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Sindrome da immobilizzazione o da allettamento o ipocinetica

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Che cosa si intende per immobilità del paziente?

 

Con il termine immobilità si definisce una condizione caratterizzata da una ridotta o assente capacità a compiere movimenti, ad insorgenza acuta o cronicamente progressiva, cui consegue un complesso di alterazioni multisistemiche che nel loro insieme configurano la "sindrome da immobilizzazione", la cui espressione clinica varia a seconda del grado d'immobilità del paziente e raggiunge il suo culmine nel confinamento a letto, appunto detta "sindrome da allettamento".


Seppure non esclusiva dell'età avanzata, nell'anziano essa rappresenta sempre un evento incombente per la facilità con cui può realizzarsi e progredire fino alle conseguenze più inabilitanti, tanto da configurare una delle cinque grandi sindromi "geriatriche".

Infatti, l'invecchiamento fisiologico si accompagna alla riduzione della funzionalità di vari organi importanti per il
movimento: la riduzione della massa magra o "sarcopenia" e la conseguente riduzione della forza muscolare, la riduzione del potere aerobico, l'attenuazione della risposta dei barocettori, il rallentamento dei riflessi etc.

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L'invecchiamento raramente di per sé provoca immobilità, ma comporta la riduzione del livello massimo di capacità, per cui si giunge spesso alla soglia minima al di sotto della quale si instaura la disabilità;
di conseguenza anche piccole riduzioni della riserva funzionale, determinate da malattie o da altre cause, possono rendere, attività motorie anche semplici, difficoltose od impossibili da compiere.


In particolare si parla di immobilità quando l'anziano presenta difficoltà od incapacità a svolgere le attività della vita quotidiana che richiedano lo spostamento nell'ambiente, quali il salire o scendere le scale, il camminare autonomamente, i passaggi posturali ed i cambi di decubito indispensabili per la vita autonoma.


La funzione motoria implica l'integrità dei sistemi effettori del movimento (SNC e SNP, apparato muscolare ed osteoarticolare) e di quelli che forniscono l'energia necessaria (apparato cardiovascolare, respiratorio, endocrino). Essa è valutata in ambito sia di scale che esplorano lo stato funzionale globale e l'autosufficienza (ADL ed IADL, indice di Barthel, FIM), sia di scale specifiche (RMI, scala di Tinetti etc).

Ovviamente la prevalenza di tale sindrome varia a seconda del parametro che viene preso come riferimento, delle classi d'età considerate e del sesso, essendo più elevata, per le attività che richiedono maggiore sforzo, nelle fasce d'età più avanzate e nel sesso femminile.

 


Perchè un paziente si immobilizza?

Le principali cause di immobilizzazione nell'anziano comprendono: fattori biologici, psicologici e socio-ambientali.
Tra i fattori biologici si comprendono:
- patologie a carico dell'apparato muscolo-scheletrico: artriti, artrosi, osteoporosi, fratture (specie a seguito di cadute ed a carico del femore), polimialgia reumatica, tendinite, borsiti (specie a carico del piede). Queste condizioni provocano dolore, ridotta ampiezza dei movimenti, debolezza muscolare, quindi inducono ridotta mobilità;
- malattie neurologiche: esiti di ictus, morbo di Parkinson, demenza, neuropatie periferiche dolorose: esse provocano
compromissione della funzione motoria da danno centrale, dolore, astenia ed ipotrofia muscolare, oltre a deficit sensoriali (propriocettivi);
- malattie cardiovascolari: scompenso cardiaco (dispnea da sforzo), coronaropatie (angina da sforzo), arteriopatie obliteranti periferiche (claudicatio intermittens);
- malattie polmonari: BPCO (Bronco Pneumopatia Cronica Ostruttiva) e sindromi restrittive (dispnea, minore capacità aerobica);
- altre condizioni: riduzione del visus (cataratte, retinopatie);
patologie a carico dei piedi (ulcere, calli, duroni, onicomicosi. onicogrifosi etc);

- gravi malattie sistemiche con denutrizione (neoplasie, effetti collaterali di farmaci, quali sonnolenza ed atassia indotte da ansiolitici, rigidità muscolare e bradicinesia da neurolettici), comorbidità.

 

Cause psicologiche, fattori ambientali e barriere che sono alla base della sindrome da immobilizzazione

Tra i fattori psicologici si elencano:
- la depressione;
- il timore di cadute;
- la perdita dell'abitudine al movimento (ad es. per decondizionamento da riposo prolungato a letto dopo malattie acute);

Tali condizioni, testé elencate, inducono il paziente a stazionare a lungo in poltrona o a letto.


I fattori socio ambientali invece, il più delle volte, giocano il ruolo di aggravanti, essi comprendono innanzitutto l'inadeguatezza del supporto sociale, che può causare solitudine, indigenza e malnutrizione con conseguente impatto negativo sulla funzionalità motoria.


L'immobilizzazione forzata a letto, quale si osserva spesso nei reparti ospedalieri per la cura di patologie acute o negli istituti di assistenza nei confronti di anziani con problemi di instabilità, di deficit visivi o di malattie acute, non trattate con mobilizzazione precoce, da un lato può far precipitare una condizione motoria già precaria e dall'altro può essere causa dello scompenso multi sistemico, quest'ultimo rappresenta il grado estremo della sindrome da immobilizzazione.


La presenza di barriere architettoniche (ad es. gradini) e l'assenza di ausili per il movimento (bastoni, o altri appoggi mobili, calzature apposite, sponde o corrimano correttamente posizionati), sia negli istituti di ricovero che in ambiente domestico, possono altresì ostacolare le prestazioni motorie.


Naturalmente, questi fattori spesso interagiscono tra loro dando luogo ad un "sinergismo di potenziamento" ed è da tale interazione che dipende la velocità con cui si instaura e progredisce la sindrome da immobilizzazione.
Ad esempio, a parità di condizioni psicofisiche, l'assenza di un supporto sociale adeguato o la presenza di condizioni ambientali sfavorevoli possono condizionare negativamente la performance motoria, ostacolando il recupero della mobilità ed influenzando quindi il quadro della disabilità.