Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento e utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Cliccando su "Accetto" acconsenti all'uso dei cookie.

Trattamento delle pseudocisti del pancreas

  1. Gastroepato
  2. Argomenti di gastroenterologia
  3. Le pseudocisti pancreatiche

Che cosa sono le pseudocisti pancreatiche?

Esse si formano a seguito di una pancreatite acuta, e ciò accade nel 16-50% dei casi, ma anche nella pancreatite cronica, nel 20-40% dei casi, soprattutto a livello della testa del pancreas e possono essere multifocali, oppure a seguito di un trauma del dotto di Wirsung, che come  sappiamo è il canale che drena il succo pancreatico.

Le cisti possono essere in comunicazione con i dotti del pancreas, almeno nei 2/3 dei casi. Sono delle cavità cistiche legate al pancreas da tessuto necrotico ed infiammatorio. 

Si parla di pseudocisti quando esiste una parete priva di epitelio proprio ma costituita da tessuto fibroso di granulazione, cisti che appunto al suo interno contiene i prodotti di degradazione del tessuto pancreatico andato distrutto, cioè i frustoli necrotici e succo pancreatico che nel frattempo si è raccolto dentro.

Le cisti possono essere solitarie o multiple e di dimensioni che variano, in genere localizzate al corpo ed alla coda del pancreas ma nel 30% dei casi anche alla testa. Sono asintomatiche nel 40% dei casi, e si riscontrano occasionalmente nel follow-up delle pancreatite

Come si trattano le pseudocisti pancreatiche?

Va senza'altro detto che le pseudocisti, in genere, si riassorbono nel tempo da sole e, quindi, non vanno fatti interventi invasivi per la loro cura in una buona percentuale dei casi, forse anche più della metà.

Pancreas e vie biliari

Il pancreas fisiologia
Gli enzimi pancreatici
Colecisti, notizie
Colecistite acuta litiasica
La sindrome post-colecistectomia
Colecistite acuta
Idrope della colecisti
La Pancreatite acuta-
Pancreatite acuta e cura antibiotica
La Pancreatite cronica
Pancreatite cronica 2
Pancreatite cronica complicata
Insufficienza pancreatica
La Mucoviscidosi
La Pancreatite cronica

La maggior parte degli autori concorda però nell'affermare che cisti di notevoli dimensioni, cioè > di 6 cm di diametro vanno trattate,  poiché possono complicarsi (infettarsi, rompersi, andare in contro ad emorragia ecc.)

Altro nodo controverso è come trattarle.

La maggior parte degli autori, ancora, concorda nel ritenere che il primo approccio deve essere quello meno invasivo, cioè il trattamento di drenaggio percutaneo, con catetere eco o, meglio, TC guidato, con posizionamento del drenaggio, lavaggio in loco con soluzione fisiologica sterile, per rimuovere i frustoli e fare drenare meglio la poltiglia necrotica ed impiego in loco e per via sistemica, se del caso, di antibioticoterapia (in genere si impiegano i carbapenemici, le cefalosporine, talora i fluorochinoloni.

E' possibile, anche, un approccio perendoscopico delle pseudocisti, cioè un drenaggio con tecnica endoscopica di posizionamento di uno stent o, ove possibile, di tecnica chirurgica.

Comunque sia il trattamento chirurgico e quello percutaneo sono sempre gravati da alte percentuali di insuccesso ei morbidità e mortalità nell'ordine del 15-30% dei casi; pertanto la decisione di intervenire o meno spetta sempre al medico che si basa sulle condizioni cliniche del paziente.

Inoltre il trattamento è sempre riservato alle cisti sintomatiche, per esempio se danno compressione sullo stomaco e, dunque, ostacolano lo svuotamento gastrico, se hanno rapporto con il dotto pancreatico, se derivano da una sospetta neoplasia e/o se tendono ragionevolmente ad infettarsi, ad ascessualizzare, a rompersi, o a dare emorragie e dolore, con rischio di emoperitoneo (emergenze chirurgiche addominali).

Il drenaggio percutaneo che in genere è la metodica più semplice da attuarsi specie quando le condizioni del paziente sono severe e non consentono metodiche più invasive è sempre preferibile come metodica meno invasiva, anche se è gravato da insuccesso nel 10-15% dei casi e dal rischio notevole di infezione, poichè il catatere deve drenare per molto tempo,  in genere per un mese e deve avere dimensioni considerevoli, di 8-10 french; se vi è comunicazione con i dotti pancreatici è questa una metodica controindicata.

Noi abbiamo esperienze in tal senso, di pazienti che abbiamo drenato con la collaborazione della radiologia interventistica del P.O. di Patti, diretta dal dott. Ilario Carella. Si trattava di un paziente che abbiamo seguito in regime di DH ospital, sottoponendolo ai controlli del caso (emocromo, indici di flogosi, colture dell'aspirato, controlli ecografici e TAC).

Il drenaggio endoscopico si attua realizzando una comunicazione cisto-digestiva di circa un cm, usando uno stent, ma la distanza tra cisti e stomaco, per esempio, deve essere < 1 cm; anche questa tecnica non è scevra di rischi perché complica nel 20% dei casi con emorragia (8-10%) e con infezioni per il resto, e può dare recidive.

Altra tecnica ancora più sofisticata è quella perendoscopica, attraverso un accesso trans-papillare con posizionamento di uno stent ed il drenaggio rimane almeno 10 settimane. La tecnica chirurgica, ove sia possibile attuarla, cioè in paziente con rischio ASA adeguato e centri di chirurgia esperti in questo senso, dà successo in una buona percentuale di casi, ma va tentata, sicuramente, solo dove hanno fallito le altre tecniche più semplici e meno invasive, nonostante quello che vogliono far credere i signori chirurghi(!), che si scelgono i migliori pazienti e fanno sempre figura nei congressi con le loro casistiche.

La cisti deve avere consistenza adeguata per essere abboccata allo stomaco, al digiuno ed duodeno e deve rimane per almeno 6 settimane, cioè la parete non può essere flaccida, ma fibrosa, dimodocchè sia abboccata e suturata bene.

E' considerata  "estrema ratio" come scrive W.H. Nealon et al., tecnica cioè eseguita solo nel 10% dei casi, in centri specializzati, con rischio di insuccesso è morbilità nel 10%, ovviamente perché i pazienti sono selezionati, giovani, con adeguata funzione di pompa cardiaca, senza compromissione dell'apparato   respiratoriom, senza insufficienza renale, senza segni di sepsi.

Nel drenaggio esterno il paziente può avere MOF nel 30%; ma se è il caso e non si interviene la pseudocisti si può rompere verso l'interno con mortalità fino al 25% dei casi, con quadro di addome acuto, anemia, shock e shock settico se è infetta. 

Morale della favola:il medico, comunque, vada è sempre quello che sbaglia, fino a quando qualcuno non si renderà conto che in questo clima il medico non può operare le scelte giuste, ma solo vivere in trincea!

 

indice argomenti di gastroenterologia