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Potenziali evocati sensoriali

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I potenziali evocati sono esami che studiano le risposte del Sistema Nervoso Centrale ad uno stimolo sensoriale, analizzando le vie nervose che dalla periferia portano le informazioni verso il cervello. Sono esami non invasivi salvo in rari casi in cui si rende necessario l'uso di sottili aghi monouso e non producono effetti collaterali.

In relazione all'organo sensoriale stimolato si possono ottenere: potenziali evocati somato-sensoriali (PESS), visivi (PEV) e acustici (PEA).

La registrazione non invasiva dei potenziali spinali o cerebrali indotti dalla stimolazione di vie afferenti specifiche rappresenta un mezzo importante per monitorare l'integrità funzionale di queste vie, anche se non è in grado di indicare la natura delle lesioni che le coinvolgono.

Questi potenziali evocati (PE) sono talmente minuscoli rispetto all'attività EEG di fondo che si deve registrare la risposta a numerosi stimoli e calcolarne la media con un computer al fine di poterli riconoscere e definire; l'attività di fondo EEG, che non ha una relazione temporale fissa con lo stimolo, viene eliminata da questo procedimento. I potenziali evocati visivi (PEV) vengono evocati da stimolazioni monoculari con configurazione a scacchiera alternante e registrati dalla regione occipitale lungo la linea mediana e su entrambi i lati della testa. La componente di importanza clinica principale è la cosiddetta risposta P100, un picco positivo con una latenza di circa 100 ms; si tiene di solito conto della sua presenza, latenza e simmetria nei due lati e può esserne misurata anche l'ampiezza, ma le corrispondenti variazioni sono molto meno utili per il riconoscimento della patologia. I PEV sono utili in particolare per il riconoscimento di una disfunzione delle vie visive anteriormente al chiasma ottico. Nei pazienti con neurite ottica acuta grave il P100 è spesso assente o grossolanamente ridotto; con il recupero clinico e il miglioramento dell'acuità visiva, il P100 ricompare, ma con una latenza aumentata che di solito rimane tale indefinitamente. I reperti PEV so no quindi utili per rilevare una neurite ottica pregressa o subclinica; essi possono essere alterati anche a causa di anomalie oculari e ineseguito ad altre malattie del nervo ottico quali un'ischemia o una compressione provocata da un tumore.

Nei pazienti con cecità corticale, PEV intatti possono essere evocati da stimoli a lampo. I potenziali evocati uditivi del tronco encefalico (brain-stem auditory evoked potentials, BAEPs) vengono evocati da stimolazioni monoaurali con suoni elementari ripetitivi di tipo metallico e vengono registrati tra il vertice del capo e il processo mastoideo o il lobo auricolare. Nei primi 10 ms dopo lo stimolo compaiono una serie di potenziali, designati con numeri romani, che rappresentano, in parte, l'attivazione sequenziale delle diverse strutture lungo il percorso fra il nervo uditivo (onda I) e il collicolo inferiore del tronco encefalico (onda V). Vengono di solito prese in esame la presenza, la latenza e la distanza interpicco dei primi cinque potenziali positivi registrati al vertice.

I reperti sono utili per lo screening dei neurinomi dell'acustico, per individuare patologie del tronco e per valutare i pazienti comatosi. I potenziali evocati del tronco sono normali nei comi tossico-metabolici o nella patologia biemisferica, ma sono anomali in presenza di una patologia del tronco cerebrale. I potenziali evocati somatosensoriali (PESS) vengono registrati dal capo e dalla colonna vertebrale in risposta alla stimolazione elettrica di un nervo periferico (misto o cutaneo); la configurazione, la polarità e la latenza delle risposte dipendono dal nervo stimolato e dalle modalità di registrazione. I PESS sono utilizzati per valutare porzioni prossimali (altrimenti inaccessibili) del sistema nervoso periferico e l'integrità delle vie somatosensitive centrali. Utilità clinica dei potenziali evocati Le indagini con i PE permettono il rilievo e la localizzazione di lesioni alle vie afferenti al SNC; esse sono state utilizzate soprattutto nel sospetto di sclerosi multipla, la cui diagnosi richiede il riconoscimento di danni che interessano regioni diverse della sostanza bianca centrale. Nei pazienti con evidenza clinica di una sola lesione, il riconoscimento neurofisiologico di alterazioni in altri siti aiuta a indirizzare o confermare la diagnosi, pur se non la certifica in nodo incontrovertibile. Nei pazienti con sclerosi multipla sospetta (o altri disordini neurologici) che lamentino disturbi vaghi e mal definiti, la base organica dei sintomi può essere suffragata dalla presenza di anomalie dei PE lungo l'appropriata ria afferente.

Anche la RM è utile nel rilevare lesioni nei pazienti con possibile sclerosi multipla, ma gli studi neurofisiologici sono meno costosi e permettono di monitorare lo stato funzionale piuttosto che quello anatomico delle vie afferenti in esame. Gli studi neurofisiologici, inoltre, evidenziano talvolta aite-azioni sfuggite alla RM o viceversa; le due tecniche sono peryanto complementari l'una all'altra. Reperti neurofisiologici (o li RM) normali non escludono una sclerosi multipla quando questa è una diagnosi compatibile con i dati clinici. Nella sclerosi multipla definita, l'uso dei PE per seguire il decorso della malattia o la sua risposta al trattamento è di valore incerto e allo stato attuale non è raccomandato. Anormalità dei PE si verificano in disordini diversi dalla scie-osi multipla, coinvolgenti le vie afferenti sotto esame. Anche Iterazioni multimodali dei PE non sono specifiche per la SM; esse possono presentarsi in corso di AIDS, malattia di Lyme, lupus eritematoso sistemico, neurosifilide, degenerazione spinocerebellare, paraplegia spastica familiare e deficienza di vitamina E o B12. L'utilità diagnostica dei reperti neurofisiologici dipende pertanto dalle circostanze in cui essi vengono ritrovati, x alterazioni possono essere di aiuto nel localizzare le lesioni n termini di ampie aree del SNC, ma i tentativi di precisare maggiormente la localizzazione su basi neurofisiologiche sono fuorvianti perché sono sconosciuti i generatori di molte componenti dei PE.

I reperti dei PE sono talvolta di rilevanza prognostica; nel coma post-traumatico o post-anossico la perdita bilaterale di quelle componenti dei PESS che sono generate nella corteccia cerebrale implica il venir meno di ogni possibilità di recupero cognitivo e le indagini con i PE possono essere utili anche nel valutare pazienti con sospetta morte cerebrale. Nei pazienti con lesioni del midollo spinale i PESS sono stati utilizzati per ottenere informazioni circa la completezza della sezione, indicando la presenza o la ricomparsa precoce di una risposta corticale alla stimolazione di un nervo al di sotto del segmento danneggiato del midollo in caso di lesione incompleta e pertanto una prognosi migliore per il recupero funzionale rispetto alla situazione opposta. Il monitoraggio intraoperatorio della funzione di strutture nervose in sedi a rischio in rapporto alla procedura chirurgica può permettere il riconoscimento precoce di una disfunzione; ciò può rendere possibile l'evitamento o la riduzione dei deficit permanenti tramite la variazione della procedura operatoria. L'acuità visiva e quella uditiva possono essere misurate da oftalmologi e audiologi usando i PE in quei pazienti la cui età o il cui stato mentale ne precludano la cooperazione ai test comportamentali.

Potenziali evocati cognitivi

Certe componenti dei PE dipendono dall'attenzione mentale del soggetto e dall'ambiente in cui viene presentato lo stimolo, piuttosto che semplicemente dalle caratteristiche fisiche di quest'ultimo; tali potenziali "correlati all'evento" o "endogeni" sono associati in qualche modo agli aspetti cognitivi incaricati di distinguere uno stimolo-bersaglio che compare raramente da altri stimoli che si presentano più frequentemente. Per scopi clinici l'interesse è stato indirizzato soprattutto sulla cosiddetta componente P3 degli ERP, detta anche componente P300, data la sua polarità positiva e la latenza di circa 300-400 ms dopo l'insorgenza di uno stimolo bersaglio uditivo; la componente P3 risulta di latenza prolungata in molti pazienti con demenza, mentre è in genere normale nei pazienti depressi o affetti da altri disturbi psichiatrici che si possono confondere con la demenza. Gli ERP sono perciò talvolta utili nel giungere a questa distinzione quando vi sia incertezza clinica, anche se una risposta con latenza normale non permette di escludere una forma di demenza.

Potenziali evocati motori

Vengono indicati come potenziali evocati motori (PEM) i potenziali elettrici registrati dal muscolo o dal midollo spinale dopo stimolazione della corteccia motoria o delle vie motorie centrali. Per scopi clinici, tali risposte vengono più spesso registrate come potenziali d'azione muscolari composti evocati dalla stimolazione magnetica transcutanica della corteccia motoria. Tramite il passaggio di corrente attraverso una bobina, viene prodotto un campo magnetico intenso, ma breve, che induce correnti di stimolazione nel tessuto nervoso sottostante; la procedura non è dolorosa e apparentemente risulta priva di rischi. Sono state descritte alterazioni dei PEM in diversi disturbi neurologici con interessamento clinico o subclinico delle vie motorie centrali, inclusa la sclerosi multipla e la malattia del motoneurone; è però tuttora da confermare la reale utilità clinica di tale tecnica che, oltre al possibile ruolo nella diagnosi di disordini neurologici o nel valutare l'estensione del coinvolgimento patologico, può fornire informazioni di rilevanza prognostica (per es., nel suggerire la probabilità del recupero della funzione motoria dopo un ictus) ed essere utile come mezzo per monitorare in sede intraoperatoria l'integrità funzionale dei tratti motori centrali.

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