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La policitemia: segni, complicanze e terapie

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  3. Policitemia, complicanze e terapie

appunti del dott. Claudio Italiano

vedi prima > policitemia

Perché la policitemia?

Essa dipende da, almeno in una buona parte dei soggetti, da una mutazione a carico di una protein tirosina-chinasi presente nelle cellule staminali chiamata chinasi Giano due (JAK2). Nel 2005, infatti è stata scoperta una mutazione attivatoria a carico di questa proteina, in cui la posizione 617 recante un residuo di valina, e sostituito con l'amminoacido fenilalanina (V617F), presente nella maggior parte dei pazienti con PV, ma anche in una frazione minore di soggetti colpiti da trombocitemia essenziale e mielofribrosi primaria.

 Per queste patologie è stata caratterizzata anche un'altra mutazione, quella a carico del residuo di triptofano in posizione 515, che viene rimpiazzato dall'amminoacido leucina (W515L). A causa della mutazione, la chinasi diventa "costitutivamente attiva", non ha bisogno cioè dei soliti segnali extracellulari che portano alla sua attivazione.

Non solo, è anche intrinsecamente resistente ai segnali che dovrebbero portare alla sua naturale disattivazione, dopo l'espletamento delle sue funzioni nel citoplasma. Esistono dei casi in cui si ha trasmissione ereditaria della malattia. In tal caso, sembra che il difetto molecolare sia a carico dell'interazione tra l'ormone eritropoietina (EPO) ed il suo recettore posto sulle cellule staminali. L'interazione ormone-recettore sarebbe più lunga del normale in questi soggetti, sicché verrebbe a riprodursi la situazione di eccessiva stimolazione cellulare e conseguente esagerata proliferazione.

Sintomi della malattia

La PV di solito viene scoperta casualmente dato che i sintomi cardine sono talmente comuni a tante altre patologie, da poter creare dubbio in quasi tutti i casi. è stato riportata la scoperta della malattia persino in soggetti che avevano fatto un normale emocromo come controllo periodico e che risultavano ancora del tutto asintomatici. I pazienti riferiscono più comunemente:

-Vertigini
-Mal di testa
-ipertensione arteriosa
-astenia
-Eritema o rossore accentuato del volto
Più caratteristici della malattia sono arrossamenti della cute, con dolore e formicolio (eritromelalgia) che però scompare con l'assunzione di aspirina; e prurito che compare specialmente dopo un bagno.

 A causa dell'elevata densità cellulare sanguigna, la maggior parte dei soggetti può anche sviluppare una sindrome da ipercoagulabilità che può portare a trombosi a carico delle strutture cerebrali, cardiache, polmonari e degli arti inferiori.

Complicanze

Quattro cause principali di morte in caso di policitemia:

1. complicanze tromboemboliche (40% dei casi)

2. diatesi emorragica

3. evoluzione in osteomielofibrosi con insufficienza midollare (20%)

4. evoluzione in leucemia acuta (2% con sola salasso-terapia, 10-15% con terapia mielosoppressiva.

Diagnosi

1. Esclusione di una poliglobulia secondaria: reperti cardiaci e polmonari, ecografia dell'addome, PO: arteriosa e livelli urinari di EPO ( I nelle 24 ore precedenti il salasso e nelle 48 ore dopo il salasso, al contrario della poliglobulia).

2. Criteri di diagnosi di policitemia (Polycythaemia-vera study group)

Diagnosi di certezza tre criteri della categoria A o A1+2 due criteri della categoria B

Categoria A:

1. volume eritrocitario totale maschi > 36 ml/kg  femmine > 32 ml/kg

 - saturazione dell'ossigeno arterioso > 92%

- splenomegalia

Categoria B

 1. trombocitosi > 400.000/µl

2. leucocitosi > 12.000/µl (in assenza di febbre o infezione)

3. fosfatasi alcalina leucocitaria aumentata > 100 (in assenza di febbre od infezione)

3. Biopsia ossea della cresta iliaca: proliferazione delle 3 linee cellulari eritropoietiche, con predominanza dell'eritropoiesi, marcato impoverimento del ferro midollare.

Terapia

l. Terapia di prima scelta:

- salassi regolari (ca.500 ml) oppure eritrocitoaferesi mediante separatore cellulare. Quindi è indicato il trattamento con farmaci antiaggreganti piastrinici, per mantenere una buona "fluidità" sanguigna come aspirina, indobufene e ticlopidina.

Obiettivo: ottenere tn Ht < 45%

Vantaggi: non vi sono danni tardivi

Svantaggi: . induzione di una carenza di ferro; il ferro però non deve essere reintegrato perché ciò stimola un'ulteriore eritropoiesi

inefficacia sulla trombocitosi (rischio di complicanze tromboemboliche)

- a-1FN: adeguare il dosaggio per mantenere l'Ht < 45%.

Terapia di secondo livello 

E' indicato un trattamento mielosoppressivo con citostatici, idrossiurea = idrossicarbamide, con l'indicazione che le piastrine siano  > 800.000/ µl (pericolo di trombosi)

- notevole ingrossamento di fegato e milza.  Svantaggi: aumentato rischio di indurre una leucemia acuta tardiva (perciò non viene più utilizzato il fosforo radioattivo).

La terapia farmacologica dagli anni '80 in poi, gli agenti alchilanti come il clorambucile ed il pipobroman, dotato di una certa selettività. è l'unico farmaco che assicura ai pazienti lunghe remissioni dalla malattia, e può essere somministrato ad intervalli di tempo anche di molte settimane. Tuttavia questi agenti aumentano notevolmente il rischio di trasformazione leucemica della malattia. Un'opzione più sicura è quella fornita dall'idrossiurea (HDU), una molecola molto semplice ma molto particolare.

 L'HDU induce il differenziamento dei precursori midollari normali o con la mutazione V617F della malattia (ma comunque immaturi), con un meccanismo che è stato chiarito alla fine degli anni '90. Essa può inibire una classe di enzimi nucleari chiamati istone deacetilasi (HDACs), fondamentali per controllare l'espressione genica in senso repressivo. Si ha così la spinta cellulare verso un'espressione genetica differente, che porta all'induzione di proteine che caratterizzano lo stato quiescente e differenziato di una cellula matura. Un'ultima speranza arriva dal potenziale impiego di molecole inibitrici specifiche per la chinasi JAK2.

In natura, simili molecole esistono già e sono state utilizzate in laboratorio per lo studio delle funzioni immunitarie. Un esempio è fornito dall'antibiotico isolato da uno streptomicete (muffa), la herbimicina A, un generale inibitore delle tirosina chinasi che ha mostrato attività anche contro JAK2. Inibitori sintetici usati in laboratorio che hanno riportato attività inibitoria verso JAK2 sono la tirfostina B42 (o AG490) e l'esabromo-cicloesano (HBCX).

Per i pazienti con policitemia vera resistenti o intolleranti all’idrossiurea è disponibile la terapia mirata con ruxolitinib, un inibitore orale delle tirosin chinasi JAK1 e JAK2 che è stato recentemente approvato anche in Europa. I dati dello studio clinico di Fase III RESPONSE hanno dimostrato che ruxolitinib ha la capacità di fornire a questa popolazione di pazienti un beneficio clinico durevole e completo

3. Terapia sintomatica, ad es.:

- nell'iperuricemia, previa somministrazione di allopurinolo

- nel prurito, con un tentativo terapeutico con anti-istaminici.

Prognosi: tempo medio di sopravvivenza con trattamento: 10-15 anni. In assenza di trattamento: 2 anni.

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