appunti del dott. Claudio Italiano
Il
rene può essere il punto di partenza di diversi tumori, sia benigni che
maligni,
così come può essere sede di diffusione secondaria metastatica di neoplasie maligne
localizzate in altri organi, che si scoprono per caso al tavolo autoptico.
I tumori del rene possono essere di natura benigna o maligna. Fra i tumori
benigni riscontriamo neoformazioni sia di natura epiteliale (cisti e
adenomi), sia di natura connettivale (fibromi, fibroangiomi, angiomiolipomi).
I tumori maligni comprendono l'adenocarcinoma del rene (RCC), il
nefroblastoma o tumore di Wilms, rare forme sarcomatose come i leiomiosarcomi e
liposarcomi e neoplasie a malignità incerta quali gli oncocitomi.
Tra le neoplasie renali primitive abbiamo:
- la più frequente (85-90%) è il carcinoma a cellule renali
- tumori della pelvi (4-5%)
- nefroblastoma (3-4%)
- i sarcomi.
Dal punto di vista sperimentale, è possibile indurre negli animali tumori renali simili al carcinoma renale umano mediante somministrazione di numerosi agenti chimici (dimetilnitrosamina, idrocarburi policiclici, amine aromatiche, piombo, etc.) e di estrogeni ad alte dosi. Il ruolo di questi agenti nell'evocazione del carcinoma renale umano non è ben definito, mentre è stata riportata una certa associazione della neoplasia renale umana con l'esposizione al fumo di sigaretta o al cadmio, e con l'obesità nelle donne. Anche l'ereditarietà e i fattori genetici potrebbero avere un ruolo patogenetico.
E' nota infatti una forma familiare di carcinoma renale
associata alla malattia di von Hippel-Lindau, caratterizzata da emangiomi retinici
e del sistema nervoso centrale, trasmessa come carattere autosomico dominante. In
alcune di queste famiglie è stato identificato un difetto genetico preciso consistente
nella traslocazione tra il cromosoma 3 ed 8, ovvero tra il cromosoma 3 e il cromosoma
11.
Il carcinoma a cellule renali colpisce i due reni in egual misura ed è generalmente
localizzato ad uno dei due poli. Si tratta di masse lobulate che al momento della
loro scoperta hanno di solito dimensioni notevoli (> di 5cm di diametro); al taglio
è tipico un aspetto variegato con aree di caratteristico colore giallo chiaro alternate
a zone di degenerazione cistica, emorragie e calcificazioni.
Dal punto di vista microscopico, i carcinomi a celule renali risultano composti
da tre gruppi principali di cellule:
a) cellule chiare, simili alle normali cellule tubulari con migliore prognosi
b) cellule granulari,
c) cellule fusiformi anaplastiche, a prognosi peggiore.
Per quanto riguarda le vie di diffusione della massa neoplastica renale primitiva,
essa può:
1) infiltrare direttamente la capsula renale invadendo i tessuti perirenali e le
strutture adiacenti (vasi renali, colon, fegato, pancreas)
2) diffondere per via ematica, per infiltrazione della abbondante rete capillare
presente nel tumore.
Le metastasi a distanza più frequenti interessano i polmoni, il fegato, l'apparato
scheletrico, il sistema nervoso centrale. L'infiltrazione diretta della vena renale
provoca quasi inevitabilmente la formazione di trombi che poi finiscono per estendersi
alla vena cava.
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Il carcinoma renale a cellule chiare origina con molta probabilità dall'epitelio del tubulo prossimale e generalmente si sviluppa come una lesione solitaria e monolaterale. Si presenta tipicamente come una massa sferica, di dimensioni variabili e di colore giallo-grigiobiancastro che sporge dalla superficie dell'organo deformandolo. All'interno della massa tumorale possono essere evidenti estese aree di necrosi ischemica, focolai emorragici e calcificazioni. Solitamente la lesione ha margini ben definiti, tali da far pensare, erroneamente, ad un suo incapsulamento. L'aspetto "pseudocapsulato" è dato dalla crescita della neoplasia, che si espande comprimendo perifericamente il parenchima e lo stroma anziché infiltrarli diffusamente. Il carcinoma renale sviluppandosi può infiltrare la via escretrice fino a sporgere nei calici e nel bacinetto, o può invadere la vena renale proliferando in forma di colonna solida (trombo neoplastico); in altri casi il tumore supera la capsula renale ed invade il grasso perirenale ed i tessuti adiacenti.
I carcinomi papillari originano dai tubuli contorti distali e possono essere multifocali e bilaterali. Sono caratterizzati da una tipologia di crescita papillare e presentano tipicamente un aspetto cistico ed emorragico, soprattutto se sono di grandi dimensioni. Il carcinoma papillare è il tumore renale più comune nei pazienti che sviluppano una malattia cistica associata alla dialisi.
Il carcinoma renale a cellule chiare è costituito da cellule di forma sferica o poligonale a citoplasma chiaro o granulare per la presenza di un abbondante contenuto di glicogeno e lipidi, disciolti dai comuni fissativi. La tipologia di crescita varia da una forma solida a quella trabecolare o tubulare. La maggior parte di questi tumori sono ben differenziati, ma alcuni esibiscono marcati caratteri di atipia cellulare.
Il carcinoma papillare è costituito da cellule cuboidali o cilindriche organizzate in formazioni papillari. Il carcinoma renale cromofobo si compone di lembi solidi di cellule con evidenti membrane cellulari, un citoplasma debolmente eosinofilo e in genere un alone perinucleare,. Si pensa che origini dalle cellule intercalari dei dotti collettori. Il carcinoma del dotto collettore è una rara variante che insorge dalle cellule del dotto collettore nella midollare. E' caratterizzato dalla presenza di canali aberranti rivestiti da epitelio marcatamente atipico. Aspetti sarcomatoidi sono rari in tutti i tipi di neoplasia renale e si accompagnano in genere ad una prognosi decisamente infausta.
Grading secondo Fuhrman In rapporto all'anaplasia nucleare, si distinguono per il carcinoma renale 4 gradi di differenziazione: G1, ben differenziato; G2, moderatamente differenziato; G3, scarsamente differenziato; G4, indifferenziato.
1. Diffusione per contiguità
Il tumore penetra la capsula renale ed invade lo spazio cellulo-adiposo perirenale, giungendo ad interessare il diaframma, il peritoneo parietale posteriore e gli organi adiacenti (colon, milza, coda del pancreas). Il surrene, raramente interessato per contiguità, è più frequentemente infiltrato da metastasi ematogene.
2. Diffusione per via linfatica
Le cellule neoplastiche invadono i vasi linfatici periarteriosi, colonizzano i linfonodi para-aortici, quindi raggiungono il dotto toracico e i linfonodi cervicali.
3. Diffusione per via linfo-ematogena
Gli elementi neoplastici, attraverso il dotto toracico, raggiungono la vena cava superiore e quindi il circolo polmonare.
4. Diffusione per via ematogena
E' sicuramente la più importante. La sua elevata frequenza è dovuta alla precoce invasione della vena renale, e quindi della vena cava inferiore, soprattutto nelle localizzazioni destre. La successiva evoluzione è dovuta alla diffusione retrograda nella vena cava o nei rami della vena renale, o anterograda verso il circolo generale o le anastomosi porto-cavali. Le localizzazioni metastatiche sono estremamente variabili e talvolta si riscontrano in sedi atipiche: sono più comunemente interessati i polmoni (50%) e le ossa (35%), seguiti in ordine decrescente dai linfonodi locoregionali, dal fegato, dalle ghiandole surrenali, dal rene controlaterale, dall'encefalo, dai genitali esterni e infine dal miocardio, dalla milza e dalla cute [7]. L'evidenza radiologica di metastasi al momento della prima diagnosi si riscontrava in passato in circa il 50-80% dei casi, a causa di una crescita I TUMORI DEL RENE 7 silente e, conseguentemente, di una diagnosi tardiva. L'avvento dell'ecografia, consentendo diagnosi più precoci, ha modificato fortemente questa condizione. Stadiazione Il sistema di stadiazione clinica più utilizzato è il TNM, il quale valuta l'estensione locale del tumore (T) e l'eventuale coinvolgimento linfonodale (N) e/o metastatico (M) (tabella 4).
Il carcinoma a cellule renali si può manifestare clinicamente con una varietà straordinaria di sintomi, spesso ad insorgenza subdola e non immediatamente ricollegabili ad una patologia renale; per questo il tumore è stato definito il grande "mimo" della medicina, ovvero anche "il tumore dell'internista". La triade classica di presentazione, comprendente il dolore al fianco, macroscopica e la palpabilità di una massa addominale, è tipica delle forme avanzate della neoplasia ed è presente al completo solo in una minoranza dei pazienti (< del 10%) al momento della diagnosi. Di solito l'esordio è stabilito da uno dei tre sintomi. L'ematuria macroscopica è il sintomo più frequente e deriva dall'invasione precoce del sistema collettore. Il dolore al fianco viene riferito dal paziente come un dolore sordo, gravativo, mal localizzato.
Tuttavia, improvvisi spandimenti emorragici all'interno della massa tumorale possono determinare, attraverso la distensione della capsula, dolori violenti che simulano l'addome acuto. In altri casi, quando si formano coaguli lungo l'uretere, il dolore assume i caratteri della colica renale. L'identificazione di una ematuria palpabile, generalmente al fianco, è frequente nei tumori che si sviluppano dal polo renale inferiore. La massa ha consistenza dura, generalmente non è dolente ed è mobile col respiro. In presenza di trombosi della vena renale sinistra con interessamento della vena spermatica omolaterale, può insorgere un varicocele acuto non riducibile con la posizione clinostatica. L'invasione della vena cava induce comparsa di massa addominale edemi periferici bilaterali. Oltre che con i sintomi direttamente collegabili alla massa tumorale e all'infiltrazione di strutture circostanti, il carcinoma a cellule renali si può presentare con una vasta varietà di segni e sintomi sistemici o d'organo, spesso inquadrabili nell'ambito delle sindromi paraneoplastiche.
Tra i sintomi sistemici frequenti vanno ricordati: la febbre , isolata, di tipo intermittente, che sembra dovuta alla liberazione di sostanze pirogene da parte del tumore; l'astenia, anoressia e la perdita di peso.
L'anemia è spesso sproporzionata rispetto all'entità dell'ematuria , può essere di tipo ipocromico con iposideremia e ridotta capacità sierica di trasporto del ferro (anemia : secondaria sideropessica) oppure di tipo normocitico normocromico; in questi casi si è postulato che l'anemia sia secondaria alla produzione di sostanze mielosoppressive da parte del tumore o alla ridotta sintesi di eritropoietina in seguito alla distruzione estesa del normale tessuto renale.
I carcinomi a cellule
renali possono produrre oltre all'eritropoietina anche altri ormoni o sostanze ormonosimili
e generare sindromi endocrine para-neoplastiche. Ricordiamo l'ipercalcemia da produzione
di un principio simile al paratormone, e di prostaglandine; la sindrome di Cushing,
da produzione di ACTH; la ginecomastia
produzione di gonadotropina corionica e la galattorrea da produzione di prolattina.
L' epatomegalia con segni di disfunzione epatica
(aumento della bilirubina, delle gamma-glutamil-tranferasi
e della fosfatasi alcalina) è frequente anche in assenza di chiare metastasi epatiche.
Dato che queste alterazioni sono reversibili con l'asportazione del tumore, si ritiene
che siano dovute all'azione di tossine di origine tumorale.
Il sospetto clinico di carcinoma renale può venire decisamente rafforzato dai risultati delle indagini di laboratorio. La velocità di eritrosedimentazione è elevata, costantemente in presenza di metastasi. Nel profilo ematologico, oltre all'anemia si possono documentare talora eosinofilia, reazioni leucemoidi, o piastrinosi; abbiamo già accennato ai segni di disfunzione epatica e all'ipercalcemia che sono costanti quando fegato e tessuto osseo sono invasi da metastasi.
L'esame delle urine in genere svela la presenza di emazie anche nei casi senza ematuria macroscopica; la leucocituria è modesta ed incostante, come pure lieve è la proteinuria.
La diagnosi definitiva di carcinoma renale si ottiene facilmente con l'ausilio di indagini strumentali.
L'urografia è stata in passato l'indagine di prima scelta nello screening diagnostico delle neoplasie renali; gli aspetti più indicativi offerti da questa indagine sono i segni di invasione del sistema collettore, con spostamento, stiramento, compressione o amputazione delle papille e dei calici. Dati i potenziali rischi dell'urografia, la valutazione iniziale viene oggi generalmente eseguita mediante ecografia ultrasonica addominale, che di solito permette di distinguere abbastanza facilmente tra cisti renali benigne, a contorni ben definiti e a contenuto liquido anecogeno omogeneo, dal carcinoma renale che ha profili irregolari ed echi interni solidi disomogenei.
Nei casi di dubbio sulla natura di formazioni cistiche a contenuto liquido, soprattutto
se vi è sospetto clinico di neoplasia, l'ecografia renale può essere utilizzata
come guida per la biopsia percutanea della cisti, che permette l'aspirazione del
contenuto per esami chimici e citologici, o l'introduzione di mezzi di contrasto.
Un aspirato torbido o francamente ematico è indicativo di neoplasia ed impone ulteriori
indagini. Non devono invece essere sottoposte a biopsia le lesioni renali solide.
Se l'urografia o l'ecografia renale dimostrano masse che non soddisfano i criteri
per la definizio-ne di una cisti benigna, l'iter diagnostico prevede l'esecuzione
di una tomografia computerizzata, che permette una precisa definizione delle masse
renali e dei loro rapporti con le strutture limitrofe, soprattutto le vene renali
ed i linfonodi regionali.
Nefrectomia radicale associata a linfoadenectomia regionale.
Per quanto concerne i farmaci chemioterapici antimitotici, in poco tempo siamo passati
dall' interferone ed interleuchina a cinque differenti molecole ad azione antiangiogenetica,
cioè capaci di bloccare la crescita dei vasi sanguigni che portano nutrimento al
tumore. Si tratta di quattro agenti in monoterapia (SUNITINIB, SORAFENIB, TEMSIROLIMUS
ED EVEROLIMUS) ed uno in associazione con interferone alfa (BEVACIZUMAB) hanno fatto
registrare un buon controllo nella malattia in fase avanzata.