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Funzione renale, pressione e trials

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Quali cure per il malato di reni?

Numerosi studi randomizzati hanno indagato gli effetti del trattamento antipertensivo prendendo in esame diversi indicatori della funzione renale, quali la microalbuminuria, l'albuminuria, la filtrazione glomerulare e gli stadi terminali della malattia renale in pazienti diabetici, non diabetici o semplicemente ipertesi.

A causa dell'eterogeneità delle condizioni cliniche, degli endpoint, delle dimensioni e della potenza statistica degli studi, i risultati non sono stati oggetto di metanalisi, come testimoniato dalle critiche che hanno accompagnato la pubblicazione di una recente metanalisi sull'argomento

Probabilmente il miglior approccio è quello di analizzare ì risultati disponibili singolarmente e in modo critico. Uno dei principali obiettivi della terapia antipertensiva nei pazienti nefropatici è quello di ridurre i valori pressori al di sotto della soglia prevista per i pazienti con ipertensione non complicata, cioè sotto 130/80 mmHg.

Però non sembrano emergere evidenze in tal senso.

Molte informazioni derivano da un trial, l'MDRD , che aveva come peculiarità il lungo follow-up.

I risultati di questo trial hanno evidenziato, nel gruppo di pazienti con nefropatia non diabetica in cui si sono raggiunti in terapia valori pressori medi <92 mmHg (cioè valori <120/80 mmHg), una minor progressione della malattia renale rispetto al gruppo in cui la pressione media era <107 mmHg (cioè <140/90 mmHg).

I risultati di altri trial, in cui sono stati raggiunti gli stessi obiettivi pressori in pazienti diabetici e non diabetici non hanno confermato questo trend. In un ulteriore trial, che ha valutato soggetti normotesi diabetici, in cui i valori pressori venivano ridotti dal valsartan al dì sotto dei 120/80 mmHg, non si è potuto evidenziare alcun effetto sulla creatinina clearance nel gruppo che riceveva un trattamento più aggressivo (obiettivo pressorio <120/80 mm.Hg).

 Al contrario, l'escrezione urinaria di proteine risultò favorevolmente influenzata dal trattamento antipertensivo più aggressivo. In un altro studio, condotto in nefropatici non diabetici, è stato osservato che la maggiore riduzione pressoria, ottenuta dall'associazione calcioantagonista/ACE-inibitore, non riduceva la progressione della disfunzione renale né la proteinuria.

I risultati positivi dell'MDRD sono stati confermati anche da un'analisi retrospettiva dell'IDNT e di 11 trial condotti nella nefropatia non diabetica. Dall'analisi di questi studi si è potuto evincere il beneficio legato alla riduzione pressoria sistolica a valori <120 mmHg. Si può quindi ritenere che la diatriba relativa al goal pressorio da raggiungere nei pazienti diabetici sia inutile, considerando che le informazioni disponibili hanno confermato il beneficio (in particolare in termini di eventi cardiovascolari) legato ad una maggior riduzione pressoria, raggiungendo valori anche <130/90 mmHg.

Gli studi clinici

Numerosi studi clinici randomizzati hanno valutato le proprietà nefroprotettive dei diversi farmaci antipertensivi, in particolare ACE-inibitori e sartani. Inoltre numerosi studi hanno paragonato gli effetti della terapia attiva  (bloccanti recettoriali, ACE-inibitori o ACEinibitore e diuretici a basse dosi) nei confronti del placebo, sulla progressione della malattia renale, sul deterioramento della creatinina e sulla microalbuminuria/ proteinuria in pazienti con nefropatia diabetica e non diabetica Un effetto nefroprotettivo (minor sviluppo di proteinuria), rispetto al placebo, è stato descritto anche per lo spironolattone.
In tutti gli studi effettuati con controllo placebo, eccetto uno, è stato dimostrato che le proprietà nefroprotettive della terapia antipertensiva sono più spiccate in presenza di un maggior controllo pressorio.

 Infatti anche nello studio Syst-Eur, la nitrendipina si è rivelata in grado di garantire una migliore protezione renale rispetto al placebo. Risultati meno conclusivi emergono dai trial che hanno paragonato tra loro farmaci attivi. Due studi, uno condotto in pazienti nefropatici diabetici con proteinuria e l'altro in nefropatici non diabetici, hanno di mostrato la superiorità dell'ACE-inibitore e del bloccante recettoriale rispetto al calcioantagonista nel rallentare la progressione della malattia renale o l'incremento dei valori di creatinina plasmatica. Tuttavia una subanalisi dello studio ALLHAT che ha incluso solo il sottogruppo di pazienti ipertesi con ridotta funzione renale (i dati sulla proteinuria non sono noti), non ha permesso di evidenziare differenze significative tra farmaci (diuretici, calcioantagonisti, ACE-inibitori).

Anche gli studi finalizzati a valutare gli effetti del trattamento sul filtrato glomerulare non hanno fornito risultati univoci. Solo uno studio ha evidenziato effetti favorevoli dell'ACE-inibitore rispetto al betabloccante o al calcioantagonista .

Tutti gli altri studi non hanno osservato differenze significative tra ACE-inibitori e calcioantagonisti o betabloccanti o sartani o con l'associazione calcioantagonista/diuretici In un altro studio calcioantagonista e diuretico hanno prodotto risultati del tutto simili tra loro. Gli studi che hanno paragonato gli effetti delle diverse classi di farmaci antipertensivi sulla microalbuminuria o sulla proteinuria hanno fornito risultati più convincenti. E' stata dimostrata ad esempio una maggior efficacia di un sartano sulla proteinuria rispetto a un betabloccante, a un calcioantagonista , o a un diuretico tiazidico. In altri studi è stata evidenziata anche la superiorità di un antagonista dell'aldosterone e di un ACE-inibitore rispetto a un calcioantagonista.
Questi risultati, tuttavia, non sono stati confermati da altri tre studi clinici in cui è stata osservata un'efficacia sovrapponibile tra ACE-inibitori, calcioantagonisti e diuretici. Anche alcuni studi più recenti, che hanno paragonato la terapia di associazione sartano/ACE-inibitore rispetto alle singole monoterapie, hanno fornito risultati di un certo interesse.
Lo studio COOPERATE ha evidenziato una maggior riduzione della progressione della nefropatia non diabetica nei pazienti in terapia di associazione rispetto a quelli in monoterapia, senza peraltro riscontrare differenze pressorie significative tra gruppi. Altri studi hanno evidenziato un effetto antiproteinurico maggiore quando veniva impostata una terapia di associazione in grado di esercitare effetti antipertensivi più spiccati

Ciò è confermato dall'evidenza che se gli ACE-inibitori vengono titolati in modo da ottenere la stessa riduzione pressoria indotta dalla terapia di associazione, l'effetto antiproteinurico risultava sovrapponibile nei due gruppi.
Una recente metanalisi che ha incluso i dati di tutti gli studi pubblicati, conferma il maggior effetto antiproteinurico della terapia di associazione, e il suo più spiccato effetto antipertensivo. Due studi di piccole dimensioni hanno evidenziato che i sartani ad alto dosaggio possono esercitare un effetto antiproteinurico additivo rispetto alla dose standard senza indurre un'ulteriore riduzione pressoria. Questi risultati, tuttavia, dovranno essere confermati da studi clinici di più ampie dimensioni.

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