I processi infiammatori del polmone rappresentano ancora le affezioni di più comune osservazione tra le cause di morte, che non vanno mai sottovalutate, specie nei pazienti con affezioni mieloproliferative (leucemie, mieloma multiplo ecc.), dove spesso rappresentano l'evento terminale di processi sistemici debilitanti.
Sebbene la classificazione delle polmoniti,
basata sulla distribuzione alveolare o interstiziale, sia ancora accettabile, in
genere si preferisce un inquadramento eziologico.
Le polmoniti batteriche sono comuni nella popolazione generale, in particolare
nelle persone più anziane con malattie polmonari croniche o in soggetti
immunocompromessi.
Circa quattro milioni di casi sono registrati annualmente di cui il 20% richiede l'ospedalizzazione.
Le polmoniti batteriche acquisite sono associate ad una mortalità pari all'1 %, che aumenta al 20% nei soggetti ricoverati per la malattia.
Diversi studi epidemiologici indicano che lo streptococco pneumoniae è la causa prevalente delle polmoniti batteriche, seguito dall'hemophilus influenzae e dal mycoplasma pneumoniae. Altri agenti batterici comuni includono la chlamydia pneumoniae, gli stafilococchi, lo streptococco pyogenes, la legionella ed altri batteri gram negativi quali lo pseudomonas, la neisseria meningitidis e la moraxella catarrhalis.
Pseudoife, microscopia, liquido aspirazione
bronchiale, polmonite da funghi, con aspetto
radiografico
Gli stessi organismi sono responsabili sia delle infezioni extraospedaliere che ospedaliere. Lo streptococco pneumoniae, la legionella, l'hemophilus influenzae, lo pseudomonas e gli enterobatteri Gram negativi sono tuttavia i principali agenti causali delle polmoniti batteriche osservate nelle Unità di Terapia Intensiva.
Anche tra i soggetti HIV positivi, lo streptococco pneumoniae è la
causa principale di polmonite batterica seguito dall'hemophilus influenzae,
dallo stafilococco aureus, lo streptococco, la moraxella catarrhalis e la
klebsiella pneumoniae.
L'approccio diagnostico ai pazienti con polmonite batterica comprende la
valutazione clinica, seguita da indagini radiologiche e microbiologiche. Queste
ultime sono particolarmente importanti anche se solo nel 5070% sono in grado di confermare la diagnosi microbiologica dell'infezione.
I test microbiologici
includono l'esame citologico dell'escreato o dell'aspirato tracheopolmonare
oltre agli esami colturali.
L'esame dell'escreato può non essere in grado di individuare l'agente
infettante, sia perché circa il 30% dei pazienti non è in grado di raccogliere campioni adeguati di escreato, sia perché molti hanno assunto antibiotici.
Un risultato migliore si ottiene con l'esame dell'aspirato tracheobronchiale e polmonare che consente di individuare l'agente causale nel 65% dei casi. Anche con questo metodo, pregresse terapie antibiotiche incidono negativamente nella dimostrazione del microrganismo. In genere, la diagnosi citologica di polmonite batterica su escreato o aspirato si suggerisce quando, in un campo microscopico a piccolo ingrandimento, vi sia la presenza di più di 25 neutrofili e di meno di 10 cellule epiteliali.
La diagnosi definitiva va posta tuttavia solo con la dimostrazione del microrganismo nel materiale citologico. Se l'ematossilina eosina consente di dimostrare la presenza di inclusi virali nucleari, di funghi o di protozoi, le colorazioni, speciali sono di grande aiuto nel confermare la diagnosi della maggior parte delle infezioni batteriche. In particolare, la colorazione di Gram consente di differenziare ibatteri Gram positivi da quelli Gram negativi; il Gram modificato secondo BrownHopps è ottimo per evidenziare batteri Gram negativi e ricketsìae. Colorazioni con alcolacido (Ziehl-Neelsen, Coates-Fite e Fite-Farraco) sono utili per il micobatterio tubercolosis e i micobatteri atipici, il micobatterio della lebbra, la nocardia e il rodococco, germi che resistono al trattamento "alcol-acido".
L'identificazione di alcuni
batteri può richiedere l'uso delle colture, di metodi di immunocolorazione o di
immunofluorescenza, di tecniche di biologia molecolare con PCR, immunoassay,
ELISA e, nei casi difficili, della microscopia elettronica.
In base alla loro distribuzione anatomica, la polmonite lobare e la polmonite lobulare o broncopolmonite.
La classica polmonite lobare, che si osserva nelle infezioni da prenumococco,
può essere prodotta anche da altri batteri come lo
stafilococco aureus, la
klebsiella e la legionella sebbene diano usualmente quadri di tipo
broncopneumonico. Lo
streptococco pneumoniae (pneumococco) è la causa più
frequente della polmonite, rappresentando circa il 66% delle forme batteriche,
anche se la sua evoluzione clinica è stata significativamente modificata dalla
terapia antibiotica. La polmonite pneumococcica si può presentare sia come
polmonite lobare che come broncopolmonite: la prima si osserva
soprattutto in soggetti adulti ed è sostenuta nella maggior parte dei casi dai
sierotipi 1, 2 e 3; la seconda forma prevale nei bambini e negli anziani e può
essere dovuta a qualsiasi sierotipo di pneumococco. Nella distribuzione lobare
entrano in gioco anche fenomeni di ipersensibilità per cui la polmonite lobare
insorgerebbe in soggetti sensibilizzati, verso il pneumococco, da precedente
infezione pneumococcica (rinite, otite ecc.), mentre in soggetti non
sensibilizzati la polmonite pneumococcica decorrerebbe sotto forma di
broncopolmonite. La patogenesi allergica della polmonite lobare
spiegherebbe l'esordio improvviso della malattia, la rapida estensione del
processo infiammatorio a tutto il lobo colpito, la risoluzione per crisi, il
carattere ciclico, nonché la frequenza con cui la polmonite tende a ripetersi
nello stesso soggetto.
All'insorgenza della polmonite pneumococcica, processo usualmente sporadico e
solo occasionalmente epidemico in alcune comunià (scuole, caserme, ecc),
concorrono altre condizioni come le infezioni delle alte vie respiratorie,
l'alcoolismo, inalazione di gas irritanti, diabete, stati di immunodeficienza e
ogni condizione che comprometta il riflesso della tosse (ad es. il coma).
L'infezione pneumococcica è essenzialmente un'infezione endogena dovuta ad
alterazione dei meccanismi di difesa delle vie respiratorie, atti a prevenire la
diffusione degli agenti infettanti dal rinofaringe al polmone dove causano
l'infiammazione acuta.
La manifestazione classica della polmonite pneumococcica è la polmonite lobare,
che è caratterizzata clinicamente da un inizio improvviso con brivido seguito da
brusca elevazione della temperatura, dolore puntorio toracico, tosse,
escreato ematico, tachipnea con ipofonesi e rantoli crepitanti.
Spesso si associa leucocitosi neutrofila e in molti casi lo pneumococco può
essere isolato in colture di sangue. Cianosi compare in una fase avanzata della
malattia.
Nell'evoluzione anatomopatologica del processo, prima della introduzione della
terapia antibiotica, si distinguevano classicamente quattro stadi evolutivi che
comprendevano:
-l'ingorgo emorragico,
-l'epatizzazione rossa,
-l'epatizzazione grigia
-la risoluzione.
Scansione TAC polmone che documenta in basso
a destra, ma in realtà al lobo inferiore sinistro,
un'area di polmonite lobare in soggetto con sindrome
mieloproliferativa, immunodepresso
Stesso paziente ma RX del torace che documenta versamento pleurico, in sede basale a sinistra, cui si associa esteso addesamento parenchimale nei campi medio e inferiore omolaterale
La terapia antibiotica ha ampiamente modificato il decorso naturale del
processo riducendone sia l'incidenza che la mortalità, per cui gli
aspetti anatomopatologici classicamente descritti si osservano raramente.
La polmonite lobare, di regola, colpisce un solo lobo polmonare ma può
interessare più lobi contemporaneamente o in successione; preferiti sono il
polmone di destra ed i lobi inferiori.
Nello stadio dell'ingorgo emorragico, che dura generalmente meno di 24 ore e che
raramente è osservabile al tavolo anatomico, il lobo colpito è alquanto
aumentato di volume e di consistenza ed appare di colorito rosso cupo; dalla
superficie di taglio fuoriesce una grande quantità di liquido sieroematico,
scarsamente aerato, per questo motivo frammenti di tessuto messi in acqua
tendono ad affondare lentamente.
Istologicamente, dominano l'intensa dilatazione dei capillari alveolari,
che sono congesti, e la presenza nelle cavità alveolari di un essudato
sieroematico (con pochi macrofagi alveolari e rari granulocitì), spesso
ricco di pneumococchi. L'ingorgo vasale è veramente imponente e non trova
riscontro in nessuna altra condizione morbosa, compresa la stasi polmonare, ove
peraltro manca l'essudazione sieroematica endoalveolare; i vasi sembrano come
iniettati artificialmente e sporgono a gomito nel lume alveolare.
Il successivo stadio della epatizzazione rossa, che ha inizio per lo più
in seconda giornata e si protrae per 23 giorni, è caratterizzato
microscopicamente da un aumento di volume e di consistenza dell'intero lobo del
tutto privo di aria, sicché viene ad assumere una compattezza simile a quella
del fegato (donde il termine di "epatizzazione"); la superficie di taglio,
di colorito rosso scuro, è asciutta e granulosa (la granulosità è dovuta
alla sporgenza degli zaffi, di fibrina dagli alveoli e dai dotti alveolari in
retrazione elastica per effetto del taglio) ed i frammenti di polmone immersi
nell'acqua vanno rapidamente a fondo; la pleura viscerale del lobo colpito, che
appare arrossata ed opacata già nel 1° stadio (donde il dolore puntorio), è ora
ricoperta da velamenti di fibrina facilmente asportabili, espressione della
pleurite fibrinosa che accompagna la polmonite lobare.
Gli alveoli appaiono ricolmi di globuli rossi ed in parte anche di granulociti
neutrofili, richiamati chemiotatticamente e compresi nelle maglie del reticolo
di fibrina. I capillari sono ancora ingorgati, ma l'iperemia tende ad
attenuarsi. In questo stadio hanno inizio i fenomeni di fagocitosi dei
pneumococchi da parte dei granulociti, senza peraltro che si arrivi alla
scomparsa dei germi. I bronchi sono integri o presentano segni solitamente
modesti di flogosi catarrale o sierofibrinosa.
Nel terzo stadio o stadio della epatizzazione grigia, il cui acme
coincide di solito con il quinto giorno di malattia, l'essudazione fibrinosa e
la migrazione di granulociti neutrofili toccano i valori massimi, mentre viene a
cessare la diapedesi dei globuli rossi. Il graduale trapasso della epatizzazione
rossa verso quella grigia si fa dipendere: 1) dalla pressione dell'essudato
endoalveolare, che comprime i capillari settali ischemizzando il tessuto
infiammato, 2) dal progressivo aumento dell'essudazione fibrìnoleucocitaria, 3)
dalla emolisi dei globuli rossi contenuti nell'essudato endoalveolare.
In questo stadio, l'aumento di volume, di peso e di compattezza del lobo colpito
raggiungono la massima entità; più evidente è anche la pleurite fibrinosa. La
superficie di taglio è molto granulosa e di colorito rossogrigiastro o
decisamente grigiastro. Nelle fasi più avanzate è possibile, per fenomeni di
degenerazione grassa dei leucociti, che il lobo epatizzato presenti una
sfumatura giallastra o una tonalità cromatica decisamente gialla, sicché si
parla di epatizzazione gialla; non si tratta però di uno stadio obbligato della
polmonite.
All'esame istologico, gli alveoli appaiono distesi dall'essudato fibrinosoleucocitario ed i setti interalveolari sottili e poveri di sangue,
l'abbondante fibrina non forma più un tenue reticolo, ma è raccolta in un
grossolano intreccio ed è anche possibile vedere i filamenti di fibrina
attraversare le pareti alveolari passando per i porocanalicoli di Kohn; i
globuli rossi sono scomparsi o visibili come ombre, mentre pressione, un
abbondante essudato roseogrigiastro o anche grigiogiallastro, commisto a fini
bollicine d'aria, reperto che può richiamare il pus, ma non è pus; frammenti di
tessuto, immerso in acqua, tendono a galleggiare o vanno lentamente a fondo.
Il reperto istologico varia secondo la fase raggiunta dal processo di
risoluzione.
All'inizio si ha uno spezzettamento del reticolo fibrinoso ed i
granulociti, ancora riconoscibili, appaiono mal tingibili ed in preda a processi
regressivi; col proseguire della lisi, la fibrina si trasforma in detriti
granulari die possono essere inglobati dai macrofagi, mentre i granulociti vanno
incontro a disfacimento, residuandone soltanto detriti cromatinici. Laddove il
processo è ancora più avanzato, gli alveoli tendono a riprendere l'aspetto
normale in quanto non vi è distruzione alveolare.
L'eliminazione dell'essudato fluidificato avviene in parte per via aerea,
mediante espettorazione con i colpi di tosse, ed in parte, che si ritiene
prevalente, per via linfatica ed ematica.
La durata complessiva dell'intero quadro morboso, dall'inizio alla comparsa
della risoluzione critica, nei casi ad evoluzione naturale e non modificati
dalla terapia chernioantibiotìca, è di circa 79 giorni, ma può
prolungarsi per il subentrare di nuovi focolai di epatizzazione in zone
polmonari vicine o lontane da quella primitivamente colpita (polmonite
migrante).
è opportuno sottolineare che la risoluzione anatomica del processo polmonitico
non sempre corrisponde alla risoluzione clinica della malattia la quale nei casi
tipici avviene drammaticamente per crisi in 5° 7°o 9° giornata (raramente più
tardi o per lisi) e che si manifesta con improvvisa caduta della temperatura
accompagnata da sudorazioni profuse, da scomparsa dei segni fisici di
epatizzazione (ottusità, soffio bronchiale) e la ricomparsa di rantoli umidi (crepitatio
redux).
Bisogna, infatti, tener presente che tra la risoluzione, anatomica e clinica, della malattia non esiste una stretta interdipendenza, nonostante ambedue i fenomeni siano correlati alle modificazioni immunologiche che il processo infettivo induce nell'organismo nel corso della sua evoluzione; pur coincidendo spesso, la crisi può non essere sincrona con la risoluzione locale, perché la dissoluzione ed il riassorbimento dell'essudato dipendono largamente anche da fattori locali. Queste discordanze, una volta rare, sono divenute assai frequenti nell'era degli antibiotici, che agiscono essenzialmente ostacolando lo sviluppo dei pneumococchi, senza favorire di per sé la risoluzione anatomica del processo.
Va inoltre sottolineato che la risoluzione del processo è più lenta in pazienti con batteriemia, anziani, fumatori e in soggetti con altre malattie croniche polmonari o cardiache. In questi ultimi, così come nei soggetti con neoplasie maligne, cirrosi epatica, diffusione extrapolmonare dell'infezione pneumococcica e in pazienti con farmacoresistenza, la mortalità è aumentata.
L'uso del vaccino pneumococcico in pazienti a rischio (bambini di età inferiore
ai 2 anni, adulti di età superiore ai 65 anni con malattie croniche e soggetti
immunodepressi) copre' quasi il 90% dei sierotipi responsabili di infezione
pneumococcica negli adulti e il 100% di quelli responsabili delle polmoniti nei
bambini.
Complicazioni potenziali della polmonite pneumococcica sono rare (15%) e possono
essere locali come la carnificazione, l'ascesso polmonare e l'empiema, oppure
sistemiche come le infezioni metastatiche che possono causare meningite,
endocardite, artrite o cellulite.
indice argomenti di pneumologia