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Il paziente con sindrome ipocinetica

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Il concetto di anziano

La Gerontologia si occupa dello studio dei fenomeni di invecchiamento, delle cause che lo provocano e delle conseguenze sociali e biologiche della senescenza.

La Geriatria ha invece obiettivi più pratici e si occupa della prevenzione delle malattie della senescenza, della terapia dei danni conseguenti all'invecchiamento, delle malattie senili, della riabilitazione psico-fisica e del reinserimento sociale degli anziani e della prevenzione dello stesso invecchiamento.

Il concetto dì "anziano" è piuttosto vago e la definizione di una particolare "senile" è sempre poco precisa; pur tenendo presente la possibile variabilità individuale, si può riconoscere un "periodo climaterico" (tra 50 e 60 anni), un "periodo di prima senescenza" (tra i 60 e i 70 anni), un "periodo senile" vero e proprio (tra i 70 e gli 80 anni) ed infine una "grande vecchiaia" (oltre 80 anni). Le caratteristiche psicofisiche dell'anziano possono però essere acquisite da un soggetti molto più giovane in seguito a processi morbosi di vario tipo (arteriosclerosi, encefalopatie, emiplegie ecc.); anche di questi soggetti si occupa quindi la geriatria, prescindendo dal fallace criterio cronologico dell'età.

La geriatria deve, in ultima analisi, essere rivolta alla attuazione di quelle provvidenze (preventive, curative, riabilitative, mediche e sociali) atte a ritardare ed a rendere meno grave quello stato finale della vita verso il quale, in conseguenza del trascorrere degli anni, o in conseguenza di incongruo e logorante tenore di vita, o a causa di malattie, si avviano tutti i soggetti: uno stato di mancanza di autosufficienza fisica e psichica, uno stato di dipendenza dagli altri.

La terapia dell'anziano, oltre alle terapie medi che specifiche per ogni malattia ed eventualmente a terapie atte a correggere alcune alterazioni funzionali fisiologiche senili (dosate tenendo conto delle diverse possibilità di assorbimento, veicolazione, metabolizzazione e di escrezione dei farmaci in età senile), deve consistere in misure socio-assistenziali e riabilitative e riattivative atte a curare e prevenire la mancanza di autosufficienza, la quale può essere a buon diritto definita come la vera "malattia della vecchiaia".

Sindrome ipocinetica

Causata spesso da prolungata permanenza a letto o per pigrizia o per condizioni incongrue dei locali (freddo), o per deterioramento mentale o per reazione all'ambiente, o per disadattamento, o per scarsa cura di chi assiste, o per errati consigli sanitari. Sintomatologia: deterioramento mentale (difetto di attenzione, mancanza di interessi, deficit affettivi), alterazioni dell'apparato di movimento (ipotonia ed ipotrofia muscolari, contratture, fibrosi capsulari e tendinee, anchilosi, osteoporosi), alterazioni apparato gastroenterico (stipsi, anoressia), alterazioni cardiocircolatorie (labilità pressoria, ipotensione ortostatica, riduzione della volemia e gittata sistolica, facili scompensi cardiaci a seguito di richieste modeste, trombosi venose tromboembolie della polmonare), alterazioni apparato respiratorio (riduzione della   ventilazione e capacità vitale, ipossiemia, facile insorgenza di infezioni ipostati che), alterazioni dell'apparato genitourinario (cistiti, infezioni, urolitiasi), ulcere da decubito.

Prevenzione e terapia

Gli anziani debbono stare a letto il meno possibile, debbono essere alzati anche se febbricitanti, almeno per qualche ora al dì; anche l'infartuato anziano deve essere al più presto mobilizzato. Se l'anziano è colto da emiplegia o comunque da alterazioni motorie non deve essere tenuto a letto, ma mobilizzato al più presto sotto la guida del fisiatra. L'immobilizzazione e la stazione supina a letto sono i peggiori nemici dell'anziano. La mobilizzazione deve avvenire nel modo più attivo, stimolando il più possibile l'anziano a muoversi e arrangiarsi da solo. Particolarmente importante è l'accertarsi che i pasti siano serviti a tavola e non a letto e che, se possibile, l'infermo venga trasportato in una stanza diversa da quella da letto (la vista del letto fa nascere il desiderio di entrarvi).

E' indispensabile insistere su queste misure con tutti i pazienti anziani, anche se i primi giorni si troverà resistenza da parte dei parenti e dell'infermo; presto i vantaggi dimostrati dall'esperienza saranno così evidenti che il paziente stesso richiederà la mobilizzazione, almeno in poltrona. Alla cura medica in atto ed all'abbandono del letto dovrà essere affiancata una fisiochinesiterapia, sotto il controllo di un fisiatra, affidata a terapisti della riabilitazione, i quali istruiranno anche i familiari.

Consigliare accorgimenti opportuni circa l'ambiente dove l'anziano deve vivere e lieve muoversi: pavimenti non scivolosi, appoggi (per es.: corrimani alle pareti), assenza di gradini o di "barriere", facili accesso e vicinanza dei servizi, poltrone e sedie comode dalle quali si possa facilmente sedersi ed alzarsi, sedie a rotelle; consigliare ambienti dai quali si possa agevolmente seguire non solo la vita familiare, ma anche quella esterna (balconi, verande); consigliare distrazioni e stimoli (apparecchi televisivi, conversazione ecc.). Può essere utile la somministrazione di farmaci "stimolanti" (tipo piracetam o glutammato).

Riabilitazione dell'anziano

Misure volte a curare o a prevenire uno stato di invalidità e di mancanza di autosufficienza con l'intento di migliorare le prestazioni psico-fisiche del paziente e di mantenere od ottenere l'inserimento almeno nella vita sociale, se non nella vita produttiva. Molto spesso l'effetto desiderato sull'autosufficienza può essere ottenuto non solo e non tanto con il recupero (a volte impossibile) di una funzione motoria lesa, ma con il favorire lo sviluppo di attività funzionali che possono avere effetto vicariante. La riabilitazione dell'anziano è molto complessa e abbraccia una serie di misure che concernono tutti gli aspetti della vita; è fondamentale che essa venga condotta in parallelo con le terapie mediche, che sia iniziata molto precocemente fino dalla fase iniziale della malattia, e continuata non solo durante il periodo di cura o di ricovero, ma anche dagli stessi familiari per periodi molto prolungati.

Può essere rivolta al recupero:
a) della funzione motoria (neuropatie centrali o periferiche, primitive o secondarie, m. di Parkinson, sindrome ipocinetica da prolungata stazione a letto, miopatie, atrofia muscolare da disuso, artropatie croniche degenerative o flogistiche, osteopatie ecc.). Può essere attuata attraverso: la chinesiterapia, che ha lo scopo di migliorare la mobilità articolare, la forza muscolare, la coordinazione, neuromuscolare; la fisioterapia o terapia fisica che può essere applicata sotto forma di termoterapia (impacchi caldo-umidi paraffino-terapia, fangoterapia, forni alla Bier, lampade a raggi infrarossi, marconi-terapia e radarterapia); la elettroterapia (correnti galvaniche o faradiche, bagni edroelettrici, applicazione di onde corte con marconiterapia, o di microonde con radarterapia); la ultrasuonoterapia; la roentgenterapia; la magnetoterapia; la terapia occupazionale, sotto forma di ergoterapia o di ludoterapia o di stimolo alle comuni attività della vita, attraverso schemi appositamente studiati;
b) del linguaggio: logoterapia (negli afasici) con lezioni individuali o di gruppo, o con particolari attrezzature audiovisive i della funzione respiratoria, catarsi delle vie bronchiali (manovre posturali e vibratorie), ginnastica respiratoria, respiratori automatici ecc.
c) del circolo: riabilitazione controllata del cardiopatico (infartuato, coronaropatico, scompensato o subscompensato di circolo, ecc.); schemi di chinesiterapia e di terapia occupazionale;
d) della funzione dello sfintere vescicale (negli incontinenti) o anale; faradizzazione dello sfintere anale, oppure particolari apparecchi per rieducazione funzionale vescicale ecc.
e) delle funzioni psichiche (terapia occupazionale, terapia di animazione di gruppo ecc.).
Le terapie riabilitative debbono essere applicate ai pazienti che possono trarne giovamento, non a quelli che sono portatori di malattie non curabili (neoplasie, miastenie e miopatie primitive ecc.) oppure ormai definitivamente stabilizzate. In questi ultimi possono essere tuttavia utili esercizi continuativi ad un determinato livello o anche brevi periodi di terapia in zone specializzate, sia per il mantenimento, sia a scopo psicologico. Controindicazioni: stati cachettici, trombosi venose recenti (pericolo di tromboembolie polmonari), insorgenza di tachiaritmia, dispnea o crisi di angor o scompenso cardiaco durante esercizi, sbalzi pressori gravi durante esercizi. La valutazione delle possibilità di applicazione delle misure riabilitative e dei probabili vantaggi, la determinazione dello schema terapuetico, la valutazione del massimo impegno da richiedersi al soggetto dovranno essere fatte presso centri specializzati.

Incontinenza sfinterica

Incontinenza urinaria: può essere apparente (difficoltà ad eseguire prontamente l'atto della minzione; oppure difficoltà ambientali, gabinetto lontano ecc.), o rea¬le, o episodica (da sforzo, da tosse, notturna, da medicamenti ecc.). Molto frequente per: cause locali (infezioni urinarie più o meno manifeste: calcolosi vescicale. iscuria paradossa con ampia ritenzione per ostacolo alla minzione da cause prostatiche o da sclerosi dello sfintere, ipotrofìa ed ipotonia dei muscoli sfinterici e pelvici, alterazioni ginecologiche quali prolassi uterovaginali o altro, compressione della vescica da neoplasie, denervazione della vescica da intervento sulle vie genitali nella donna, ecc.); cause generali (encefalopatie organiche, demenza senile, sindrome ipocinetica da immobilizzazione, stati depressivi o di grave disadattamento, malattie cachetizzanti medicamentose ad azione sedativa, diuretici). Diagnosi: controllare se esiste ritenzione (cateterismo) e possibilmente eseguire cistometria per valutare la capacità vescicale. Far eseguire urografia, ecografia ed eventualmente TAC (possibile presenza di calcoli ecc.) ed urocultura. Terapia: restrizione di liquidi, specie la sera. Terapia farmacologica: disinfettanti ed antibiotici da usare sempre perché di solito è presente infezione; eseguire antibiogramma se possibile, oppure usare prodotti a largo spettro sui germi delle infezioni urina¬rie: gentamicina, ampicillina, amoxicillina (Paradroxil), cefalosporine, acido nali-dissico, nitrofurantoina, acido pipemidico, trimethoprim e sulfamidici, aggiustando il dosaggio alle possibilità di eliminazione urinaria).

Disturbi del sonno

Molto frequenti. Possono prendere il carattere di insonnia (difficoltà a prende sonno, risveglio frequente, risveglio precoce) o di inversione del ritmo son veglia. Terapia: esame accurato ed eliminazione delle cause (dolori, dispnea _ lievi stati di scompenso cardiaco, disturbi digestivi, dispnea da affezioni respirat' rie, tosse, disturbi minzione quali poliuria notturna da iniziale scompenso cardi co oppure pollachiuria e disuria da cistite, crampi muscolari da ischemia e da sturbi elettrolitici, nevrosi ansiose, stati demenziali ecc.). Non somministrare sonniferi, altro che in casi di estrema gravità (pericolo di alterare l'efficienza psicofisi¬ca anche il giorno dopo e si corre il rischio di sindromi pseudo-bulbari); al massi¬mo qualche prodotto a base di nitrazepam (10 mg) o triazolam a rapida elimina¬zione, oppure cloradio idrato, bromuri, a volte barbiturici, analgesici se c'è dolo¬re. Far alzare presto al mattino e rimanere alzati e svegli, possibilmente immobiliz¬zare il paziente e fargli compiere attività fisica o comunque terapia occupazionale. Dieta leggera. Curare comodità a letto e adeguatezza camera.

Disidratazione anziano

Frequente per: scarsa introduzione idrica (diminuzione senso sete, scarsa assistenza, disturbi mentali, regimi dietetici terapeutici incongrui), perdita di liquidi (incapacità di concentrazione del rene, trattamenti diuretici, vomiti o diarree, sudorazioni profuse). Sintomatologia: secchezza cute e soprattutto mucose (lingua), stato di confusione mentale, perdita di peso, astenia, inappetenza, irrequietezza, iperosmolarità, emoconcentrazione, ipernatremia ed ipernatruria se esiste deplezione prevalentemente idrica, iponatremia ed iponatruria se esiste deplezione idrosalina. A volte coesiste ad edemi (disidratazione intracellulare con edemi).

Terapia: soluzioni glucosate (5%), per via venosa o sottocutanea, seguendo l'andamento clinico nella deplezione prevalentemente idrica. Nelle deplezioni idrosaline ricorrere a soluzioni saline isotoniche (liquido di Darrow o NaCl) oppure anche glucosaline. Appena possibile introdurre liquidi per os. Controllare la possibile presenza di disturbi dell'equilibrio acido base (facile acidosi) e correggerli.

Dieta nell'anziano

è necessario che l'apporto dietetico sia sufficiente in tutte le situazioni e qualitativamente equilibrato, particolare attenzione dovrà essere posta in caso di obesità e soprattutto in caso di magrezza e più ancora nei pazienti che hanno difficoltà a nutrirsi o che si nutrono non adeguatamente. La carenza alimentare è frequentemente conseguente a cause sociali (povertà, emarginazione, abbandono o disinteresse da parte della famiglia, ricovero in istituti dove il paziente non sia sufficientemente seguito), a cause di ordine psicologico e psichico (abitudini alimentari errate, sindromi depressive, errate convinzioni, consigli medici errati), a fattori alimentari (cibi non graditi, mal presentati, non masticabili), a difetti organici in gran parte legati al processo di invecchiamento (anoressia, carenza di denti o di salivazione, insufficienza digestiva, difetti di assorbimento). Più frequente ancora è la carenza nella dieta di particolari principi (proteine, calcio, ferro, vitamine A, D, E, B, lipidi ecc.). Stabilire la quota calorica globale necessaria: circa 1800-2300 cal. secondo l'attività (25-30 cal./kg/die, oppure 33 cal/kg/die). Di queste: ca. 45-50% rappresentate da carboidrati (1 g carboidrati = ca. 4 cal.); ca. 30-35% proteine: 1,2-1,5 g/kg (100 g carne = 27 g proteine; 1 g proteine = 4 cal), con rapporto di circa 3:2 fra proteine animali e vegetali; 20% circa di lipidi, di cui la maggior parte rappresentata da grassi vegetali (olio di oliva, ecc.) contenente grassi insaturi (1 g lipidi = 9 cal.). Necessario e consigliabile latte (ricco in calcio e lipidi), formaggio (specie il "grana", ricco in proteine e calcio, facendo attenzione all'apporto di NaCl che esso comporta; necessaria frutta (15-20% di glicidi secondo il tipo) e le verdure fresche (ricche in vitamine e sali). Dovrà essere assicurato l'apporto di 1-2 g al di di calcio.
Modificazioni alla dieta dovranno essere apportate in varie condizioni fisiologiche e patologiche. Tra queste sono da segnalare:
Attività lavorativa ancora abbastanza intensa (non scendere sotto le 2500 cal.). Inattività o sedentarietà (rimanere sotto le 1800-2000 cal.) Stati di "stress" conseguente a traumi o ustioni o a incidenti vasculocerebrali ac. (reintegrare le forti perdite caloriche o proteiche che si verificano IH questi casi, superando le 3000-3500 cal./die con alimentazione naso-gastrica o parenterale; v. sotto).
Obesità: dieta progressivamente ridotta (1200 cai.) con diminuzione apporto glicidico e lipidico.
Arteriosclerosi con dislipidemia (rara nell'anziano, frequente nei soggetti età matura): riduzione carboidrati (30-35%) e lipidi (aumentare la quota grassi insaturi di origine vegetale). Gotta e dispurinemia: ridurre soprattutto alcool, carboidrati, lipidi; non i durre l'apporto proteico, se non per quanto riguarda i cibi ricchi di pu (cacciagione, fegato, rene ecc.). Acque minerali alcaline. Diabete: accertarsi che si tratti veramente di diabete e non di modesta ip glicemia fisiologica senile; ridurre l'apporto globale calorico ed i glicidi a seconda delle necessità, seguendo glicemia (più volte nella giornata) e la glicosuria frazionata (almeno tre frazioni al giorno comprendenti ciascuna un pasto); non scendere sotto gli 80-100 g/die di glicidi globali, per evitare la chetosi. Uremia: accertarsi che si sia di fronte a stato di vera insufficienza renale non ad una modesta iperazotemia (0.60) fisiologica senile. Dieta fortemente ipoproteica.
Importante ricordare di somministrare piccole quantità di vino (circa 5OO ml. al di) specie nei soggetti abituati a bere vino. è necessario mantenersi un p più abbondanti negli etilisti (possibili sindromi di astinenza).
Vie e modi di somministrazione della dieta. Se è possibile alimentare i pazienti con cibi adatti (magari tritati) per via orale. In caso di necessità (coma, rifiuto del cibo) ricorrere alla via naso-gastrica, introducendo sondino molle, in gomma o plastica. Si possono usare o miscele di alimenti (per es.: 1500 cal. = zuccheri circa 200 g, protidi 60 g, lipidi 20 g, sali minerali 10 g, mediante preparati del commercio liofilizzati per alimentazione naso-gastrica). Se non è possibile la via naso-gastrica, usare la via venosa impiegando miscele bilanciate di aminoacidi e glicidi (aminoacidi essenziali, aminoacidi non essenziali, sorbitolo, isopuraminici) con aggiunta di emulsioni lipidiche capaci di apportare alta quota calorica (olio dì soia o di cotone al 10%; 500 ml = 1000 cal.)

Cute

Caratteristiche: Diversità di aspetto tra la cute esposta al sole (assottigliata, ca, anelastica, pigmentata a chiazze, con zone di ipercheratosi e verruche) e que coperta (opaca, pallida, secca, sollevabile in pliche, anelastica). Annessi: peli bianchi, lisci, sottili, scarsi, distrofici. Frequenti distrofie ungueali.

Piaghe da decubito

Gravi lesioni ischemiche cute e tessuti sottocutanei (a volte profonde fino all'osso) che insorgono con frequenza negli anziani per prolungata compressione, tessuti tra piani ossei e superfici di appoggio non abbastanza soffici (piani lignei, materassi, ecc.) oppure per compressione esercitata da apparecchi gessati o strumenti (cinti erniari, cateteri vescicali, sondini gastrici ecc.); colpiscono soggetti paralizzati oppure privi di stimoli al movimento (paralisi o paresi, ipotonia muscolare, stati cachettici, stati comatosi ecc.). Vengono favorite da: biancheria ruvida non ben lavata o stirata, sporca; macerazione cute con urine, feci, secreti cutanei; sotlolcnzuola di gomma ecc.. l'ossone /une con eritemi seguili da necrosi superificiali (flittene, disepitelizzazione) e poi necrosi protonda (grossa escara necrotica nera), seguita da instaurazione di flogosi purulenta peri-necrotica ed infine caduta dell'escara con vasta piaga che può arrivare all'osso. Zone più colpite: sacro, calcagni, zone sopra-trocanteriche della coscia, malleoli, spine vertebrali, zone sca¬polari, ginocchia, padiglioni auricolari, zigomi, regioni sporgenti del dorso nei cifotici o cifoscoliotici.

Profilassi: le piaghe da decubito debbono essere attentamente prevenute e previste (è importante ricordare che possono insorgere gravi piaghe anche in una sola notte; dopo poche ore di decubito già si instaurano lesioni irreversibili). è consigliabile:
cambiare frequentemente posizione al paziente (ogni 90' - 120') anche durante la notte;
usare lenzuola pulite e morbide, ben distese nel letto; eliminare corpi estranei (briciole ecc.);
lavare accuratamente e frequentemente il paziente specie se incontinente (a volte può essere indispensabile porre un catetere vescicale); porre sotto il lenzuolo pelli di capra (lavabili) da cambiarsi e pulirsi spesso; frizionare la cute con acqua e sapone, massaggio sulla cute, uso di, creme impermeabili al silicone; non usare alcool perché sgrassa disidrata e rende fragile la pelle;
possono essere usati letti o materassi antidecubito, specie per prevenzione: ad acqua, ad aria (con flusso di sabbia sotto pressione o a regioni trasversali o longitudinali gonfiabili alternativamente) oppure a sezioni elastiche trasversali mobili che vengono sollevate (da un motore) alternativamente, o al silicone, o (meno buoni) a sferule di plastica. Utili i cuscini al silicone per i pazienti seduti e le pelli di capra; uso di letti ruotanti.

Terapia

Una volta verificatesi le piaghe è necessario porre in atto tutto quanto riportato nella profilassi e aggiungere: trattamento locale: in caso di escara: pomate ad azione litica (streptodornasi e streptochinasi, tripsina ed alfachimotripsina); escissione successiva dell'escara e detersione e lavaggio ulcera (soluzioni saline, acqua ossigenata, soluzioni di ammonio quaternario, soluzioni di antibiotici (Rifamicina) o soluzioni lievemente iodate, soluzioni diluite con ipoclorito di sodio, di acetato di alluminio, polimixina); pulizia successiva dell'ulcera con sostanze ad azione litica se presenta ancora detriti necrotici o zone purulente; essa dovrà even-i ualmente essere esposta al sole o ai raggi U.V.; massaggiata ai bordi; coperta con garze umidificate con soluzione di antibiotici; medicata con sostanze adsorbenti e cicatrizzanti (sferule di destrosio, collageno ecc.).

Il trattamento chirurgico è poche volte praticabile nell'anziano; in alcuni casi possono essere eseguiti innesti o napianti cutanei, plastiche per scorrimento ecc.. In caso di necrosi superficiale con flittenule o disepitalizzazione o di eritema: massaggio del tessuto sano attorno alla zona più colpita; pulizia e lavaggio con soluzioni disinfettanti. Una volta ottenuto un buon tessuto di granulazione possono essere tentati trapianti di cute autoIoga. . Trattamento generale: terapia dello stato di base, se il paziente è in coma (coma diabetico, renale ecc.). Cercare di opporsi alla sindrome ipocinetica per tentare di riabilitare i pazienti che sono caduti in preda a tale sindrome per mancanza di stimoli al movimento. Cercare di risvegliare le attività psichiche del paziente. Migliorare la nutrizione (via naturale o sondino naso-gastrico, o via parenterale). Somministrazione plasma (o sangue) e liquidi in caso di piaghe ampiamente secernenti. Terapia con antibiotici in caso di infezione della piaga e febbre.

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