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Cuore, rene e statine:  Trattamento con le statine nella malattia renale

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Relazione del prof. Biagio Ricciardi, per gentile concessione

cfr prima   Rene Cuore Statine introduzione

 Statine nella prevenzione Cardio Vascolare (CV) in pazienti con  compromissione lieve-media della funzione renale (Mortalità CV ed IMA non fatale*)

La malattia renale cronica rappresenta una condizione caratterizzata da alterazioni qualitative e quantitative dei lipidi circolanti fortemente indirizzata verso un profilo proaterogeno. Queste alterazioni compaiono precocemente durante la storia naturale della malattia renale e sono evidenziabili fino negli stadi di terapia sostitutiva (emodialisi, dialisi peritoneale e trapianto).

La stadiazione della malattia renale cronica avviene in base a due criteri: il primo é rappresentato dalla presenza di segni urinari espressione di una danno renale in atto, proteinuria e microematuria; il secondo é espresso dai valori della filtrazione glomerulare (GFR), misurata in vario modo ma sempre più frequentemente con formule matematiche a partire dai valori della creatininemia.

In pazienti con malattia renale evoluta la presenza di elevati valori di colesterolo LDL predicono una più rapida perdita di funzione renale. Valori di LDL colesterolo>4.4 mmol/l in pazienti con danno renale severo (proteinuria>3 gr/24h) aumentano di 2.5 volte la perdita di funzione renale (GFR, mL/min/anno.

I valori del colesterolo totale ed LDL predicono il raggiungimento della insufficienza renale cronica terminale nei pazienti con nefropatia diabetica conclamata. Valori di colesterolemia basali >167mg/dl quasi raddoppiano in rischio di sviluppare una insufficienza renale terminale, tale da rischiedere l'inizio della terapia dialitica

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Ruolo delle statine (simvastatina, atorvastatina, pravastatina ecc) e Malattia Renale Cronica (CKD)

Una valutazione della efficacia su end-points cardiovascolari delle statine in pazienti con compromissione lieve-media della funzione renale é stata effettuata valutando rispettivamente studi di intervento con statine che includevano pazienti con insufficienza renale di grado lieve-medio. In tutti gli studi esaminati che avevano utilizzato statine diverse si é osservata una significativa riduzione degli end-points cardiovascolari, inclusa la mortalità. Da notare come nello studio ASCOT-LLA la somministrazione di atorvastatina inducesse una riduzione del LDL colesterolo identica a quella ottenuta in altri studi da dosaggi più elevati di statina e nello stesso tempo inducesse una riduzione degli end-points cardiovascolari significativamente maggiore (-40% vs -29% e -28% ottenuti rispettivamente con 40 mg di simvastatina e 40 mg di pravastatina).

L'atorvastatina è stata studiata in oltre 400 studi clinici randomizzati dimostrando un elevato profilo di sicurezza e tollerabilità su tutto il range di dosaggi disponibili, da 10 mg a 80 mg. L'atorvastatina è stata utilizzata e studiata in più di 80.000 pazienti ed è supportata da un'esperienza di oltre 81.000.000 di pazienti-anno a livello mondiale. Anche quando utilizzata alla dose massimale di 80 mg, l'atorvastatina si è dimostrata ben tollerata e con una bassa frequenza di eventi avversi. La valutazione dei dati di sicurezza derivanti dagli studi clinici randomizzati evidenziano l'elevato profilo di sicurezza dell'atorvastatina su tutto il range di dosaggi.

E' stato osservato solamente un caso di rabdomiolisi non fatale e per di più in uno studio clinico nel quale è stata utilizzata la dose di 10 mg/die (ASCOT-LLA). Ciò è tanto più importante se si considera che in molti studi clinici randomizzati è stata utilizzata la dose di 80 mg/die di atorvastatina.

Do Statins Slow the Progression of Chronic Kidney Disease?
1.Lipid-lowering effect
Evidence linking achieved LDL-Chol with renal benefit
 2.Non lipid-lowering effects
Is renal benefit secondary to ancillary (pleiotropic) effect of statins?
Per rispondere a questi quesiti, sappiamo come la dislipidemia sia:
Fattore di rischio cardiovascolare nei pazienti nefropatici
Fattore di più rapida progressione del danno renale nei pazienti nefropatici o di comparsa di danno renale nei pazienti non nefropatici
Che l'impiego di statine migliora la progressione della malattia aterosclerotica e dunque è di beneficio per l'effetto pleiotropico esercitato dalle stesse. Le statine, infatti, riducono la perdita di funzione renale di circa 1 mL/min/anno
 Studio dei pazienti con CKD e terapia con statina (atorvastatina)
Lo studio TNT (Treating to New Targets Study )e' stato analizzato retrospettivamente suddividendo i pazienti in base ai valori della filtrazione glomerulare calcolata con formula matematica.
I pazienti con GFR<60 mL/min sono stati considerati pazienti con malattia renale (CKD), quelli con GFR>60 mL/min senza malattia renale. Ambedue I gruppi ricevevano 10 od 80 mg/die di atorvastatina. Un primo risultato dello studio TNT rianalizzato in base ai valori della funzione renale della popolazione studiata é stato quello di confermare su una ampia popolazione di soggetti che, indipendentemente dal dosaggio di atorvastatina utilizzato (10 od 80 mg/die), i pazienti con danno renale hanno rispetto a coloro che mostrano una migliore funzione renale una maggiore incidenza di eventi cardiovascolari. Questo dato conferma quindi che la malattia renale si associa ad una peggiore prognosi cardiovascolare. Risultati dello studio TNT (Treating to New Target): Effetti della presenza o meno di CKD e GFR<> 60 mL/min/1.73m2 in pazienti trattati con 10 od 80 mg di Atorvastatina sull'end point primario (tempo di comparsa di un evento CV maggiore, morte coronarica, IM non fatale e non secondario a procedure, arresto cardiaco risuscitato, stroke fatale e non). La peggiore prognosi CV appartiene ai soggetti con malattia renale trattati con il dosaggio basso di statina.

La prognosi Cardio Vascolare (CV) migliore si osserva nei pazienti senza nefropatia trattati con il dosaggio elevato di atorvastatina. E' interessante notare come i pazienti con malattia renale trattati con il dosaggio elevato di atorvastatina presentino una prognosi CV sovrapponibile a quella dei soggetti senza malattia renale trattati con 10 mg di atorvastatina. Un dosaggio elevato di atorvastatina sembra quindi annullare, almeno in parte, lo svantaggio prognostico di avere una funzione renale compromessa. Pazienti con malattia coronarica e una ridotta funzione renale (eGFR<60 mL/min) presentano una comobidità CV ed un danno d'organo maggiori rispetto a coloro che presentano una normale (o meno compromessa) funzione renale (eGFR>60 mL/min).

Negli stessi pazienti l'incidenza di eventi cardiovascolari maggiori é superiore del 32% a quanto osservato nei pazienti con normale funzione renale. Un miglioramento della funzione renale, Atorvastatina dose-dipendente, é osservabile in tutti i pazienti dello studio TNT. Il trattamento intensivo della dislipidemia (con Atorvastatina 80 mg) riduce significativamente il rischio di eventi CV maggiori rispetto a quanto osservato con Atorvastatina 10 mg sia nei pazienti con ridotta funzione renale (-32%) sia nei pazienti con normale funzione renale (-15%). La terapia con Atorvastatina 80 mg in pazienti con malattia coronarica e ridotta funzione renale é altrettanto ben tollerata rispetto ad Atorvastatina 10 mg. Esistono numerosi studi che dimostrano come Atorvastatina, utilizzata a dosaggi diversi, ha mostrato di determinare una stabilizzazione od un miglioramento della funzione renale (determinata come filtrazione glomerulare stimata con formula matematica, eGFR, quando confrontata sia con placebo sia con una terapia usuale che includeva l'utilizzo di statine.
Lo studio ALLIANCE, vero esempio di studio effettuato nella realta clinica, ha suggerito che l'utilizzo di Atorvastatina a dosaggi diversi rallenta significativamente la velocita' di progressione del danno renale rispetto all'utilizzo di una terapia meno intensiva. n Una significativa protezione della funzione renale e' stata osservata anche con l'utilizzo di Atorvastatina 10 mg/die in pazienti diabetici non nefropatici (studio CARDS).

Lo studio TNT ha per la prima volta dimostrato che un dosaggio piu' elevato di Atorvastatina (80 mg/die) induce una maggiore significativa nefroprotezione rispetto all'utilizzo del dosaggio di 10 mg/die, pur mantenendo lo stesso profilo di sicurezza. Studio Greace: modificazioni nel tempo della funzione renale (CrCl mL/min/1.73 m2) nei soggetti trattati con terapia strutturata (TS, atorvastatina 10-80 mg/die) ed usuale(TU). I valori della clearance della creatinina,sono espressi in quartili (Q1→Q4, clearance della creatinina piu' elevata→piu' ridotta). Risulta evidente come nei soggetti che assumevano atorvastatina si manifestasse un più favorevole andamento nel tempo della funzione renale e come questo effetto fosse significativamente maggiore quando la funzione renale risultava maggiormente compromessa. Analogamente al comportamento della proteinuria la clearance della creatinina si riduceva lievemente e non significativamente nei pazienti trattati con atorvastatina mentre si osservava una significativa riduzione della clearance della creatinina (da 50 +/- 1.9 to 44.2 +/- 1.6 mL/min (P < 0.01) nei pazienti che non assumevano atorvastatina. Questo dato sembra indicare che la terapia con atorvastatina in pazienti con malattia renale cronica induce un significativo rallentamento della progressione del danno renale. (Studio di Bianchi S, Bigazzi R, Caiazza A, Campese VM A controlled, prospective study of the effects of atorvastatin on proteinuria and progression of kidney disease Am J Kidney Dis. 2003 Mar;41(3):565-70 ). Dopo un anno di terapia con atorvastatina (10-40 mg/die) + terapia convenzionale (Terapia convenzionale = ACE Inibitori, sartani, o entrambi (~80%) + antiipertensivi  PA <140/90 mmHg (PA ad 1 anno: 133/84 mmHg), +Dieta Iposodica + dieta Ipoproteica + ↓ Colesterolo, e meno zuccheri ) o solo terapia convenzionale, la proteinuria si riduceva da 2.2 +/- 0.1 to 1.2 +/- 1.0 gr/24 ore (P < 0.01) nei pazienti trattati con atorvastatina mentre questa si riduceva solo da 2.0 +/- 0.1 to 1.8 +/- 0.1 gr/24 ore (P non significativo) nei pazienti che non ricevevano atorvastatina proseguendo la sola terapia convenzionale.
Si poteva concludere che (Bianchi S et al, Am J Kidney Dis;41:465-470, 2003):

 La terapia con Atorvastatina nei pazienti con malattia renale cronica:
•riduce significativamente la proteinuria
•rallenta la progressione del danno renale
 Questi effetti sono indipendenti dal controllo della pressione arteriosa e si aggiungono a quelli indotti dal trattamento con ACE inibitori e sartani.

Nota 13, criteri di prescrizione delle statine

La prescrizione a carico del SSN è limitata ai pazienti affetti da:
Ipercolesterolemia poligenica secondo i criteri specificati al relativo paragrafo 1) che costituisce parte integrante della presente prescrizione
Occorre nei pazienti individuare- Target terapeutico - e farmaci prescrivibili a carico del SSN in funzione del livello di rischio e del Colesterolo LDL raggiungimento del target
- Pazienti con rischio moderato : Colesterolo  LDL < 130 : Statine di 1°  livello , Statine di 2° livello ,
- Pazienti con rischio alto, compresi i pazienti diabetici senza eventi cardiovascolari: Colesterolo LDL < 100 : Statine di 1° livello - Statine di 2° livello - In aggiunta Ezetemibe
- Pazienti con rischio molto alto compresi i pazienti diabetici con eventi cardiovascolari : Colesterolo LDL < 70 :Statine di 2° livello- In aggiunta Ezetemibe
 Nei pazienti che siano intolleranti alla dose ottimale di statina per il conseguimento del target terapeutico è rimborsato il trattamento aggiuntivo con ezetimibe
 

Farmaci prescrivibili a carico del SSN:

- Per livelli di trigliceridi > 500 mg/dl : Omega 3
- Per livelli di LDL-C > 130 mg/dl Atorvastatina
- Per livelli di LDL-C < 100 mg/dl, Trigliceridi > 200 mg/dl e Colesterolo non HDL (Tot. C meno HDL-C) > 130 mg/dl Atorvastatina

3) Iperlipidemie in pazienti con insufficienza renale cronica (IRC)
Il danno aterosclerotico nei pazienti con insufficienza renale cronica (IRC), a parità di livello dei fattori di rischio, è superiore a quello che si osserva nella popolazione generale; le malattie cardiovascolari sono infatti la principale causa di morte dei pazienti con IRC. Per tale motivo è necessario, in questi pazienti, un controllo particolarmente accurato dei fattori di rischio delle malattie cardiovascolari, tra cui la dislipidemia.
Le statine sembrano efficaci nella prevenzione di eventi vascolari in pazienti vasculopatici con IRC e sono in grado di ridurre la proteinuria e di rallentare la progressione della malattia renale. Per pazienti adulti con IRC in stadio 3-4 (GFR < 60ml/min, ma non ancora in trattamento sostitutivo della funzione renale), così come per coloro che pur con una GFR > 60 ml/min presentino segni di malattia renale in atto (proteinuria dosabile), va considerato un trattamento farmacologico ipocolesterolemizzante, nel caso di insuccesso della correzione dello stile di vita, con l'obiettivo di raggiungere un TT per LDL-col almeno < 100 mg/dL; secondo alcuni autorevoli enti internazionali, il TT può essere fissato a < 70-80 mg/dL (specie in presenza di condizioni che aumentano ulteriormente il rischio, come una storia clinica di eventi cardiovascolari accertati o diabete mellito). Se i livelli della trigliceridemia sono ≥ 500 mg/dL, va considerato un trattamento con fibrati, tenendo conto dell'esigenza di adeguare il dosaggio di questi farmaci, escreti per via renale, alla funzione renale residua. Nei pazienti con IRC in stadio 5 (GFR < 15 ml/min o in trattamento sostitutivo della funzione renale) le evidenze attuali, desunte dai pochi studi di intervento pubblicati, non sono favorevoli al trattamento della dislipidemia. Il recentissimo risultato dello studio AURORA, che valutava l'effetto di rosuvastatina in una popolazione di pazienti con IRC allo stadio finale, ha dimostrato che, a fronte di una riduzione del LDL-C, il trattamento con statina non era associato ad una riduzione dell'end-point combinato di IMA, stroke e morte cardiovascolare.
 

cfr  rene cuore statine 1

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