SISTEMA RETICOLO ENDOTELIALE
appunti del dott. Claudio Italiano
IL SISTEMA RETICOLOENDOTELIALE
Oltre
ai leucociti, vi è un altro gruppo di cellule diffusamente scarso nei tessuti a
tappezzare alcuni vasi sanguigni e linfatici quale partecipa alla protezione dell'organismo
dall'invasione di agenti estranei. È costituito principalmente da cellule non migranti,
le quali complessivamente costituiscono ciò che si chiama il sistema reticoloendoteliale.
Questo termine, tuttavia, viene impiegato con differenti significati da differenti
studiosi. Il più delle volte il termine comprende due tipi di cellule: 1)
cellule di origine monocitica, ingrossate per diventare macrofagi tessutali — presenti
nei vari tessuti ed anch'essi aderenti alle pareti di vasi sanguigni e linfatici
—;
2) cellule linfocitarie — migranti nei tessuti od intrappolate in particolari tessuti
linfatici, come i linfonodi .
LE CELLULE RETICOLOENDOTELIALI DI ORIGINE MONOCITICA
Molti monociti, penetrando nei tessuti, vi si fissano ed esplicano attività fagocitarla
in posizione sessile. Hanno l'aspetto generale di grossi macrofagi, salvo che invece
di migrare liberamente attraverso i tessuti si trovano intrappolati od aderenti
nelle maglie del tessuto. Qui appresso sono descritti alcuni di questi tipi cellulari.
Macrofagi dei tessuti — istiociti .
Molti monociti, che migrano nei tessuti, vi si fissano e si rigonfiano trasformandosi
in macrofagi dei tessuti, detti anche istiociti. Nel corso di una flogosi questi
istiociti si moltiplicano in situ formando più istiociti. Spesso proliferano formando
capsule a cellule giganti tutto intorno a particelle non digeribili, ad esempio
particelle di silicio, carbone, ecc., cosi isolando tali particelle dal tessuto
circostante. Questo processo detto di "sequestro" si attua spesso in risposta ad
infezioni croniche — per esempio tubercolosi — e rappresenta perciò un importante
meccanismo per ostacolare la diffusione della malattia.
Macrofagi dei linfonodi. In pratica non vi è al-cuna possibilità che materiale corpuscolato
pervenuto nei tessuti ne venga riassorbito direttamente nel circolo. Invece tale
materiale, quando non viene distrutto localmente, passa nei linfatici e con questi
giunge ai linfonodi scaglionati lungo la via linfatica. Ivi resta intrappolato nel
sistema dei sinusoidi, le cui pareti sono tappezzate di macrofagi tessutali.
La linfa vi entra nei linfonodi mediante linfatici afferenti, scorre lungo i seni
midollari ed infine ne esce dall'ilo del linfonodo per mezzo di linfatici
efferenti. Un grande numero di macrofagi dei tessuti tappezza i sinusoidi e blocca
le eventuali particelle presenti, fagocitandole ed impedendone la diffusione nell'organismo.
Macrofagi alveolari.
Altra via per la quale agenti invasori possono entrare nell'organismo è rappresentata
dall'apparato respiratorio. Per fortuna, come costituenti integrali della parete
alveolare sono presenti in grande numero macrofagi tessutali. Questi possono fagocitare
il materiale corpuscolato e, se possibile, lo digeriscono scaricando i prodotti
della digestione nei linfatici. Se le particelle non sono digeribili vengono sequestrate
dai macrofagi e vi rimangono come "murate" indefinitamente o semmai, finché non
possano es¬sere lentamente disciolte.
Macrofagi
dei sinusoidi epatici - Cellule di Kupffer.
Altra via preferenziale dei batteri per invadere l'organismo è l'apparato
digerente, attraverso la cui mucosa un grande numero di germi passa continuamente
nel sangue portale. Comunque, prima che questo passi nel circolo generale, deve
passare attraverso i sinusoidi del fegato, le cui pareti sono tappezzate da macrofagi
tessutali noti come cellule di Kupffer. Queste cellule costituiscono un filtro tanto
efficiente che in pratica nessun batterio proveniente dall'intestino riesce a passare
nella circolazione generale. In realtà, ri¬prese cinematografiche dell'attività
fagocitaria delle cellule di Kupffer hanno dimostrato che un batterio viene fagocitato
in meno di un centesimo di secondo.
Macrofagi della milza e del midollo osseo
Se un organismo invasore riesce a passare in circolo, vi sono ancora altre linee
di difesa messe in opera dal sistema reticoloendoteliale, in particolare nella milza
e nel midollo osseo. Ivi intrappolati nelle strutture reticolari dei due tessuti,
esistono macrofagi che fagocitano ogni particella estranea che possa eventualmente
pervenirvi.
La milza ha una organizzazione simile a quella dei linfonodi, salvo che, invece
di linfa, nel tessuto splenico circola sangue. Nella milza una piccola arteria penetra
dalla capsula splenica nella polpa splenica e vi si sfiocca in minuti capillari.
Questi, altamente porosi, consentono la fuoriuscita di un grande numero di cellule
ematiche intere nei cordoni della polpa rossa. Tali cellule vengono quindi spremute
nel tessuto cordonale ed eventualmente rientrano nel circolo attraverso le pareti
endoteliali dei sinusoidi venosi. I cordoni della polpa rossa sono sovraccarichi
di macrofagi ed altri ancora ve ne sono a tappezzare le paretidei sinusoidi. Questo
particolare passaggio attraverso il cordone della polpa rossa costituisce un eccezionale
vantaggio ai fini della fagocitosi di materiale corpuscolato non opportunamente
presente nel sangue, specialmente di globuli rossi invecchiati od abnormi. La milza
è importante anche per la rimozione di piastrine abnormi, di parassiti del sangue
e di eventuali batteri che fossero riusciti ad entrare in circolo. In modo simile
i macrofagi del midollo osseo partecipano alla rimozione dal sangue di frammenti
cellulari non desiderabili e di agenti patogeni.
INFIAMMAZIONE E FUNZIONE DEI LEUCOCITI
LA RISPOSTA MACROFAGICA ALL'INFIAMMAZIONE CRONICA
Le cellule monocitiche — comprendenti gli istiociti tessutali ed i monociti del
sangue — rivestono anch'esse un ruolo preminente nella protezione dell'organismo
contro le infezioni. In primo luogo, gli istiociti tessutali diventano capaci di
movimenti ameboidi e vengono attratti per chemiotassi verso la sede della flogosi.
Queste cellule costituiscono la prima linea di difesa contro l'infezione entro la
prima ora circa, ma il loro numero non è molto grande. Nelle ore seguenti, i neutrofili
vengono a costituire la difesa principale, raggiungendo la loro massima efficacia
entro 6-12 ore circa. Durante questo periodo un gran numero di monociti del sangue
penetra nei tessuti, dove queste cellule cambiano drasticamente le loro caratteristiche
in poche ore: cominciano ad ingrossarsi, formando quantità molto più cospicue di
lisosomi nel citoplasma, accentuano i movimenti ameboidi e migrano per chemiotassi
verso i tessuti danneggiati. I macrofagi hanno una capacità fagocitarla molte volte
superiore a quella dei neutrofili. In più sono tanto grandi da poter inglobare grandi
quantità di tessuto necrotico, tra cui gli stessi neutrofili morti. Altro motivo
per cui la risposta macrofagica è importante nei casi di flogosi cronica è che l'area
colpita diventa generalmente più acida e, mentre i neutrofili non sopravvivono in
ambiente acido, i macrofagi vi possono vivere bene ed anzi i loro enzimi proteolitici
diventano addirittura più attivi. Di conseguenza, superato lo stadio iniziale dell'infiammazione
e non essendo più i neutrofili utilizzabili come fagociti, l'utilità della successiva
prevalenza numerica dei macrofagi risulta finalisticamente evidente. Formazione
del pus. Una volta che neutrofili e macrofagi hanno inglobato grandi quantità di
batteri e di tessuto necrotico, essi stessi vanno incontro a morte. Il più delle
volte, dopo parecchi giorni, in seno al tessuto infiammatorio si forma una cavità
contenente una certa quantità di tessuto necrotico, nonché neutrofili e macrofagi
morti. Questo miscuglio si chiama pus. Ordinariamente, la formazione di pus prosegue
fino a completa soppressione del processo infettivo. Talvolta la cavità contenente
pus si scava una via verso la superficie del corpo o verso una cavità interna, riuscendo
cosi a svuotarsi. Altre volte la cavità contenente pus rimane chiusa anche dopo
la fine del processo flogistico. Quando ciò accade, le cellule morte ed il tessuto
necrotico del pus vanno incontro, in un certo numero di giorni, ad un graduale processo
di autolisi i cui prodotti terminali vengono di solito adsorbiti dai tessuti circostanti
fino a scomparsa di ogni residuo della pregressa flogosi.
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