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Stress emozionali e patologie correlate ad eventi stressanti

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appunti personali del dott. Claudio Italiano

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A quanti di voi non è capitato di incappare in un evento stressante?
Di subire una ingiustizia sul lavoro, una bocciatura a scuola, di prendere una multa salata non meritata, di subire il tradimento di una persona, un lutto recente, patire una continua conflittualità in famiglia e sul lavoro, perdita di denaro, aumento di responsabilità ecc. ecc?

Ebbene, se alla delusione segue uno stress psico-fisico, magari con incremento della pressione, vasospasmo delle coronarie, scarica di adrenalina, è possibile anche avere un evento coronarico acuto. In casi più fortunati, un evento stressante può causare le gastriti da stress oppure la sindrome del colon irritabile, a cui si rimanda.

Numerosi studi hanno, infatti, indagato e dimostrato una relazione tra condizio": di stress emozionale e rischio di cardiopatia coronarica.

Eventi stressanti e malattia coronarica

I primi studi controllati, basati su interviste anamnestiche strutturate, effettuati tra gli anni '50 e '60 sul rapporto tra stress emozionale e successivi .episodi di ischemia miocardica acuta hanno spesso rilevato un aumento statisticamente significativo di eventi e situazioni emozionali stressanti nel pazienti nelle settimane e nei mesi immediatamente precedenti l'episodio acuto.

-Per quanto riguarda la vita affettiva e lavorativa, sono stati ripetutamente rilevati come antecedenti un episodio miocardico acuto, eventi stressanti come:
-Perdite affettive (morte di persone care, separazione)
-Protratto sovraccarico di lavoro
-Recente aumento delle responsabilità
-Frustrazione e insoddisfazione nel lavoro
-Conflittualità con colleghi e superiori
-Perdite finanziarie
-Conflitti familiari

-Altri eventi percepiti come "negativi" ed "incontrollabili" per es. : perdita di prestigio,un fallimento, una promozione mancata, una bancarotta o l'insorgere improvviso di difficoltà finanziarie, un brusco aumento della quantità o della tensione lavorativa, il pensionamento o il licenziamento,sovraccarico protratto di lavoro e responsabilità,stati di frustrazione e insoddisfazione protratti, conflitti con superiori e colleghi nell'ambiente.

In alcuni specifici studi che hanno indagato il problema, il ruolo dello stress emozionale è risultato possedere un'azione indipendente e un peso predittivo maggiore rispetto ad altri fattori di rischio comunemente riconosciuti come abitudine al fumo, dieta ed ereditarietà. Un ruolo dello stress legato alla situazione lavorativa è stato inoltre rilevato come fattore significativo associato anche al decorso della malattia, in una ricerca su 33 soggetti con infarto miocardico con decorso complicato (alcuni dei quali deceduti successivamente.

 Una seconda rilevante area di eventi stressanti messa in luce dalle ricerche sinora effettuate riguarda la sfera della vita affettiva. Il ruolo di eventi emozionali stressanti riguardanti la vita affettiva, e in particolare eventi cosiddetti di perdita emozionale, è stato rilevato anche in circa la metà degli episodi di morte cardiaca improvvisa, episodi non necessariamente in relazione a occlusione coronarica, ma più spesso in relazione con l'insorgenza improvvisa di aritmie e di alterazioni dell'attività elettrica cardiaca in stretto rapporto con la regolazione neurovegetativa dell'attività cardiaca stessa. Esemplare a questo riguardo è un'indagine epidemiologica riportata da Parkes e collaboratori nel 1969 sulla "morte da crepacuore".

Altri autori giapponesi parlano di sindrome della "gabbia di polpo" o Tako tsubo cardiomiopatia dilatativa o sindrome del cuore spezzato.

 Lo studio esamino' 4486 vedovi di età da 55 anni in su, che avevano perso il coniuge, e ne valutò lo stato di salute per 9 anni successivi all'evento. 213 soggetti morirono durante i primi 6 mesi di lutto, un dato superiore del 40% rispetto alla frequenza attesa per uomini sposati della stessa età. Dal sesto mese in poi, la frequenza di morti decrebbe progressivamente, fino a ricongiungersi a quella normale attesa. La maggiore causa di morte nei vedovi nel primi 6 mesi dopo la perdita del coniuge era la trombosi coronarica, riscontrata con una frequenza maggiore di ben il 67% rispetto alla frequenza attesa per soggetti dello stesso sesso e fascia di età.
Gli Autori conclusero sottolineando come, secondo i loro dati, il 5% dei vedovi dopo i 55 anni morisse entro i 6 mesi dalla perdita del coniuge, prevalentemente per cause cardiache. Negli ultimi due decenni una serie di ricerche sul rapporto tra stress e malattia sia in psichiatria che in medicina psicosomatica, ha poi utilizzato strumenti, rappresentati da specifiche liste e/o questionari appositamente ideati e messi a punto per poter "misurare" la quantità di stress esistenziale subito da una persona in un certo arco di tempo.

In questi strumenti di misurazione viene attribuito un punteggio di stress a ciascun evento, in modo tale che sia possibile esprimere quantitativamente lo stress vissuto da una persona in determinati periodi di tempo (in genere compresi tra gli ultimi 6 mesi o 5 anni) e confrontarlo con quello di altri soggetti o gruppi. Anche se certamente riduttivo, tale metodo è un valido approccio per confrontare su base oggettiva diversi soggetti o gruppi tra loro e applicare un'adeguata elaborazione statistica dei dati..

La personalità di tipo A e di tipo B

 L'iracondo ed il bonario.
 L'evidenza di un possibile rapporto tra caratteristiche di personalità e infarto è rimasta frammentaria per molto tempo, fino a quando circa Rosenman e Friedman, sulla base di varie osservazioni, hanno proposto il concetto di "personalità di tipo A", come particolare complesso di tratti emozionali-cognitivi e comportamentali associati con frequenza statisticamente significativa alla malattia coronarica. Il tipo A è stato definito come "un particolare complesso comportamentale-ernotivo posseduto da un individuo che si trova impegnato in una lotta cronica ed eccessiva per ottenere un numero illimitato di cose dal suo ambiente nel più breve periodo di tempo, contro gli sforzi e la resistenza di persone e situazioni circostanti. Le caratteristiche di personalità del tipo A riguardano sia alcuni tratti della personalità stessa che alcune caratteristiche costanti delle reazioni emozionali, cognitive e comportamentali nei confronti dell'ambiente, centrate principalmente sulla presenza di competitività in tutti gli aspetti della vita, aggressività spesso trattenuta o repressa, presenza di tensione, impazienza, insofferenza e intolleranza, senso di urgenza del tempo, necessità di esercitare un totale controllo sul proprio ambiente nelle varie situazioni, spinta all'acquisizione, elevato coinvolgimento nel proprio lavoro, preferenza per il lavoro da soli che in gruppo, scarsa capacità di rilassarsi. Le caratteristiche del tipo A sono state contrapposte alle personalità del tipo B (pacato, non competitivo, capace di rilassarsi, riflessivo, tranquillo, gioviale e soddisfatto) riportato invece come a basso rischio di malattia coronarica.

 Caratteristiche del comportamento di tipo A.
 -Competitività spinta in ogni attività (anche hobby)
-Elevato coinvolgimento nel lavoro
-Preferenza a fare cose da solo
-Bisogno di controllo sull'ambiente
-Tendenza a fare più cose contemporaneamente
-Fretta e senso di urgenza del tempo
-Impazienza, irrequietezza, insofferenza
-Bassa tolleranza alla frustrazione
-Stato di tensione continua (emozionale e somatica)
-Difficoltà a rilassarsi
-Facile irritabilità
-Ostilità e aggressività latenti c/o represse
-Mimica e tono di voce energici
Nella malattia coronarica, e in particolare nella fase acuta e cronica, possono essere decisamente utili interventi volti ad aiutare il paziente a superare i problemi psicologici ed emozionali suscitati dalla malattia, e a favorirne il riadattamento psicosociale. E' possibile attuare interventi sia di tipo psicologico, sia interventi psicofarmacologici.

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Interventi psicoterapeutici
 In fase acuta, sono senz'altro utili tecniche psicoterapeutiche basate solo sul sostegno emozionale (psicoterapie d'appoggio) finalizzate ad aiutare il paziente a confrontarsi con lo stress prodotto dall'episodio improvviso e grave che lo ha colpito; vanno assolutamente evitati interventi psicologici "interpretativi", specie da parte di personale non adeguatamente preparato. In fase cronica, sono utili ancora tecniche di psicoterapia d'appoggio, oppure di gruppo.

Il tipo di problema presentato dal malato è in genere differente, e riguarda più spesso timori e difficoltà, aspettative e convinzioni inadeguate circa il reinserimento nella vita affettiva, sessuale e lavorativa.

Sul piano della risposta psicologica alla malattia, un primo rischio è quello di "negazione" o minimizzazione della malattia e della sua gravità, per cui il soggetto può non seguire le prescrizioni mediche ed esporsi a un grave rischio di ricadute. Un secondo rischio, all'opposto, è quello del soggetto che ha vissuto l'episodio di malattia come se fosse stato colpito in modo decisivo e irreversibile e si sente come "ormai fuori pista", non riuscendo più a vedere la possibilità di recuperare un proprio ruolo e un reinserimento psicosociale in ambito affettivo e lavorativo.  In questi casi un intervento psicoterapeutico d'appoggio, o la partecipazione a terapie riabilitative di gruppo possono favorire il processo di "convalescenza psicologica" dalla malattia, processo che non sempre va automaticamente di pari passo con la convalescenza fisica.

L' opportuno comunque chiarire che questo tipo di pazienti non si sente (e spesso non è) "malato" in senso psicologico e spesso non è disponibile a colloqui. Questo può essere vero soprattutto per soggetti con evidente personalità tipo A. Tuttavia, un approccio attento da parte del medico può, favorire una migliore disponibilità perché il paziente accetti la consulenza da parte di uno specialista psicoterapeuta sui suoi problemi.


Interventi psicofarmacologici

 La possibilità di interventi psicofarmacologici nella malattia coronarica riguarda principalmente l'impiego di ansiolitici e di timolettici nel paziente colpito da infarto miocardico, per affrontare problemi emozionali nel decorso della malattia. Il trattamento con ansiolitici benzodiazepinici, in associazione alla terapia medica, può essere indicato sia nella fase acuta che nella fase cronica riabilitativa dell'infarto miocardico.

 La somministrazione di benzodiazepine può infatti ridurre considerevolmente la risposta di stress acuto data dall'episodio acuto di malattia, riducendo sia l'eccessiva reazione emozionale d'ansia acuta, sia le modificazioni psiconeuroendocrine (risposta neurovegetativa catecolaminergica e la risposta corticosurrenale) ad essa correlate.

Il trattamento con antidepressivi può essere indicato specificamente nel trattamento di reazioni depressive presentate dal soggetto in risposta alla situazione di malattia. L'impiego di antidepressivi nei soggetti con malattia coronarica richiede l'impiego di farmaci di terza generazione, non certamente dei triciclici.
 

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