appunti del dott. Claudio Italiano
La HRS compare in circa il 4% dei pazienti con cirrosi scompensata, con una probabilità cumulativa dell'8% per anno, che aumenta al 39% a 5 anni. In pazienti ospedalizzati con ascite, il tasso d'incidenza è del 7-15. Tutte le razze sono colpite e così pure non c'è differenza tra i due sessi. L'età più colpita è la quarta od ottava decade. La sindrome epatorenale (HRS) si caratterizza per insufficienza renale progressiva senza cause specifiche in un paziente con malattia epatica avanzata e con ipertensione portale.
Essa si associa all'attivazione dei sistemi vasoattivi endogeni ed a variazioni del circolo arterioso, incluse vasocostrizione reversibile dell'arteria renale e vasodilatazione del sistema arterioso splacnico. Si distinguono sostanzialmente due tipi di HRS:
- Nel tipo I, l'insufficienza renale si sviluppa entro 2 settimane, quindi in maniera acuta. Essa si caratterizza per improvvisa impennata dei valori dell'azotemia e della creatinina in un periodo di 1-14 giorni, con azotemia che passa da 60 a 120 mg/dl e con la creatinina compresa tra 2 ed 8 mg/dl. Ne deriva un'incremento della creatinina sierica che raddoppia fino a 2,5 g/dl, mentre si riduce la clearance della creatinina del 50% fino a 20 ml/min. La malattia, ovviamente, trattandosi di una evoluzione della malattia epatica, si associa ad incremento della bilirubina e, dunque, ad ittero, encefalopatia portosistemica ed a coagulopatia. Si osserva tipicamente nei pazienti con epatite alcolica. In corso di epatopatia e sindrome epatorenale, il quadro può precipitare improvvisamente con sanguinamento da varici esofagee. Purtroppo la prognosi è sfavorevole e la morte sopraggiunge per coma epatico ed insufficienza renale severa nell'arco delle due settimane.
- Nel tipo II, l'insufficienza si sviluppa dopo 2 o più settimane, quindi gradatamente, con lenta progressione dell'azotemia fino a 30-80 mg% e dell'incremento della creatinina che rimane nel range di 2-4 mg/dl.Si associa a patologie epatiche croniche, come l'epatite B, epatite C, la cirrosi biliare primaria. Compare ascite refrattaria al trattamento con diuretici. La sopravvivenza è più a lungo rispetto a quella riscontrata nella HRS acuta. Tutti i pazienti dovrebbero ricevere almeno 1,5 litri di liquidi per neutralizzare un'eventuale deplezione di volume intravascolare non diagnosticata. Il trapianto di fegato può risolvere l'HRS e può essere preso in considerazione per i pazienti idonei a questo tipo di intervento.
La sindrome epatorenale si caratterizza, in sostanza, per insufficienza renale progressiva in un paziente con malattia epatica allo stadio avanzato e con ipertensione portale.
Le altre caratteristiche sono:
Assenza di cause identificabili con la sola insufficienza renale
Attivazione dei sistemi vasoattivi endogeni
Anomalie del circolo arterioso, con vasodilatazione del sistema splacnico associata
a vasocostrizione delle arterie brachiale, femorale e renale. La vasocostrizione
dell'arteria renale causa una riduzione della velocità del filtrato glomerulare.
Nella HRS si ha un incremento della gittata cardiaca superiore a 10 litri/minuto
con riduzione delle resistenze vascolari sistemiche, spesso inferiori a 500 dyne
s/cm, riduzione della pressione ematica ed incremento delle resistenze vascolari
renali a causa della vasocostrizione dell'arteria renale con successiva riduzione
del flusso ematico renale (RBF) e della GFR.
Incidenza
L'ipertensione portale è responsabile di vasodilazione splancnica arteriosa; si attiva il sistema nervoso simpatico ed il sistema renina angiotensina aldosterone e si incrementa l'ADH. Si attua vasocostrizione renale, con ischemia renale e danneggiamento del rene stesso per aumento della produzione intrarenale di vasocostrittori e ridotta sintesi di vasodilatatori. Ne deriva un quadro clinico che va sotto il nome di "sindrome epatorenale", espressione di danneggiamento del rene a seguito di insufficienza epatica per scarsa circolazione splacnica, specie in sede corticale. In particolare tutto cio' deriva dai seguenti momenti fisiopatogenetici.
Si determina una ritenzione di sodio, una
ritenzione idrica ed una riduzione
del RBF:
1) La ritenzione di sodio è l'anomalia più comune del
paziente cirrotico, ad esordio precoce, evenienza
questa che è alla base della formazione dell'ascite, ritenzione
di sodio che è presente fino dall'esordio, nei soggetti con GRF normale, dovuto
al riassorbimento di sodio nel tubulo prossimale e distali dei nefroni, verosimilmente
per attività eccessiva del sistema renina-angiotensina-aldosterone e del sistema
nervoso simpatico.
2) Compare ritenzione idrica ed edema secondari alla ritenzione di sodio e ciò perché
il rene non è in grado di espellere acqua libera, col risultato che il corpo va
incontro ad iponatremia diluizionale, cioè il sodio ematico è basso, nonostante
la ritenzione di liquidi ! Per cui il medico è legato mano e piedi nel trattamento
con i diuretici dell'ansa. Se la cirrosi è compensata, se non vi è ascite, l'escrezione
di acqua è normale.
3) Quando però si incrementa l'aumento della vasopressina a livello del circolo
periferico, con riduzione della sintesi di prostaglandine, si ha una riduzione del
filtrato verso l'ansa ascendente di Henle a causa dell'aumento di riassorbimento
prossimale di sodio e della riduzione della GFR.
4) La vasocostrizione renale è alla base dell'evoluzione della sindrome stessa e
comporta riduzione della RBF e della GFR in assenza di anomalie anatomiche significative
del rene. Le arteriografie del rene documentano una vasocostrizione con aspetto
a rosario e deformazione delle arterie interlobari ed arcuate.
In particolare si è visto che:
I criteri per definire la HRS sono stati proposti
dall'International Ascites Club (IAC) nel 1994 e rivisti nell'incontro del 2006
Cirrosi con ascite
Creatininemia >1.5 mg/dL
Nessun miglioramento della creatininemia (riduzione a un livello inferiore a
1.5 mg/dL) dopo almeno 2 giorni di sospensione del diuretico e di espansione del
volume circolante con albumina; la dose raccomandata di albumina è di 1 g/Kg di
peso corporeo al giorno, fino a un massimo di 100 g/die
Assenza di shock
Nessun trattamento in atto o recente con farmaci nefrotossici
Assenza di malattia parenchimale renale indicata da una proteinuria >500 mg/die,
microematuria (>50 eritrociti per campo) e/o anormalità ecografiche dei reni
L'ipertensione portale, conseguente al realizzarsi di una fibrosi, con
ostacolo sempre maggiore al deflusso venoso tra spazi portali e vene
centrolobulari, è il primum movens di una serie di conseguenze che
interessano circolo splancnico, sistemico, cardiaco e renale. All'ipertensione
portale conseguono vasodilatazione e pooling di sangue nel letto splancnico, con
riduzione del volume circolante effettivo, riduzione della pressione arteriosa
media (PAM) e incremento compensatorio della portata cardiaca. La
vasodilatazione in area splancnica è sostenuta da un'aumentata produzione di
fattori vasodilatanti, tra cui monossido di carbonio, cannabinoidi e ossido
nitrico (NO), che è ampiamente ritenuto uno dei principali imputati (15).
Una sovraproduzione di NO è possibile nei pazienti cirrotici in conseguenza
dell'alterata permeabilità della mucosa intestinale, che favorisce il transfer
di batteri e/o endotossine verso la circolazione sistemica. I macrofagi,
stimolati dai batteri, inducono la NOS (nitric oxide synthase), che catalizza la
conversione della L-arginina in NO.
Si realizza così, in corso di cirrosi, una circolazione iperdinamica che attiva
il sistema renina-angiotensina per mantenere la pressione arteriosa. Nel tempo
la stabilità emodinamica si fa sempre più dipendente dalla vasocostrizione dei
territori vascolari extra-splancnici, primo fra tutti il rene, ma anche
cervello, muscolo, cute. La riduzione della PAM sposta a destra la curva di
autoregolazione renale, rendendo così la perfusione fortemente dipendente dalla
pressione.
Inizialmente, il rene risponde infatti autonomamente con una maggiore
contrazione delle cellule muscolari lisce del circolo intrarenale (risposta
miogenica), per mantenere la pressione di perfusione. Successivamente interviene
però anche una vasocostrizione secondaria, in risposta all'attivazione del
sistema renina-angiotensina-aldosterone e del sistema simpatico.
In particolare, renina, angiotensinogeno, angiotensina I e II, aldosterone
e numerosi enzimi si comportano come effettori del sistema baro-recettoriale
intra-renale, in grado di percepire variazioni anche estremamente piccole della
pressione di perfusione. Si attiverebbe, inoltre, un baro-riflesso epatorenale,
a partenza da sensori intraepatici coinvolti nel controllo del volumi idrici, in
grado di aumentare l'efferenza simpatica al rene e di modularne quindi le
funzioni. La vasocostrizione intrarenale è però sostenuta anche dallo squilibrio
fra fattori vasoattivi, quali endotelina, leucotrieni, prostaglandine,
F2-isoprostani, prostaciclina, glucagone e ossido nitrico.
Overview
L'HRS è il risultato di una variazione progressiva del circolo sistemico, in
pazienti con cirrosi, che si aggrava con la comparsa di ascite. Queste variazioni
includono aumento del flusso ematico nel circolo splacnico, riduzione del RBF, riduzione
della resistenza vascolare sistemica ed aumento della gittata cardiaca. Si osservano
variazioni significative a carico di ciascun regolatore noto del tono vascolare
(sia ad azione vasodilatatrice che vasocostrittrice) e dei regolatori dell'escrezione
del sodio e dell'acqua.
In generale si attuano 3 meccanismi principali alla base della HRS:
1) vasodilazione del
sistema vascolare splacnico: La vasodilatazione in area splancnica è
sostenuta da un’aumentata produzione di fattori vasodilatanti, tra cui monossido
di carbonio, cannabinoidi e ossido nitrico che si formerebbe per alterata
permeabilità intestinale con passaggio di batteri ed attivazione della
nitrossido sintetasi ad opera dei macrofagi, stimolati dalla presenza dei
batteri.
2) riduzione della volemia efficace:
per circolo alterato con attivazione del sistema della renina-angiotensina-aldosterone, attuato dall'organismo con l'intento di
ripristinare la volemia.
3) vasocostrizione della corticale renale, per attivazione del sistema
simpatico e per lo squilibrio fra fattori vasoattivi, quali endotelina,
leucotrieni, prostaglandine, F2-isoprostani, prostaciclina, glucagone e ossido
nitrico. Lo squilibrio circolatorio fra letto splancnico vasodilatato e
circoli sistemico, renale, muscolare e cerebrale costretti è stato dimostrato
con studi Doppler. Il ruolo patogenetico di tali mediatori nella genesi della
HRS è stato documentato da studi che hanno valutato l’effetto di alcuni
antagonisti: il bosentan, antagonista dell’endotelina, ha dimostrato di
migliorare la perfusione renale in pazienti con HRS, suggerendo quindi che l’endotelina
possa svolgere un ruolo patogenetico nella vasocostrizione intrarenale
Vediamo in particolare il ruolo dei vari mediatori della HRS 1
E' importante per il controllo del volume intravascolare e della pressione arteriosa.
Una riduzione del volume intravascolare stimola sia i recettori sensibili alla bassa
pressione, nell'atrio e nelle arterie polmonari, che quelli sensibili all'alta pressione
(arterie carotidee, apparato iuxaglomerulare ed aorta, con conseguente aumento dell'attività
del SNS.
L'incremento progressivo dell'attività del SNS causa la comparsa a cascata dei seguenti
eventi:
aumento del rilascio di renina mediata dai beta-1 adrenocettori
aumento del riassorbimento di sodio nei tubuli prossimali, mediato dagli alfa-1-adrenocettori
vasocostrizione renale con riduzione della RBF e della GRF mediata dagli alfa-1
adrenocettori
Aumento della concentrazione di vasopressina, prodotta dalla neuroipofisi in
risposta a stimoli osmotici, mentre nel paziente cirrotico tale incremento è a prescindere
da meccanismi osmotici e si determina a pari passo con la ritenzione di acqua libera
e l'aumento della vasopressina determina a sua volta vasocostrizione del circolo
renale.
L'escrezione di PGE2 e di 6-cheto PGF 1 alfa sono aumentati nei pazienti che
non presentano insufficienza renale, viceversa la loro escrezione è ridotta nei
pazienti con HRS. Noi sappiamo che queste prostaglandine giocano un ruolo notevole
nella regolazione del circolo renale.
Esistono evidenze per cui tale potente sostanza ad azione vasodilatatrice sistemica determina rilassamento della muscolatura liscia vascolare ed antagonizza gli effetti di angiotensina II ed endotelina I. L'aumento dell'ossido nitrico nel cirrotico è coinvolto nella patogenesi del circolo iperdinamico presente in tali pazienti.
La terapia si divide in :
a) chirurgia: posizionamento di TIPS, trapianto di fegato
b) farmacologica: albumina, terlipressina, altri farmaci
Numerosi farmaci sono stati usati per la cura della HRS , ma con scarsi risultati. In anni recenti, l'approccio farmacologico è cambiato; particolare attenzione è stata data all'uso dei vasocostrittori, contrariamente al predominante uso precedente di vasodilatatori (dopamina a "dosaggio renale", misoprostolo).
La somministrazione endovenosa di terlipressina e albumina è, oggi, il trattamento di scelta per i pazienti con HRS tipo 1
Il razionale
per questo cambiamento è che l'evento iniziale nella HRS è la vasodilatazione della
circolazione splancnica e che
dunque l'uso dei vasocostrittori possa prevenire l'attivazione omeostatica dei vasocostrittori
endogeni.
Analoghi della vasopressina (Octapressina, Ornipressina, Terlipressina) in associazione
all'albumina e.v.
Midodrina (agonista adrenergico) in associazione all'albumina e.v. e all'octreotide
s.c. SER: Principi di Terapia
TIPS
Trapianto epatico
Nella pratica clinica ci troviamo spesso di fronte al paziente con ascite refrattaria scarsamente responsiva al trattamento diuretico per il quale il nefrologo, spesso interpellato, consiglia il trattamento con dopamina a basso dosaggio e l'impiego di diuretici dell'ansa e degli antialdosteronici, considerando, tuttavia, che questi pazienti presentano spesso iposodiemia. Il ripristo del livello di albuminemia può sortire effetti benefici, stante la capacità della stessa di captare i liquidi dell'interstizio.
L’unica terapia efficace è la sostituzione dell’organo malato, il fegato, tramite trapianto ortotopico (evidenza di livello 1A), a cui fa seguito la ripresa della funzione renale. Esistono evidenze sufficienti a sostenere la natura funzionale della HRS: o almeno inizialmente, l’istologia renale risulta o normale o con alterazioni che non giustificano la riduzione del filtrato; o i reni di pazienti con HRS, trapiantati in pazienti con insufficienza renale cronica, riprendono una funzione normale; o l’HRS può regredire dopo terapia con vasocostrittori e albumina o con il trapianto di fegato. Spesso, ma non sempre, si può identificare un evento scatenante, più frequentemente una peritonite batterica spontanea (PBS).
L'approccio terapeutico patogenetico è basato sull'uso di farmaci vasocostrittori, al fine di ottimizzare l'emodinamica, migliorando la pressione arteriosa e modificando le alterazioni circolatorie tipiche del circolo ipercinetico, favorendo così, secondariamente, la perfusione renale.
La somministrazione endovenosa di:
- terlipressina
- albumina
E' oggi, il trattamento di scelta per i pazienti con HRS tipo 1 (evidenza di livello A1).
In associazione all'albumina si è dimostrata in grado di
ridurre la mortalità a breve- termine.
Oggi il goal principale della terapia con terlipressina è la risoluzione della
disfunzione renale, al fine di ridurre la morbilità e la mortalità pre- e
post-trapianto epatico.
La terlipressina è un agonista dei recettori V1 della
vasopressina, distribuiti sull'intero letto vascolare arterioso, ma
preferenzialmente espressi sulla muscolatura vascolare liscia del letto
splancnico.
è inattiva nella sua forma nativa ed è enzimaticamente trasformata nella sua
forma biologicamente attiva (lisin-vasopressina), caratterizzata da un'emivita
prolungata, soprattutto a confronto con altri analoghi della vasopressina
come l'ornipressina.
Questa caratteristica rappresentava il razionale per la sua iniziale utilizzazione a boli e.v., oggi superata dall'infusione continua. I principali effetti emodinamici della terlipressina si traducono in un aumento della pressione arteriosa media e delle resistenze vascolari, con riduzione della frequenza e della portata cardiaca (25). La terlipressina è, perciò, in grado di invertire il quadro di iperattività simpatica che caratterizza la disfunzione circolatoria dello stadio terminale della malattia epatica, riducendo la vasocostrizione nel letto vascolare renale, con riduzione consensuale di renina, noradrenalina e creatinina.
A livello intrarenale, infatti, l'aumento, anche se modesto, della MAP, associato alla riduzione dello stimolo reninico e simpatico, porta alla riduzione delle resistenze arteriose e aumenta il flusso ematico. Di conseguenza, il rene ritorna nella condizione di funzionalità del sistema di autoregolazione.
Poiché l'attivazione del sistema simpatico in corso di HRS sposta la curva di autoregolazione renale a destra, è necessaria una MAP di circa 90 mmHg per ottimizzare al massimo il flusso ematico in questa condizione.
Il farmaco ha anche effetti significativi sulla circolazione portale, riducendo il flusso venoso portale e il gradiente di pressione venosa porto-sistemica, contemporaneamente, però, a un aumento della velocità di flusso in arteria epatica. Quindi, in contrasto con gli effetti sui vasi mesenterici, non causa vasocostrizione arteriosa epatica, mantenendo, così, l'ossigenazione epatocitaria a fronte della simultanea caduta della pressione portale.
Le linee di tendenza più attuali sull'uso della terlipressina si basano sull'uso dell'infusione continua, per la stabilizzazione del livello circolante, il miglior controllo degli effetti collaterali e un incremento delle possibilità di successo terapeutico rispetto all'impiego dei boli.
La dose globale giornaliera è di 2-4 mg/die per i primi 3 giorni.
Non esiste ancora una standardizzazione sulla dose di farmaco da utilizzare, data la mancanza di studi dedicati a questo specifico aspetto (29). Se al terzo giorno di terapia la creatinina sierica non si è ridotta di almeno il 25% rispetto al valore di partenza , si può raddoppiare la dose fino a un massimo, da non superare, di 12 mg al giorno. Alla terlipressina va associata l'albumina, a una dose carico di 1 g/Kg/die il primo giorno, seguita da 20-40 grammi giornalmente.
L'impiego dell'albumina umana è qui finalizzato all'espansione del volume circolante.
Vale però la pena ricordare che l'albumina è anche un importante
anti-ossidante e che larga parte del potere anti-ossidante del plasma è
attribuibile all'albumina stessa, che ha infatti capacità leganti nei confronti
di sostanze ossidanti e che è in grado di intrappolare radicali liberi (30).