In condizioni normali la superficie assorbente del tenue
è maggiore di quella necessaria ai fabbisogni fisiologici e pertanto resezioni limitate
del piccolo intestino non provocano disturbi, purché rispettino le sedi dell'assorbimento elettivo di alcuni specifici nutrienti e dei
sali biliari (ileo distale: vit. B12 e sali biliari; duodeno e digiuno prossimale: ferro e calcio). Talvolta, tuttavia, i traumi addominali estesi, l'ischemia intestinale
acuta, le recidive postoperatorie del morbo di Crohn ecc. rendono necessarie resezioni
oltre i limiti tollerati. La sindrome da intestino corto è una frequente conseguenza
di resezioni intestinali estese; è caratterizzata da maldigestione e malassorbimento
di nutrienti. La comparsa di questa sindrome è stata messa in relazione con
alcuni fattori, i quali singolarmente non sono in grado di rappresentare il
determinante assoluto:
a) l’estensione della resezione (solitamente > 50% di intestino tenue);
b) la sede (ad esempio digiuno piuttosto che ileo); c) la presenza o meno della
valvola ileo-cecale;
d) il grado di funzionalità epatica, pancreatica, e del residuo tratto digerente;
e) la capacità di adattamento dell’intestino residuo;
f) la patologia primaria favorente la sindrome ed eventuale malattia residua.
La resezione dell'ileo distale comporta un malassorbimento di sali biliari e vit.
B12. Se il malassor-bimento dei sali biliari è modesto, il paziente lamenta una
diarrea acquosa accompagnata da lievi dolori crampiformi ai quadranti addominali
bassi per la stimolazione della secrezione e della motilità del colon da parte della
quota di sali biliari che sfugge al circolo entero-epatico; la sintomatologia può
essere controllata con la somministrazione di colestiramina (una resina che chelando
i sali biliari ne previene la loro azione sulla mucosa del colon). Se però la perdita
di sali biliari è notevole, si verifica, nonostante un aumento della sintesi epatica,
una deplezione del loro "pool": in questo caso la deficitaria formazione di micelle
si rende responsabile di una steatorrea, che può essere aggravata dalla somministrazione
di colestiramina. Inoltre, con il passare del tempo questi pazienti vanno incontro
ad una carenza di vit. B12 con conseguente comparsa di anemia megaloblastica, neuropatia
periferica e glossite.
Le resezioni del digiuno e dell'ileo prossimale sono ben tollerate se non superano il 40-50% della lunghezza complessiva dell'intestino tenue. Resezioni più ampie sono causa di un malassorbimento globale. Subito dopo la resezione, i maggiori problemi sono posti dagli squilibri idroelettrolitici (disidratazione, ipotensione, oliguria, astenia profonda, crampi muscolari, tetania). Con il passare del tempo la capacità di adattamento del tenue residuo può parzialmente compensare la perdita di superficie assorbente, ma la graduale comparsa di deficit nutrizionali vari è prima o poi inevitabile e richiede adeguate terapie sostitutive. Per di più, in questi pazienti risulta carente l'effetto inibitorio del tenue sulla secrezione gastrica, cosicché l'aumento di questa può rendersi responsabile di un'alterazione del "milieu" intestinale che danneggia l'azione degli enzimi digestivi e dei sali biliari. Le resezioni dell'80% o più del tenue hanno effetti drammatici e generalmente sono incompatibili con una sopravvivenza prolungata.
La resezione del duodeno (duodenopancreasectomia per i carcinomi pancreatici o della papilla di Vater) od il suo by-pass (gastroresezione secondo Billroth II) non solo provoca un malassorbimento di ferro e calcio ma può rendersi talora responsabile anche di effetti dinamici e biologici più complessi che includono un accelerato transito intestinale, una inadeguata stimolazione delle secrezioni pancreaticobiliari (per la mancata produzione da parte della mucosa duodenale di pancreozimina-colecistochinina e secretina: insufficienza pancreatica secondaria) ed un loro insufficiente miscelamento con il chimo; per di più un'ansa afferente il cui sbocco sia stenotico può essere sede di stasi"quindi di sovra-crescita batterica.
Tuttavia i limiti della resezione sono generalmente costanti, in quanto definiti dalla vascolarizzazione del colon stesso: legando le arterie e le vene tributarie del tratto di colon affetto dalla patologia, è necessario asportare tutto il segmento che rimane privo dell’apporto di sangue. Inoltre, le sezioni del colon effettuate per neoplasie devono essere eseguite a debita distanza, lasciando un margine adeguato di tessuto sano e rimuovere contestualmente le linfoghiandole che drenano la linfa del settore interessato. Dopo aver asportato il segmento di colon sede della lesione, la continuità del tubo digerente viene ristabilita suturando fra loro i due capi sezionati. Tali interventi sono in generale ben tollerati, comportando disturbi (molto spesso diarrea) che vengono ridotti con alimentazione adeguata o con presidi farmacologici o, semplicemente, con il graduale adeguamento del colon alla nuova condizione. Nella colectomia totale la ricostruzione della continuità viene fatta tra ileo e retto in altri casi, se la ricostruzione non è attuabile, si rinuncia a essa e si abbocca direttamente l’intestino tenue alla superficie corporea (ileostomia) per consentire l’eliminazione del contenuto non assorbibile dell’intestino. In ogni caso il danno funzionale è piuttosto rilevante, e pertanto, la c. totale viene riservata ai casi estremi (gravi casi di morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa, poliposi familiare). In epoca recente sono state messe a punto, grazie all’ausilio di suturatrici meccaniche circolari, anastomosi ileo-anali o colo-anali che permettono anche l’asportazione del retto. indice argomenti di gastroenterologia