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L'arteriopatia periferica diabetica o PAD

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L'arteriopatia cronica ostruttiva periferica comprende una serie di alterazioni dei grossi vasi sanguigni, cioè delle arterie distali, non parliamo qui perciò delle sindromi coronariche (cfr angina placca e rischio cardiovascolare), ma di problematiche circolatorie assai gravi già affrontate nella pagina dedicata alle arteriopatie obliteranti croniche ostruttive di questo sitoweb a cui si rimanda.

Nel paziente diabetico il fatto ischemico periferico diventa ancora più eclatante, stante le note complicanze neuropatiche periferiche ed ischemiche periferiche che, intersecandosi fra loro, generano la patologia definita "il piede diabetico.

Il fatto è che, nonostante la chirurgia vascolare abbia raggiunto ottimi risultati terapeutici con la PTA ed i by-pass, nel paziente affetto da piede diabetico né l'una, né l'altra metodica trovano indicazioni per il fatto che l'arteriopatia del diabetico colpisce inesorabilmente i vasi sotto il ginocchio che diventano non solo calcificati ma anche ristretti al massimo e, dunque, in ultima analisi è impossibile intervenire chirurgicamente perché se "non c'è stoffa, nulla è possibile cucire!".

Pertanto effettuata la valutazione pletismografica e la perfusione di ossigeno in periferia con la tecnica della ossimetria, occorre valutare se è indicato o è possibile intervenire con by-pass o PTA, cioè allargando i vasi arteriosi stenotici oppure se, viceversa, non è più indicata la etrapia con iloprost. L'impiego dei prostanoidi, di questi farmaci che consentono una vasodilatazione del circolo ematico, è sempre raccomandabile nei soggetti dove ogni altra manovra è impossibile e c'è rischio di perdere l'arto. Si possono così ridurre:
-Il dolore dell'arto a riposo
-Le lesioni trofiche limitate (cfr piede diabetico e lesioni ulcerate spesso anche infette)

I prostanoidi più impiegati sono la PGE1 e la PGI2 o prostaciclina naturale e soprattutto la prostaciclina stabile di natura sintetica o iloprost che in uno studio osservazionale su 228 pazienti con ischemia critica degli arti inferiori ed ulcere trofiche diabetiche e non ha dimostrato risultati nettamente più favorevoli sia in termini di salvataggio dell'arto che di riduzione di morte cardiovascolare rispetto a quelli ottenuti con PGE1.

Arto inferiore sinistro ischemico in paziente con
arteriopatia ostruttiva periferica: notare il colore
cianotico del piede di sinistra in contrapposizione
al piede destro più vascolarizzato.

L'arteriopatia periferica diabetica è un quadro a se stante che deriva come sappiamo dall'intersecarsi delle problematiche del piede neuropatico con piede neuroischemico ed è frequente nel diabetico, già presente nel 21% dei casi nel diabete di tipo 2 al momento della diagnosi e raggiunge una prevalenza del 50% nei pazienti con lunga durata di malattia, con esordio precoce ed insidioso ma evoluzione clinica spesso lenta e subdola, tanto più subdola perché il diabetico non percepisce il dolore agli arti ed il danno si presenta quando non c'è più nulla da fare. Infatti i pazienti giungono spesso all'attenzione del diabetologo con lesioni trofiche al piede, che rappresentano in realtà la punta di un iceberg, in quanto sotto delle ulcere dall'aspetto innocente, si cela spesso un processo osteomieliti assai insidioso, responsabile quasi sempre di amputazione di dita o di un avampiede o di un piede o di una intera gamba, nella peggiore delle ipotesi, quando cioè la sepsi si è estesa ed il piede diabetico è diventato un "piede diabetico infetto acuto".

Occorre, pertanto, di fronte a questi quadri drammatici operare una valutazione repentina del caso ed intervenire con la chirurgia vascolare ove possibile al più presto, riservando la terapia con iloprost nell'altro 25% dei casi che prima non si poteva trattare.

E' chiaro che la terapia con prostaglandine non è scevra di effetti collaterali e che è anche controindicata nel paziente cardiopatico. Iloprost è un analogo della prostaciclina che agisce a livello del microcircolo con una dimostrata attività antitrombotica, pro-angiogenetica e di riprogrammazione delle funzioni endoteliali e per questo viene anche impiegato nella fibrosi polmonare, la sclerodermia e la PAD. Inoltre viene sfruttata la capacità che ha il medicamento di incrementare il flusso ematico e ripristinare l'equilibrio fisiologico tra prostanoidi endogeni e prostaciclina e trombossano che è responsabile invece di aumentata aggregabilità piastrina e della formazione di trombi (cfr malattia tromboembolica)

Linee guida ESC/EASD per le Malattie cardiovascolari

Raccomandazioni
Tutti i pazienti con diabete e CVD dovrebbero essere trattati con basse dosi di ASA. Nei pazienti diabetici con vasculopatie periferiche si dovrebbbero considerare il trattamento in alcuni casi con clopidogrel o eparina a basso peso molecolare. L'infusione di prostaciclina rappresenta un trattamento alternativo nel paziente con ischemia critica dell'arto inferiore non passibile di rivascolarizzazione.

Indicazioni terapeutiche circa l'uso di prostanoidi

Trattamento della tromboangioite obliterante (Morbo di Búrger) in stadio avanzato con ischemia critica degli arti quando non è indicato un intervento di rivascolarizzazione.
Trattamento del fenomeno di Raynaud secondario a sclerodermia. Trattamento dell' ischemia arteriosa cronica grave degli arti inferiori, in pazienti a rischio di amputazione e quando non è indicato un intervento chirurgico o di angioplastica.

Posologia e modo di somministrazione

Iloprost deve essere impiegato sotto stretto controllo medico presso strutture ospedaliere ed ambulatori adeguatamente attrezzati. L'eventualità di una gravidanza in atto dovrà essere esclusa prima del trattamento di donne in età fertile. Deve essere somministrato, dopo diluizione, per infusione venosa. Il dosaggio dovrà essere adattato sulla base della tollerabilità individuale del singolo paziente nell'ambito di un range di infusione compreso tra 0,5 e 2 ng di iloprost/kg/min. per la durata di 6 ore giornaliere.

Il trattamento sarà ripetuto giornalmente per un massimo di 4 settimane. Nel fenomeno di Raynaud, per ottenere un miglioramento per diverse settimane, spesso sono sufficienti periodi di trattamento più brevi (da 3 a 5 giorni). La sicurezza e l'efficacia di un trattamento di durata superiore alle 4 settimane o di cicli di trattamento ripetuti non è stata accertata. Per l'uso endovenoso, il contenuto di una fiala di iloprost deve essere diluito in 250 ml di soluzione fisiologica o glucosata al 5% sterili, provvedendo ad un'accurata miscelazione. La soluzione pronta per l'uso così ottenuta e contenente 200 ng (0,2 mcg) di iloprost/ml verrà somministrata per infusione venosa, giornalmente per 6 ore, in una vena periferica o via catetere in una vena centrale. mediante l'uso di pompa di infusione.
La soluzione per l'infusione dovrà essere preparata quotidianamente per garantirne la sterilità. Nei primi 2.3 giorni di trattamento dovrà essere ricercata la dose massima tollerata individualmente. A questo scopo l'infusione verrà iniziata alla velocità di 10 ml/h per 30 min. Ciò corrisponde a 0,5 ng di iloprost/kg/min. per un paziente di 65 kg. Saranno quindi possibili incrementi di ulteriori 10 ml/h ogni 30 min. fino ad un massimo di 40 ml/h (50 ml/h nel caso di pazienti con peso corporeo superiore a 75 kg). Nell'eventualità dell'insorgenza di effetti collaterali quali cefalea, nausea o calo dei valori pressori, la velocità di infusione verrà ridotta fino al raggiungimento della dose tollerata.

Nel caso gli effetti collaterali fossero di entità elevata, l'infusione potrà essere sospesa.

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