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Risonanza nucleare encefalica

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La risonanza magnetica

La tomografia a risonanza magnetica rappresenta una nuova tecnica di immagine che sfrutta la perturbazione indotta da onde elettromagnetiche nell'ambito delle radio-frequenze, su di un sistema in cui i nuclei atomici sono immersi in un campo magnetico. L'RM è generalmente considerata non dannosa nei confronti del paziente, e quest'ultimo non è sottoposto a radiazioni ionizzanti come nel caso delle tecniche facenti uso di raggi X o di isotopi radioattivi.

Le informazioni date dalle immagini di risonanza magnetica sono essenzialmente di natura diversa rispetto a quelle degli altri metodi di imaging, infatti è possibile la discriminazione tra tessuti sulla base della loro composizione biochimica, inoltre si hanno immagini delle sezioni corporee su tre piani diversi (assiale, coronale, sagittale), il che però non le conferisce la tridimensionalità. Vi sono diverse applicazioni dell'imaging a risonanza magnetica, ad esempio l'imaging a risonanza magnetica in diffusione e la risonanza magnetica funzionale. Gli svantaggi dell'utilizzo di questa tecnica sono principalmente i costi e i tempi necessari all'acquisizione delle immagini.

A prima vista, un'immagine di risonanza è simile a un'immagine ottenuta tramite tomografia computerizzata (TC), dalla quale però si distingue per il fatto che le ossa, chiare quando viste con i raggi X, qui compaiono scure. Esternamente le attrezzature per una TC e per una risonanza spesso sono simili: la principale differenza è la lunghezza del tubo in cui viene inserito il paziente, più piccola nel caso della TC, generalmente maggiore nel caso della MRI. In entrambe il paziente, su un lettino motorizzato, viene inserito in un anello.

Nonostante questa sia la forma più comune per una macchina di risonanza magnetica umana, altre geometrie sono possibili (a ferro di cavallo o quadrata, ad esempio).

Il paziente non deve assolutamente indossare oggetti di materiale metallico potenzialmente ferromagnetico, quali orologi, bracciali, catenine; particolare attenzione deve essere posta per accertarsi che il paziente non abbia subito in passato incidenti in seguito ai quali schegge metalliche possano essere rimaste alloggiate nei tessuti, od operazioni chirurgiche che abbiano previsto l'impianto di materiali simili. Oggetti di materiale ferromagnetico immersi in un campo magnetico intenso subiscono forze rilevanti che possono provocarne lo spostamento con conseguente danno ai tessuti, ad esempio nel caso delle schegge che si trovassero vicino a vasi sanguigni; anche in assenza di tale rischio la presenza di materiale ferromagnetico, alterando il campo elettromagnetico cui sono sottoposti i tessuti, può causare un anomalo riscaldamento dei tessuti circostanti, con conseguente possibile danno.

La presenza di protesi, clip vascolari, stent, stimolatori cardiaci o altri apparati medico-chirurgici impedisce l'esecuzione o la corretta lettura dell'esame. Dagli anni 1990 vengono utilizzati sempre più spesso materiali RM-compatibili, ma con l'aumentare della potenza degli apparecchi tale problema si rifà ogni volta vivo: occorre per tal motivo conoscere, per ogni materiale utilizzato, fino a che intensità del campo magnetico è da considerarsi RM-free.

Storia della risonanza

La proprietà dei materiali alla risonanza magnetica fu scoperta nel 1946 contemporaneamente da due gruppi di studio:
• uno facente capo a Block a Stanford;
• uno facente capo a Purcell ad Harvard. Entrambi furono insigniti del premio Nobel per la Fisica nel 1952.
Nel 1971 Demadian riportò significative differenze nel tempo di rilassamento dei tumori e dei tessuti normali nel ratto. Nel 1973 Laterbur dimostrò la possibilità di produrre immagini in sezione di oggetti. Nel 1975 furono ottenute immagini di sezioni di animali.
Nel 1977 Hinshaw ottenne sezioni tomografiche di un polso umano. Nel 1980 il gruppo di Aberdeen riuscì ad ottenere immagini nel tempo di 2-4 minuti, così come pure il gruppo di Nottingham. Sempre nello stesso anno il gruppo di Oxford ed Hopkins localizzarono e visualizzarono lo spettro di risonanza del fosforo.

Basi fisiche della risonanza magnetica

La Risonanza Magnetica Nucleare si basa sul fatto che in natura esistono alcuni atomi i cui nuclei hanno proprietà magnetiche. Tutti i nuclei sono masse cariche positivamente, risultando costituite da protoni (P) e neutroni (N); circa i 2/3 delle specie nucleari presentano un movimento di rotazione attorno al proprio asse denominato spiri o momento angolare. A seconda del rapporto esistente fra protoni e neutroni nel nucleo, lo spin nucleare può assumere valori uguali a zero, valori interi o semiinteri. è noto, dalla fisica nucleare, che le cariche elettriche in movimento generano dei campi magnetici: sotto questo aspetto il nucleo può essere considerato come un dipolo, avente un polo positivo ed uno negativo ed è caratterizzato da un momento magnetico caratteristico. Il rapporto di questi due valori viene definito costante giromagnetica: è questo parametro che consente la selettività dello studio R.M.N. nello discriminare uno o un altro elemento essendo funzione del numero di massa (A) e del numero atomico (Z). Occorre tener presente anche che le specie nucleari con spin uguale a zero o intero o semiintero maggiore a 1/2 o non danno luogo a segnali di risonanza o danno luogo a segnali complessi e di difficilissima ricostruzione. Il nucleo di idrogeno (H+), che possiede uno spin di 1/2, è pertanto il più indicato nello studio R.M. di Immagine, sia perché ha solo due livelli energetici (-1/2 e +1/2) sia perché è il protone più rappresentato ed obiquitario nelle strutture biologiche.

Interazione di un campo magnetico statico con i nuclei di idrogeno

Considerando l'insieme dei nuclei di idrogeno presenti in un certo volume di materia, osserviamo che ognuno di essi "sparpagliati" nello spazio è caratterizzato da un momento magnetico rappresentato da una grandezza vettoriale, avente cioè a) un verso, b) direzione, c) intensità. In questa situazione la somma vettoriale dei singoli protoni sarà uguale a zero. Se questi protoni vengono immersi in un forte campo magnetico si comportano come gli aghi di una bussola: alcuni si orienteranno secondo la direzione del campo magnetico statico con verso parallelo (up) altri si orienteranno con verso antiparallelo (down).

Il verso parallelo, che implica un minor contributo energetico, rappresenta la popolazione più numerosa, che dimensionalmente è di circa 10*22 protoni/ml di materia. In presenza del campo magnetico statico, la somma vettoriale risultante non sarà più zero, ma sarà un vettore magnetizzazione macroscopica avente la direzione del campo magnetico statico, il verso parallelo ad esso e l'intensità uguale alla differenza vettoriale tra la somma dei vettori paralleli e quelli antiparalleli vettore magnetizzazione macroscopica longitudinale.

I protoni, che già hanno un movimento rotatorio sul proprio asse, sono in movimento anche attorno al campo magnetico statico con un moto analogo a quello di una trottola, denominato moto di precessione del nucleo. Pur avendo i protoni la stessa frequenza di precessione regolata dalla equazione di Larmor, a causa dell'agitazione termica, non si trovano tutti nella stessa fase, ovvero sono desincronizzati tra di loro. Per questo motivo, la risultante delle somme vettoriali sarà una magnetizzazione macroscopica longitudinale di un determinato valore, mentre la magnetizzazione macroscopica trasversale sarà uguale a zero.

Effetti delle onde a radiofrequenza sui nuclei immersi in un campo magnetico statico

Abbiamo visto come venga a crearsi una magnetizzazione macroscopica longitudinale orientata parallelamente al campo magnetico statico, quando i protoni di idrogeno sono immersi in un campo magnetico statico. è possibile perturbare i nuclei mediante un campo magnetico supplementare trasversale applicato perpendicolarmente a quello statico; se questo campo magnetico supplementare oscillante oscilla con una frequenza corrispondente a quella posseduta dai nuclei di idrogeno in precessione intorno al campo magnetico statico si ha il fenomeno della risonanza e quindi la massima cessione di energia.

Dosando opportunamente la durata dell'impulso a radiofrequenza, ad esempio a 90 gradi, il vettore magnetizzazione macroscopica longitudinale si annullerà e si verrà a creare un vettore magnetizzazione macroscopica trasversale. Al cessare dell'impulso a radiofrequenza, il sistema protonico ritorna progressivamente nella posizione di equlibrio iniziale, restituendo all'ambiente l'energia assorbita precedentemente; la cessione di energia avviene tramite onde elettromagnetiche appartenenti alla banda di radiofrequenze. Queste radiazioni costituiscono il segnale R.M. e, venendo ricevute da una bobina ad induzione magnetica, vengono elaborate da un computer e fornite poi sotto forma di im-magine.

 

L'angio - R.M. tecnica d'avanguardia nello studio della patologia vascolare

Nello studio della patologia dei TSA la tecnica di indagine più largamente usata in pazienti da selezionare per sottoporre ad intervento chirurgico è l'angiografia convenzionale, sostituita in questi ultimi anni dalla angio-grafia digitale.

Da alcuni anni si è cercato di sviluppare sem-pre più tecniche non invasive utilizzando ad esempio gli ultrasuoni (U.S.) con Doppler e Color-Doppler, per ottenere le medesime informazioni ottenibili con l'angiografia, tecnica invasiva che necessita dell'introduzione di mezzi di contrasto. In questa linea l'angio-R.M. può essere considerata come l'ultima nata unendo alla non invasività degli U.S. ed il non uso di mezzi di contrasto una rappresentazione spaziale di tutto il distretto vascolare come l'angiografia, che rimane tuttora per una valutazione morfologica l'indagine di riferimento.

Verso la fine del 1987 inizi 1988 alcuni autorevoli Autori descrissero sofisticati e completi modelli matematici tendenti a collegare l'intensità del segnale R.M. con il flusso del sangue all'interno dei vasi. La descrizione delle prime immagini angio-R.M. risale a metà degli anni '80, immagini in cui la discriminazione spaziale lasciava molto a desiderare; si deve arrivare al 1988 per cominciare ancora come "work in progress" ad avere immagini di discreta qualità.

I filoni fondamentali della ricerca per ottenere immagini angio-R.M. sono stati due: uno quello in cui il segnale del sangue viene soppresso (nero) ed uno in cui viene soppresso quasi totalmente il segnale dei tessuti circostanti ed il sangue circolante nel vaso viene enfatizzato. Nei primi studi si ottennero immagini di que-sto tipo in circa 10 min. di scansione tempo al quale occorreva aggiungere qualche ora di post-processing delle immagini. Solo più recentemente si è riusciti ad ottenere un alto segnale del sangue circolante senza ricorrere al post-processing successivo alla acquisizione; il metodo per ottenere questo tipo di immagini è duplice:
• mediante un algoritmo tridimensionale della trasformata di Fourier.
• mediante un pacchetto di strati singoli applicando la trasformata bidimensionale di Fourier.

Con l'evoluzione tecnologica soprattutto dei computer si è passati dai primi tempi di scan-sione di 10-15 min a quelli attuali di 2-3 min. : la descrizione delle metodiche differisce leggermente da apparecchiatura ad apparec-chiatura (FISP = Siemens, GRASS = General Electric) tenendo presente che il denominatore comune è quello di sequenze veloci. In pratica si eseguono scansioni assiali con acquisizioni veloci con campi di vista dai 10 ai 16 cm. con spessore di strato ridotti (3-5-10 mm.) con un numero globale di 30-50 strati centrati attorno alla biforcazione. Sulle immagini ottenute si ricostituiscono in piani coronali e sagittali le carotidi ruotando le immagini con step di 15 gradi da 0-180 gradi, ottenendo pertanto l'immagine dei vasi in varie proiezioni per potere sproiettare le carotidi fra di loro.

Dai vari studi statunitensi ed europei paragonando l'angiografia con l'angio-R.M. è possibile valutare diversi tipi di patologia quali stenosi, placche ed aneurismi. Si è notato che le stenosi e le placche sono sovrastimate mentre sono sottostimati aneurismi ed ulcerazioni. La spiegazione del fenomeno della sovrasta-diazione delle stenosi e placche è conseguente al fatto che l'immagine angiografica della risonanza magnetica (A.R.M.) è legata alla velocità di scorrimento del sangue e non come nell'angiografia tradizionale, in cui il mezzo di contrasto si sostituisce o si mescola al sangue circolante definendo molto bene la linea di demarcazione con la parete del vaso.

Un altro concetto da tener presente in A.R.M. è il seguente: più è grande la quantità di sangue che si muove alla stessa velocità, tanto maggiormente omogenea sarà l'intensità del segnale. Nel caso di placche e stenosi, il sangue che scorre più lentamente e le turbolenze in prossimità di una placca determinano un'irregolarità e/o un segnale meno intenso nei contorni del volume ematico a flusso rapido disposto nella parte centrale del lume vasale. Il segnale del sangue lungo la parete con placca e nelle sue vicinanze sarà molto basso con il risultato di sovrastimare la stenosi; per l'analogo motivo si giunge alla sovrastima delle ostruzioni. Per concludere si può affermare che la strada tecnologica sia quella giusta e che superati i problemi di costo e di difetti insiti in una "giovane" tecnica l'angio-R.M. occuperà un posto sempre più preponderante fra le tecniche d'immagine per lo studio della patologia vascolare.
 

Per approfondire il tema:

Imaging dell'ictus 1

Imaging dell'ictus 2

La cisti aracnoidea, un caso della dott.ssa A. Garito

L'ictus cerebrale: imaging a cura della dott.ssa A. Garito

L'imaging dell'edema cerebrale diffuso a cura della dott.ssa A. Garito

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