Con il termine immobilità si definisce una condizione caratterizzata da una ridotta o assente capacità a compiere movimenti, ad insorgenza acuta o cronicamente progressiva, cui consegue un complesso di alterazioni multisistemiche che nel loro insieme configurano la "sindrome da immobilizzazione", la cui espressione clinica varia a seconda del grado d'immobilità del paziente e raggiunge il suo culmine nel confinamento a letto, appunto detta "sindrome da allettamento".
Seppure non esclusiva dell'età avanzata, nell'anziano
essa rappresenta sempre un evento incombente
per la facilità con cui può realizzarsi e progredire fino
alle conseguenze più inabilitanti, tanto da configurare
una delle cinque grandi sindromi "geriatriche".
Infatti,
l'invecchiamento fisiologico si accompagna alla riduzione
della funzionalità di vari organi importanti per il
movimento: la riduzione della massa magra o "sarcopenia" e la conseguente
riduzione della forza muscolare, la riduzione
del potere aerobico, l'attenuazione della risposta dei
barocettori, il rallentamento dei riflessi etc.
L'invecchiamento raramente di per sé provoca immobilità,
ma comporta la riduzione del livello massimo
di capacità, per cui si giunge spesso alla soglia
minima al di sotto della quale si instaura la disabilità;
di conseguenza anche piccole riduzioni della riserva
funzionale, determinate da malattie o da altre cause,
possono rendere, attività motorie anche semplici, difficoltose
od impossibili da compiere.
In particolare si parla di immobilità quando l'anziano
presenta difficoltà od incapacità a svolgere le
attività della vita quotidiana che richiedano lo spostamento
nell'ambiente, quali il salire o scendere le
scale, il camminare autonomamente, i passaggi posturali ed i cambi di decubito indispensabili per la
vita autonoma.
La funzione motoria implica l'integrità dei sistemi
effettori del movimento (SNC e SNP, apparato
muscolare ed osteoarticolare) e di quelli che forniscono
l'energia necessaria (apparato cardiovascolare, respiratorio, endocrino). Essa è valutata in ambito
sia di scale che esplorano lo stato funzionale globale
e l'autosufficienza (ADL ed IADL, indice di Barthel,
FIM), sia di scale specifiche (RMI, scala di Tinetti
etc).
Ovviamente la prevalenza di tale sindrome varia a seconda del parametro che viene preso come riferimento, delle classi d'età considerate e del sesso, essendo più elevata, per le attività che richiedono maggiore sforzo, nelle fasce d'età più avanzate e nel sesso femminile.
Le principali cause di immobilizzazione nell'anziano
comprendono: fattori biologici, psicologici e
socio-ambientali.
Tra i fattori biologici si comprendono:
- patologie a carico dell'apparato muscolo-scheletrico:
artriti, artrosi, osteoporosi, fratture (specie a
seguito di cadute ed a carico del femore), polimialgia
reumatica, tendinite, borsiti (specie a carico del
piede). Queste condizioni provocano dolore, ridotta
ampiezza dei movimenti, debolezza muscolare,
quindi inducono ridotta mobilità;
- malattie neurologiche: esiti di ictus,
morbo di Parkinson, demenza,
neuropatie periferiche dolorose: esse provocano
compromissione della funzione motoria da
danno centrale, dolore, astenia ed
ipotrofia muscolare,
oltre a deficit sensoriali (propriocettivi);
- malattie cardiovascolari: scompenso cardiaco (dispnea
da sforzo), coronaropatie (angina da sforzo),
arteriopatie obliteranti periferiche (claudicatio intermittens);
- malattie polmonari: BPCO (Bronco Pneumopatia
Cronica Ostruttiva) e sindromi restrittive (dispnea,
minore capacità aerobica);
- altre condizioni: riduzione del visus (cataratte, retinopatie);
patologie a carico dei piedi (ulcere, calli,
duroni, onicomicosi. onicogrifosi etc);
- gravi malattie sistemiche con denutrizione (neoplasie, effetti collaterali di farmaci, quali sonnolenza ed atassia indotte da ansiolitici, rigidità muscolare e bradicinesia da neurolettici), comorbidità.
Tra i fattori psicologici si elencano:
- la depressione;
- il timore di cadute;
- la perdita dell'abitudine al movimento (ad es. per
decondizionamento da riposo prolungato a letto
dopo malattie acute);
Tali condizioni, testé elencate, inducono il paziente a stazionare a lungo in poltrona o a letto.
I fattori socio ambientali invece, il più delle volte,
giocano il ruolo di aggravanti, essi comprendono
innanzitutto l'inadeguatezza del supporto sociale, che
può causare solitudine, indigenza e malnutrizione con
conseguente impatto negativo sulla funzionalità motoria.
L'immobilizzazione forzata a letto, quale si osserva
spesso nei reparti ospedalieri per la cura di patologie
acute o negli istituti di assistenza nei confronti
di anziani con problemi di instabilità, di deficit visivi
o di malattie acute, non trattate con mobilizzazione
precoce, da un lato può far precipitare una condizione
motoria già precaria e dall'altro può essere causa dello scompenso multi sistemico, quest'ultimo rappresenta
il grado estremo della sindrome da immobilizzazione.
La presenza di barriere architettoniche (ad es. gradini)
e l'assenza di ausili per il movimento (bastoni, o
altri appoggi mobili, calzature apposite, sponde o corrimano
correttamente posizionati), sia negli istituti di
ricovero che in ambiente domestico, possono altresì
ostacolare le prestazioni motorie.
Naturalmente, questi fattori spesso interagiscono tra loro dando luogo ad un
"sinergismo di potenziamento"
ed è da tale interazione che dipende la velocità
con cui si instaura e progredisce la sindrome da immobilizzazione.
Ad esempio, a parità di condizioni psicofisiche,
l'assenza di un supporto sociale adeguato o la
presenza di condizioni ambientali sfavorevoli possono
condizionare negativamente la performance motoria,
ostacolando il recupero della mobilità ed influenzando
quindi il quadro della disabilità.