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Pertosse, che cos'è e come riconoscerla

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appunti del dott. Claudio Italiano

Si definisce "pertosse" o "tosse convulsa" una malattia infettiva batterica, acuta, contagiosa, caratterizzata da accessi di tosse incoercibile, abbaiante, spsmodica, seguiti da emissione stentata di muco denso, filante e accompagnati spesso da vomito. Si definisce, nei paesi anglosassoni, la malattia dell'urlo del neonato (urlo inspiratorio). Dura 6 settimane, dopodicchè si ha l'exitus, se non si interviene con opportuna terapia. La malattia colpisce attualmente 48,5 milioni persone ogni anno, con conseguente in quasi 295.000 decessi.

Per cui la prevenzione attraverso la vaccinazione è di primaria importanza. Essa è causata da uno specifico microrganismo, la Bordetella pertussis o Bacillo di Bordet-Gengou, bacillo immobile, asporigeno, gram-negativo.

La malattia presenta ogni 2-4 anni recrudescenze che divengono vere e proprie epidemie, che compaiono per lo più in primavera e si estinguono nel giro di pochi mesi. Per quanto possa colpire qualsiasi età, anche quella avanzata, l'affezione predilige notoriamente l'infanzia ed ha un decorso grave nel lattante, anche se nell'ultimo trentennio la mortalità è spiccatamente diminuita, sia per il largo impiego di vaccini con germi uccisi, sia per la disponibilità di una vasta gamma di antibiotici che inibiscono l'insorgenza o facilitano la guarigione delle complicanze.

La trasmissione della malattia avviene dal malato al sano per via aerea attraverso l'inalazione delle goccioline di Flùgge.La contagiosità, massima durante il periodo catarrale, diminuisce nel periodo accessionale, per estinguersi intorno alla 7a settimana di malattia.

Tuttavia si possono avere reinfezioni, forse sostenute dal B. parapertussis, anche a distanza di anni, ma la malattia in tali casi decorre in forma attenuata. Contrariamente a quanto si verifica nel morbillo e nella rosolia, il neonato non usufruisce dell'immunità passiva trasmessa dalla madre per via transplacentare.

Nonostante si tratti di una malattia diffusissima e ad eziologia nota, la pertosse presenta ancora numerose incognite per quel che riguarda i meccanismi patogenetici attraverso cui si determina ed i fenomeni immunitari che l'accompagnano. Il primo momento patogenetico è rappresentato dall'invasione della B. pertussis delle vie aeree superiori, cui segue estesa e rapida moltiplicazione del microrganismo che ha un selettivo tropismo per le cellule ciliate dell'epitelio della trachea e dei bronchi, mentre indenni rimangono le altre cellule. Il quadro è quello di una reazione infiammatoria locale priva di specificità con estesi fenomeni di disepitelizzazione della mucosa, con ostruzione dei bronchioli da parte di un essudato mucoso o mucopurulento, con infiltrazione degli strati profondi da parte di elementi polinucleati, con zone di atelettasia alternate a zone di enfisema.

Dalla lisi dei germi, provocata dalla comparsa di anticorpi, si pensa origini una endotossina cui sarebbe fondamentalmente da ricondurre l'effetto della B. pertussis durante la fase accessuale: necrosi dell'epitelio, formazione di muco, flogosi peribronchiale, polmonite interstiziale. Parimenti alla stessa tossina sarebbero da riportare il danno delle cellule nervose e la formazione di piccoli focolai emorragici da lesioni capillaro-tossiche, ecc.

è stato infatti dimostrato che sostanze biologicamente attive estratte dalla B. pertussis, incubate nell'animale, determinano una serie di reazioni sovrapponibili a quelle osservate nell'uomo. Esse comprendono leucocitosi con linfocitosi relativa, alterazioni metaboliche come ipoglicemia, iperinsulinemia, alterazione della risposta iperglicemica all'adrenalina, blocco (5-adrenergico ecc. Dapprima si era ipotizzato che ciascuna delle reazioni riferite fosse determinata da un diverso fattore: in seguito si è constatato che responsabile di tutti gli effetti è una sostanza proteica che presenta caratteristiche analoghe a quelle della "tossina pertussis".

La sua diffusibilità induce ad ammettere che anche nella pertosse naturale dal luogo di produzione passi in circolo, si diffonda in tutti i tessuti ove, legandosi ai siti recettoriali delle cellule, esplica a distanza la sua attività. Il blocco beta-adrenergico potrebbe spiegare alcuni segni caratteristici della malattia nell'uomo, come la tosse esplosiva che sarebbe favorita dalla vasocostrizione indotta dalla ipofunzione beta-adrenergica. In presenza di broncocostrizione, il riflesso della tosse, scatenato dalla lesione locale, potrebbe produrre un accesso di tosse sovrapposta ad una espirazione forzata ed in questa evenienza la tosse si presenterebbe sotto forma di sforzi esplosivi, realizzando i parossismi tipici della malattia. Il carattere pertussoide della tosse, che ricompare a distanza di tempo dalla estinzione microbica, in occasione di una flogosi banale delle vie respiratorie, potrebbe spiegarsi con la lunga persistenza del blocco beta-adrenergico. Il periodo di incubazione varia da 3 a 15 gg, con durata media di 8-10 gg.

Clinica

La sintomatologia clinica può essere divisa in tre periodi:

a) catarrale,
b) convulsivo o spasmodico
c) della convalescenza.
Esistono forme abortive, specie negli adulti, nei ragazzi e bambini vaccinati.

Il periodo catarrale inizia generalmente con infiammazione del tratto respiratorio superiore, irritazione delle membrane mucose, tosse secca prevalentemente notturna che gradatamente aumenta di intensità e frequenza, divenendo anche diurna. La temperatura è normale o leggermente superiore alla norma. Questo periodo, durante il quale l'esame obiettivo risulta negativo, dura in media da 7 a 10 gg. Segue il periodo convulsivo o spasmodico con scomparsa della febbre, con un crescendo degli accessi di tosse parossistica.

Questi accessi possono essere provocati da qualunque stimolo come il parlare, il deglutire, con la pressione digitale della trachea, ecc. ed hanno una frequenza che aumenta assieme alla gravita ed alla durata degli stessi. Ogni accesso consiste di numerosi violenti colpi di tosse che si succedono in rapida successione, separati da intervalli di tempo insufficienti per l'inspirazione, tanto che la cianosi che si stabilisce può essere di tale intensità da richiedere adeguate e sollecite misure terapeutiche.
La fine dell'episodio parossistico è contrassegnato da un unico profondo sforzo inspiratorio forzato che, per la persistente chiusura della glottide, si manifesta con un rumore intenso, sibilante paragonabile ad un urlo. Durante i parossismi della tosse, che si possono ripetere più volte nel corso delle 24 ore, l'aspetto del paziente è quello di una persona sofferente, spossata, ansiosa, col volto tumido, congesto e ricoperto di sudore, con gli occhi lacrimosi ed iniettati di sangue, con le vene del collo e del capo manifestamente turgide, con le labbra cianotiche.

Alla fine dell'accesso il paziente emette del muco denso, filante, ed è spesso colto da vomito, specie se l'accesso si verifica dopo il pasto. Nei bambini più piccoli, il periodo che segue a questi accessi è rappresentato da uno stato di apparente arresto respiratorio con sopore e mancanza di risposta ai normali stimoli ambientali . La fase parossistica dura da 7 gg ad un mese, dopodiché gli accessi si diradano sempre più sino a scomparire del tutto. Nei lattanti, specie sotto i 6 mesi, si può non avere la fase parossistica e la malattia non essere diagnosticata.

Diagnosi

Passibile di sospetto già nel periodo prodromico, in caso di epidemia, la pertosse si lascia facilmente diagnosticare nel periodo di stato per le tipiche manifestazioni che la caratterizzano e di cui abbiamo detto. Ove dubbi dovessero nutrirsi, può venire in aiuto l'isolamento dell'agente causale dal tampone naso-faringeo, mentre l'aumento della leucocitosi ha valore solo quando coesistano degli elementi di ordine clinico che indirizzino verso la vera natura dell'affezione. Quanto alla dimostrazione della presenza di anticorpi nel siero, essa ha scarsa importanza diagnostica, verificandosi non prima della 3a settimana di malattia, in un'epoca cioè in cui il quadro clinico è già di per sé significativo. I tests comprendono:
a) la coltura di tamponi naso-faringei
b) la PCR su Bordet-Gengou
c) l'immunofluorescenza diretta (DFA), e metodi sierologici.
I batteri possono essere recuperati dal paziente solo durante le prime tre settimane di malattia, rendendo inutili coltura e DFA dopo questo periodo, anche se la PCR può avere qualche utilità limitata per altre tre settimane.  Le complicazioni che possono insorgere nel decorso della pertosse sono da una parte di ordine meccanico, gli accessi prolungati e ripetuti di pertosse potendo causare la comparsa di emorragie congiuntivali, la formazione di ernie, la rottura del timpano ecc., e/o dall'altra di ordine infettivo per la sovrapposizione di infezioni da streptococchi, pneumococchi, stafilococchi, capaci di provocare polmoniti, broncopolmoniti, ecc. Ancora sono state documentate emorragie sottocongiuntivali, fratture costali, incontinenza urinaria, e dissezione dell'aorta. Più rara l'evenienza di complicazioni nervose sotto forma di un quadro encefalitico di origine tossica. Specie nelle forme di lunga durata non irrilevante è l'insorgenza a distanza di asma bronchiale e l'instaurarsi, grazie all'intervento di altri fattori, di una condizione enfisematosa.
La prognosi, durata della malattia a parte, è generalmente buona: riservata dev'essere invece quando l'affezione si verifica nei lattanti.

Trattamento

Il trattamento si avvale di un duplice ordine di provvedimenti, da una parte la somministrazione di antibiotici, con preferenza per l'eritromicina, l'ampicillina e le tetracicline e, dall'altra, l'impiego di siero immune specifico o di immunoglobuline normali. Anche con il cotrimoxazolo sono stati vantati buoni risultati. Utile è la vaccinazione che previene la malattia per 5-10 anni. Per i bambini, le vaccinazioni sono comunemente somministrato in combinazione con le vaccinazioni contro il tetano, difterite, polio e Haemophilus influenzae di tipo B, a età due, quattro, sei, e 15-18 mesi. Un richiamo solo più tardi viene somministrata a 4-6 anni di età. Il vaccino acellulare più recenti, noti come DTaP, ha notevolmente ridotto l'incidenza di effetti avversi rispetto al precedente "a cellula intera".

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