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A che cosa serve la radioterapia, principali impieghi in oncologia

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Che cos'è la raditerapia?

La radioterapia è una terapia medica consistente nell'utilizzo di radiazioni ionizzanti. La radioterapia è utilizzata soprattutto nel trattamento di forme di tumore, infatti utilizza un fascio di fotoni penetranti, di 5-10 MeV di energia, per danneggiare il patrimonio genetico delle cellule malate e impedire così che proliferino, mentre è poco impiegata in patologie non oncologiche.

La radioterapia può essere curativa in un certo numero di tipi di cancro, se confinati in una zona del corpo. è prassi comune combinare la radioterapia con la chirurgia, con la chemioterapia, con l'ormonoterapia e l'immunoterapia. Lo scopo esatto del trattamento (curativo, adiuvante, neoadiuvante, terapeutico o palliativo) dipenderà dal tipo di tumore, dalla posizione e stadio, nonché dalla salute generale del paziente. Un'équipe composta da più specialisti, che agiscono in stretta collaborazione, stabilisce e realizza il piano di cura di un paziente che deve sottoporsi a radioterapia.

In genere il team è formato da:
-il medico oncologo radioterapista: è un medico specialista oncologo con competenze specifiche nell'utilizzo delle radiazioni ionizzanti. Sceglie il trattamento più appropriato per il singolo paziente e le tecniche da utilizzare;
-il fisico medico: è un laureato in fisica con una preparazione specifica sull'impiego delle radiazioni in medicina. Oltre a collaborare nella scelta del trattamento più idoneo, è responsabile del funzionamento e della sicurezza delle apparecchiature;
-il tecnico di radioterapia: è un tecnico di radiologia con preparazione specifica in radioterapia. è lo specialista che ha il contatto più stretto con il paziente, poiché lo segue direttamente nelle sessioni giornaliere di terapia, ne predispone il corretto posizionamento all'inizio della seduta e lo sorveglia durante il trattamento;
-l'infermiere professionale: ha una preparazione specifica e collabora con il medico e con il tecnico radiologo nel seguire i pazienti durante le visite e le sedute di terapia. La radioterapia può essere somministrata in due modi:
-radioterapia esterna (o transcutanea, o a fasci esterni) si chiama così perché la fonte di raggi è posizionata all'esterno del corpo.
-radioterapia interna si chiama così la radioterapia somministrata dall'interno del corpo. Ciò può avvenire in vari modi: mediante minuscole sonde di metallo radioattivo che vengono posizionate direttamente all'interno del tumore o molto vicino a esso (brachiterapia), oppure attraverso un liquido radioattivo da bere o da iniettare in vena, che viene captato in maniera specifica dalle cellule tumorali.

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Radioterapia esterna con fasci collimati

Consiste nell'indirizzare un fascio di radiazioni collimato su una o più parti del corpo, in direzione di un focolaio neoplastico. E' indicata per il trattamento di tumori posti in profondità e si basa sull'utilizzo delle alte energie, cioè di radiazioni con energia superiore ad 1 MeV. La sorgente viene posta a distanza (80-100 cm) per minimizzare lo scarto tra la dose incidente sulla cute e quella in profondità (legge dell' attenuazione quadratica dell' intensità delle radiazioni).

La roentgenterapia convenzionale, che prima dell 'avvento delle radiazioni ad alta energia rappresentava l'unica modalità disponibile per l'irradiazione dall'esterno, è stata pressoché abbandonata ovunque in quanto le energie prodotte non permettevano di erogare dosi adeguate al volume bersaglio senza indurre gravi alterazioni cutanee ed ai tessuti sani interposti. Attualmente vengono utilizzati solo apparecchi con tensioni di 50-60 kV (apparecchi tipo Chaoul) che producono radiazioni poco penetranti ed adatte per il trattamento dei focolai piccoli e superficiali (plesioroentgenterapìa, mediante distanza fuoco-pelle breve ( 1,5-5 cm), che consente la somministrazione di dosi elevate in superficie e risparmio dei tessuti sani più profondi.

Sorgenti di radiazione ad alta energia

- Unità di Telecobaltoterapia. Sono apparecchiature realizzate in modo da sfruttare l'attività del Cobalto 60, isotopo artificiale caratterizzato da una emissione gamma di 1,25 MeV. Hanno un costo iniziale non eccessivo, richiedono una contenuta manutenzione ma la sorgente deve essere sostituita ogni 5 anni per il decadimento radioattivo dell'attività.
- Acceleratori Lineari sono macchine capaci di produrre radiazioni X con energia variabile da 4 a 30 MeV. Rispetto alle unità di telecobaltoterapia hanno un maggiore costo iniziale e richiedono una maggiore manutenzione, tuttavia presentano vantaggi tecnici quali migliore collimazione del fascio, minore radiazione diffusa al di fuori del fascio (penombra), maggiore tasso di trasmissione della dose in profondità, minore disomogeneità del fascio alla periferia del campo di irradiazione. Con gli acceleratori lineari è possibile ottenere anche lasci di elettroni veloci, indicati per il trattamento di lesioni superficiali o poco profonde; questi infatti hanno la caratteristica di cedere uniformemente quasi tutta la loro energia fino ad una profondità, che definita in cm corrisponde ad 1/3 della loro energia. Per ottenere elettroni veloci sono disponibili anche i betatroni, macchine in grado di produrre fasci di elettroni con energie fino a 45 MeV.
Oggi esistono nuove apparecchiature 'ultra-rapide' per la radioterapia. I nuovi macchinari combinano le radiazioni con un sistema di immagini per 'guidare' la cura nel modo piu' preciso possibile, colpendo il tumore ma risparmiando il tessuto sano. E lo fanno in modo molto piu' veloce: bastano ad esempio solo 1-2 minuti per ciascuna seduta di radioterapia, e la cura totale, invece di durare 6-8 settimane, si esaurisce in un quarto del tempo. La radioterapia oncologica, nel corso degli ultimi decenni, ha subito una forte evoluzione tecnologica con il passaggio dalla radioterapia "2D" a quella tridimensionale o "3D" attraverso procedure complesse come la tomografia ad emissione di positroni (PET) e la risonanza magnetica nucleare (RMN). Questo cambiamento comporta una maggiore efficacia nella cura delle neoplasie ed una minore incidenza di tossicità per i pazienti. Ad essere rivoluzionata è la visione stessa della terapia: oggi si è perfettamente consapevoli del fatto che sia fondamentale il "dove" viene effettuato il trattamento ed il "come" venga personalizzato sul singolo paziente.

Tecniche di irradiazione

Adoperando un unico campo di irradiazione la dose che raggiunge un focolaio situato per es. a 10-12 cm di profondità rappresenta il 40-50% di quella incidente sulla superficie. E' evidente quindi che utilizzando una sola porta di entrata, difficilmente si riesce ad erogare una dose adeguata in profondità distribuita uniformemente senza superare la soglia di tolleranza dei tessuti sani compresa nel fascio. Per superare tale difficoltà, in pratica, la dose di radiazioni viene erogata al volume bersaglio, indirizzando il fascio da più porte di entrata. In tal modo, la dose viene distribuita più omogeneamente in corrispondenza del volume neoplastico, mentre risulta nettamente inferiore quella assorbita dai tessuti sani in quanto suddivisa di volta in volta in porzioni diverse. La scelta del numero dei campi, la loro posizione ed ampiezza costituisce il momento principale della stesura del piano di trattamento, che deve tener conto non solo della sede ed estensione del focolaio ma anche della tolleranza dei tessuti sani compresi nel volume da irradiare. L'impiego di un campo unico diretto, viene utilizzato solo nel caso di lesioni superficiali o semiprofonde ove si fa uso preferibilmente di elettroni. Negli altri casi il numero e la disposizione dei campi varia in funzione delle diverse situazioni cliniche. La tecnica più frequentemente impiegata è quella dei due cupi contrapposti, facile per la valutazione dosimetrica e per la riproducibilità, inadatta tuttavia quando bisogna irradiare spessori corporei notevoli. Tecniche di trattamento che prevedono un maggior numero di porte di entrata o con diverse inclinazione dei fasci, sono oggi attuabili grazie all'ausilio della TAC e di computer dedicati che permettono l'elaborazione automatica dei piani di trattamento fornendo l'esatta localizzazione ed estensione del focolaio neoplastico con la sovrapposizione dell'andamento delle curve di isodose. Oltre che con campi fissi ruotare la sorgente attorno alla regione corporea interessata, secondo un arco di ampiezza variabile (pendolare) fino a 360° (rotatoria)..

Curieterapia (Brachiterapia)

Consiste nell'impiego di isotopi radioattivi naturali od artificiali, che vengono posizionati a contatto o nel contesto di una lesione neoplastica. E' indicata per i trattamento di tumori con estensione limitata e circoscritta, situati in regioni anatomiche facilmente accessibili. Rispetto alla radioterapia con fasci esterni offre il vantaggio, di poter erogare al volume bersaglio dosi più elevate mediante un' irradiazione continua ed a bassa intensità. Può essere integrata con altre modalità per ottenere la somma/ione dei vantaggi (trattamento di residuo tumorale dopo chirurgia, dosaggio addizionale su residuo tumorale dopo radioterapia esterna). La disposizione ed il numero dei preparati da impiegare devono essere prestabilite in funzione delle attività delle sorgenti e delle dimensioni della neoplasia.

Il rispetto di una precisa geometria nel posizionamento dei preparati è una condizione indispensabile per evitare che si creino zone con eccessiva disomogeneità della distribuzione della dose nel volume bersaglio, che può, da un lato essere causa di mancata guarigione c dall'altro provocare complicanze gravi ai tessuti sani. In passato la curieterapia veniva praticata, quasi esclusivamente con preparati standard, contenenti sali di Radium 226, la cui manipolazione pone notevoli problemi protezionistici per l'elevata energia della sua emissione beta e gamma. Più recentemente viene eseguita quasi ovunque con radionuclidi artificiali che, rispetto al Radium, offrono diversi vantaggi: sono disponibili in una vasta gamma di attività ed energie, confezionati in varie forme (semi, fili, perle, etc.) con possibilità di miniaturizzazione, modificabilità e flessibilità, che li rende adattabili alle molteplici situazioni cliniche. Il vantaggio principale è rappresentato tuttavia dalla possibilità di poterli adoperare in after-loading, tecnica difficilmente realizzabile con il Radium e che permette di ridurre l'esposizione radioattiva dello staff operativo. Consiste nel posizionare al posto delle sorgenti radioattive guide inattive della stessa loro forma e successivamente, dopo aver controllato la corretta geometria dell'impianto, si procede alla loro sostituzione con i radionuclidi. Quest'ultima operazione può essere effettuata automaticamente e a distanza con l'adozione di proiettori di cariche (remote loading).

Curieterapia interstiziale

Il radionuclide attualmente più comunemente impiegato in curieterapia interstiziale è l'Iridio 192 disponibile sotto forma di fili. Le tecniche di Missione sono numerose e variano a seconda della sede anatomica da trattare. La durata del trattamento generalmente non supera i 7-8 giorni e, per ovvi motivi protezionistici, la degenza del paziente durante questo periodo deve avvenire in apposite camere protette. La curieterapia interstiziale più recentemente viene utilizzata anche per il trattamento di tumori raggiungibili solo chirurgicamente. Si tratta solitamente di lesioni non eradicabili completamente con la chirurgia per la sede d'insorgenza o per l'estensione locale (tumori cerebrali, pancreas, prostata). In questo caso l'applicazione viene effettuata a cielo aperto e vengono utilizzati radionuclidi che possono essere lasciati a permanenza. A questo scopo vengono utilizzate sorgenti caratterizzate da un tempo di dimezzamento dell'attività molto breve o dall'emissione di radiazioni con energia sufficientemente bassa da essere assorbita completamente da un piccolo volume di tessuto. Il radionuclide che maggiormente si presta a questo scopo è lo Iodio 125 in forma di semi dalle dimensioni di 4.5 mm x 0.8 mm che emette radiazioni gammacon energiadi 0,027 MeV. In tali casi non è necessario isolare il paziente in camere protette.
 

Curieterapia endocavitarìa

La curieterapia endocavitaria consiste nel posizionamento di preparati radioattivi all'interno di cavità naturali; costituisce una. modalità efficace ed insostituibile per il trattamento dei tumori dell'utero e della vagina; le sorgenti vengono poste nella cavità uterina e lungo il canale cervicale mediante appositi applicatori. Per la vagina possono essere utilizzati apparecchi modellati o calchi personalizzati. Oltre che in ambito ginecologico la curieterapia endocavitaria trova indicazione nel trattamento di tumori delle fosse nasali e paranasali e dei rinofaringe. In passato veniva effettuata esclusivamente con preparati di Radium contenuto in tubi, attualmente in quasi tutti i centri viene utilizzato Cesio-137 sottoforma di perle, che meglio si presta all'applicazione in after-loading o remote-loading.

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INDICAZIONI GENERALI DELLA RADIOTERAPIA.

Le indicazioni della radioterapia devono soddisfare alcune condizioni di ordine generale che ne giustificano l'impiego:
- conoscenza della storia naturale della malattia;
- nozione del grado di radiosensibilità intrinseca del tipo di neoplasia da trattare;
- la possibilità di definizione esatta della sede, dimensioni ed estensione del tumore;
- nozione della tolleranza dei tessuti sani inclusi nel volume da irradiare;
- possibilità di applicare il metodo e la tecnica di irradiazione più adeguata;
- convenienza clinica sulla base dello stadio della malattia; -condizioni generali del paziente, e valutazione dei vantaggi ed eventuali
inconvenienti del trattamento.
La radioterapia in campo clinico può essere impiegata con finalità, curativa quando si prefigge di ottenere laeradicazione della neoplasia, anche quando l ' intento è quello di migliorare, anche se temporaneamente, la qualità di vita del paziente, alleviando i sintomi della malattia.
Le indicazioni della radioterapia si definiscono esclusive, quando rappresenta il presidio più efficace in assoluto, alternative nei casi in cui permette di ottenere risultati comparabili a quelli della chirurgia o chemioterapia. La scelta della radioterapia in questi casi riconosce vari motivi: rifiuto del paziente di sottoporsi a chirurgia, elevato rischio operatorio, interventi che richiedono gravi mutilazioni estetiche etc. La radioterapia può essere in molti casi associata alla chirurgia e a seconda della sequenzialità delle due modalità distinguiamo:
- la radioterapia pie-operatoria, indicata per indurre una riduzione volumetrica della massa neoplastica e renderne più agevole l'asportazione, particolarmente utile in tumori al limite della resecabilità;
- la radioterapia post-operatoria trova indicazione dopo interventi non radicali o più frequentemente dopo interventi apparentemente radicali, per ridurre il rischio di recidive dovute alla persistenza di microfocolai di malattia in fase subclinica (radioterapia adittvante):
- La radioterapia intra-operaloria è impiegata nel trattamento di neoplasie nelle quali, per sede di insorgenza ed estensioni, la chirurgia non può assicurare la radicalità e la radioterapia esterna non può essere effettuata a dosaggi adeguati per la scarsa tolleranza dei tessuti sani compresi nel volume bersaglio. Essa consiste nell'exeresi di quanta più massa tumorale possibile e nella successiva irradiazione della lesione residua con dose unica elevata mediante fasci di elettroni. Il trattamento viene effettuato a cielo aperto e libero dalla sovrapposizione di tessuti sani.
La radioterapia viene utilmente associata alla chemioterapia con l'intento di potenziare la risposta consentire in alcune situazioni cliniche, la riduzione delle dosi di radioterapia per diminuire in rischio di danni da radiazioni (tumori dell'età pediatrica) (effetto additivo). L'associazione ha un effetto sinergico quando la radioterapia concentra i suoi effetti sulla lesione primitiva e la chemioterapia agisce nel prevenire o controllare le metastasi a distanza (tumori della mammella, microcitoma polmonare, tumori pediatrici).

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