appunti del dott. Claudio Italiano
cfr chetoacidosi 1
chetoacidosi 2
urgenze nel diabete
Vi giunge un paziente disidratato ed in chetoacidosi, che fate? Cominciate subito a rincorrere le glicemie e fare liquidi ev? Occorre piuttosto, eseguire la chetonemia, la chetonuria, o un'emogas subito e monitorizzare attentamente quel paziente e stare attenti al rischio di disionia, con calo del potassio, per esempio (!), col rischio di aritmie ed exitus. Quindi massima attenzione va prestata alla cura di questi pazienti, meglio se essi possano essere monitorati in ambiente specialistico e/o rianimazione. Mai eseguire cure reidranti alla cieca, senza attento monitoraggio clinico ed elettrolitico ed ecg grafico.
Una tempestiva e adeguata reidratazione è la chiave di un buon successo nella terapia della chetoacidosi diabetica. Il deficit idrico, nell'adulto, varia in genere da 3 a 6 litri ma può essere ancora più grave per l'eventuale presenza di vomito e/o diarrea. Una stima abbastanza accurata del deficit si ottiene confrontando il peso al momento del ricovero con l'ultimo peso stabile prima dell'inizio della sintomatologia ma ovviamente ciò non sempre è possibile. L'aderenza al protocollo non va interpretata rigidamente ma occorre valutare attentamente le condizioni cliniche del paziente.
Paziente diabetico giovane, disidratato: lingua asciutta a dardo |
Circa 3.5-5 litri di liquidi (500 ml/ora) vanno infusi nelle prime 7-10 ore. L'entità del deficit idrico e le condizioni cliniche possono tuttavia suggerire l'inizio della reidratazione con 1 litro di liquidi durante la prima ora. Nel calcolo delle quantità da infondere va tenuto conto che, a causa della diuresi osmotica, non tutti i liquidi somministrati nelle prime ore verranno ritenuti (si possono perdere fino al 60-70% di quelli somministrati), oltre ad eventuale presenza di iper-piressia (perdite insensibili) e sudorazioni (perdite sensibili) che possono fare aumentare in modo importante il fabbisogno idrico. La correzione del deficit idrico va completata nelle ore successive anche attraverso la via orale se le condizioni cliniche lo permettono. Reidratare più cautamente in presenza di malattie cardiovascolari o oliguria.
FASE 1 : RISTABILIMENTO VOLUME/PERFUSIONE. Poiché l'ipoperfusione degli organi vitali
conseguente all'ipovolemia si associa a mortalità e morbilità elevate, mentre l'iperosmolarità
plasmática determina principalmente un'alterazione reversibile dello stato di coscienza,
la priorità nel trattamento va diretta al ristabilimento del volume plasmatico.
Pertanto, anche in condizioni di iperosmolarità plasmática, è opportuno iniziare
con soluzione fisiologica (NaCl 0.9%) che, restando nello spazio extracellulare
per circa i 2/3 della quan-tità somministrata, permette un più rapido ristabilimento
del volume plasmático. Ciò significa che in questa fase l'eventuale impiego di soluzioni
glucosate deve prevedere l'integrazione con sodio ). Altri vantaggi nell'uso della
soluzione fisiologica nelle prime ore della reidratazione: a) graduale riduzione
della osmolarità plasmática con minore rischio di sviluppo di edema cerebrale che
invece potrebbe manifestarsi somministrando soluzioni ipotoniche, (glucosate o NaCl
0.45%). b) La migliorata perfusione favorisce una più rapida eliminazione renale
del glucosio, contribuendo alla correzione dell'iperosmolarità e dei corpi chetonici.
Il ristabilimento di una adeguata perfusione è indicato da un aumento della diuresi
di circa 100 ml/h, in assenza di glicosuria.
Paziente disidratato diabetico. lingua scrotale |
PER INFUSIONE.
Inizio tempia. Insulina regolare alla dose di 0.33 U/Kg di peso corporeo in
bolo i.v. per raggiungere rapidamente adeguati livelli terapeutici.
Dopo la prima ora.
Insulina regolare 0.1 U/Kg/ora attraverso pompa per infusione. Se alla seconda
ora la glicemia ancora non si è ridotta e non ci sono stati errori nella somministrazione
o rallentamenti nella reidratazione, raddoppiare la quantità di insulina (0.2 U/Kg/ora)
(circa il 10% di pazienti in chetoacidosi sono insulino-resistenti). L'azione dell'insulina
e l'espansione del volume plasmático dovrebbero in genere fare abbassare la glicemia
di circa 100 mg/dl/ora. Appena la glicemia raggiunge circa 250 mg/dl (in
genere dopo 4-5 ore) è opportuno rallentare la velocità di normalizzazione
della glicemia (vedi edema cerebrale), associando nel programma di infusione glucosio
5% e insulina regolare (circa 0.33 U/gr di glucosio, ma potrebbero essere necessarie
maggiori quantità). Nel caso di persistenti ipoglicemie (frequenti nei giovani verosimilmente
per ridotte riserve epatiche di glicogeno) ridurre la quantità di insulina o somministrare
soluzioni glucosate al 10% tamponate con insulina, che non va mai sospesa! Successivamente,
se la glicemia dovesse tornare a livelli superiori ai 250 mg/dl, si possono aumentare
le dosi di insulina oppure ritornare all'infusione di soluzione salina associata
ad insulina regolare, 0.1 U/Kg/ora. La somministrazione di insulina non va sospesa
al raggiungimento di valori vicini alla normalità.
La normoglicemia si ottiene in
poche ore mentre la chetoacidosi si risolve in 12-24 ore. Essendo l'emivita plasmática
dell'insulina di circa 10 min e quella biologica di 30-45 min, si assisterebbe immediatamente
ad un peggioramento dell'acidosi. La somministrazione di insulina per via sottocutanea
non è indicata durante la terapia di emergenza a causa dell'incostante assorbimento
dovuto alla disidratazione, con aumento del rischio di ipoglicemie.
VIA SOTTOCUTANEA.
Appena il paziente inizia l'alimentazione enterale, si può pas-sare alla terapia
insulinica convenzionale per via sottocutanea.Data la breve emivita dell'insulina
somministrata endovena, la sospensione della terapia infusionale va effettuata dopo
circa 2 ore dall'iniezione per via sottocutanea.