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Il paziente splenectomizzato

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appunti del dott. Claudio Italiano

La milza è un organo posto in regione sottocostale sinistra che gioca un ruolo importante nel sistema immunitario che nella regolazione degli elementi circolanti del sangue (globuli rossi e bianchi, piastrine), in quanto, a mo' di un filtro, rimuove dal sangue le cellule vecchie o alterate del tessuto sangue.

La sua importanza sotto il profilo immunitario è, poi,  fondamentale nell'infanzia e nell'adulto.

Essendo un organo spugnoso con una ricchissima vascolarizzazione la sua rottura, che avviene quasi sempre in seguito a traumi, determina un'emorragia interna (emoperitoneo) che può essere molto abbondante e se non trattata tempestivamente portare danni gravi al paziente.

Una delle indicazioni alla sua asportazione consiste nel pericoloso ingrossamento che in genere è dovuto ad emopatie, per es. le anemie falciformi, le anemie mediterranee o le forme linfomieloproliferative (leucemie, linfomi  ecc.).

In generale, però, è assai facile imbattersi in paziente cirrotici, con ipertensione portale ed ipersplenismo.

In tutte queste condizioni un trauma addominale, anche il classico incidente stradale in auto, con lo sterzo che sbatte sull'addome o un pugno in pancia, possono esporre a pericolose rotture di milza.

Splenectomia

B= milza

C= duodeno

A= pancreas

La splenectomia è raramente eseguita per scopi diagnostici, soprattutto in assenza di una malattia clinicamente evidente o di altre indagini diagnostiche che indichino una sottostante patologia. Più spesso la splenectomia viene eseguita per il controllo dei sintomi nei pazienti con splenomegalia massiva, per il controllo della malattia nei pazienti con leucemia a cellule capellute o leucemia prolinfocitica, per il controllo dell'emorragia nei pazienti con rottura traumatica della milza e per la correzione delle citopenie nei pazienti con ipersplenismo o distruzione immunomediata di uno o più elementi cellulari del sangue.

La splenectomia è necessaria per la stadiazione di routine del linfoma di Hodgkin solo nei pazienti con malattia allo stadio clinico I o II in cui la radioterapia sia prevista come unico trattamento. La stadiazione non invasiva della milza nel linfoma di Hodgkin non è una base sufficientemente attendibile per prendere decisioni circa il trattamento, poiché un terzo delle milze di normali dimensioni risulta interessato dal linfoma di Hodgkin, mentre un terzo delle milze ingrandite risulta libero dalla malattia. Sebbene sia stato chiaramente dimostrato che la splenectomia nella leucemia mieloide cronica non ha effetti sulla storia naturale della malattia, la rimozione di un'imponente milza associata a questa malattia rende i pazienti significativamente più tranquilli e semplifica la gestione del trattamento attraverso una significativa riduzione delle richieste di trasfusione.

La splenectomia è un trattamento efficace per due tipi di leucemie croniche a cellule B, la leucemia a cellule capellute e la leucemia prolinfocitica, nonché per il linfoma della zona marginale splenica (estremamente raro). La splenectomia effettuata nel corso di queste malattie è associata a una notevole regressione tumorale nel midollo osseo e in altri siti di malattia. Analoghe regressioni di malattie sistemiche sono state notate dopo irradiazione splenica in alcuni tipi di tumori linfoidi, specialmente la leucemia linfocitica cronica. Tali risposte sistemiche del tumore alla terapia locale diretta alla milza fanno ipotizzare che vi siano ormoni o fattori di crescita prodotti dalla milza che agiscono sulla proliferazione delle cellule tumorali, ma questa supposizione non è stata ancora convalidata. La più comune indicazione alla splenectomia è la rottura splenica traumatica o iatrogena.

In una parte dei pazienti con rottura splenica la disseminazione peritoneale di frammenti splenici può portare a splenosi, una condizione che identifica la presenza di residui multipli di tessuto splenico non connesso alla circolazione portale. Questo tessuto splenico ectopico può causare dolore o ostruzione gastrointestinale, come nell'endometrio. Un elevato numero di cause ematologiche, immunologiche e congestizie di splenomegalia può portare a una o più citopenie periferiche. Nella maggioranza di questi casi la splenectomia è in grado di correggere le citopenie, soprattutto anemia e la piastrinopenia.

In ampie coorti di pazienti osservate in due centri specialistici, la splenectomia è stata effettuata a scopo diagnostico nel 10% dei terapeutico nel 44%, nell'ambito dello staging per malattia di Hodgkin. Forse la sola controindicazione alla splenectomia è la presenza di danno midollare, in cui la milza ingrandita è la sola sorgente di  tessuto emopoietico. L'assenza della milza ha un effetto modesto a lungo termine sul profilo ematologico. Nel periodo immediatamente successivo alla splenectomia si possono osservare leucocitosi (fino a 25 000/μl) e trombocitosi (fino a 1 1106/μl), ma entro 2-3 settimane le conte cellulari del sangue e la sopravvivenza; ciascuna linea cellulare ritornano di solito normali. Le manifestazioni croniche di splenectomia sono rappresentate da variazioni delle dimensioni e della ma degli eritrociti (anisocitosi, poichilocitosi) e dalla presenza dei corpi di Howell-Jolly (residui nucleari), corpi di Heinz (emoglobina denaturata), di punteggiatura basofila e di un occasionale eritrocita nucleato nel sangue periferico. Quando queste anomalie eritrocitarie compaiono in un paziente in cui non è stata rimossa la milza, si deve sospettare che un'infiltrazione splenica neoplastica interferferisca con le normali funzioni di selezione e pitting.
La più grave conseguenza della splenectomia è l'aumentata suscettibilità alle infezioni batteriche, particolarmente da germi provvisti di capsula come Streptococcus pneumoniae, Haemophilus influenzae e alcuni microrganismi Gram negativi enterici. I pazienti di età inferiore ai 20 anni sono particolarmente suscettibili a gravi sepsi da S. pneumoniae e il rischio cumulativo nei pazienti sottoposti rimozione della milza è di circa il 7% in 10 anni.

La percentuale di mortalità per i pneumococcica in pazienti splenectomizzati va dal 50 all'80%.

Il 25% circa pazienti splenectomizzati svilupperà una grave infezione in qualche periodo vita. La frequenza è più alta nei primi 3 anni successivi alla splenectomia. Non sembra esservi un incremento del rischio di infezioni virali nei pazienti splenectomizzati. La suscettibilità alle infezioni batteriche è in relazione con l'incapacità di rimuovere batteri opsonizzati dal torrente sanguigno e con un difetto nella produzione di anticorpi diretti contro antigeni  dipendenti dalla funzione dei T linfociti, come i componenti polisaccaridici delle capsule batteriche.

Il vaccino antipneumococcico dovrebbe essere somministrato a tutti i pazienti due settimane ma di una splenectomia in elezione. L'Advisory Committee on Immunizat Practices raccomanda che anche i pazienti splenectomizzati siano sottoposti vaccinazione antipneumococcica con un richiamo dopo 5 anni.

L'inefficacia di tale procedura non è stata tuttavia dimostrata e la raccomandazione non tiene conto della possibilità che la somministrazione del vaccino possa di fatto abbattere il titolo di anticorpi specifici antipneumococcici.

E' attualmente disponibile un vaccino antipneumococcico coniugato più efficace (Prevenar, eptavalente) che coinvolge nella risposta i linfociti T.

Il vaccino contro Neisseria meningitidis dovrebbe essere somministrato ai pazienti in cui è stata programmata una splenectomia elettiva. Sebbene per i bambini più grandi e per gli adulti non sic disponibili i dati di efficacia del vaccino contro Haemophilus influenzae di tipi esso può essere somministrato ai pazienti splenectomizzati. Ai pazienti splenectomizzati deve essere spiegato che nelle loro condizioni qualsiasi febbre di natura non determinata va considerata un'emergenza medica (sepsi). Una diagnosi e un trattamento tempestivi possono, nel sospetto di batteriemia salvare la vita del paziente.

La chemioprofilassi di routine con penicillina per può portare alla comparsa di ceppi farmaco-resistenti e non è pertanto raccomandata. Oltre a essere caratterizzati da un'aumentata suscettibilità alle infezioni batteriche, i pazienti splenectomizzati sono anche più suscettibili alle malattie parassitarie. I pazienti splenectomizzati devono quindi evitare recarsi in aree in cui è endemico il parassita Babesia. La rimozione chirurgica della milza è una causa ovvia di iposplenismo. I pazienti con anemia falciforme spesso soffrono di autosplenectomia coi risultato della distruzione splenica conseguente ai numerosi infarti associati a crisi di falcizzazione durante l'infanzia.

Invece, la presenza di una milza palpabile in un paziente con anemia falciforme dopo l'età di 5 anni suggerisce la presenza di un'altra emoglobinopatia, per esempio una talassemia. In aggiunta a ciò, i pazienti sottoposti a irradiazione splenica per una malattia neoplastica o immunitaria sono anche funzionalmente iposplenici. Il termine iposplenismo è preferito a quello di asplenismo con riferimento alle conseguenze fisiopatologiche della splenectomia, poiché l'asplenia è una rara, specifica  anomalia congenita caratterizzata dal mancato sviluppo del lato sinistro della cavita celomatica (che include l'abbozzo primitivo splenico). I neonati con asplenismo sono privi di milza, ma questo è l'ultimo dei loro problemi. L'antimero destre duplicato a sinistra nel corso dello sviluppo embrionale, così che il fegato è posto dove dovrebbe essere la milza, vi sono due polmoni destri e il cuore comprende due atri destri e due ventricoli destri.

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