere attenta e rivolta alla prevenzione delle lesioni cutanee.

Terapia della claudicatio

Le linee guida americane non lasciano molto spazio per questi trattamenti. E' raccomandato l'esercizio fisico assistito per tutti i pazienti con claudicatio (35-45 minuti tre volte la settimana per 12 settimane). Tra i farmaci sono citati cilostazol (100 mg x 2/die non disponibile in Italia, efficace vs placebo nell'incremento della distanza di marcia (+40-60%), ma non scevro di effetti collaterali e correlato a un incremento della mortalità in pazienti con scompenso congestizio in fase acuta. In alternativa viene indicata pentossifillina. con basso livello di raccomandazione. Le precedenti linee guida TASC erano meno definitive in questo senso, probabilmente anche per la disponibilità in Europa di molte altre molecole con indicazione per il trattamento della claudicatio Peraltro la scarsa numerosità degli studi. anche randomizzati, non consente di trarre conclusioni definitive.

Terapia chirurgica  

>> PTA

Tralasciando gli stati di scompenso acuto della malattia vascolare periferica. che si possono riferire agli stati di ischemia critica", l'approccio chirurgico emodinamico alla claudicatío è da considerarsi riservato alle situazioni di insuccesso sintomatologico o di fallimento, per progressione di malattia, della terapia fisica e farmacologica globale. Indicazione valida si ritiene lo stato di particolare invalidità determinato dalla malattia per precocità dei sintomi di claudicatio o per l'impedimento, dovuto a questi ultimi, di una attività lavorativa o fisica regolari.   Influiranno sulla decisione eventuali patologie concomitanti che incrementino il rischio operatorio o una prognosi infausta per altre situazioni patologiche.

Le tecniche possono essere quelle del PTA e stenting o del confezionamento di un by-pass, per es. femoro-popliteo.
Il Bypass consiste nell’inserimento chirurgico di un tubo (protesi) mediante il quale si salta il tratto di arteria occluso, riportando il flusso sanguigno a valle dell’occlusione. Si hanno a disposizione varie tecniche e vari materiali per confezionare un bypass: si può utilizzare una protesi sintetica oppure una vena del paziente (solitamente la vena grande safena), si può effettuare l’intervento in anestesia generale oppure in spinale, si può prevedere un decorso post-operatorio dai 7 ai 10 giorni a seconda della complessità dell’intervento. La riuscita della rivascolarizzazione comporta un sollievo immediato dal dolore e solitamente si hanno dei buoni risultati a distanza.

 

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