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Il trapianto di rene

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Quando un paziente viene sottoposto a trapianto di rene per questioni di uremia terminale, i piccoli linfociti T e B hanno un ruolo fondamentale nel problema del rigetto.

Infatti i linfociti B producono degli anticorpi circolanti mentre i linfociti T direttamente sono implicati nel rigetto.

I linfociti T costituiscono un gruppo eterogeneo in base alla presenza sulla loro membrana di antigeni caratteristici che ne consentono la suddivisione di linfociti T helper, suppressor, citotossici, natural killer (NK).

Per il rigetto sono necessari i linfociti T helper che riconoscono l'antigene estraneo presente sulla membrana cellulare. In sostanza se le cellule sono di un altro paziente non vengono riconosciute come proprie, cioè "self" e ciò determina la produzione di sostanze, detto tecnicamente "linfochine" che amplificano la risposta immunitaria mediante la differenziazione dei linfociti sia T che B. I nuovi farmaci immunosoppressori hanno perciò come bersaglio i linfociti T e le linfochine da essi prodotte.

Perché il rigetto?

Il complesso maggiore di istocompatibilità MCH che si trova sul cromosoma 6 codifica due classi di antigeni (classe I [A, B e C] e classe II [D, DR, DQ, DP e DO]L'ereditarietà è codominante, ciascun genitore trasmette una serie di antigeni HLA (aplotipo) al figlio.

Quasi tutte le cellule presentano antigeni di classe I eccettuato i globuli rossi che hanno antigeni di classe IIe così i linfociti B, monociti e cellule endoteliali. Il trapianto ha successo se tutti gli antigeni noti di classe I e classe II sono identici tra donatore e ricevente.

Ora questa evenienza è possibile se il donatore è un parente stretto ma occorre anche che il gruppo sanguigno A B 0 sia compatibile. Il donatore può essere un cadavere, per cui non si tratta di consanguineo. Ancora va precisato che in USA i donatori sono persone viventi non consanguinei che donano un organo e che il trapianto benché scarsamente compatibile col ricevente da risultati sempre migliori rispetto al trapianto da cadavere. 

I laboratori, ad ogni modo, effettuano le prove di compatibilità crociata. I leucociti del donatore vengono incubati con siero e complemento del potenziale ricevente; se il siero del ricevente distrugge le membrane dei leucociti del donatore il test è detto positivo. Significa presenza di anticorpi circolanti diretti contro gli antigeni HLA ed il chirurgo di solito annulla il trapianto. C'è da dire che le trasfusioni di sangue, le gravidanze ed i trapianti non fanno altro se non immunizzare il paziente contro i sistemi HLA estranei al proprio, per cui sono pazienti ipersensibilizzati, difficili da trapiantare.

 

Indicazioni al trapianto

In generale sono i diabetici ed i pazienti con insufficienza renale e quelli con nefropatia ipertensiva e glomerulopatie. Una causa non specifica di insufficienza renale intrinseca irreversibile è considerata una controindicazione al trapianto renale.

Per i diabetici con nefropatia diabetica di Kimmelstiel-Wilson oggi il trapianto rappresenta il trattamento di routine, specie se il donatore è consanguineo. Per quanto concerne l'ipertensione arteriosa, anche se oggi i farmaci sono disponibili, tuttavia non è diminuita la uremia terminale in questi pazienti, specie se di razza negra. Anche le varie forme di glomerulonefrite progrediscono di solito verso l'insufficienza renale.

Esiste, ancora, una forma di glomerulo nefrite, la glomerulo sclerosi focale, che è una forma idiopatica di glomerulonefriteche può recidivare anche nel rene trapiantato.  Per quanto concerne l'età, si preferisce che i bambini siano dializzati fino al peso di 10-20 Kg, mentre i pazienti anziani con più di 65 anni possono lo stesso essere trapiantati, anche se con più rischio di complicanze. Le neoplasie e la malattia aterosclerotica o polmonare rappresentano controindicazioni al trapianto renale. Anche i pazienti con epatite attiva sono generalmente esclusi e lo stesso dicasi per i pazienti con epatite B ed epatite C cronica che può aggravare dopo il trapianto.

 

Valutazione del donatore e del ricevente nel trapianto

Occorre valutare le motivazioni del donatore al trapianto, che siano cioè dettate da altruismo ed inoltre il paziente deve essere sano e le arterie renale in buono stato. Inoltre anche il ricevente deve godere di una relativa buona salute, cioè non deve avere complicanze cardiovascolari o urologiche. Si procede con la nefrectomia bilaterale ed il paziente è preparato con emotrasfusioni programmate. Il rene, infine, viene collocato nella fossa iliaca del ricevente. Si crea un'anastomosi tra l'arteria renale del donatore e quella ipogastrica del ricevente, Dopo il trapianto si procede a valutare la ripresa della funzionalità renale.

Può essere che questa stenti a ripartire: in questo caso pensiamo ad un'ostruzione, una trombosi vascolare o una compressione ureterale da ematoma, in tal caso sono indicate indagini tomografiche ed ecografiche. Di solito entro tre mesi si verificano i rigetti più importanti.

La terapia immunosoppressiva deve essere mirata ed intense. Dal 1983 la ciclosporina ha consentito il trapianto. Attualmente si impiega anche globulina antilinfocitaria (GAL) o gli anticorpi monoclonali (OKT3) come farmaci immunosoppressivi. Si procede ancora con agenti anti-linfociti T, fintanto che il trapianto non ha attecchito bene. Si aggiungono talora azatioprina e prednisone e poco dopo si sospendono GAL e OKT3.  Altri pazienti vengono trattati con ciclosporina, azatioprina e prednisone (triplice terapia). Ma la ciclosporina, non dimentichiamolo, può dare nefrotossicità. La sopravvivenza ad un anno è risultata dell'88 % nel 1995 negli USA

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