appunti e considerazioni pratiche del dott. Claudio Italiano
Oggi, 2018, siamo in grado di confermare che l'impiego di incretine ha segnato un caposaldo nella terapia del diabete mellito tipo 2. A distanza di quasi dieci anni dalla scoperta del fattore X della saliva di Gila Monster, la lucertolona del deserto appresso raffigurata (!) che consentiva di ridurre notevolmente la glicemia nelle cavie di esperimento, l'impiego di incretine associato all'insulina, determina quasi sempre un ottimale compenso glicometabolico nel paziente indicato, con il beneficio di impiegare dosi molto ridotte di insulina, con ottimale decremento del peso corporeo nel paziente, meglio se con associazione di metformina, con rischio nullo di crisi ipoglicemiche.
Addirittura il sottoscritto webmaster ha notato che molti pazienti sono passati dall'impiego di terapia combinata con insulina al vantaggio della sola cura con antidiabetici orali: per es. sulfoniluree di terza generazione, metformina ed incretina in associazione. In USA è stato valutato sitaglitin con insulina; in atto, in Italia, è possibile utilizzare il farmaco in associazione con la sola insulina basale, per migliorare il compenso glicometabolico. Nuove prospettive si aprono, viceversa, circa l'impego di insulina basale con analogo di GLP1.
valutare l'efficacia e la tollerabilità di sitagliptin, in aggiunta alla terapia con insulina in monosomminstrazione o in associazione alla metformina, in pazienti con diabete mellito di tipo 2. Metodi: dopo un periodo di run-in con placebo della durata di 2 settimane, i pazienti eleggibili non adeguatane controllati dal trattamento con insulina ad azione protratta, ad azione intermedia o premiscelata (HbA1c > 7.5 % ed <11%) sono stati randomizzati nel rapporto 1:1 all'aggiunta di sitagliptin, 100 mg una volta al giorno (q.d.), o placebo per un periodo di 24 settimane. In questo studio, la percentuale di pazienti randomizzati in trattamento con insulina metformina è stata del 75%, mentre quella di pazienti randomizzati che assumevano insulina premiscelata è stata 25%.
dose di metformina e quella di insulina sono state mantenute stabili per tutta la durata dello studio. L’endppoint primario è stato la variazione della concentrazione di HbA1c dal basale a 24 settimane.
caratteristiche basali medie sono apparse simili tra i gruppi sitagliptin (n = 322)
e placebo (n = 3 esse hanno incluso la concentrazione di HbAlc (8.7 vs. 8.6%), la
durata del diabete (13 vs. 12 anni), l'indice di ma corporea (31.4 vs. 31.4 kg/m2)
e la dose insulinica totale giornaliera (51 vs. 52 UI). L'aggiunta di sitagliptin
ha prodotto 24 settimane una riduzione dell'HbAlc significativamente superiore rispetto
al placebo (0.6% vs. 0.0% rispettivamente p< 0.001). La percentuale di pazienti
randomizzati a sitagliptin che ha raggiunto un livello di HbA1c< 7% è risultato
significativamente maggiore rispetto a quella raggiunta dai soggetti placebo (13
vs. 5%, rispetivamente; p<0.001). riduzioni di HbAlc tra pazienti stratificati per
tipo d'insulina (insuline ad azione protratta e intermedia o premiscelata per trattamento
basale con metformina sono risultate simili. L'aggiunta di sitagliptin ha significativamente
(p<0.0 ridotto vs. placebo la glicemia a digiuno (-15.0 mg/dl, -0.8 mmol/l) e quella
a due ore dopo il pasto (-36.1 mg/dl, - 2.0 mmol/l). Nel gruppo sitagliptin è stata
riportata un'incidenza di eventi avversi superiore rispetto a quella del piace (52
vs. 43% rispettivamente), dovuta principalmente all'aumento degli episodi di ipoglicemia
(sitagliptin = 16%, placebo = 8%). Il numero di eventi ipoglicemici che ha soddisfatto
i criteri di gravita specificati dal protocollo è risulti basso sia per sitagliptin
(n = 2), sia per il placebo (n = 1 ). Non è stata osservata alcuna significativa
variazione rispetto al basale del peso corporeo in nessun gruppo di trattamento.
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