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La Placenta a che cosa serve?

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Funzioni della placenta

La placenta umana è definita emocoriale perché, tra tutte le specie di mammiferi, è quella con il più stretto contatto tra la circolazione materna e il feto.

 Svolge due funzioni fondamentali:

- endocrina, con la produzione di ormoni di natura proteica e steroidi, citochine, fattori di crescita, neuropeptidi;

- di nutrizione ;

- di respirazione fetale, intervenendo con meccanismi sia di neosintesi sia di consumo e trasformazionedei substrati che la attraversano.

Gli annessi fetali sono costituiti dalle membrane amniocoriali, che comprendono il corion (strato più esterno degli involucri fetali) e l'amnios (membrana amniotica), che si trova all'interno del corion, ricopre la superficie fetale della placenta e circonda il cordone fino alla sua inserzione a livello dell'ombelico; dal cordone ombelicale, lungo 50-60 cm, tramite tra placenta e feto, che contiene i vasi sanguigni (una vena che trasporta sangue ossigenato dalla placenta al feto e due arterie che riportano alla placenta il sangue povero di ossigeno e ricco di cataboliti) immersi nella gelatina di Wharton; dal liquido amniotico (30 mL a 10 settimane; 800 mL circa a termine), una soluzione acquosa che avvolge il feto in ambiente sterile con uniformità termica, con funzione di protezione dai traumi e dalle contrazioni uterine.

Crescita, inserzione, anatomia e fisiologia

La blastocisti, al momento dell'impianto, presenta un polo cellulare interno, che andrà a costituire l'embrione, e un doppio strato cellulare periferico, costituito internamente dal citotrofoblasto, esternamente dal sinciziotrofoblasto.

Le cellule del sinciziotrofoblasto presentano notevole capacità erosiva e istolitica e sono responsabili dell'impianto ed annidamento. La superficie uterina è rivestita da endometrio secretivo modificato, ricco di glicogeno, detto decidua basale.

La decidua basale è quella che si trova nella zona dell'impianto, la decidua capsulare prende contatto con la restante superficie del sacco gestazionale, mentre la decidua parietale riveste il resto della cavità uterina.

Man mano che il sacco gestazionale si accresce, si assiste alla progressiva fusione della decidua capsulare con la decidua parietale.

La decidua basale, a sua volta, è formata da tre strati:

-uno profondo, a contatto con il miometrio, detto strato spongioso;

- uno intermedio, detto strato compatto, che interagisce con il trofoblasto;

- un insieme di fibrina e cellule trofoblastiche, che costituisce lo strato fibrinoide di Nitabuch.

Al momento del secondamento, il distacco della placenta avviene tra lo strato spongioso e lo strato compatto. Nella decidua basale si trovano le arterie spirali. Al momento dell'annidamento dell'embrione, le cellule del sinciziotrofoblasto erodono prima la decidua, poi la parete delle arterie spirali, sostituendosi agli elementi muscolari della tonaca media. Gli spazi primitivi che si vengono a creare sono invasi dal sangue materno e prendono il nome di lacune vascolari.

In seguito, si ha la formazione di un sistema complesso, simile a un labirinto vascolare, in cui formazioni di origine placentare, dette villi, "pescano" direttamente nel sangue materno. Inizialmente, i villi sono costituiti soltanto da cellule del citotrofoblasto e del sinciziotrofoblasto (villi primari); successivamente, compaiono cellule mesenchimali all'interno (villi secondari); infine, si evidenzia una rete capillare (villi terziari) e il villo assume la struttura definitiva: la rete capillare contenuta nel mesenchimale rivestita dal cito- e dal sinciziotrofoblasto.

La cosiddetta barriera placentare, spessa 5-6 micron ed estesa circa 14-15 cm2 , è appunto l'insieme dei tessuti che separa la circolazione materna e fetale e che regola tutti gli scambi nutritizitra feto e madre.

Essa è costituita dagli strati del villo: uno strato endoteliale, uno strato di mesenchima e uno strato epiteliale.

La placenta umana è, tra tutte le specie di mammiferi, quella con il più stretto contatto tra circolazione materna e circolazione fetale e prende il nome di placenta emocoriale. In seguito, a partire dalla ventesima settimana, si ha la progressiva scomparsa del citotrofoblasto e la parete del villo rimane costituita dal solo sincizio.

All'inizio dello sviluppo, i villi ricoprono uniformemente tutta la superficie del sacco gestazionale (chorion frondosum), poi rimangono concentrati a livello della decidua basale e la restante superficie del sacco gestazionale appare liscia (chorion laeve).

Nell'ambito dei villi placentari, distinguiamo i villi di ancoraggio o barbicanti, che si inseriscono nel tessuto deciduale, e i villi liberi o fluttuanti, che pescano liberamente nello spazio intervilloso. La circolazione feto-placentare e materno-placentare è un sistema ad alto flusso e bassa resistenza.

I vasi materni che alimentano la placenta derivano dalle arterie uterine che, penetrate nel miometrio, emettono le arterie radiali. Queste raggiungono la decidua e diventano arterie spiraliformi, che versano sangue negli spazi intervillosi.

Il sangue ritorna alla madre attraverso numerosi collettori venosi, tra cui quelli del seno marginale, che partono direttamente dagli spazi intervillosi e che riconducono i l sangue alle vene uterine. Tramite i villi, poi, il sangue è convogliato al feto attraverso la vena ombelicale, mentre il sangue fetale ritorna alla placenta attraverso le due arterie ombelicali.

Morfologia nelle varie età gestazionali e a termine

A termine di gravidanza, la placenta umana si presenta come una formazione discoidale, del diametro medio di16-20 cm, e dello spessore di circa 2-4 cm al centro, 1 cm in periferia. Il suo peso varia tra i 500 e i 600 g. In genere, fino a 20 settimane la placenta pesa più del feto; da questo momento in poi, la crescita del feto supera quella della placenta, fino al rapporto feto-placentare definitivo di 1:6. A un esame ispettivo, si distinguono due facce.

La faccia fetale è liscia e traslucida, rivestita dalle membrane amniocoriali e presenta l'inserzione del funicolo ombelicale. La faccia materna è spugnosa, scura e ondulata. Appare suddivisa grossolanamente in 16-20 settori, che prendono il nome di cotiledoni materni.

Ogni cotiledone materno raggruppa,a sua volta, circa una ventina di cotiledoni fetali. Il cotiledone fetale può essere considerato l'unità funzionale della placenta ed è formato dalle ramificazioni di primo,secondo e terzo ordine di un singolo tronco villoso, che sia provvigionano dal sangue di una singola arteria spirale. Il confine tra i cotiledoni fetali è incompleto ed è costituito dai setti placentari intervillosi, che sepimentano solo in parte lo spazio intervilloso. La porzione periferica dello spazio intervilloso, che decorre al di sotto di tutta la superficie del piatto coriale, prende il nome di seno marginale ed è costituita da un insieme di lacune confluenti tra loro, dalle quali si dipartono numerosi collettori venosi, che immettono nelle vene uterine.

Se sezioniamo la placenta, distinguiamo, dall'interno verso l'esterno, i seguenti strati:

-decidua basale, composta di uno strato spongioso, uno strato compatto e uno strato fibrinoide;

- strato dei villi coriali;

- lamina coriale;

- amnios.

A questo punto, possiamo dire che l'evoluzione della placenta passa attraverso tre fasi distinte: l'impianto; la crescita; la maturazione, che si realizza nel terzo trimestre ed è caratterizzata dall'assottigliamento e dall'aumento in estensione della superficie funzionale dei villi, per sopperire alle accresciute esigenze metaboliche del feto. 

 

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